Oggi più di ieri, nel mondo della sicurezza sul lavoro, la giurisprudenza della Corte di Cassazione si sta rivelando illuminante. Non è semplice per le imprese districarsi tra le novità normative che si susseguono a tambur battente. Purtroppo, non quella riforma organica che sarebbe indispensabile, ma una pioggia di disposizioni destinate a originare ostici problemi interpretativi in diversi settori: dagli obblighi di vigilanza e formazione ai contratti pubblici, dal lavoro sportivo allo stress termico, dalla patente a punti all’attestato di “buona condotta”. E tutt'altro che appaganti sono alcuni dei numerosi Interpelli adottati dalla Commissione Interpelli in nemmeno due anni. Così come si rende necessaria un'analisi del «Manuale informativo per la prevenzione» presentato il 12 dicembre 2023 dal Ministero del Lavoro recante il titolo «Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro» che pur dichiara il promettente intento di fornire «un'adeguata formazione sui diritti e le regole poste a difesa di ogni singola persona».
Certo, avremo occasione di mettere impietosamente in luce i disaccordi esplosi in giurisprudenza. Allarmante il fenomeno delle due Cassazioni sia a proposito dei morti per tumori professionali, primi fra tutti quelli causati dall'amianto, sia con riguardo allo stalking occupazionale. Ma nel contempo ammirevole è l'opera condotta su più fronti. Per cominciare, l'esplorazione dei casi di caporalato atta a fornire un contributo prezioso, non solo in vista di un'oculata applicazione delle norme in materia da parte di ispettori e magistrati, bensì anche ai fini di una revisione di tali norme che valga a potenziarne l'impatto su un fenomeno che appare ben lontano dall'essere debellato e che anzi denota segni allarmanti di espansione in territori e in settori aziendali finora non coinvolti. E via via più impetuosa è la spinta data all'applicazione di quella responsabilità amministrativa delle imprese che affianca ormai diffusamente la responsabilità penale delle persone fisiche per reati attinenti alla sicurezza nei luoghi di lavoro, e che per giunta sta rivelando un'efficacia social-preventiva potenzialmente eccezionale. Basti pensare con quanta frequenza si verifica un fenomeno: il datore di lavoro, o chi per o con lui, accusato di omicidio colposo o di lesione personale colposa per un infortunio sul lavoro è prosciolto per prescrizione del reato, ma la società viene condannata per il connesso illecito amministrativo. Perché basta che il P.M. abbia chiesto il rinvio a giudizio dell'impresa entro cinque anni dall'infortunio, e a quel punto l'illecito dell'impresa non si prescrive più.
Ma un altro motivo ancora richiama l'attenzione delle aziende sui principi stabiliti dalla Cassazione. Ci siamo ultimamente resi conto dei drammi vissuti dai protagonisti della sicurezza, a partire dallo stesso datore di lavoro chiamato in prima persona a valutare i rischi alla luce della migliore evoluzione della scienza pur se generalmente non risulti in possesso di competenze tecniche. A maggior ragione, quindi, a propria tutela, l'impresa sapiente ha cura di porsi in grado di esplorare e utilizzare le non poche e non fragili strategie difensive pur elaborate dalla giurisprudenza e descritte in queste pagine.
Raffaele Guariniello