Informazione

Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

CONTABILITÀ E BILANCIO

13. RICAVI

13.1. Ciclo attivo - 13.1.1. Principali fasi - 13.1.2. Documentazione - 13.1.3. Conservazione dei documenti - 13.2. Ricavi di vendita - 13.2.1. Rilevazione - 13.2.2. Competenza economica - 13.2.3. Scritture contabili e classificazione in bilancio - 13.2.4. Nota integrativa e Relazione sulla gestione - 13.3. Vendite sul mercato nazionale - 13.3.1. Vendite soggette a IVA - 13.3.2. IVA per cassa - 13.3.3. Regime del margine - 13.3.4. Regime dello split payment - 13.3.5. Cessione di beni e servizi con il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge) - 13.3.6. Vendite non soggette a IVA - 13.4. Vendite sul mercato internazionale - 13.4.1. Operazioni non imponibili - 13.5. Rettifiche dei ricavi - 13.5.1. Resi su vendite - 13.5.2. Premi su vendite - 13.5.3. Ribassi, abbuoni e sconti su vendite - 13.5.4. Rettifiche degli errori di fatturazione - 13.5.5. Rettifiche su vendite soggette a split payment - 13.5.6. Assestamenti per garantire la competenza economica - 13.5.7.OIC 34

13.1. Ciclo attivo

13.1.Ciclo attivo

13.1.1. Principali fasi

13.1.1.Principali fasi

Il ciclo attivo (acquisizione dell’ordine - evasione dell’ordine/vendita - incasso del credito) riguarda un momento fondamentale dell’attività caratteristica aziendale, ossia la collocazione sul mercato (nazionale e/o estero) dei prodotti o servizi realizzati a fronte del pagamento della fattura da parte del cliente. Si tratta di un insieme di attività che hanno come obiettivo principale quello di servire adeguatamente il cliente, offrendogli prodotti e servizi in quantità e qualità aderenti alle richieste da lui espresse e nel rispetto dei tempi concordati. È possibile dunque identificare una molteplicità di momenti di interazione con il cliente che rappresentano altrettante fasi del ciclo attivo:

  • gestione delle offerte e ricevimento dell’ordine;

  • spedizione della merce/erogazione del servizio e fatturazione;

  • incasso.

Gestione delle offerte e ricevimento dell’ordine

Il contatto con il cliente rappresenta la prima operazione del ciclo attivo. Si tratta di una fase gestita normalmente per intero dalla funzione vendite/marketing allo scopo di individuare le esigenze del cliente, sulla base delle quali definire un’offerta di vendita. Il primo contatto può avvenire in modo diverso a seconda delle modalità con le quali l’azienda decide di operare sul mercato.

È possibile individuare essenzialmente due tipi di approccio al cliente:

  • pull, per cui è il cliente che si rivolge all’azienda in virtù di una campagna marketing che gli ha fatto conoscere i prodotti dell’impresa, di esperienze passate, ecc.;

  • push, ossia sulla base di un’attività svolta solitamente per il tramite di una rete di agenti di vendita che si occupa di individuare i clienti e di proporre loro direttamente i prodotti. In questo modo, è necessario che gli agenti diano luogo a un preciso piano di visite per organizzare gli incontri con i diversi clienti, confrontandosi con loro per giungere a un’offerta adeguata.

Indipendentemente dalle modalità con le quali si realizza il contatto con il cliente, questa fase si conclude positivamente per l’azienda al momento della ricezione dell’ordine da parte del cliente, formalizzata in un documento interno la cui forma non è disciplinata da alcuna normativa, ma che comprende necessariamente alcuni dati essenziali quali i dati anagrafici e la firma del cliente, le condizioni di vendita (data e luogo della consegna), il dettaglio dei beni/servizi ordinati, il prezzo di vendita ed eventuali sconti praticati.

Se origina dal cliente, l’ordine formale rappresenta una proposta che dovrà essere sottoposta anzitutto a tutta una serie di controlli da parte dell’azienda che, in base al relativo esito, porteranno quindi all’accettazione dell’ordine o alla sua variazione/annullamento.

Controlli - I principali controlli realizzati dall’azienda riguardano il cliente, il prodotto/servizio e le relative condizioni di vendita. L’azienda verifica anzitutto l’affidabilità del cliente, ossia la potenziale solvibilità dello stesso sulla base delle informazioni storiche e considerando il rispetto dei limiti del fido accordato (se già cliente dell’azienda), ovvero definendo il limite di fido per il nuovo cliente sulla base di parametri in grado di sintetizzare la potenziale solvibilità, l’affidabilità e la puntualità dei pagamenti (attraverso procedure che dovrebbero essere formalizzate e basate su tutta una serie di informazioni sia pubbliche che ottenute utilizzando servizi a ciò dedicati).

Con riferimento al prodotto/servizio, la ricezione dell’ordine richiede la verifica della capacità dell’azienda di evadere l’ordine rispettando le caratteristiche e le tempistiche richieste, verificando quindi le disponibilità di magazzino (nel caso di beni) e la sostenibilità delle previsioni di produzione, anche alla luce dei rapporti con i fornitori e della massima capacità produttiva disponibile (soprattutto nel caso di servizi erogati).

Spedizione della merce/erogazione del servizio e fatturazione

L’esito positivo delle suddette verifiche porta all’effettiva conclusione del contratto di vendita, quindi all’erogazione del servizio o alla predisposizione dei prodotti da prelevare dal magazzino e inviare al cliente o all’erogazione del servizio e al successivo interessamento della funzione logistica. Essa dovrà occuparsi di spedire la merce venduta in base alle condizioni contrattuali.

Sotto un profilo documentale il buono di uscita è un documento di esclusiva rilevanza gestionale interna generato al momento dell’uscita della merce dal magazzino e a cui può seguire l’emissione di un documento di trasporto (DDT) o di una fattura accompagnatoria destinati ad accompagnare la merce nella spedizione.

A seconda che l’azienda preferisca una fatturazione immediata o differita, si avrà una sola fattura accompagnatoria emessa in duplice copia contemporaneamente alla spedizione della merce, oppure sarà emesso un documento di trasporto (DDT o bolla di consegna) al momento della spedizione, ed entro il 15 del mese successivo all’emissione del documento sarà emessa una fattura differita.

La fattura è il documento interno che assume rilevanza anche per l’esterno, in particolar modo per l’Amministrazione finanziaria. Il suo contenuto e la sua forma sono disciplinati dal legislatore (art. 21, D.P.R. n. 633/1972). I dati essenziali possono essere così sintetizzati (13.1.2.):

  • data di emissione;

  • data in cui è effettuata la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, se diversa da quella di emissione;

  • dati anagrafici del cliente e relativo numero di partita IVA;

  • dati anagrafici del venditore e relativo numero di partita IVA;

  • natura e quantità del prodotto venduto e conseguente base imponibile;

  • aliquota e ammontare dell’IVA.

Ai fini dell’IVA la fattura costituisce il titolo che legittima il cedente dei beni o il soggetto prestatore dei servizi ad esercitare la rivalsa e l’acquirente/committente a operare la detrazione. Per ciascuna operazione in regime IVA, comprese quelle non imponibili ed esenti e con la sola deroga rappresentata dalla c.d. autofattura, deve essere emessa fattura in duplice copia da parte del soggetto che effettua l’operazione. Eccezioni sono rappresentate dalla vendita da parte dei dettaglianti, dalla fattura elettronica e da altre esenzioni specifiche.

Il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio, per ciascuna operazione imponibile, deve emettere una fattura direttamente. Ferma restando la sua responsabilità, il soggetto cedente o il prestatore del servizio può consentire che la fattura sia emessa dal cessionario o dal committente, ovvero per suo conto da un terzo.

In particolare, il cliente o il terzo residente in un Paese con il quale non esistano strumenti giuridici che disciplinano la reciproca assistenza in materia di imposizione indiretta, può emettere fattura se sussistono contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • il soggetto passivo italiano abbia iniziato l’attività da almeno 5 anni;

  • il soggetto passivo italiano, nei 5 anni precedenti, non abbia avuto notifica di atti impositivi o di contestazione di violazioni in materia di IVA;

  • sia stata effettuata preventiva comunicazione in via telematica all’Amministrazione finanziaria (Provv. Agenzia delle Entrate, 9 dicembre 2004).

La contabilizzazione della fattura di vendita determina, dal punto di vista finanziario, il sorgere del credito nei confronti del cliente, nonché del debito per IVA nei confronti dell’Erario e il riconoscimento dei ricavi di vendita.

La fatturazione dell’operazione rappresenta il momento del ciclo attivo rilevante per il sistema contabile aziendale. Le precedenti fasi, invece, hanno esclusiva rilevanza interna, ma nel caso di sistemi informativi contabili integrati possono essere seguite direttamente.

Incasso

Il ciclo attivo si conclude con il regolamento della fattura, che si concretizza nell’incasso del credito alle condizioni definite nel contratto di compravendita. Se il cliente paga regolarmente, l’operazione di incasso genera l’estinzione del credito. Lo specifico monitoraggio degli incassi consente di tenere traccia dei dati, permettendo che la rilevazione dei fatti di gestione non abbia rilevanza soltanto ai fini contabili, ma che abbia anche effetti a livello gestionale e per successive analisi strategiche sull’affidabilità e la solvibilità dei clienti.

Se il cliente ritarda il pagamento della fattura è opportuno monitorare le operazioni giunte a scadenza e non saldate. Le relative partite contabili non verranno chiuse e sarà necessario procedere con un sollecito nei confronti del cliente, in modo da invitarlo a regolare la fattura secondo il contratto di compravendita. Solitamente tale operazione viene gestita mediante appositi scadenziari continuamente aggiornati.

La funzione amministrazione, interessata dal sollecito, deve inoltre porre all’attenzione della funzione vendite la questione (tramite c.d. alert), affinché questa possa prendere in considerazione il comportamento del cliente per eventuali ordini futuri. Il pagamento da parte del cliente in seguito al sollecito riporta la procedura alla sua sequenza ordinaria.

In caso contrario, se non è stato ottenuto l’esito sperato, l’amministrazione si occuperà della gestione della sofferenza, con l’invio della documentazione all’Ufficio legale per il recupero crediti. Dal punto di vista contabile, è possibile effettuare il giroconto da “Crediti verso clienti” a “Crediti in sofferenza”, affinché questi vengano chiaramente individuati.

L’attività di recupero crediti è normalmente svolta a diretto contatto con il cliente e può avere effetti a lungo termine sul rapporto commerciale con lo stesso. Se le sofferenze non vengono riscosse neppure mediante tali attività, l’azienda dovrà procedere con lo stralcio dei crediti ritenuti inesigibili in via definitiva.

L’analisi del ciclo attivo può essere completata considerando alcune particolari operazioni rilevanti dal punto di vista amministrativo-contabile, che possono manifestarsi prima o dopo la fatturazione. Con riferimento alle operazioni che possono verificarsi prima della fatturazione, si consideri la ricezione di un anticipo da parte del cliente, al momento dell’ordine o della stipula del contratto, che richiede una specifica contabilizzazione.

In seguito alla fatturazione dei beni e servizi, invece, possono verificarsi tutta una serie di rettifiche degli importi già rilevati in contabilità, per resi di prodotti dal cliente, abbuoni, errori di fatturazione ecc. In questo caso le operazioni determinano il sorgere di componenti negativi di reddito che rettificano il ricavo precedentemente contabilizzato. La rilevazione del suddetto elemento negativo si basa sull’emissione di un idoneo documento denominato nota di variazione, che consente di rettificare il ricavo, il credito e il debito IVA.

A seguito dell’emissione di una nota di credito per una risoluzione contrattuale, il cessionario è tenuto ad annotare la nota ricevuta entro 15 giorni (art. 23, D.P.R. n. 633/1972), e a tenerne conto nella successiva liquidazione IVA. In questo modo si procederà con la rettifica del credito IVA emergente dall’originaria fattura.

L’esposizione del debito d’imposta deve avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura. Ciò si rende necessario per garantire che il cessionario, in favore del quale è stata emessa una fattura sulla base di un presupposto negoziale la cui validità o i cui effetti sono venuti meno, non si avvalga del diritto alla detrazione dell’imposta, eliminando ex-post gli effetti della detrazione in precedenza contabilizzata (Cass. 22 ottobre 2019, n. 26894).

13.1.2. Documentazione

13.1.2.Documentazione

Fattura

Il principale documento del ciclo attivo è rappresentato dalla fattura, ossia il documento interno che assume rilevanza anche per l’esterno, in particolar modo per l’Amministrazione finanziaria.

Ai fini IVA, la fattura (art. 21, D.P.R. n. 633/1972) costituisce il titolo che legittima il cedente o il prestatore di servizi a esercitare la rivalsa e il cessionario a operare la detrazione.

Il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio deve emettere la fattura (soggetto emittente) in duplice copia per ciascuna operazione in regime IVA (comprese le operazioni non imponibili ed esenti). Unica deroga è rappresentata dalla c.d. autofattura.

Pur mantenendo la responsabilità per l’emissione, esso può tuttavia consentire che la fattura sia emessa dal cessionario o, per suo conto, da un soggetto terzo.

La fattura può assumere varie forme (fattura, nota, parcella ecc.), ma i dati essenziali che essa deve contenere sono:

  • data di emissione;

  • data in cui è effettuata la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, se diversa dalla data di emissione (che risulta dallo SdI);

  • numero progressivo (non necessariamente per anno, ma comunque in grado di identificare la fattura in modo univoco);

  • dati anagrafici del venditore e relativo numero di partita IVA;

  • dati anagrafici del cliente e relativo numero di partita IVA (o codice fiscale se soggetto privo di partita IVA);

  • natura e quantità e qualità del prodotto venduto e conseguente base imponibile (prezzo, spese accessorie, ecc.);

  • aliquota percentuale e ammontare dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imponibile (con arrotondamento al centesimo di euro);

  • relativo articolo di legge per talune operazioni, tra cui le operazioni non soggette a IVA (art. 74, D.P.R. n. 633/1972), per le operazioni non imponibili (artt. 7, 8, 8-bis, 9, 38-quater, D.P.R. n. 633/1972 ovvero artt. 41 e 50-bis, D.L. n. 331/1993) e le operazioni esenti (art. 10, D.P.R. n. 633/1972);

  • numero e data dei documenti collegati in caso di fatturazione differita (ad esempio DDT);

  • indicazione “fattura a esigibilità immediata” in caso di operazioni con lo Stato o con altri enti pubblici;

  • estremi della “dichiarazione intento” in caso di cessioni a esportatori abituali.

È necessario qui richiamare la possibilità di emettere una c.d. fattura semplificata (art. 21-bis, D.P.R. n. 633/1972) nel caso di operazioni di importo complessivo fino a euro 100 ovvero in caso di fattura rettificativa (art. 26, D.P.R. n. 633/1972). La fattura semplificata non può essere però utilizzata nel caso di cessioni intracomunitarie e di altre operazioni prive del requisito di territorialità.

Le informazioni minime che la fattura semplificata deve contenere sono:

  • data di emissione;

  • numero progressivo;

  • dati anagrafici delle parti contraenti;

  • numero di partita IVA del soggetto emittente;

  • descrizione dei beni ceduti;

  • ammontare del corrispettivo e dell’IVA incorporata;

  • per le fattura rettificative (art. 26, D.P.R. n. 633/1972) il chiaro riferimento alla fattura modificata.

Per alcune categorie di contribuenti e per talune operazioni è prevista la dispensa dall’obbligo di fatturazione, ad eccezione del caso in cui sia il cliente a farne esplicita richiesta da effettuarsi non oltre il momento di pagamento del corrispettivo.

Tra i principali casi di emissione della fattura solo su richiesta è possibile annoverare i commercianti al minuto (per i quali è tuttavia previsto l’obbligo di emissione di scontrino o ricevuta fiscale), gli agricoltori e i pescatori esonerati per i quali l’obbligo è assolto dal cessionario mediante l’emissione dell’autofattura e quelle operazioni rientranti in regimi speciali in cui l’IVA è assolta alla fonte (ad esempio editoria, generi di monopolio ecc.).

È possibile distinguere differenti tipologie di fattura, che possono essere così sintetizzate:

  • fattura accompagnatoria;

  • fattura immediata;

  • fattura differita;

  • fattura riepilogativa mensile.

Tutta una serie di operazioni non è soggetta a fatturazione per le ragioni di seguito sintetizzate:

  • per disposizione di legge (ad esempio distribuzione di carburanti, associazioni sportive e culturali);

  • poiché fuori dal campo IVA (ad esempio cessioni d’azienda, cessione di terreni non edificabili);

  • poiché in regime speciale (ad esempio vendita al pubblico di documenti di viaggio, raccoglitori ambulanti di rottami, carta da macero ecc., vendita al dettaglio di giornali e altre pubblicazioni periodiche).

La fattura accompagnatoria è un particolare tipo di documento che costituisce al tempo stesso la bolla di accompagnamento (per i prodotti per i quali essa è ancora obbligatoria) e la fattura.

La fattura immediata deve essere emessa il giorno di effettuazione dell’operazione (entro le ore 24 del giorno dell’operazione) e consegnata o spedita alla controparte.

La fattura differita segue invece il Documento di trasporto (DDT) che accompagna la merce al momento della spedizione. In questo caso la fattura differita deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di spedizione o consegna della merce. Essa deve contenere i riferimenti (data e numero) del documento di trasporto cui si riferisce.

Nel caso in cui si faccia ricorso alla fatturazione differita è riconosciuta al soggetto cedente la possibilità emettere un’unica fattura riepilogativa per tutte le operazioni effettuate con uno stesso cliente nel corso del mese solare. In questo caso la fattura riepilogativa mensile deve contenere tutti gli estremi (data e numero) di tutti i relativi documenti di trasporto.

A partire dal 2014 è possibile emettere fattura differita anche nel caso di prestazioni di servizi e non più esclusivamente in presenza di cessione di beni espressamente identificate dai relativi documenti di trasporto.

In questo caso è tuttavia richiesto che la fattura indichi in dettaglio le operazioni effettuate e che queste risultino chiaramente identificabili attraverso idonea documentazione commerciale (prodotta e conservata) in grado di precisare la prestazione eseguita, la data di effettuazione e le parti contraenti (circ. 24 giugno 2014, n. 18/E).

A titolo di puro esempio possono considerarsi validi documenti commerciali, purché in grado di mostrare le richiamate informazioni, il contratto di servizio, la lettera di incarico, il documento emesso per attestare l’avvenuto incasso, ecc.

Quanto alla modalità di emissione della fattura è possibile distinguere l’emissione in forma cartacea dall’emissione in forma elettronica (D.Lgs. n. 52/2004). In quest’ultimo caso l’emissione (e la ricezione) avviene in qualunque formato elettronico, anche accorpando più fatture in un unico lotto (purché le indicazioni comuni inserite anche una sola volta siano però accessibili da qualunque fattura) e subordinatamente all’accettazione del ricevente. Nei confronti di uno stesso cliente è possibile emettere sia fatture in formato tradizionale, sia in formato elettronico.

In caso di mancato ricevimento della fattura entro 4 mesi dall’effettuazione dell’operazione (o in caso di ricezione di fattura irregolare, a decorrere dalla data di registrazione), il cessionario dovrà entro 30 giorni (decorrenti dal termine dei 4 mesi) presentare al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate specifica autofattura contenente tutte le informazioni previste per le fatture, nonché versare la relativa imposta. L’obiettivo è di evitare di interrompere la c.d. catena dell’IVA.

Fattura elettronica

Nella fattura elettronica la data di invio della fattura (o del lotto), l’integrità del contenuto e l’autenticità sono garantite dal riferimento temporale e dalla firma digitale, ovvero da appositi sistemi di trasmissione dati (c.d. sistemi EDI) che garantiscano tali requisiti. La fattura elettronica si considera consegnata al cessionario solo nel momento in cui questo sia in grado di accedere al server da dove è possibile scaricare in qualsiasi momento il documento elettronico (circ. 3 maggio 2013, n. 12/E). Solitamente ciò avviene grazie alla ricezione da parte del cessionario di un messaggio e-mail contenente un link al suddetto server.

La fattura deve definirsi elettronica se emessa, ricevuta e accettata dal destinatario in formato elettronico, indipendentemente dal formato utilizzato per la sua creazione (circ. 24 giugno 2014, n. 18/E). In particolare, è da considerarsi elettronica la fattura creata in formato cartaceo, quindi convertita in formato elettronico per essere spedita e ricevuta via posta elettronica. Al contrario, le fatture generate in formato elettronico (ad esempio dal software aziendale di contabilità) ma inviate e ricevute in formato cartaceo non possono essere considerate fatture elettroniche.

Nel caso di fattura emessa a favore di amministrazioni pubbliche (D.M. n. 55/2013), l’emissione, la trasmissione, la conservazione e l’archiviazione devono essere effettuate esclusivamente in formato elettronico. La fattura si considera trasmessa solo nel momento in cui viene rilasciata specifica ricevuta di consegna. Tale obbligo decorre a partire dal 6 giugno 2014 nel caso di Ministeri, Agenzie fiscali, Enti previdenziali e di assistenza sociale e a partire dal 31 marzo 2015 per le altre Amministrazioni pubbliche, anche locali.

Ad oggi, dunque, le Amministrazioni pubbliche non possono accettare fatture che non siano elettroniche, né effettuare pagamenti prima della ricezione di fatture emesse in formato elettronico.

Onde evitare il mancato pagamento della fattura, le fatture elettroniche emesse a favore della Pubblica Amministrazione devono necessariamente contenere le seguenti informazioni (art. 25, D.L. n. 66/2014):

  • il c.d. CUP (codice unico di progetto), nel caso di fatture riferite a opere pubbliche, manutenzioni straordinarie;

  • il c.d. CIG (codice identificativo di gara), salvo in alcuni specifici casi.

A partire dal 1° gennaio 2019 le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che intercorrono tra soggetti residenti, stabiliti ed identificati in Italia devono essere documentate esclusivamente da fatture elettroniche (art. 1, c. 3, D.Lgs. 127/2015). In altri termini, è stato introdotto l’obbligo di emettere esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio (Sdi) per i soggetti che effettuano operazioni di commercio al minuto e attività assimilate (art. 22, D.P.R. n. 633/1972). Dal 1° gennaio 2019, quindi, la fatturazione elettronica tramite il Sistema di Interscambio (Sdi) è l’unica ammessa per documentare cessioni e prestazioni rilevanti ai fini IVA.

L’entrata in vigore dell’obbligo della fattura elettronica richiede l’opportuno riepilogo delle regole che devono essere rispettate dagli operatori, soprattutto alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto Fiscale (D.L. n. 119/2018), a seguito del loro impatto anche sulle tempistiche di emissione del documento.

Soggetti obbligati

Sono obbligati all’emissione della fattura elettronica i soggetti nazionali che cedono beni o prestazioni di servizi a favore di soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato (art. 15, D.L. n. 119/2018). Nel caso di operazioni effettuate con soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, invece, l’obbligo di fatturazione elettronica è sostituito dall’obbligo di semplice comunicazione (mensile) delle operazioni stesse (la decisione di procedere comunque con la fatturazione elettronica fa venir meno il suddetto adempimento comunicativo).

In estrema sintesi, il soggetto nazionale deve distinguere le operazioni concluse con le seguenti controparti:

  • i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, verso i quali non sorge l’obbligo di emissione della fattura elettronica;

  • i soggetti residenti nel territorio dello Stato, nei confronti dei quali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi faranno sorgere l’obbligo di fatturazione in formato elettronico;

  • i soggetti non residenti nel territorio della Stato, ma dotati di stabile organizzazione nel territorio dello Stato. L’azienda che eroga un servizio o cede beni a favore di tali soggetti sarà tenuta all’emissione della fattura in formato elettronico.

Tempistiche di emissione

La fattura può essere emessa entro 12 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione, riportando chiaramente in fattura la suddetta data di effettuazione (art. 21, lett. g-bis), D.P.R. n. 633/1972). Al fine di agevolare l’iniziale transizione verso la fatturazione elettronica la normativa ha previsto un periodo di transizione di 6 mesi (dunque per le operazioni effettuate nel periodo 1° gennaio 2019 - 30 giugno 2019) in cui non sono state applicate le sanzioni per omessa fatturazione in tutti quei casi in cui la fattura elettronica è stata emessa entro i termini per la liquidazione dell’imposta del periodo in cui l’operazione è stata effettuata (art. 10, D.L. n. 119/2018). In altri termini, in caso di contribuenti con liquidazione IVA mensile, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Per quanto riguarda le specifiche tecniche per la predisposizione della fattura elettronica mediante SdI sono state introdotte delle novità circa le codifiche “tipo documento” (Provv. Agenzia delle Entrate n. 166579/2020). In particolare, in aggiunta ai già esistenti codici (fattura, parcella, nota di credito e di debito) sono state aggiunte nuove specifiche codifiche, tra le quali:

  • “integrazione fattura reverse charge intero”;

  • “integrazione/autofattura per acquisto servizi all’estero”;

  • “autofattura per splafonamento”;

  • “fattura per autoconsumo o per cessioni gratuite senza rivalsa”.

Termini per la registrazione delle fatture emesse

Il contribuente dovrà annotare le fatture in un apposito registro delle fatture emesse entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata l’operazione (art. 12, D.L. n. 119/2018). È utile distinguere alcune casistiche, ovvero il caso della fatturazione immediata da quella differita.

Fatturazione immediata - La fattura immediata deve essere emessa entro 12 giorni dall’effettuazione dell’operazione (art. 6, D.P.R. n. 633/1972). La fattura conterrà, dunque, due indicazioni di data, ovvero la data di emissione (art. 21, lett. a), D.P.R. n. 633/1972) e la data di effettuazione (art. 21, lett. g-bis), D.P.R. n. 633/1972), intendendo per data di effettuazione la data di effettiva cessione dei beni/ prestazione di servizi o di effettiva ricezione del corrispettivo (in tutto o in parte). Restano immutati i termini di esigibilità/liquidazione IVA (art. 6, D.P.R. n. 633/1972).

Esempio

In caso di prestazione di servizio con incasso del corrispettivo avvenuto in data 27 settembre si potrà dunque emettere la fattura entro il 9 ottobre (con liquidazione IVA entro 16 ottobre).

In caso di servizi, il momento di effettuazione ai fini IVA è rappresentato dall’incasso del corrispettivo, non assumendo rilevanza il momento di realizzazione del servizio (art. 6, D.P.R. n. 633/1972).

La data rilevante per la liquidazione IVA è rappresentata dalla data di effettuazione dell’operazione. L’aspetto critico è rappresentato dal fatto che sarà necessario imputare l’IVA a debito nel mese precedente (settembre) a quello di emissione della fattura (ottobre).

Per tale ragione assume rilevanza ai fini IVA la data di effettuazione (Agenzia delle Entrate, circ. n. 14/E/2019), mentre i 12 giorni restano utili al solo fine di trasmissione della fattura elettronica allo SdI (che rileverà quindi in automatico la data di emissione).

Si possono quindi ipotizzare tre differenti situazioni, in cui la data di effettuazione coinciderà sempre con il 27 settembre nell’esempio sopra citato:

  • emissione e trasmissione allo SdI in data 27 settembre;

  • fattura generata il 27 settembre (data di effettuazione) e trasmessa allo SdI entro 12 giorni (9 ottobre);

  • generazione e invio della fattura tra il 27 settembre e il 9 ottobre, indicando nel campo data di effettuazione sempre il 27 settembre.

Fatturazione differita dei beni - Per le fatture elettroniche è possibile indicare una sola data (per più consegne nel mese), ovvero quella dell’ultima operazione (circ. n. 14/E/2019).

Esempio

Si considerino quattro cessioni effettuate verso uno stesso soggetto in data 2, 5, 11 e 27 novembre dell’anno “x”. Ognuna delle quattro consegne risulterà accompagnata dal DDT con emissione di un’unica fattura differita che si potrà generare e inviare al SdI in uno qualsiasi dei giorni compresi tra il giorno 1 e il giorno 15 del mese successivo a quello delle cessioni (inserendo nel campo “data” quella dell’ultima operazione). Anche in questo caso l’Agenzia delle Entrate (risposta a interpello 24 settembre 2019, n. 389) propone tre differenti soluzioni alternative:

  • emissione della fattura unica in un giorno qualsiasi tra il 27 novembre e il 30 novembre, se l’emissione è contestuale all’invio al SdI;

  • indicazione della data dell’ultima operazione e trasmissione al SdI entro il 15 dicembre;

  • indicazione della data di fine mese (30 novembre), che rappresenta il momento di esigibilità dell’imposta, con trasmissione entro il 15 dicembre.

Nel caso di fatturazione differita di servizi, la fattura pro forma può essere strumento idoneo a differire la fatturazione (art. 21, lett. a), D.P.R. n. 633/1972) qualora contenga la descrizione dell’operazione, la data di effettuazione e gli identificativi delle parti contraenti.

Diritto alla detrazione dell’imposta

È utile rilevare l’introduzione di una semplificazione nella registrazione delle fatture di acquisto quale naturale conseguenza dell’introduzione della fattura elettronica. Non è più necessario procedere con la numerazione progressiva obbligatoria delle fatture di acquisto, posto che tale numerazione sarà di fatto attribuita in modo automatico dal c.d. Sistema di Interscambio (art. 25, D.P.R. n. 633/1972).

Circa il termine a partire dal quale decorre il diritto alla detrazione dell’imposta, si ricorda che la detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti è possibile laddove l’operazione sia stata effettuata e qualora la fattura sia stata ricevuta (possesso e registrazione della fattura).

Tali regole non subiscono alcun cambiamento con l’introduzione della fattura elettronica, per cui il diritto alla detrazione sorge con la consegna del documento al soggetto destinatario da parte del Sistema di Interscambio, con le eventuali tempistiche che il processo tecnicamente richiede.

Il naturale scollamento tra la data di emissione della fattura e quella (successiva) di effettiva ricezione della stessa da parte del committente potrebbe generare taluni problemi in caso di fatture emesse alla fine del mese. In questi casi, infatti, la fattura risulterà necessariamente datata a fine mese, ma la ricezione da parte del destinatario avverrà necessariamente nel corso del mese successivo (verosimilmente i primi giorni del mese successivo). Fermo restando la regola suddetta, il debito IVA nascerà in capo al cedente nel mese di emissione della fattura mentre il diritto alla detrazione potrà essere esercitato esclusivamente nel mese successivo (di effettivo ottenimento/possesso della fattura).

Onde evitare tale incongruenza e coerentemente con le tempistiche di emissione e registrazione prima presentate, le semplificazioni in tema di detrazione IVA estendono la possibilità di procedere con la detrazione dell’imposta, oltre alle fatture ricevute entro la fine del mese, anche a quelle ottenute (possesso) e registrate dal contribuente entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione (art. 1, D.P.R. n. 100/1998). In tal modo, anche se la fattura relativa ad una operazione effettuata in un determinato mese (ad esempio settembre) fosse ricevuta dal cliente entro il giorno 15 del mese successivo (ottobre), la detrazione dell’imposta sarebbe riconosciuta al contribuente e da questi esercitata già nel mese di effettuazione dell’operazione (nell’esempio settembre), con la liquidazione, in caso di contribuenti mensili, presentata entro il 16 del mese successivo (ottobre).

Tale ultima novità, tuttavia, non è applicabile alle operazioni effettuate nell’esercizio precedente.

Esempio

Laddove una determinata operazione fosse stata effettuata nel mese di dicembre “n” con conseguente invio della fattura entro il giorno 15 del mese di gennaio “n+1”, la detrazione dell’imposta non potrebbe essere esercitata a partire dal mese di dicembre “n” (quindi con la liquidazione del 16 gennaio “n+1” in caso di contribuente mensile), ma a partire dal mese di gennaio “n+1”, quindi con la liquidazione (sempre in caso di contribuente mensile) del 16 febbraio “n+1”. Resta ferma, ovviamente, la regola generale che prevede la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione al più tardi con la dichiarazione annuale dell’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto, dunque nell’esempio in questione nella dichiarazione IVA annuale dell’anno “n+1”, presentata nell’anno “n+2”.

Documento di trasporto (DDT)

Nell’ipotesi di fatturazione differita i beni possono essere accompagnati da un documento di trasporto (o di consegna in forma libera) nel quale devono essere indicati:

  • numerazione progressiva;

  • descrizione di qualità, natura e quantità dei beni ceduti;

  • generalità del cedente, cessionario e impresa incaricata del trasporto;

  • dati principali dell’operazione (data del documento, di consegna o spedizione).

Il documento in oggetto non deve necessariamente accompagnare la merce durante il trasporto dal luogo di spedizione a quello di destinazione. Sarebbe infatti più opportuno definirlo documento di consegna poiché la sua funzione è piuttosto quella di attestare la consegna della merce e consentire di conseguenza l’emissione della fattura differita. Conseguentemente sarà sufficiente spedire il documento nel giorno di inizio del trasporto a favore del destinatario, anche per mezzo di corriere, servizio postale o strumenti elettronici.

Nel caso di invio o consegna di beni destinati a campionario a favore di agenti, il documento di trasporto o di consegna deve indicare una causale in grado di far comprendere l’assenza di effettivo trasferimento di proprietà come ad esempio “beni consegnati in conto campionario”.

L’agente, ricevuto il campionario, deve conservare il documento di trasporto e può utilizzare lo stesso documento per accompagnare la merce durante i suoi successivi spostamenti (in luogo di un nuovo documento a ciò espressamente dedicato).

Al momento della restituzione del campionario, l’agente emetterà un documento di consegna con causale quale ad esempio “beni c/campionario resi”.

Ricevuta fiscale

L’obbligo di rilascio della ricevuta fiscale per tutte le operazioni per le quali non sia obbligatoria la fatturazione è stato introdotto in fasi successive per specifiche categorie di contribuenti e operazioni. In estrema sintesi si considerino le seguenti tipologie:

  • somministrazioni di pasti e bevande (a patire dal 1° marzo 1980, D.M. 13 ottobre 1979);

  • commercio al dettaglio di oggetti preziosi, parrucchieri, riparazione e manutenzione di autoveicoli e motoveicoli (a partire dal 1° novembre 1980, D.M. 2 luglio 1980);

  • commercio al dettaglio di mobili per arredamento (a partire dal 1° gennaio 1982, D.M. 18 settembre 1981);

  • somministrazioni di circoli interni, vagoni ristorante ecc. (a partire dal 1° gennaio 1982, D.M. 18 settembre 1981);

  • estetisti, falegnami e altre categorie di artigiani (a partire dal 1° luglio 1983, D.M. 28 gennaio 1983);

  • estensione generalizzata alle prestazioni di servizi, per le quali non vi sia già l’obbligo di emissione di scontrino o fattura (a partire dal 1° gennaio 1993, Legge n. 413/1991);

  • stabilimenti balneari (a partire dal 17 settembre 2011, Legge n. 148/2011).

Dal 1997 vi è stata l’equiparazione fra scontrino e ricevuta (art. 1, D.P.R. n. 696/1996). La scelta tra un documento e l’altro non è più subordinata all’esercizio di una preventiva opzione.

La ricevuta fiscale deve contenere:

  • la numerazione progressiva attribuita dalla tipografia (mentre è facoltativa anche se opportuna la numerazione del contribuente);

  • la data;

  • denominazione, ragione sociale (o nome/cognome per le persone fisiche);

  • domicilio fiscale, partita IVA e ubicazione dell’esercizio;

  • natura, qualità e quantità dei beni ceduti o dei servizi erogati;

  • corrispettivi dovuti comprensivi di IVA.

La ricevuta fiscale, che può avere forme e dimensioni diverse, deve essere emessa in duplice copia per ciascuna operazione e consegnata contestualmente al cliente. È consentita l’emissione di più copie per uso interno purché sia chiaramente esplicitata la dicitura “copia per uso interno”.

La ricevuta fiscale deve essere emessa al momento di ultimazione della prestazione, indipendentemente dall’avvenuto pagamento. Il mancato pagamento della prestazione deve risultare dalla ricevuta fiscale.

Nel caso di avvenuto pagamento, il cedente provvede a emettere una sola ricevuta fiscale con indicazione del corrispettivo determinato e pagato, comprensivo di IVA.

Qualora il momento di ultimazione della prestazione non coincida con quello del pagamento è necessario invece rilasciare una ricevuta provvisoria.

Si potrebbero verificare i seguenti casi:

  • si ultima la prestazione, si definisce il corrispettivo ma non si provvede al pagamento;

  • si ultima la prestazione, non si definisce il corrispettivo e non si provvede al pagamento;

  • si ultima la prestazione, non si definisce il corrispettivo ma si provvede al pagamento di un acconto;

  • si ultima la prestazione, si definisce il corrispettivo e si provvede al pagamento di un acconto.

In tutti i casi indicati, successivamente all’emissione di una ricevuta fiscale provvisoria, si provvederà a rilasciare una successiva ricevuta (o fattura) al momento del pagamento del saldo che faccia riferimento alla precedente ricevuta.

La regola generale sull’obbligo di documentare le operazioni tramite fatturazione elettronica via SdI presenta comunque alcune eccezioni, di ordine sia oggettivo sia soggettivo.

Eccezioni oggettive - Rientrano in questa fattispecie tutte quelle situazioni nelle quali non vi è obbligo di documentare l’operazione con l’emissione di una fattura poiché l’operazione è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta ovvero può essere documentata altrimenti.

In quest’ultima ipotesi rientrano le fattispecie relative alle attività riconducibili al commercio al minuto e attività assimilate (art. 22, D.P.R. n. 633/1972) nelle quali, nel caso di rapporti tra soggetti passivi d’imposta e consumatori (c.d. business to consumer), in assenza di specifica richiesta di fattura (elettronica) si potrà procedere con l’emissione di uno scontrino o di una ricevuta fiscale (art. 1, D.P.R. n. 696/1996), ovvero con la memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle Entrate (art. 2, D.Lgs. n. 127/2015).

Va evidenziato che in tutti i casi in cui il soggetto non abbia l’obbligo di emettere una fattura, ma vi proceda ugualmente (es. cessioni di libri e prodotti editoriali), la stessa, in assenza di specifiche esclusioni di ordine soggettivo dovrà essere elettronica e veicolata tramite SdI.

Viene confermato anche per l’anno 2023 il divieto di emissione di fattura elettronica via SdI per le prestazioni rese verso persone fisiche. Tale divieto riguarda:

  • i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessere Sanitaria, con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare a detto Sistema (art. 10-bis, DL n. 119/2018),

  • i soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria, con riguardo alle fatture relative a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti di persone fisiche (art. 9-bis, c. 2, D.L. n. 135/2018, che richiama l’art. 10-bis, D.L. n. 119/2018).

Eccezioni soggettive - Sono esonerati dagli obblighi di fatturazione elettronica coloro che rientrano nel “regime di vantaggio” (art. 27, c. 1 e 2, D.L. n. 98/2011) e quelli che applicano il regime forfettario (art. 1, c. da 54 a 89, Legge n. 190/2014) (art. 1, c. 3, D.Lgs. n. 127/2015).

Sono altresì esonerati i soggetti passivi che hanno esercitato l’opzione del regime forfettario previsto per le associazioni sportive dilettantistiche (gli artt. 1 e 2, Legge n. 398/1991), che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000.

Per tali ultimi soggetti (ad esempio associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva, che svolgono attività sportive dilettantistiche) va evidenziato che l’esonero non deriva da una mera qualificazione personale, ma dall’esercizio specifico dell’opzione richiamata e dal mancato superamento della soglia fissata (65.000 euro) per i proventi dell’attività commerciale.

Conseguentemente, il venir meno di tali presupposti comporterà l’emersione dell’obbligo di fatturazione elettronica, assolvibile assicurando che il documento sia emesso (per loro conto) dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta.

In caso di pagamenti di acconti anteriormente all’ultimazione della prestazione, il cedente deve provvedere al rilascio di una ricevuta fiscale al momento di ogni pagamento e per l’importo ricevuto.

La ricevuta rilasciata al momento di ultimazione della prestazione dovrà indicare gli estremi delle precedenti ricevute.

CASO 1 - Ricevimento di un anticipo da cliente

L’azienda Beta riceve in data 1/03/x un anticipo da un cliente relativo ad una futura vendita per un importo pari a euro 3.000 regolato tramite banca. Il giorno stesso l’azienda procede con l’emissione della relativa nota di variazione IVA. Il mese successivo, in data 5/04/x l’azienda Beta procede con la vendita di prodotti (e relativa fatturazione) per un importo complessivo pari a euro 10.000 + IVA (22%).

1/03/X - Ricevimento dell’anticipo dal cliente

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.000
SP C.IV.1 Banca c/c 3.000

In seguito alla ricezione dell’anticipo occorre scorporare l’IVA (22%) in modo tale da emettere la relativa fattura. In questo caso, poiché l’importo ricevuto a titolo di anticipo è pari a euro 3.000, lo scorporo dell’IVA avverrà nel seguente modo:

122:100 = 3.000: x

X= 2.459 base imponibile (anticipo)

2.459 * 0,22 = 541 IVA (anticipo)

1/03/x - Emissione della fattura (dell’anticipo)

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.000
SP D.12 IVA a debito 541
SP D.6 Clienti c/anticipi 2.459

5/04/x - Emissione della fattura sulla vendita di prodotti

SP C.II.1 Crediti verso clienti 9.200
SP D.6 Clienti c/anticipi 2.459
SP D.12 IVA a debito 1.659
CE A.1 Ricavi di vendita 10.000

con:

IVA a debito = 22% sul valore della vendita (10.000) al netto dell’anticipo già fatturato (2.459) = 7.541*0,22 = 1.659

Crediti v/cliente = 10.000 + IVA - 3.000 = 12.200 - 3.000 = 9.200

La ricevuta fiscale è anche idonea a documentare le spese sostenute ai fini delle imposte dirette purché a cura dell’emittente venga riportato il codice fiscale del cliente.

Non è ammessa l’emissione di ricevute fiscali realizzate su modelli non predisposti da tipografie autorizzate e prive di numerazione. Non è possibile altresì trasmettere in via elettronica ricevute fiscali (e scontrini fiscali).

Le tipografie autorizzate alla stampa dei documenti fiscali e i soggetti autorizzati a effettuarne la rivendita sono obbligati a trasmettere (per via telematica) all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle forniture effettuate nell’anno solare precedente (entro il mese di febbraio).

Scontrino fiscale

Lo scontrino fiscale (se emesso con apparecchi misuratori con domanda di approvazione presentata dopo il 1° ottobre 1992) deve contenere le seguenti informazioni:

  • denominazione o ragione sociale (nome e cognome in caso di persone fisiche);

  • numero di partita IVA dell’esercente e ubicazione del punto vendita;

  • corrispettivo, subtotali e totale dovuto;

  • numero progressivo;

  • data e ora di emissione;

  • logotipo fiscale e numero di matricola del registratore.

Lo scontrino fiscale può contenere inoltre il numero di codice fiscale del cessionario se richiesto dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 3, c. 3-bis, D.L. n. 193/2016) e stampato in qualsiasi parte dello scontrino preceduto dall’indicazione “C.F.”.

Lo scontrino fiscale integrato con l’indicazione della natura, qualità (indicata anche in modo abbreviato ma comprensibile) e quantità dell’operazione e del codice fiscale del cliente (c.d. scontrino fiscale parlante) è ritenuto idoneo a documentare le spese ai fini delle imposte dirette e a sostituire il documento di trasporto ai fini della fatturazione differita.

L’esercente può adattare il registratore di cassa in uso per emettere lo scontrino fiscale parlante, senza necessità di richiedere specifica autorizzazione ministeriale. Sono ritenute illegittime, invece, eventuali integrazioni manuali o apposte tramite timbri.

Nel caso di congiunto esercizio di attività di commercio al dettaglio e all’ingrosso all’interno dello stesso punto vendita, lo scontrino deve essere emesso per le sole vendite al dettaglio (per le vendite all’ingrosso deve invece essere emessa la fattura).

Lo scontrino fiscale deve essere rilasciato al verificarsi del primo tra i seguenti momenti:

  • consegna o spedizione dei beni, pagamento totale o parziale del corrispettivo (nel caso di cessione di beni);

  • ultimazione della prestazione, pagamento totale o parziale del corrispettivo (nel caso di somministrazione di bevande e alimenti).

Lo scontrino deve esse emesso per l’intero importo di cessione (corrispettivo). In presenza di pagamenti successivi (ad esempio pagamenti a rate) non si dovrà procede ad alcuna emissione di scontrini o ricevute.

Non è obbligatoria l’emissione dello scontrino fiscale in presenza di documenti di trasporto (DDT) e della fattura immediata se emessa contestualmente alla effettuazione dell’operazione. In presenza di vendite a privati con consegna a domicilio è obbligatoria l’emissione dello scontrino (o della ricevuta) che dovrà accompagnare la merce in transito.

Nel caso di beni ceduti in prova o visione è obbligatoria l’emissione di un documento di trasporto che presenti la causale “beni in prova” o “beni in visione”, anche laddove il cliente sia rappresentato da soggetto privato. Lo scontrino dovrà essere emesso solo al momento della (eventuale) cessione.

In presenza di prelievo di merce o effettuazione di servizi a titolo di autoconsumo o gratuite per finalità estranee dall’esercizio di impresa si deve procedere con l’emissione dello scontrino fiscale con indicato il prezzo normale di cessione. Laddove si proceda con la cessione a titolo gratuito (omaggio) di beni oggetto di attività d’impresa deve esser emesso lo scontrino fiscale. Tale obbligo non sussiste solo nel caso in cui il costo unitario del bene sia inferiore o uguale a euro 50 e i beni non siano oggetto di attività d’impresa (l’obbligo non sussiste anche nel caso in cui i beni presentino IVA sull’acquisto indetraibile ai sensi dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972).

Al termine di ogni giornata lavorativa l’apparecchio misuratore fiscale deve emettere un documento riepilogativo degli incassi della giornata (art. 1, c. 4, D.P.R. n. 544/1999). Nel caso in cui l’attività si protragga oltre le ore 24, il documento riepilogativo è emesso al termine dell’effettivo svolgimento dell’attività (sia per gli esercenti attività di intrattenimento e spettacolo, sia per gli esercizi commerciali con attività protratta oltre le ore 24).

13.1.3. Conservazione dei documenti

13.1.3.Conservazione dei documenti

Fattura

Le fatture emesse e ricevute devono essere conservate fino al termine fissato per l’accertamento ossia 10 anni ai fini civilistici (art. 2220 c.c., art. 39, c. 3, D.P.R. n. 633/1972).

La conservazione con modalità elettronica (conservazione sostitutiva) rappresenta un obbligo per le fatture elettroniche e una facoltà per quelle cartacee.

Il relativo processo si intende concluso con l’apposizione di una data “opponibile a terzi” sul pacchetto di archiviazione, entro 3 mesi dal termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.

Fattura elettronica

Le fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica. Il luogo di conservazione elettronica può essere situato anche in altro Stato solo se con lo stesso esita la reciproca assistenza. In virtù della dematerializzazione dei documenti fiscalmente rilevanti, il soggetto che conserva i documenti può non coincidere con il contribuente.

Per finalità di controllo il soggetto passivo deve assicurare l’accesso automatizzato all’archivio nonché la possibilità di trasferire tutti i dati e i documenti su altro supporto informatico (così come la possibilità di stampare tutti i dati e i documenti).

Resta naturalmente valido l’obbligo per le fatture elettroniche di conservazione per il periodo prescritto dalle disposizioni civili e fiscali, ossia per 10 anni.

13.2. Ricavi di vendita

13.2.Ricavi di vendita

I ricavi delle vendite e delle prestazioni sono ricompresi, all’interno dello schema di Conto economico (art. 2425 c.c.) nel raggruppamento contraddistinto dalla lettera “A - Valore della produzione“, alla voce 1).

Nella voce A.1 devono essere iscritti i ricavi di vendita dei prodotti e delle merci o di prestazioni dei servizi relativi alla gestione caratteristica, al netto di resi, abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la prestazione dei servizi (OIC 12, par. 49 e art. 2425-bis, c. 1, c.c.).

Gli sconti richiamati, da portare a diretta rettifica dei ricavi cui si riferiscono, sono quelli c.d. commerciali (ad esempio sconti incondizionati indicati in fattura, sconti di qualità o quantità), concordati solitamente al momento della vendita del bene o della prestazione del servizio (OIC 12, par. 49).

Per operazioni di vendita si possono intendere anche quelle relative alla cessione di materie prime, semilavorati e materiali accessori, con l’esclusione di quelli acquistati o prodotti per essere impiegati nel processo produttivo. La vendita di tali materie prime si presenta quindi come un’eccezione e solitamente risulta essere la conseguenza di un precedente acquisto effettuato in quantità eccessive rispetto agli effettivi fabbisogni aziendali.

Ogni altro ricavo che non sia riconducibile alla gestione caratteristica d’impresa confluisce nella voce A.5 del Conto economico, denominata “Altri ricavi e proventi”, oppure nei successivi aggregati C o D, rispettivamente dedicati ad accogliere i componenti positivi di natura finanziaria e alle rettifiche dei valori riferiti alla gestione finanziaria.

Nel Conto economico trovano inoltre collocazione i proventi di competenza relativi alle operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, ivi compresa la differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti (art. 2425-bis, c. 3, c.c.).

L’attività caratteristica d’impresa identifica i componenti positivi di reddito generati da operazioni che si manifestano in via continuativa e nel settore rilevante per lo svolgimento della gestione e che identificano e qualificano la parte peculiare e distintiva dell’attività economica svolta dalla società, per la quale la stessa è finalizzata (OIC 12, par. 43).

Se la gestione caratteristica è costituita da più categorie di attività, in Nota integrativa è fornita adeguata informativa sulle differenti categorie. Si richiede, infatti, di riportare la “ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni di servizi secondo categorie di attività e secondo aree geografiche” (ex art. 2427, n. 10 c.c. - OIC 12, par. 44).

L’attività accessoria è costituita da operazioni che generano componenti positivi di reddito che non rientrano nell’attività caratteristica e finanziaria. L’attività finanziaria è costituita da operazioni che generano: proventi, plusvalenze da cessione e ripristini di valore tutti relativi a titoli, partecipazioni, conti bancari, crediti iscritti nelle immobilizzazioni e finanziamenti di qualsiasi natura, utili su cambi e variazioni positive del fair value degli strumenti derivati attivi e passivi (OIC 12, parr. 45 e 46).

Nella voce A.1 devono essere contabilizzate anche le cessioni e le prestazioni accessorie alla vendita di merci e alla prestazione di servizi (ricavi accessori). A titolo esemplificativo, costituiscono ricavi accessori i corrispettivi relativi al rimborso di:

  • spese di trasporto;

  • spese per posa in opera;

  • spese di imballaggio;

  • spese di confezionamento;

  • spese per fornitura di recipienti o contenitori;

  • altre spese accessorie.

13.2.1. Rilevazione

13.2.1.Rilevazione

I ricavi e i proventi devono essere rilevati:

  • secondo il principio di competenza (indipendentemente dalla data dell’incasso);

  • al netto di resi su vendite, sconti (di natura commerciale), abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse alla vendita dei prodotti e alla prestazione dei servizi (ai sensi dell’art. 2423-bis, c. 1, n. 3 e dell’art. 2425-bis, c. 1, c.c.).

I ricavi di vendita sono generalmente contabilizzati al lordo dei costi ad essi connessi, ossia al lordo di tutti quei costi sostenuti dall’azienda per realizzare la vendita stessa (ad esempio costi per materie, salari ecc.).

Eventuali problemi di corretta determinazione del ricavo possono derivare da taluni casi particolari, come ad esempio nel caso di rapporti con eventuali agenti che si occupano delle vendite, con il cliente nel caso in cui vi siano spese pagate da un soggetto che saranno poi rimborsate dall’altro contraente e dal rapporto con l’Erario per eventuali imposte sulle vendite.

Quanto al primo aspetto, le commissioni pagate all’agente che si è occupato della vendita devono essere considerati costi per l’azienda, ma particolari problemi potrebbero sorgere nei casi di difficile determinazione dei ruoli dei soggetti coinvolti.

Le somme pagate dall’azienda per conto del cliente non rappresentano invece né costi né ricavi per l’azienda, ma rappresentano un credito da rilevare nello Stato patrimoniale. Il successivo pagamento da parte del cliente, quindi, conterrà anche una parte corrispondete all’estinzione del suddetto credito sorto in aggiunta all’originario ricavo.

Risulta quindi di fondamentale importanza, di fronte a un pagamento effettuato da un cliente, capire se parte di esso rappresenta un rimborso di una spesa effettuata dall’azienda per conto del cliente stesso.

I ricavi di vendita, infine, non contengono l’IVA e le altre tasse su beni e servizi, poiché in questi casi l’azienda venditrice opera in qualità di oggetto delegato alla riscossione del tributo per conto dell’Erario.

Sulla rilevazione e sulla corretta misurazione dei ricavi incidono 3 condizioni:

  • la probabilità che l’azienda che realizza i ricavi percepisca effettivamente i benefici economici futuri, ossia che il ricavo sia effettivamente incassato. Nel caso in cui il valore di presumibile realizzazione risultasse inferiore, sarebbe necessario procedere con la svalutazione del credito attraverso l’iscrizione di un costo (5.);

  • la corretta identificazione dei costi connessi alla vendita, con particolare riferimento agli sconti commerciali connessi alle condizioni di pagamento oppure ai volumi di vendita;

  • la determinazione attendibile del ricavo, dunque del momento in cui il ricavo stesso può essere rilevato.

Il precedente punto c) si riferisce alla problematica della competenza economica dei ricavi (13.2.2.).

13.2.2. Competenza economica

13.2.2.Competenza economica

I ricavi (e i costi) devono essere imputati all’esercizio al quale competono avendo riguardo alla sostanza economica dell’operazione e non all’effettiva movimentazione numeraria, ossia tenendo in considerazione gli incassi ricevuti e i pagamenti effettuati (OIC 11).

La regola è quindi ulteriormente precisata grazie all’affermazione che i costi devono essere correlati con i ricavi, ossia grazie al chiarimento che introduce una logica di imputazione secondo la quale costi e ricavi non devono essere considerati disgiuntamente, ma al contrario l’imputazione dei due gruppi di componenti reddituali deve avvenire congiuntamente quando ricavi e costi sono legati tra loro da nessi funzionali.

Indipendentemente dal principio generale, i due aspetti appena richiamati richiedono quindi ulteriori precisazioni.

Anzitutto occorre precisare che il punto di partenza nel ragionamento consiste nella definizione dei ricavi di competenza. A tal fine, per la chiara identificazione del momento in cui il ricavo possa dirsi realizzato, due precise condizioni devono essere rispettati:

  • il processo produttivo dei beni e servizi è stato completato;

  • lo scambio con terze economie è avvenuto, ossia si è avuto un passaggio sostanziale (e non solo formale) del titolo di proprietà.

Il passaggio di proprietà è convenzionalmente rappresentato dalla spedizione dei beni o dal momento in cui i servizi sono resi e fatturabili. Solo in questo momento, infatti, vi è formale riconoscimento da parte di un soggetto esterno all’azienda del valore del bene ceduto o del servizio reso, valore fino a quel momento solo ipotizzato dall’azienda.

Più precisamente, in caso di vendita di beni, lo scambio si considera avvenuto quando si verifica il trasferimento del titolo di proprietà, e cioè (OIC 15, par. 29):

  • alla data di spedizione o di consegna per i beni mobili, secondo le modalità contrattuali dell’acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto di vista sostanziale;

  • alla data della stipulazione del contratto di compravendita per gli immobili e per i beni mobili per i quali è richiesto l’atto pubblico (soggetti a registrazione).

In caso di prestazione di servizi, lo scambio si considera avvenuto quando il servizio è reso, cioè la prestazione è effettuata (OIC 15, par. 29).

In caso di servizi di lavorazione su beni di terzi si ricorda che nel momento in cui un’impresa si assume la custodia dei beni di terzi ricevuti ciò deve essere evidenziato nei conti d’ordine. Per effetto delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015, tuttavia, a partire dal 1° gennaio 2016 vengono eliminate le disposizioni relative ai conti d’ordine e viene stabilito che la relativa informativa (su impegni, garanzie e passività potenziali) debba essere fornita in Nota integrativa.

In particolare, è stato modificato l’art. 2424 c.c. (che disciplina il contenuto dello Stato patrimoniale) e il c. 9 dell’art. 2427 c.c. che prevede che la Nota integrativa debba indicare l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo Stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate, gli impegni esistenti in materia di trattamento di quiescenza e simili, nonché gli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate, nonché controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime.

Non è invece espressamente prevista una specifica informativa relativa ai beni di terzi presso l’azienda.

Provvigioni attive

L’applicazione del principio sopra esposto comporterebbe, per l’agente, l’iscrizione dei ricavi, in via generale, nell’esercizio in cui il servizio (qual è l’intermediazione resa) è ultimato. Il principio della competenza deve, tuttavia, essere necessariamente contemperato con quello della prudenza, che impone di non iscrivere ricavi non effettivamente realizzati.

Le provvigioni attive dell’agente devono essere iscritte nella voce A.1 del Conto economico, se queste rappresentano i ricavi propri dell’attività caratteristica esercitata dall’impresa.

Qualora, invece, l’attività di intermediazione sia solamente accessoria a quella esercitata, le provvigioni attive devono essere iscritte nella voce A.5 del Conto economico.

In ordine all’imputazione delle provvigioni attive nel bilancio dell’agente, si registrano, quindi, due orientamenti:

  • secondo una prima tesi, queste devono essere in ogni caso iscritte alla conclusione del contratto (tesi che privilegia il dato della “competenza”);

  • secondo una tesi alternativa, le provvigioni sono iscritte in bilancio nel momento in cui il contratto attribuisce all’agente il diritto a percepire il compenso (tesi riconducibile a una “prevalenza” del principio di prudenza).

Nel primo caso, l’agente sarebbe tenuto a iscrivere in bilancio le provvigioni all’atto della conclusione del contratto tra proponente e cliente, anche se il diritto alle provvigioni stesse è differito, in base al contratto di agenzia stesso, a un momento successivo (quale, tipicamente, il pagamento da parte del cliente). Tale impostazione si fonderebbe sulla constatazione secondo cui l’agente matura il diritto a percepire le provvigioni (art. 1748, c. 1, c.c.) “quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”.

Se si considera, invece, che “la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo” (art. 1748, c. 4, c.c.), si dovrebbe argomentare che la certezza del ricavo dipende proprio dall’esecuzione della prestazione da parte dell’impresa preponente.

Secondo tale tesi, per l’agente la provvigione costituisce ricavo dell’esercizio in cui il preponente esegue la prestazione a suo carico, ovvero quello in cui avrebbe dovuto eseguirla. Pertanto, egli sarebbe tenuto a iscrivere le provvigioni nell’esercizio in cui il preponente:

  • effettua la consegna o spedizione dei beni, se questi sono beni mobili;

  • stipula l’atto di cessione di beni immobili;

  • ultima il servizio nei confronti del terzo contraente.

L’identificazione del momento in cui vengono trasferiti completamente i rischi e i benefici connessi con la proprietà può creare particolari problemi interpretativi in alcuni casi particolari, tra i quali è possibile annoverare le transazioni internazionali, le cessioni realizzate con consegna differita, la previsione di un diritto di reso e, in taluni casi, il commercio elettronico.

Con riferimento alle transazioni realizzate in ambito internazionale, occorre considerare le clausole di spedizione usualmente impiegate. Nel caso in cui, ad esempio, si applichi la clausola c.d. FOB (Free On Board), i rischi e i benefici connessi alla proprietà vengono trasferiti all’acquirente nel momento in cui la merce viene caricata sul mezzo di trasporto. Al contrario, nel caso in cui la clausola applicata risulti essere la c.d. DDU (Delivery, Duty, Unpaid), i rischi e i benefici saranno trasferiti all’acquirente solo nel momento in cui la merce arriva effettivamente nel luogo di destinazione, rimanendo quindi a carico del soggetto cedente ogni rischio di perimento della merce.

Nel caso di cessione con consegna differita, ossia in quei casi in cui la consegna dei beni è posticipata su richiesta dell’acquirente rispetto alla fatturazione e al trasferimento della proprietà, il ricavo dovrà essere rilevato nel momento in cui l’acquirente diviene proprietario dei beni, a condizione che:

  • sia probabile che la consegna sarà effettuata;

  • il bene sia già disponibile, identificabile e pronto per essere consegnato all’acquirente già nel momento in cui la vendita è rilevata;

  • l’acquirente conosca le condizioni per la consegna differita;

  • siano applicate le consuete condizioni di pagamento.

Ai fini del riconoscimento dei ricavi, nel caso in cui il soggetto cessionario riconosca all’acquirente un diritto di reso, esso condiziona necessariamente il momento in cui tutti i rischi e i benefici della proprietà possono dirsi trasferiti.

Se è possibile che si verifichi una restituzione della merce, i ricavi dovranno essere rilevati solo nel momento dell’effettiva accettazione della merce da parte dell’acquirente o nel momento in cui il tempo riconosciuto per la restituzione può dirsi scaduto.

Operazioni di vendita realizzate tramite Internet

Nel caso di operazioni di vendita realizzate tramite Internet occorre distinguere tra: commercio elettronico diretto e indiretto. Nel primo caso tutte le procedure dell’operazione di commercio elettronico (ordine, trasferimento del bene, pagamento) sono effettuate on-line.

Nel secondo caso gli ordini e il pagamento sono effettuati on-line mentre la consegna del bene al cliente viene effettuata con modalità tradizionali (ad esempio tramite corriere).

Nel caso di commercio elettronico diretto le operazioni possono essere assimilate alle prestazioni di servizi, mentre in quello indiretto le operazioni possono essere assimilate a una normale transazione di beni.

In modo specifico, nel commercio elettronico indiretto le operazioni sono considerate, ai fini IVA, come una normale cessione di beni a distanza o per corrispondenza e occorre mantenere comportamenti differenti a seconda che si tratti di cessioni effettuate in Italia, cessioni intracomunitarie, esportazioni.

Quanto ai costi è già stato precisato che questi debbano essere correlati ai ricavi di competenza. Tale correlazione costituisce quindi un corollario fondamentale del principio di competenza ed esprime la necessità di contrapporre nel medesimo esercizio ricavi realizzati e costi, questi ultimi sia certi che presunti.

In pratica, tale correlazione si realizza (OIC 11):

  • per associazione di causa ad effetto tra costi e ricavi. L’associazione può essere realizzata analiticamente e direttamente (ad esempio provvigioni) o sulla base di assunzioni del flusso dei costi;

  • per ripartizione dell’utilità o funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica, in mancanza di una o più diretta associazione (ad esempio ammortamento);

  • per imputazione diretta di costi al Conto economico dell’esercizio o perché associati al tempo o perché sia venuta meno l’utilità o la funzionalità del costo. In particolare, quando:

    • i costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilità già nell’esercizio stesso o non sia identificabile o valutabile l’utilità futura;

    • viene meno o non sia più identificabile o valutabile l’utilità futura o funzionalità di costi che erano stati sospesi in esercizi precedenti;

    • l’associazione di causa ed effetto o la ripartizione dell’utilità su base razionale e sistematica non siano di sostanziale utilità.

In presenza di vendite commerciali con condizioni di pagamento che prevedono una scadenza del credito superiore ai 12 mesi, senza corresponsione di interessi o con interessi a condizioni significativamente diverse da quelle di mercato, tali ricavi (e i relativi crediti) si rileveranno inizialmente al valore determinato attualizzando i flussi generati dal credito al tasso di mercato (metodo del costo ammortizzato).

La differenza tra valore di iscrizione e valore a scadenza sarà rilevato a Conto economico come provento finanziario lungo la durata del credito utilizzando il criterio del tasso di interesse effettivo. In presenza di crediti con scadenza inferiore ai 12 mesi, invece, il costo ammortizzato può non esser applicato poiché si può presumere che gli effetti siano irrilevanti (5.).

13.2.3. Scritture contabili e classificazione in bilancio

13.2.3.Scritture contabili e classificazione in bilancio

Scritture contabili

Da un punto di vista contabile, i ricavi di vendita possono essere rilevati in specifici conti di dettaglio, in grado di precisare esattamente la tipologia del bene ceduto o del servizio reso (ad esempio merce “x” c/vendita, prodotto “y” c/vendita, servizio “z” c/vendita), ovvero in conti sintetici che rispondono al dettaglio minimo richiesto dagli schemi di bilancio civilistico (ad esempio ricavi di vendita, oppure prodotti c/vendite, merci c/vendite, servizi c/vendite).

Per finalità interne è comunque possibile realizzare qualunque altra classificazione utile come, a titolo di esempio, in base a:

  • clienti o a classi di clientela;

  • tipologia di canale distributivo;

  • vendite soggette o non soggette a IVA.

Le classificazioni in base all’area geografica di destinazione (ad esempio mercato nazionale o estero) e secondo categorie di attività rispondono a quanto richiesto dal legislatore (art. 2427, c. 10, c.c.), ossia consentono di predisporre una contabilizzazione delle vendite in grado di rispettare il contenuto della Nota integrativa.

La scrittura di contabilizzazione dei ricavi soggetti a IVA prevede l’accredito dei conti accesi ai ricavi di vendita e dell’IVA a debito, nonché l’addebito del conto crediti verso clienti (che sostituisce il successivo incasso).

CASO 2 - Ricavi soggetti a IVA

Si cedono beni per un importo pari a 20.000 + IVA (22%). La fattura emessa conterrà, tra le altre informazioni, l’importo della base imponibile (20.000) e quello dell’IVA a debito (4.400).

Rilevazione della fattura emessa

SP C.II.1 Crediti v/clienti 24.400
CE A.1 Ricavi di vendita 20.000
SP D.12 IVA a debito 4.400

Servizi resi da agenti e rappresentanti - La possibilità dell’azienda di generare ricavi dalla cessione di beni e servizi potrebbe dipendere, soprattutto in particolari contesti operativi e/o geografici, dalla disponibilità di specifiche conoscenze e competenze che l’azienda può acquisire tramite i servizi resi da agenti e da rappresentanti. Nel primo caso, si tratta di soggetti (agenti) che promuovono la conclusione di contratti per conto dell’azienda mentre nel secondo caso (c.d. agenti con rappresentanza) gli agenti con il loro operato possono impegnare direttamente l’azienda. L’azienda, ovviamente, riconosce per tale servizio una remunerazione in gran parte (o esclusivamente) proporzionale al volume d’affari apportato, con la possibilità di prevedere anche una quota eventualmente fissa.

Il costo per l’acquisizione del servizio dell’agente comprende, in aggiunta al compenso definito con l’agente stesso, la parte di contributo previdenziale a carico dell’azienda. In particolare, l’azienda calcola il contributo previdenziale a favore dell’ente previdenziale degli agenti (Enasarco) nella misura dell’8,5% (per l’esercizio 2022) sulle provvigioni (ante applicazione dell’IVA). Un’altra parte di contributo, di pari ammontare, è a carico dell’agente, ma versato all’ente previdenziale dall’azienda.

Al momento del pagamento delle provvigioni l’azienda applica, infine, una ritenuta d’acconto nella misura pari al primo scaglione IRPEF (23%), sul 20% o sul 50% a seconda che il rappresentante si avvalga o meno in via continuativa di dipendenti.

CASO 3 - Rilevazione dei costi per agenti e rappresentanti

L’azienda è riuscita a conseguire il proprio fatturato annuo impiegando, nel corso dell’anno, i servizi resi da un agente che non si avvale di personale dipendente. A fronte di tali servizi l’azienda riceve una fattura dall’agente di importo pari a 55.000 + IVA (22%).

Rilevazione della fattura ricevuta dall’agente

CE B.7 Provvigioni su vendite 55.000
SP D.12 IVA a credito 12.100
SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 67.100

Liquidazione degli oneri previdenziali per l’agente

CE B.7 Oneri previdenziali 4.400
SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 4.400
SP D.13 Debiti v/Enasarco 8.800

Oneri previdenziali: 55.000 * 0,08 = 4.400

Pagamento dell’agente

SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 62.700
SP D.12 Erario c/ritenute 6.325
SP C.IV.1 Banca c/c 56.375

Calcolo delle ritenute: (55.000*0,5) * 0,23 = 6.325

Pagamento delle ritenute e dei contributi

SP D.13 Debiti v/Enasarco 8.800
SP D.12 Erario c/ritenute 6.325
SP D.IV.1 Banca c/c 15.125

Servizi di trasporto acquisiti da terze economie - Un altro aspetto di indubbio interesse in capo all’azienda venditrice è rappresentato dai servizi di trasporto acquisiti da terze economie. Nella prospettiva della contabilità dell’azienda venditrice è opportuno quindi distinguere le differenti clausole di trasporto, distinguendo l’aspetto economico (chi sopporta l’onere) dall’aspetto finanziario (chi effettua il pagamento al trasportatore).

Nel caso di clausola “franco magazzino venditore, porto assegnato” l’onere del trasporto è a carico dell’acquirente (franco magazzino venditore) e pagato dallo stesso (porto assegnato). In questo caso, dunque, nessuna rilevazione contabile risulterà in capo al soggetto venditore. Di seguito si presentano, invece, le altre possibili clausole di trasporto e il loro impatto nella contabilità del venditore.

Nel caso di clausola “franco magazzino compratore, porto affrancato”, sia l’onere del servizio sia l’uscita finanziaria ricadono in capo al soggetto venditore. Contabilmente l’azienda venditrice rileverà sia la fattura relativa all’onere per il servizio di trasporto erogato sia il relativo pagamento.

CASO 4 - Clausole di trasporto: competenza e pagamento a carico del venditore

Si consideri l’ipotesi di ottenimento di fattura di trasporto per un importo di euro 5.000 + IVA (22%) in presenza della clausola “franco magazzino compratore porto affrancato”.

Rilevazione della fattura ricevuta dal trasportatore

CE B.7 Spese di trasporto su vendite 5.000
SP D.12 IVA a credito 1.100
SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 6.100

Pagamento della fattura del trasportatore

SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 6.100
SP D.IV.1 Banca c/c 6.100

Nel caso di clausola “franco magazzino venditore, porto affrancato” sul soggetto compratore ricade l’onere del servizio di trasporto, ma il venditore anticipando il pagamento per conto del compratore rileverà nella propria contabilità l’uscita a favore del trasportatore e il contestuale credito a favore del compratore stesso, con contestuale accrescimento dell’importo che dovrà complessivamente incassare.

CASO 5 - Clausole di trasporto: pagamento a carico del venditore e competenza a carico del compratore

Si consideri l’ipotesi di una vendita di euro 15.000 + IVA (22%) con servizio di trasporto per un importo di euro 5.000 + IVA (22%) in presenza della clausola “franco magazzino venditore, porto affrancato”.

Pagamento della fattura del trasportatore da parte del venditore

SP C.II.1 Clienti c/spese anticipate 6.100
SP D.IV.1 Banca c/c 6.100

Rilevazione della fattura emessa dal venditore

CE A.1 Ricavi di vendita 15.000
SP D.12 IVA a debito 3.300
SP C.II.1 Clienti c/spese anticipate 6.100
SP C.II.1. Crediti v/clienti 24.400

Nel caso di clausola di trasporto “franco magazzino compratore, porto assegnato” sul soggetto venditore graverà l’onere per il servizio di trasporto, ma il soggetto compratore anticiperà il pagamento al trasportatore per conto del venditore. Al momento della registrazione della fattura emessa da parte del venditore, il credito nei confronti dell’acquirente dovrà essere, quindi, decurtato dell’importo dell’anticipo.

CASO 6 - Clausole di trasporto: pagamento a carico del compratore e competenza a carico del venditore

Si consideri l’ipotesi di una vendita di euro 15.000 + IVA (22%) con servizio di trasporto per un importo di euro 5.000 + IVA (22%) in presenza della clausola “franco magazzino compratore, porto assegnato”.

Rilevazione della fattura del trasporto nella contabilità del venditore

CE B.7 Spese di trasporto su vendite 5.000
SP D.12 IVA a credito 1.100
SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 6.100

Rilevazione della fattura emessa dal venditore

CE A.1 Ricavi di vendita 15.000
SP D.12 IVA a debito 3.300
SP D.7 Debiti v/fornitori di servizi 6.100
SP C.II.1. Crediti v/clienti 12.200

Classificazione in bilancio

I ricavi delle vendite e delle prestazioni sono iscritti nella voce A.1 del Conto economico (art. 2425 c.c.). Nel caso in cui il bilancio sia predisposto in forma abbreviata i ricavi saranno comunque esposti all’interno della medesima voce. Nel bilancio abbreviato (17.9.1.) non è obbligatorio indicare in Nota integrativa la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie di attività e secondo aree geografiche (art. 2435-bis, c. 5, c.c.).

13.2.4. Nota integrativa e Relazione sulla gestione

13.2.4.Nota integrativa e Relazione sulla gestione

Nota integrativa

Con riferimento ai ricavi delle vendite e delle prestazioni, nella Nota integrativa devono essere illustrati in modo esplicito i criteri utilizzati nella valutazione, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori espressi in valuta estera (art. 2427, c. 1, n. 1, c.c.).

È necessario, inoltre, indicare la ripartizione dei ricavi secondo categorie di attività e secondo aree geografiche, qualora essa sia significativa (art. 2427, c. 1, n. 10, c.c.).

Relazione sulla gestione

Non si prevede nessun obbligo specifico di trattazione di aspetti inerenti ai ricavi delle vendite e delle prestazioni di servizi, fatto salvo l’obbligo di rendere un’analisi fedele, equilibrata ed esauriente (art. 2428, c. 1, c.c.):

  • della situazione della società;

  • dell’andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti.

La relazione dovrebbe, a tal fine, esporre adeguate riclassificazioni del Conto economico, in modo da evidenziare dati “disaggregati” di particolare significatività (ad esempio costo del venduto, utile lordo industriale, ecc.).

13.3. Vendite sul mercato nazionale

13.3.Vendite sul mercato nazionale

La trattazione della contabilizzazione delle vendite sul mercato nazionale richiede un approfondimento delle specifiche situazioni che si possono verificare relativamente all’assoggettabilità o meno dell’operazione all’imposta sul valore aggiunto, ovvero all’applicazione di differenti meccanismi di applicazione IVA tra i quali, a titolo di esempio:

  • IVA per cassa;

  • Regime del margine;

  • Regime dello split payment;

  • Meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge).

13.3.1. Vendite soggette a IVA

13.3.1.Vendite soggette a IVA

Sono vendite imponibili ai fini IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate sul territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e le importazioni da chiunque effettuate (art. 1, D.P.R. n. 633/1972).

Ai fini della determinazione delle operazioni imponibili (sia dal lato attivo che passivo) è necessario che siano verificati contemporaneamente i seguenti tre profili:

  • soggettivo, ossia che l’operatore deve necessariamente essere un imprenditore o un esercente arte o professione;

  • oggettivo, ossia che l’operazione imponibile deve qualificarsi come cessione di beni o prestazione di servizi;

  • territoriale, ossia che l’operazione sia effettuata nel territorio dello Stato.

Nelle vendite imponibili deve essere addebitata al cliente, oltre al prezzo dei beni, l’IVA commisurata al prezzo stesso applicando una data aliquota percentuale. Le vendite vengono rilevate in contabilità generale al momento dell’emissione delle relative fatture, che devono essere annotate, entro 15 giorni dalla data di emissione, nel registro delle fatture emesse.

Generalmente in sede di registrazione contabile a prescindere dalla modalità di pagamento concordata con il cliente si distingue la liquidazione della fattura dalla fase di incasso del credito. In sede di liquidazione della fattura l’IVA sulle vendite rappresenta un debito verso l’Erario e può essere rilevata in un conto specifico denominato, ad esempio, “IVA a debito”. Il credito verso il cliente viene rilevato in contropartita utilizzando un conto specifico, ad esempio “Credito v/cliente A”, oppure un conto generico del tipo “Crediti v/clienti Italia”.

CASO 7 - Cessione di beni imponibili

Emessa fattura per cessione beni di importo pari a 10.000 + IVA (22%) a cliente italiano. Pagamento a 30 giorni mediante bonifico bancario.

Liquidazione della fattura

SP C.II.1 Crediti v/clienti Italia 12.200
CE A.1 Ricavi di vendita 10.000
SP D.12 IVA a debito 2.200

Incasso del credito

SP C.II.1 Crediti v/clienti Italia 12.200
SP C.IV.1 Banca c/c 12.200

È utile precisare che nel caso di commercio al minuto (così come per tutti gli esercenti attività assimilate) si provvederà contabilmente alla rilevazione del ricavo di vendita comprensivo dell’IVA e si procederà quindi periodicamente allo scorporo dell’IVA a fronte della rettifica (diretta o indiretta) del conto ricavi precedentemente accreditato.

CASO 8 - Cessione di beni imponibili da parte di commercianti al minuto

Venduti beni di importo pari a 12.200 comprensivo di IVA al 22%.

Contabilizzazione del ricavo di vendita

SP C.IV.3 Cassa contanti 12.200
CE A.1 Ricavi di vendita 12.200

Rettifica (diretta) del ricavo per scorporo IVA

SP D.12 IVA a debito 2.200
CE A.1 Ricavi di vendita 2.200

Alternativamente, rettifica indiretta del ricavo per scorporo IVA (utilizzando cioè un conto di rettifica indiretta del conto “ricavi di vendita” anziché utilizzando direttamente il conto “ricavi di vendita”.

SP D.12 IVA a debito 2.200
CE A.1 IVA su vendite al minuto 2.200

13.3.2. IVA per cassa

13.3.2.IVA per cassa

Il regime dell’IVA per cassa (art. 32-bis, D.L. n. 83/2012) consente di far coincidere il momento di esigibilità dell’imposta con il momento in cui il corrispettivo è effettivamente pagato dal cessionario o committente. In tal modo, per il soggetto che ha esercitato l’opzione:

  • sorge l’obbligo di versamento dell’imposta a debito sulle operazioni attive nel momento in cui si realizza l’incasso del corrispettivo o, in ogni caso, trascorso un anno dall’effettuazione dell’operazione (termine che può essere superato nel caso in cui il cessionario o committente, in questo arco di tempo, sia stato sottoposto a procedure concorsuali);

  • può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati esclusivamente a partire dal momento in cui avviene il pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore. L’imposta diviene comunque detraibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione.

Il differimento dell’esigibilità IVA all’atto del pagamento del corrispettivo riguarda esclusivamente il soggetto che si avvale del regime dell’IVA per cassa e non anche il cessionario o committente che acquista beni o servizi da tale soggetto. Pertanto, l’acquirente che ha ricevuto una fattura con l’indicazione “IVA per cassa” può detrarre la relativa imposta a partire dal momento di effettuazione dell’acquisto, a meno che non abbia optato, a sua volta, per lo stesso regime.

Possono optare per la liquidazione dell’IVA secondo la contabilità di cassa i soggetti passivi che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, ovvero, in caso di inizio attività, i soggetti che prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore al suddetto ammontare.

Ai fini del calcolo del volume d’affari devono essere considerate, cumulativamente, tutte le operazioni attive effettuate, indipendentemente dal fatto che esse siano incluse o escluse dal regime dell’IVA per cassa.

L’esercizio dell’opzione si realizza mediante adozione di un comportamento concludente, quindi comunicata nella prima dichiarazione IVA annuale successiva alla scelta operata. Il regime dovrà essere applicato in modo tempestivo, quindi a partire dalla prima operazione effettuata nell’anno di riferimento e potrà desumersi dall’annotazione “IVA per cassa” apposta sulle fatture emesse.

Le fatture emesse dal soggetto che ha esercitato l’opzione del regime dell’IVA per cassa devono recare l’annotazione “IVA per cassa” (art. 4, D.M. 11 ottobre 2012 e art. 32-bis, c. 3, D.L. n. 83/2012).

L’assenza dell’annotazione configura soltanto una violazione formale e non incide sul diritto all’applicazione del regime.

La suddetta opzione vincola il soggetto per un periodo minimo di 3 anni, a meno che venga superato il limite di 2 milioni di euro di volume d’affari. In questo caso vi sarà la cessazione del regime.

Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime (3 anni), l’opzione si rinnova automaticamente di anno in anno, salvo revoca espressa, da esercitarsi con le stesse modalità previste per l’opzione, ovvero mediante comportamento concludente adottato all’inizio dell’anno, cui faccia seguito la comunicazione nella dichiarazione IVA annuale successiva.

Esempio

Sono escluse dal regime dell’IVA per cassa, tra le altre, le seguenti operazioni (artt. 2 e 3, D.M. 11 ottobre 2012):

  • operazioni effettuate nei confronti di soggetti che non operano nell’esercizio di impresa, arte o professione;

  • operazioni soggette a split payment;

  • operazioni effettuate con applicazione del reverse charge;

  • operazioni effettuate nell’ambito di regimi speciali di determinazione dell’imposta (ad esempio: regime del margine dei beni usati ovvero regime speciale per le agenzie di viaggio e turismo, ecc.).

I soggetti che, pur avendo optato per il regime dell’IVA per cassa, esercitano attività oggettivamente escluse da tale regime, sono tenuti a separare le attività incluse da quelle escluse, sempre che la separazione sia possibile (art. 36, D.P.R. n. 633/1972).

CASO 9 - Cessione di beni con IVA per cassa

Venduti beni di importo pari a 25.000 + IVA al 22%. Pagamento effettuato a 60 giorni data fattura.

Contabilizzazione del ricavo di vendita con differimento dell’IVA.

SP C.IV.3 Crediti v/clienti 30.500
SP D.12 IVA per cassa 5.500
CE A.1 Ricavi di vendita 25.000

Rilevazione del debito per IVA al momento dell’incasso.

SP D.12 IVA a debito 5.500
SP D.12 IVA per cassa 5.500

13.3.3. Regime del margine

13.3.3.Regime del margine

Il particolare regime di applicazione dell’IVA denominato “regime del margine” (o “regime dei beni d’occasione”), è un regime in base al quale l’imposta viene calcolata sulla differenza tra il prezzo di vendita dei beni e quello di acquisto, quest’ultimo maggiorato dei costi di riparazione e accessori (artt. 36 e 40, D.L. n. 41/1995).

La base imponibile non è quindi determinata sul prezzo di vendita, ma soltanto sul “margine” che risulta a favore del soggetto cedente. È bene precisare che il suddetto regime rappresenta comunque un’opzione a favore del venditore e non un obbligo. Nel caso in cui l’opzione sia esercitata, la fattura dovrà indicare espressamente che si tratta di operazione soggetta al regime del margine, evitando quindi di separare l’ammontare dell’imposta da quello del corrispettivo.

Obiettivo del legislatore è quello di evitare che i beni che hanno già scontato l’IVA in via definitiva, e per l’acquisto dei quali il rivenditore non ha sopportato la rivalsa (né, di conseguenza, ha potuto esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta), vengano sottoposti nuovamente a tassazione in quanto oggetto di una successiva operazione imponibile.

Il regime del margine si applica alle cessioni di (c.d. ambito oggettivo):

  • beni mobili usati (comprese le cessioni di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto beni mobili);

  • oggetti d’arte e di antiquariato o da collezione (come definiti nella tabella allegata al D.L. n. 41/1995).

I soggetti interessati all’applicazione del regime del margine sono (c.d. ambito soggettivo):

  • i soggetti passivi IVA rivenditori che esercitano abitualmente, e in qualsiasi forma (ingrosso, dettaglio, ambulante), il commercio di beni mobili usati, oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione;

  • i soggetti passivi d’imposta che esercitano un’attività di impresa, arte o professione ma esercitano solo in via occasionale l’attività di commercio dei beni interessati.

Il margine è determinato mediante l’applicazione di differenti metodi di calcolo del margine, a seconda della natura dei beni ceduti e dell’attività nell’ambito della quale le operazioni sono poste in essere (commercio abituale o occasionale; commercio in sede fissa o ambulante). In particolare, è possibile distinguere i seguenti metodi:

  • analitico;

  • forfetario;

  • globale.

Regime del margine: metodo analitico

Il metodo analitico è il metodo ordinario per il calcolo della base imponibile. In questo caso la base imponibile viene determinata per ogni singolo bene, come differenza tra il prezzo di vendita di ciascun bene e quello relativo al suo acquisto, aumentato delle spese di riparazione e accessorie imputabili al bene stesso. Tutti i valori sono assunti al lordo dell’IVA.

Se il margine è positivo, occorre scorporare da esso l’imposta secondo le percentuali di scorporo corrispondenti all’aliquota applicata. Sull’importo così determinato si applica l’IVA. Se invece il margine è negativo, nessuna imposta è dovuta e non è possibile compensare con eventuali margini positivi.

I soggetti rivenditori di oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione possono decidere di optare per l’applicazione del margine secondo il metodo analitico, in luogo dell’applicazione del regime IVA ordinario, per i beni importati e per gli oggetti d’arte acquistati con IVA dall’autore o dai suoi eredi o legatari.

CASO 10 - Regime del margine: metodo di calcolo analitico (margine positivo)

Venduti beni di importo pari a 1.000 (IVA 22% inclusa). Il bene è stato in precedenza acquistato al prezzo di 600 (IVA inclusa). Spese di riparazione sostenute pari a 200 (IVA inclusa).

Prezzo di vendita (IVA inclusa): 1.000.

Costo di acquisto (IVA inclusa): 600.

Spese di riparazione (IVA inclusa): 200.

Margine (lordo): 1.000 - (600+200) = 200.

Margine (netto): 100: 122 = x: 200;

quindi x = 200/1,22 = 163,93 (margine netto);

IVA dovuta = 163,93 * 22% = 36,06.

Contabilizzazione del ricavo di vendita

SP C.IV.3 Crediti v/clienti 1.036,06
SP D.12 IVA a debito 36,06
CE A.1 Ricavi di vendita 1.000

CASO 11 - Regime del margine: metodo di calcolo analitico (margine negativo)

Venduti beni di importo pari a 1.000 (IVA 22% inclusa). Il bene è stato in precedenza acquistato al prezzo di 700 (IVA inclusa). Spese di riparazione sostenute pari a 400 (IVA inclusa).

Prezzo di vendita (IVA inclusa): 1.000.

Costo di acquisto (IVA inclusa): 700.

Spese di riparazione (IVA inclusa): 400.

Margine (lordo): 1.000 - (700+400) = -100.

IVA non dovuta.

Regime del margine: metodo forfettario

Il metodo forfetario di calcolo del margine si applica soltanto per alcune categorie di soggetti o per particolari categorie di prodotti. In tal caso, la base imponibile (margine) sulla quale calcolare l’imposta dovuta viene determinata in modo forfetario, applicando una percentuale prestabilita sul prezzo di vendita (art. 36, c. 5, D.L. n. 41/1995).

Si presentano, a titolo di puro esempio, alcune percentuali forfettarie per talune attività:

  • cessioni effettuate da soggetti che esercitano attività di commercio al dettaglio esclusivamente in forma ambulante (percentuale forfettaria pari a 50%);

  • cessioni di prodotti editoriali di antiquariato venduti in sede fissa (percentuale forfettaria pari a 50%);

  • cessioni di prodotti editoriali d’antiquariato effettuate da ambulanti (percentuale forfettaria pari a 25%);

  • cessioni di prodotti editoriali non di antiquariato da chiunque effettuate (percentuale forfettaria pari a 25%).

CASO 12 - Regime del margine: metodo di calcolo forfettario

Un soggetto ambulante vende prodotti editoriali di antiquariato per un importo pari a 1.000 (IVA 10% inclusa).

Prezzo di vendita (IVA inclusa): 1.000.

Costo di acquisto (IVA inclusa): non rilevante.

Spese di riparazione (IVA inclusa): non rilevante.

Margine (lordo): 1.000 x 0,25 = 250.

Margine (netto): 100: 110 = x: 250.

quindi x = 250/1,10 = 227,27 (margine netto);

IVA dovuta = 227,27 x 10% = 22,72.

Regime del margine: metodo globale

Il metodo di calcolo globale prevede che la base imponibile sia determinata come differenza fra l’ammontare complessivo delle cessioni e degli acquisti effettuati nel mese o trimestre di riferimento. Il calcolo è quindi effettuato periodicamente sulla totalità di operazioni effettuate in un dato periodo di riferimento.

Se la differenza fra la massa delle operazioni attive e la massa delle operazioni passive è positiva, l’imposta si applica su questo importo; se invece il margine risulta negativo, esso viene computato come “credito”, in aumento degli acquisti nel periodo successivo.

Tale metodo può essere applicato limitatamente alle seguenti operazioni (art. 36, c. 6, D.L. n. 41/1995):

  • cessioni di veicoli usati;

  • cessioni di monete o altri oggetti da collezione;

  • cessioni di confezioni di materie tessili e prodotti di abbigliamento, compresi gli accessori;

  • cessioni di beni anche di generi diversi, acquistati per masse come compendio unitario e con prezzo indistinto;

  • cessioni di qualsiasi altro bene di costo unitario inferiore a 516,46 euro.

Per espressa previsione normativa il metodo globale non può applicarsi alle attività di commercio al dettaglio esercitate esclusivamente in forma ambulante o alle attività aventi ad oggetto prodotti editoriali, anche di antiquariato, francobolli da collezione, parti, pezzi di ricambio o componenti derivanti dalla demolizione di mezzi di trasporto o di apparecchiature elettromeccaniche.

CASO 13 - Regime del margine: metodo globale

L’azienda ALFA nel mese di gennaio ha realizzato i seguenti volumi di acquisti e di vendite di veicoli usati: acquisti per un importo pari a 18.200 e ricavi per un importo pari a 23.000 (IVA 22%).

Ammontare delle vendite (IVA inclusa): 23.000.

Ammontare degli acquisti (IVA inclusa): 18.200.

Ammontare delle spese di riparazione (IVA inclusa): 2.000.

Margine (lordo): 23.000 - (18.200+2.000) = 2.800.

Margine (netto): 100: 122 = x: 2.800.

quindi x = 2.800/1,22 = (margine netto) 2.295;

IVA dovuta = 2.295 x 22% = 504,91.

13.3.4. Regime dello split payment

13.3.4.Regime dello split payment

Il meccanismo di applicazione IVA denominato split payment (scissione dei pagamenti) prevede che l’IVA gravante su una data operazione di cessione di beni o prestazione di servizi a favore di determinati soggetti sia applicata dal fornitore al momento dell’emissione della fattura di vendita, ma versata all’Erario dall’acquirente. In estrema sintesi, il fornitore del bene o del servizio (cedente/prestatore) emette fattura con addebito IVA, ma non riceve la corresponsione dell’imposta dal cliente (cessionario/committente) poiché essa è da questi direttamente versata all’Erario.

Il fornitore di beni e servizi dovrà quindi emettere fattura (completa di tutti gli elementi previsti dall’art. 21, D.P.R. n. 633/1972) con addebito dell’IVA, indicare espressamente la dicitura “scissione dei pagamenti” ex art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972, indicare in fattura l’aliquota IVA applicata e l’ammontare dell’imposta e procedere infine ad annotare distintamente la fattura nel registro delle fatture emesse, in modo tale da evitare che l’imposta a debito confluisca nella liquidazione periodica IVA.

La disciplina dello split payment si applica anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti e ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito quali, ad esempio, i compensi di soggetti che percepiscono provvigioni inerenti a rapporti di agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari.

Una serie di operazioni risulta essere esclusa dalla disciplina dello split payment. In particolare, è possibile menzionare le seguenti situazioni:

  • per espressa deroga prevista dall’art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972, le operazioni soggette a “reverse charge” (circ. 27 marzo 2015, n. 14/E);

  • operazioni assoggettate a regimi speciali (operazioni per le quali non è esposta l’IVA in fattura, come ad esempio nel caso di regime monofase previsto nell’editoria e nel regime del margine in caso di cessione di beni usati e opere d’arte);

  • operazioni certificate dal fornitore mediante rilascio di scontrino fiscale o ricevuta (circ. n. 15/E/2015);

  • operazioni caratterizzate da un meccanismo forfettario di determinazione della detrazione (ad esempio fatture emesse da produttori agricoli che adottano il regime speciale, dalle associazioni sportive dilettantistiche ecc.).

Lo split payment si presenta come una misura di contrasto ai fenomeni di evasione IVA, poiché in grado di evitare che il fornitore possa incassare l’IVA omettendo poi di versarla all’Erario (si pensi che sulla semplice omissione del versamento IVA si basa, di fatto, la frode IVA solitamente denominata “carosello”).

Il meccanismo dello split payment (art. 1, c. 629, lett. b), Legge n. 190/2014), è stato ampliato sotto il profilo soggettivo e oggettivo a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 50/2017 e, a partire dal 2018, per effetto del D.L. n. 140/2017.

A seguito dell’ampliamento del campo di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (D.L. n. 50/2017), questo particolare sistema di assolvimento dell’IVA deve essere utilizzato per tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di:

  • società direttamente controllate dalle Amministrazioni centrali dello Stato e dagli enti locali (ai sensi dell’art. 2359 c.c.), nonché le società da queste ultime controllate (direttamente e indirettamente);

  • società quotate inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa Italiana S.p.A.;

  • soggetti inseriti nel Conto economico consolidato dello Stato (individuati annualmente dall’ISTAT).

Si ricorda che sono considerate società controllate quelle in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (art. 2359, c. 1, n. 1 c.c.) e quelle in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria (art. 2359 c. 1, n. 2, c.c.).

Gli elenchi dei soggetti tenuti all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (art. 17-ter, c. 1-bis, D.P.R. n. 633/1972) sono consultabili sul sito del Dipartimento delle Finanze del MEF.

Negli elenchi non sono incluse le Amministrazioni Pubbliche, le quali sono comunque tenute all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (art. 17-ter, c. 1, D.P.R. n. 633/1972).

In merito al citato elenco ISTAT, esso comprende le unità istituzionali inserite nel Conto economico consolidato che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche (Settore S13 nel Sistema Europeo dei Conti - SEC), qualunque veste giuridica rivestano (circ. n. 27/E/2017).

Più esattamente, sulla base di norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario, un’unità istituzionale è classificata nel settore delle Amministrazioni Pubbliche, indipendentemente dal regime giuridico (pubblico o privato) che la regola, se:

  • è di proprietà o amministrata o controllata da Amministrazioni Pubbliche;

  • non deve vendere sul mercato o, in caso contrario, deve vendere a prezzi non economicamente rilevanti (cioè i ricavi non devono eccedere il 50% dei costi di produzione dei servizi). Diversamente, nel caso in cui i ricavi fossero superiori al 50% dei costi di produzione si sarebbe in presenza di enti “market” (che operano a condizioni di mercato) e non di Amministrazioni Pubbliche.

Il perimetro dei soggetti verso i quali è obbligatorio emettere fattura elettronica non coincide perfettamente con quello nei confronti dei quali è necessario adottare la metodologia dello split payment. In particolare, fino al 1° luglio 2017 (data a partire dalla quale si applicano le novità introdotte dal D.L. n. 50/2017) il perimetro soggettivo delle Pubbliche Amministrazioni interessate dalla metodologia della scissione dei pagamenti (split payment) era ridotto rispetto a quello delle Pubbliche Amministrazioni interessate dal processo di fatturazione elettronica.

Si rileva una estensione del regime dello split payment a tal punto che tutte le fatture elettroniche sono soggette al regime dello split payment, mentre non può dirsi vero il contrario (ossia le fatture in split payment possono essere emesse anche adottando il regime tradizionale in luogo della fatturazione elettronica).

Si consideri, ad esempio, il caso di fattura emessa a favore di società quotate al FTSE MIB o di partecipate pubbliche; in tali casi il soggetto cedente è obbligato ad adottare il regime di split payment, ma non è tuttavia obbligato a emettere fattura elettronica.

Sotto un profilo prettamente contabile è necessario che il fornitore non rilevi l’insorgere di alcun debito per IVA e che l’importo del credito verso la Pubblica Amministrazione sia pari al solo importo della base imponibile, anche se, il fornitore di beni e servizi, dovrà comunque emettere fattura con addebito dell’IVA, indicare espressamente la dicitura “operazione soggetta a scissione dei pagamenti ex art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972“, indicare in fattura l’aliquota IVA applicata e l’ammontare dell’imposta e procedere infine ad annotare distintamente la fattura nel registro delle fatture emesse, in modo tale da evitare che l’imposta a debito confluisca nella liquidazione periodica IVA.

Tale risultato può essere raggiunto sia prevedendo uno storno contestuale alla rilevazione della fattura, sia contabilizzando la fattura indipendentemente dal fatto di essere in regime di split payment, quindi operando una rettifica successiva per annullare l’IVA a credito rilevata e allineare il valore del credito verso l’azienda cliente.

CASO 14 - Cessione di beni in regime di split payment

Si cedono beni in regime di split payment per un importo pari a 20.000 + IVA (22%). La fattura emessa conterrà l’importo della base imponibile (20.000), l’importo dell’IVA (4.400) e la dicitura “operazione soggetta a scissione dei pagamenti ex art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972“.

A) Scrittura contabile con storno immediato

SP C.II.1 Crediti v/clienti 20.000
SP D.12 IVA c/split payment 4.400
CE A.1 Ricavi di vendita 20.000
SP D.12 IVA c/split payment 4.400

B) Scrittura contabile con storno successivo

Rilevazione della fattura emessa

SP C.II.1 Crediti v/clienti 24.400
CE A.1 Ricavi di vendita 20.000
SP D.12 IVA c/split payment 4.400

Rilevazione della rettifica IVA

SP C.II.1 Crediti v/clienti 4.400
SP D.12 IVA c/split payment 4.400

La rettifica consente di rilevare in contabilità gli importi corretti, ossia l’ammontare del credito verso il cliente, pari solo alla base imponibile (20.000) e l’assenza di un debito IVA.

Laddove la fattura sia emessa anche per importi non assoggettabili a IVA (ad esempio non imponibili, esenti o esclusi) il credito che il fornitore rileverà nei confronti della Pubblica Amministrazione includerà questi ulteriori importi.

CASO 15 - Cessione di beni in regime di split payment in presenza di beni esenti IVA

Si cedono beni in regime di split payment per un importo pari a 20.000 + IVA (22%) oltre a beni esenti IVA per un importo pari a 5.000. Anche in questo caso la fattura emessa conterrà l’importo della base imponibile (20.000), l’importo dell’IVA (4.400) con la dicitura “operazione soggetta a scissione dei pagamenti ex art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972” e l’ammontare degli importi esenti dall’IVA (5.000).

A) Scrittura contabile con storno immediato

SP C.II.1 Crediti v/clienti 25.000
SP D.12 IVA c/split payment 4.400
CE A.1 Ricavi di vendita 25.000
SP D.12 IVA c/split payment 4.400

B) Scrittura contabile con storno successivo

Rilevazione della fattura emessa

SP C.II.1 Crediti v/clienti 29.400
CE A.1 Ricavi di vendita 25.000
SP D.12 IVA c/split payment 4.400

Rilevazione della rettifica IVA

SP C.II.1 Crediti v/clienti 4.400
SP D.12 IVA c/split payment 4.400

13.3.5. Cessione di beni e servizi con il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge)

13.3.5.Cessione di beni e servizi con il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge)

Il meccanismo del reverse charge (inversione contabile) prevede il passaggio dell’obbligo del versamento dell’IVA dal soggetto che emette fattura al soggetto che la riceve. Il soggetto cedente, quindi, dovrà emettere una fattura senza IVA contenente la specifica indicazione “operazione senza addebito IVA ai sensi dell’art. 17, c. 6, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633“. La fattura sarà quindi integrata dal soggetto cessionario che provvederà quindi alla registrazione della fattura e al successivo versamento dell’imposta. Il meccanismo dell’inversione contabile è previsto dal legislatore fiscale per assicurare la tempestiva e completa esazione dell’IVA, prevenendo il fenomeno delle frodi in campo IVA collegate alla normale detrazione dell’imposta in capo al soggetto acquirente e al mancato versamento dell’imposta ad opera del soggetto cedente nel frattempo divenuto irreperibile o nullatenente. L’istituto è altresì giustificato dalla volontà di evitare l’esborso finanziario riconducibile all’IVA in caso di importi particolarmente elevati (ad esempio nel caso di cessioni di oro).

Il meccanismo dell’inversione contabile si applica alle seguenti operazioni:

  • cessioni di rottami, cascami e avanzi metallici ferrosi e non ferrosi, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica (art. 74, c. 7 e 8, D.P.R. n. 633/1972);

  • cessioni imponibili di oro da investimento e non (art. 17, c. 5, D.P.R. n. 633/1972);

  • prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore (art. 17, c. 6, lett. a), D.P.R. n. 663/1972);

  • cessioni di fabbricato o di porzioni di fabbricato strumentali per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per imposizione (D.M. 25 maggio 2007 e art. 10, c. 1, n. 8-ter, lett. b) e d), D.P.R. n. 633/1972);

  • cessioni di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre di comunicazioni soggette alla tassa sulle concessioni governative, nonché dei loro componenti e accessori;

  • cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;

  • cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti dalla cave e dalle miniere.

In quest’ambito occorre infine tener presente che l’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972 prevede la possibilità di applicare il meccanismo ad ulteriori operazioni individuate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con propri decreti. Infine, il meccanismo del reverse charge opera anche in tutte le operazioni per le quali viene prevista l’emissione dell’autofattura.

Alle fatture emesse in applicazione del meccanismo del reverse charge sono esenti dall’imposta di bollo, mentre le operazioni sono soggette all’imposta di registro.

È utile precisare che il meccanismo del reverse charge si differenzia da quello della scissione dei pagamenti (split payment) poiché nel primo dei due casi il soggetto beneficiario non si limita a versare l’IVA, ma provvede anche a realizzare taluni adempimenti sostanziali e contabili. In estrema sintesi il soggetto venditore dovrà semplicemente emettere un Documento privo di IVA contenente l’indicazione “operazione senza addebito IVA ai sensi dell’art. 17, c. 6, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633“.

Tale fattura dovrà essere quindi integrata ad opera del soggetto cessionario che dovrà indicare chiaramente l’aliquota e l’imposta dovuta (ex art. 17, c. 6, D.P.R. n. 633/1972). Il soggetto cessionario dovrà quindi procedere alla registrazione della fattura così integrata oltre che come acquisto nel registro degli acquisti (rilevando dunque l’imposta a credito), anche come cessione attiva da registrare nel registro delle fatture emesse ed evidenziando l’imposta a debito. In tal modo il cessionario ha l’obbligo di procedere al versamento dell’IVA al posto del cedente, ma poiché la posizione IVA risulterà contemporaneamente debitoria e creditoria, di fatto non procederà ad alcun versamento.

CASO 16 - Reverse charge

Si cedono beni per un valore di euro 6.000 con IVA al 22% applicando il meccanismo del reverse charge.

Scrittura contabile rilevata dal soggetto cedente (che emette la fattura priva di IVA con esplicita indicazione “operazione senza addebito IVA ai sensi dell’art. 17, c. 6, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633)

SP C.II.1 Crediti v/clienti 6.000
CE A.1 Ricavi di vendita 6.000

Rilevazione della fattura ad opera del soggetto acquirente (che integra la fattura indicando chiaramente l’aliquota e l’imposta dovuta)

CE B.6 Materie c/acquisti 6.000
SP C.II.5 bis IVA a credito 1.320
SP D.7 Debiti v/fornitori di beni 6.000
SP D.12 IVA a debito 1.320

Il periodo di applicazione del meccanismo facoltativo di reverse charge alla cessione di determinati beni e alla presentazione di determinati servizi (art. 17, c. 6, D.P.R. n. 633/1972, alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) a rischio frodi (cessione di cellulari, tablet e certificati bianchi), destinato a scadere entro 31 dicembre 2018, è stato prorogato fino al 30 giugno 2022 (Direttiva n. 2018/1695).

Al pagamento dell’IVA provvederà, dunque, il soggetto passivo nei confronti del quale sono state effettuate le cessioni di beni. È importante ricordare che risultano comprese tra tali operazioni anche i trasferimenti di certificati relativi a gas ed energia elettrica (c.d. certificati bianchi) (5.2.1.).

Con riferimento al ciclo attivo, appaiono particolarmente interessanti le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella guida alla compilazione delle fatture elettroniche relative alle autofatture/denunce (tipo documento T20). All’interno della casistica relativa alla regolarizzazione o integrazione di fatture ricevute da fornitori (TD20) rientra anche quella delle operazioni soggette a inversione contabile, irregolarmente documentate dal fornitore (art. 6, c. 9-bis, D.Lgs. n. 471/1997). Nel caso di omessa emissione della fattura da parte del fornitore (ovvero di emissione di fattura irregolare), il cessionario dovrà procedere all’emissione della fattura (ovvero alla sua regolarizzazione) e all’assolvimento della relativa imposta (art. 21, D.P.R. n. 633/1972) mediante inversione contabile, con relativa trasmissione allo SdI (documento TD20), indicando l’imponibile e il tipo di operazione. Seguirà, quindi, emissione di documento (TD16) che indicherà la relativa imposta.

13.3.6. Vendite non soggette a IVA

13.3.6.Vendite non soggette a IVA

Sono operazioni non soggette a IVA sul mercato nazionale quelle esenti e quelle escluse. Le prime (art. 10, D.P.R. n. 633/1972) sono operazioni che pur avendo i requisiti per essere considerate imponibili, non sono state assoggettate al tributo dal legislatore per ragioni di opportunità.

Esse consistono ad esempio nelle operazioni di vendita su azioni, titoli e quote sociali, le cessioni agli editori della carta destinata alla stampa di giornali, ecc.

Rientrano in quest’ambito le cessioni gratuite di beni a enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica e a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi dichiarate tali (Legge n. 996/1970). Tuttavia, è più frequente il caso di prestazioni di servizi esenti.

Le tipiche vendite di servizi esenti (art. 10, D.P.R. n. 633/1972) sono, tra le altre:

  • servizio postale e servizio telegrafico;

  • servizio di riscossione tributi;

  • operazioni di credito di finanziamento;

  • operazioni di assicurazione;

  • gestioni di fondi comuni di investimento e similari;

  • prestazioni di trasporto pubblico urbano effettuate con qualsiasi mezzo.

Le fatture di vendita esenti non contengono l’IVA ma soltanto il ricavo di vendita dei prodotti. Tali operazioni però non consentono al contribuente di esercitare il diritto di detrazione dell’imposta da lui sostenuta con l’acquisto di beni e servizi per l’esercizio dell’attività d’impresa.

Le cessioni sono escluse dal campo di applicazione dell’IVA quando non presentano i presupposti di imponibilità o per la mancanza di alcuni dei requisiti precedentemente indicati o perché la legge non le considera vere e proprie cessioni di beni.

Tra queste vi sono ad esempio le cessioni di campioni di modico valore appositamente contrassegnati (art. 2, c. 3, lett. d), D.P.R. n. 633/1972). In questo caso, dato che non esiste l’obbligo di fatturazione ai fini IVA né si realizza lo scambio monetario, non deve essere effettuata alcuna rilevazione contabile.

Anche la cessione gratuita di beni che non formano oggetto di produzione o commercializzazione da parte dell’azienda, come ad esempio gli omaggi natalizi, è un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA. Inoltre, non estrinsecandosi in uno scambio monetario con soggetti esterni non è oggetto di rilevazione contabile.

Con riferimento alla cessione gratuita di beni, quindi, è opportuno distinguere, da un punto di vista sia contabile sia normativo, l’operazione a seconda dell’oggetto della cessione gratuita di beni:

  • beni la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa;

  • beni che non rientrano tra quelli prodotti o commercializzati dall’azienda.

Nel caso di cessione di beni la cui produzione/commercio rientra nell’attività propria dell’impresa la cessione gratuita di tali beni è solitamente volta a migliorare i rapporti con i soggetti beneficiari o a diffondere la conoscenza della qualità dei prodotti aziendali. Indipendentemente dai soggetti beneficiari (dipendenti, clienti ecc.) tali cessioni sono soggette a IVA anche se solitamente rilevate tramite autofattura al fine di nascondere al beneficiario il valore dei beni ceduti gratuitamente. Trattandosi di cessioni gratuite, l’imposta dovrà essere determinata in basa al valore normale del bene (art. 14, D.P.R. n. 633/1972).

Nell’ipotesi di cessione gratuita di beni che non rientrano tra quelli prodotti o commercializzati dall’azienda nella sua attività propria, tali cessioni saranno considerate fuori dal campo di applicazione dell’IVA.

CASO 17 - Cessioni gratuite di beni che rientrano tra quelli prodotti e/o commercializzati dall’impresa

L’azienda ALFA effettua una cessione gratuita di beni oggetto della propria produzione a favore dei dipendenti per un valore normale di euro 5.000 + IVA (22%).

SP C.II.5 quater Crediti diversi 6.100
CE A.5 Omaggio di prodotti 5.000
SP D.14 IVA a debito 1.100

Si rileva successivamente la chiusura del credito a fronte di un costo d’esercizio a seguito della specifica natura (omaggio) della cessione rilevata.

SP C.II.5 quater Crediti diversi 6.100
CE B.7 Omaggio di prodotti 6.100

13.4. Vendite sul mercato internazionale

13.4.Vendite sul mercato internazionale

L’azienda può vendere i suoi prodotti, oltre che sul mercato nazionale, anche sui mercati comunitari e internazionali. In quest’ultima ipotesi le problematiche maggiormente complesse riguardano la fase di incasso del credito e la conversione in moneta di conto dell’operazione espressa in valuta estera.

I ricavi e i proventi relativi a operazioni in valuta devono essere determinati al cambio corrente alla data nella quale l’operazione è compiuta (art. 2425-bis c.c.). Quindi, per le transazioni su beni mobili, si dovrà fare riferimento al cambio in vigore alla data di consegna o di spedizione dei beni mentre si considererà la data di ultimazione per le prestazioni di servizi.

Alla data di regolamento (incasso del credito sorto in valuta estera) potranno sorgere differenze su cambi che rappresenteranno componenti reddituali da riepilogare nella voce C.17-bis del Conto economico.

Qualora il credito contabilizzato in un determinato esercizio risulti non ancora incassato al termine del medesimo esercizio, questo dovrebbe essere convertito al cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio e i relativi utili e perdite devono essere imputati al Conto economico (e l’eventuale utile netto dovrà essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzato).

Ciò in quanto il credito, comportando il diritto a incassare un determinato importo, rappresenta a tutti gli effetti una c.d. attività monetaria (caso “Esportazioni dirette (cessione prodotti a clienti extracomunitari) - Incasso del credito nell’anno successivo a quello di fatturazione”) (13.4.1.).

13.4.1. Operazioni non imponibili

13.4.1.Operazioni non imponibili

Le operazioni di vendita sui mercati esteri (comunitari e internazionali) sono considerate non imponibili dal punto di vista dell’imposta sul valore aggiunto poiché manca il requisito della territorialità.

Tali operazioni si distinguono in:

  • cessioni extracomunitarie disciplinate dal D.P.R. n. 633/1972 (esportazioni);

  • cessioni intracomunitarie disciplinate dalla Legge n. 427/1993.

Per le esportazioni si ha la conferma dell’uscita dei beni dal territorio nazionale nel momento in cui è emessa la documentazione doganale comprovante l’operazione.

Per le cessioni intracomunitarie il passaggio delle merci attraverso le frontiere non è più sottoposto ad alcuna formalità doganale. In entrambi i casi occorre comunque adempiere a tutti gli obblighi formali previsti per le vendite di beni soggetti all’imposta, come ad esempio la fatturazione e l’annotazione sui registri obbligatori. L’assoggettamento dell’operazione all’imposta avviene nel Paese di destinazione del bene.

Le prestazioni di servizi non imponibili (art. 9, D.P.R. n. 633/1972) riguardano servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali (per esempio servizi di trasporto, noleggi, servizi di carico e scarico, servizi di intermediazione, ecc.).

Per le operazioni di esportazione valgono le disposizioni contenute negli artt. 8 (cessioni all’esportazione), 8-bis (operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione) e 9 (servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali) del D.P.R. n. 633/1972.

Le operazioni contemplate nella norma si possono distinguere in:

  • esportazioni dirette;

  • esportazioni indirette.

Esportazioni dirette

Si distinguono in:

  • esportazioni dirette proprie (art. 8, lett. a) prima parte, D.P.R. n. 633/1972), che consistono nella cessione effettuata da un soggetto IVA mediante consegna o spedizione all’estero, anche tramite commissionari;

  • esportazioni dirette triangolari (art. 8, lett. a) ultima parte, D.P.R. n. 633/1972) che si realizzano tramite cessioni effettuate da un soggetto IVA (c.d. cedente nazionale) tramite un suo fornitore nazionale (c.d. cessionario residente) che ha l’obbligo di consegnare i beni all’estero, anche tramite commissionario. Ciò implica che il trasporto o la cessione devono essere effettuati a nome o a cura del cedente nazionale, per cui non si realizza esportazione triangolare se il cessionario residente effettua il trasporto con mezzi propri o stipula il contratto di trasporto con terzi. Tuttavia, la fattura del trasporto può essere emessa sia nei confronti del cedente, che ha commissionato il trasporto, sia nei confronti del cessionario residente (ris. 4 marzo 1995, n. 51/E), in qualità di soggetto che provvede concretamente al pagamento degli oneri del trasporto pur non avendolo commissionato. È altresì necessario che l’intervento dell’acquirente, nel trasporto o nella spedizione, avvenga al di là della linea doganale: infatti, il caso di consegna franco dogana allo spedizioniere del cessionario finale fa automaticamente escludere la triangolazione. Infine, la bolletta doganale di esportazione deve essere intestata proprio al cessionario residente, in quanto quest’ultimo rappresenta l’esportatore ai fini doganali nei confronti dell’acquirente;

  • esportazione diretta impropria (art. 8, lett. b), D.P.R. n. 633/1972): consiste nella cessione effettuata da un soggetto IVA ad un soggetto non residente che trasporti il bene autonomamente, ed allo stato originario, fuori dal territorio doganale entro i 90 giorni dalla consegna. La non imponibilità, prevista per la presente fattispecie, ricorre a condizione che:

    • l’acquirente sia soggetto IVA nel Paese di residenza e risieda in un Paese extraUE;

    • la spedizione o il trasporto avvengano a cura dell’acquirente o tramite terzi per suo conto;

    • i beni siano trasportati o spediti allo stato originario entro i 90 giorni dalla consegna;

    • l’esportazione risulti da vidimazione apposta sulla fattura di vendita dalla dogana di uscita.

Il mancato rispetto di una di tali condizioni comporta il venir meno del regime di non imponibilità e il versamento di una sanzione che va dal 50% al 100% dell’imposta dovuta, a meno che il cedente nazionale non provveda, nel termine di 30 giorni, a regolarizzare le fatture versando l’imposta dovuta.

Esportazioni indirette

Si realizzano mediante la cessione di beni effettuata da un soggetto che intende esportarli, allo stato originario o previa lavorazione e/o trasformazione, rese al soggetto esportatore diretto (esportatore abituale) (art. 8, lett. c), D.P.R. n. 633/1972). Quest’ultimo, in qualità di operatore con particolari requisiti, ottiene il diritto di acquistare in regime di non imponibilità nel limite delle esportazioni e cessioni intracomunitarie effettuate. In tal modo si evita che un soggetto esportatore (che fattura in regime di non imponibilità) venga a trovarsi in posizione creditoria verso l’Erario, non avendo, od avendo in modo limitato, un’imposta da versare.

L’applicazione di tale disciplina è subordinata al verificarsi di due condizioni:

  • soggettiva: il complesso delle esportazioni e cessioni intracomunitarie fatturate e registrate nell’anno solare precedente deve essere superiore al 10 % del volume d’affari;

  • oggettiva: acquisto di beni e servizi, eccezion fatta per terreni, fabbricati e beni/servizi ad IVA indetraibile.

L’ipotesi più frequente di cessione intracomunitaria è costituita dalla cessione a titolo oneroso di beni trasportati o spediti in altro Stato membro della Comunità europea, posta in essere da un soggetto passivo IVA nei confronti di un cessionario ivi soggetto di imposta.

Anche nell’ambito delle cessioni intracomunitarie si possono realizzare delle operazioni triangolari analoghe a quelle già in precedenza esaminate.

Esportazioni verso il Regno Unito - Il fatto che a partire dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito è diventato a tutti gli effetti uno Stato extra UE è un aspetto particolarmente interessante da tenere in considerazione per le possibili ricadute, anche all’interno del ciclo attivo. In particolare, per le aziende che hanno avuto vendite nel mese di dicembre 2020 (e fino al 31 dicembre 2020), in virtù dell’art. 51 dell’accordo di recesso, occorre distinguere due situazioni:

  • se l’inizio della spedizione è avvenuto nel corso del mese di dicembre 2020, l’operazione è considerata a tutti gli effetti una cessione intracomunitaria, anche se la spedizione si conclude nel corso del 2021. I prodotti dovranno comunque essere presentati in dogana, dove sarà verificata la data di inizio del trasporto;

  • se invece la vendita di beni avviene nel 2020 con emissione di fattura, ma il trasporto inizia nel corso del 2021, si tratterà di una operazione di esportazione e la relativa la fattura anticipata risulterà “coerente” con l’effettiva operazione conclusa (non imponibilità per esportazione).

Nel caso in cui, inoltre, la cessione all’esportazione avvenga prevedendo la consegna della merce al cliente estero, o a terzi per suo conto, nel territorio italiano, si ricadrà nella fattispecie dell’esportazione indiretta (art. 8, c. 1, lett. b) del D.P.R. n. 633/1972 e questo richiederà che il trasporto dovrà avvenire entro 90 giorni dalla consegna dei beni da parte del cedente, senza commissionari e senza subire trasformazioni. L’osservanza delle suddette condizioni, risultanti dalla vidimazione apposta dall’ufficio doganale, consentirà l’applicazione del regime di non imponibilità.

CASO 18 - Esportazioni dirette (cessione prodotti a clienti extracomunitari) - Incasso del credito nell’anno di fatturazione

In data 5/4/n l’azienda emette fattura di vendita di beni a favore di un cliente negli Stati Uniti per un importo pari a 4.000 dollari. Il cambio del giorno è pari a 0,92 euro/dollaro. Il cambio alla data di pagamento (5/6/n) è pari a 0,89 euro/dollaro.

Liquidazione del ricavo di vendita

SP C.II.1 Crediti v/clienti esteri 3.680
CE A.1 Ricavi di vendita 3.680

Incasso del credito

SP C.II.1 Crediti v/clienti esteri 3.680
CE C.17bis Differenze negative su cambi 120
SP C.IV.1 Banca c/c 3.560

Qualora il credito non fosse stato incassato nell’esercizio di fatturazione, bensì nell’esercizio successivo, a fine esercizio l’azienda avrebbe dovuto rilevare la differenza su cambi sorta nell’esercizio (caso “Esportazioni dirette (cessione prodotti a clienti extracomunitari) - Incasso del credito nell’anno successivo a quello di fatturazione”) (13.4.1.).

CASO 19 - Esportazioni dirette (cessione prodotti a clienti extracomunitari) - Incasso del credito nell’anno successivo a quello di fatturazione

In data 5/12/”n” l’azienda emette fattura di vendita di beni a favore di un cliente negli Stati Uniti per un importo pari a 2.000 dollari.

Il cambio del giorno è pari a 0,90 euro/dollaro. Al 31/12 il credito non è stato ancora incassato. Il cambio al 31/12 è pari a 0,88 mentre quello alla data di pagamento, avvenuto in data 10/1/”n+1”, è pari a 0,85 euro/dollaro.

Liquidazione del ricavo di vendita (5/12/”n”)

SP C.II.1 Crediti v/clienti esteri 1.800
CE A.1 Ricavi di vendita 1.800

Rilevazione del credito al 31/12 - Non si pone il problema della distribuzione di utili effettivamente maturati poiché la differenza su cambi è negativa.

SP C.II.1 Crediti v/clienti esteri 40
CE C.17bis Differenze negative su cambi 40

Incasso del credito (10/1/”n+1”)

SP C.II.1 Crediti v/clienti esteri 1.760
CE C.17bis Differenze negative su cambi 60
SP C.IV.1 Banca c/c 1.700

CASO 20 - Esportazioni indirette di merci

Vendute merci a esportatore abituale per un importo pari a euro 2.500. Vendita non imponibile ai sensi dell’art. 8 D.P.R. n. 633/1972.

SP C.II.1 Crediti v/clienti Italia 2.500
CE A.1 Ricavi di vendita 2.500

CASO 21 - Cessione prodotti a clienti comunitari

Vendute merci a cliente francese. Valore dei beni pari a euro 15.000.

SP C.II.1 Crediti v/clienti comunitari 15.000
CE A.1 Ricavi di vendita 15.000

13.5. Rettifiche dei ricavi

13.5.Rettifiche dei ricavi

Le operazioni di vendita di beni e prestazioni di servizi possono essere oggetto di rettifiche successive all’emissione della relativa fattura, al fine di procedere alla modifica in contabilità del ricavo, del credito e dell’IVA a debito. Si tratta solitamente di rettifiche diminutive del precedente ricavo (iscrivendo quindi componenti negativi di reddito) che derivano solitamente dalle seguenti situazioni:

  • resi su vendite;

  • premi su vendite;

  • ribassi, abbuoni e sconti su vendite;

  • rettifiche di errori di fatturazione.

Rientrano infine nelle possibili rettifiche dei ricavi già rilevati anche le eventuali operazioni di assestamento necessarie per garantire il rispetto del principio della competenza economica.

In contabilità le rettifiche potrebbero essere rilevate direttamente nel conto utilizzato per accogliere l’originaria rilevazione della fattura emessa, anche se in sezioni opposte (ad esempio la rettifica del ricavo di vendita potrebbe essere realizzata utilizzando il medesimo conto accreditato al momento dell’emissione della fattura, ma iscrivendo la rettifica nella sezione dare).

L’utilizzo di rettifiche indirette, utilizzando cioè specifici conti accesi alle rettifiche, può essere considerato consigliabile per le seguenti motivazioni:

  • per finalità informative, ossia per garantire maggiore chiarezza alle scritture contabili;

  • poiché le rettifiche possono riguardare non una singola operazione, bensì riferirsi a tutta una serie di operazioni concluse con uno stesso cliente e rilevate anche in conti differenti.

Le rettifiche hanno rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto in quanto determinano una variazione dell’imponibile e dell’imposta. Occorre tuttavia distinguere (D.P.R. n. 633/1972):

  • variazioni in aumento dell’ammontare della base imponibile e dell’imposta, successivamente all’emissione di una precedente fattura. In questi casi la nota di variazione è sempre obbligatoria qualunque sia la motivazione sottostante (compresa la presenza di inesattezze nella fatturazione);

  • variazioni in diminuzione della base imponibile e dell’imposta, successivamente all’emissione di una precedente fattura. In questo caso le rettifiche sono facoltative e consentite esclusivamente al soggetto che ha emesso la fattura (con termini e modalità definite). Le causali che determinano delle variazioni in diminuzione consentendo l’emissione della nota di variazione sono quelle che comportano il venir meno, in tutto o in parte, dell’operazione già oggetto di precedente fatturazione (ad esempio nullità, annullamento, revoca, risoluzione, mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali, applicazioni di abbuoni o sconti previsti contrattualmente). Tali variazioni possono essere effettuate entro un anno dalla data dell’operazione.

Per quanto riguarda la registrazione delle variazioni in aumento o in diminuzione dell’imponibile sui registri IVA, la norma stabilisce che le prime devono essere annotate sul registro delle fatture emesse, le seconde su quello degli acquisti.

13.5.1. Resi su vendite

13.5.1.Resi su vendite

I resi di prodotti da parte dei clienti possono trovare giustificazione in diverse motivazioni, tra cui le più frequenti possono essere la restituzione di merci avariate o comunque non perfettamente conformi alle specifiche previste nell’ordine originario e il mancato rispetto dei tempi di consegna stabiliti dal contratto.

I resi su vendite sono solitamente soggetti alla normativa IVA e rilevati in apposite note di accredito emesse a favore del cliente che rilevano, in capo al soggetto cessionario, la riduzione del ricavo di vendita, del credito verso il cliente e del debito IVA sorto al momento dell’emissione della fattura.

Nel caso in cui per contratto sia prevista la sostituzione della merce non rispondente a quanto pattuito da contratto, i relativi resi sono esonerati dall’IVA (a condizione che tale operazione risulti da apposite note accompagnatorie).

CASO 22 - Reso su vendite

Il cliente restituisce parte della merce venduta, per un valore pari a euro 5.000 + IVA 22%, poiché non conforme alle caratteristiche previste contrattualmente.

Emissione da parte del venditore della nota di credito per resi su vendite. Rettifica realizzata indirettamente, utilizzando uno specifico conto acceso alla rettifica (resi su vendite).

SP C.II.1 Crediti v/clienti 6.100
CE A.1 Resi su vendite 5.000
SP C.II.5 bis IVA a credito 1.100

Nel caso in cui i resi su vendite abbiano frequenza limitata e siano di entità non rilevante, il reso può essere rilevato anche rettificando il valore originario del ricavo e dell’IVA a debito, mediante uno storno nel registro delle fatture emesse.

Si presenta di seguito la rettifica realizzata in conto, utilizzando cioè i conti inizialmente movimentati per la registrazione dell’originaria fattura.

SP C.II.1 Crediti v/clienti 6.100
CE A.1 Ricavi di vendita 5.000
SP D.12 IVA a debito 1.100

13.5.2. Premi su vendite

13.5.2.Premi su vendite

La principale classificazione dei premi su vendite prevede la distinzione tra:

  • premi di quantità;

  • premi di fedeltà.

I premi di quantità sono essenzialmente la conseguenza di un’attività promozionale da parte dell’azienda e sono riconducibili al raggiungimento di un quantitativo minimo di vendite a favore di un certo cliente. I premi possono riferirsi sia a vendite soggette a IVA, sia a vendite non imponibili o esenti.

Nel caso di premi concessi su vendite soggette a IVA, le scritture contabili, che avvengono sulla base di apposite “note di credito”, risultano sostanzialmente coincidenti con quelle dei resi su vendita. La concessione del premio comporta, infatti, una rettifica diminutiva dell’originario valore dei ricavi di vendita, dell’IVA a debito in precedenza rilevata e del complessivo credito verso il cliente.

Anche in questo caso la rettifica può avvenire sia utilizzando i conti originariamente movimentati per le fatture di vendita, sia movimentando specifici conti di rettifica (in questo caso il conto “Premi su vendite”) in grado di garantire maggiore chiarezza informativa.

CASO 23 - Premi su vendite soggette a IVA

Emessa nota di credito a favore di un cliente per euro 1.000 + IVA al 22% a seguito di un premio di quantità riconosciuto al cliente per aver raggiunto il quantitativo minimo di vendite prefissato.

Liquidazione del premio di quantità riconosciuto al cliente. Rettifica realizzata indirettamente, utilizzando uno specifico conto acceso alla rettifica (premi su vendite).

SP C.II.1 Crediti v/clienti 1.220
CE A.1 Premi su vendite 1.000
SP C.II.5 bis IVA a credito 220

Liquidazione del premio di quantità riconosciuto al cliente. Rettifica realizzata direttamente, utilizzando i conti originariamente movimentati per la registrazione delle fatture.

SP C.II.1 Crediti v/clienti 1.220
CE A.1 Ricavi di vendita 1.000
SP D.12 IVA a debito 220

Diversamente dai premi fin qui considerati, i premi di fedeltà sono concessi a determinati clienti per incentivare i rapporti commerciali in essere, per raggiungere determinati obiettivi in linea con le strategie commerciali deliberate.

Nel caso in cui i premi siano concessi a titolo gratuito senza che ciò faccia insorgere nel beneficiario alcun obbligo di fare o di non fare, tali premi possono essere assimilati a “cessioni di denaro”, quindi esclusi dal campo di applicazione dell’IVA (art. 2, c. 3, lett. a), D.P.R. n. 633/1972).

CASO 24 - Premi su vendite non soggette a IVA

Concesso un premio di fedeltà di euro 2.500 a seguito del rinnovo di un contratto di fornitura da parte del cliente.

CE A.1 Premi su vendite 2.500
SP C.IV.3 Cassa contanti 2.500

13.5.3. Ribassi, abbuoni e sconti su vendite

13.5.3.Ribassi, abbuoni e sconti su vendite

Nella prassi commerciale i regolamenti finanziari possono prevedere differenti tipologie di facilitazioni a favore dei clienti. È opportuno, tuttavia, distinguere le diverse tipologie possibili di facilitazioni, distinguendo ad esempio le seguenti:

  • ribassi;

  • abbuoni;

  • sconti.

I ribassi possono definirsi semplici arrotondamenti per difetto degli importi da incassare, riconosciuti al cliente all’atto del pagamento della fattura. Pur rappresentando una rettifica dei ricavi di vendita, essi non danno luogo ad alcuna variazione IVA. La rettifica può essere realizzata contabilmente sia in un’unica registrazione, sia procedendo anzitutto a rilevare l’incasso per l’importo al netto del ribasso, quindi chiudendo il credito residuo a fronte del ribasso passivo.

CASO 25 - Ribasso

Concesso un ribasso passivo pari a euro 10,5 al momento del pagamento di una fattura di euro 860,5.

A) Registrazione unica

SP C.IV.3 Cassa contanti 850,0
CE A.1 Ribassi passivi 10,5
SP C.II.1 Crediti v/clienti 860,5

B) Registrazione alternativa

Incasso della fattura

SP C.IV.3 Cassa contanti 850,0
SP C.II.1 Crediti v/clienti 850,0

Rilevazione del ribasso passivo

CE A.1 Ribassi passivi 10,5
SP C.II.1 Crediti v/clienti 10,5

Gli abbuoni passivi rappresentano riduzioni di prezzo accordate al cliente in presenza di una mancata corrispondenza tra la qualità o la quantità dei beni ceduti rispetto a quella stabilita contrattualmente, pur all’interno dei limiti di tolleranza previsti. La natura degli abbuoni passivi è solitamente prevista contrattualmente o dagli usi commerciali e si determinano abitualmente in misura percentuale, talvolta anche progressiva.

L’abbuono può essere concesso prima o dopo la fatturazione. Se concesso prima della fatturazione, esso incide direttamente sulla determinazione della base imponibile e, quindi, dell’imposta. Nel secondo caso, invece, l’abbuono deve risultare da una specifica nota di variazione emessa dal venditore che può decidere se rivalersi o meno sull’IVA.

CASO 26 - Abbuono concesso prima della fatturazione della vendita

Concesso un abbuono passivo pari al 2% su una vendita di prodotti per un importo pari a euro 2.850 + IVA 22% a causa dell’esistenza di alcune difformità qualitative. L’abbuono è concesso prima della fatturazione della vendita.

In questo caso si procede con la fatturazione considerando l’importo già al netto dell’abbuono passivo concesso.

La fattura è quindi così strutturata:

  • Base imponibile originaria (da contratto): euro 2.850.

  • Abbuono concesso a seguito delle difformità (2%): euro 57.

  • Base imponibile (post rettifica): euro 2.793.

  • IVA (22%) sulla base imponibile: euro 614,46.

  • Totale fattura: euro 3.407,46.

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.407,46
CE A.1 Ricavi di vendita 2.793,00
SP D.12 IVA a debito 614,46

CASO 27 - Abbuono concesso dopo la fatturazione della vendita senza rivalsa IVA

Concesso un abbuono passivo pari al 2% su una vendita di prodotti per un importo pari a euro 2.850 + IVA 22% a causa dell’esistenza di alcune difformità qualitative. L’abbuono è concesso dopo la fatturazione della vendita, a seguito di specifica nota di variazione senza rivalsa IVA.

Emissione della fattura per euro 2.850 + IVA 22%

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.477,00
CE A.1 Ricavi di vendita 2.850,00
SP D.12 IVA a debito 627,00

Emissione della nota di variazione IVA senza rivalsa IVA

CE A.1 Abbuono passivo 57,00
SP C.II.1 Crediti v/clienti 57,00
CASO 28 - Abbuono concesso dopo la fatturazione della vendita con rivalsa IVA

Concesso un abbuono passivo pari al 2% su una vendita di prodotti per un importo pari a euro 2.850 + IVA 22% a causa dell’esistenza di alcune difformità qualitative. L’abbuono è concesso dopo la fatturazione della vendita, a seguito di specifica nota di variazione con rivalsa IVA.

Emissione della fattura per euro 2.850 + IVA 22%

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.477,00
CE A.1 Ricavi di vendita 2.850,00
SP D.12 IVA a debito 627,00

Emissione della nota di variazione IVA con rivalsa IVA

CE A.1 Abbuono passivo 57,00
SP D.12 IVA a debito 12,54
SP C.II.1 Crediti v/clienti 69,54

Gli sconti (passivi) riconosciuti ai clienti rappresentano riduzioni rispetto ai prezzi di listino praticati per finalità commerciali, ovvero per adottare politiche di prezzo differenziate sui diversi clienti oppure per favorire la conclusione di contratti di vendita.

La principale distinzione si basa sull’esistenza o meno di condizioni da dover rispettare per ottenere lo sconto.

Si distinguono quindi gli sconti condizionati (è necessario rispettare talune condizioni per ottenere il diritto a ricevere lo sconto) dagli sconti incondizionati (per i quali non è invece necessario rispettare alcuna condizione).

Sono esempi di sconti condizionati quelli di quantità riconosciuti ai clienti che acquistano quantitativi superiori a determinate soglie e quelli riconosciuti a seguito di pagamenti pronta cassa quando il prezzo pattuito prevedeva una certa dilazione.

CASO 29 - Sconto condizionato

Concesso uno sconto pari al 2% per pagamento pronta cassa su una vendita di prodotti a dilazione per un importo pari a euro 2.850 + IVA 22%.

Emissione della fattura per euro 2.850 + IVA 22%

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.477,00
CE A.1 Ricavi di vendita 2.850,00
SP D.12 IVA a debito 627,00

Incasso al netto dello sconto riconosciuto al cliente per pagamento pronta cassa

CE A.1 Sconto passivo 57,00
SP C.IV.3 Banca c/c 3.420,00
SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.477,00

Un esempio di sconto incondizionato è rappresentato dallo sconto promozionale praticato in taluni periodi dell’anno per agevolare lo smaltimento delle scorte di magazzino. Ai fini IVA lo sconto incondizionato compare in fattura ma la base imponibile è determinata al netto dello sconto (art. 15, D.P.R. n. 633/1972).

CASO 30 - Sconto incondizionato

Concesso uno sconto passivo (incondizionato) in fattura pari al 2% su una vendita di prodotti per un importo pari a euro 2.850 + IVA 22%.

In questo caso si procede con la fatturazione considerando l’importo già al netto dello sconto passivo concesso.

La fattura è quindi così strutturata:

Base imponibile originaria (da contratto): euro 2.850.

Sconto passivo concordato (2%): euro 57.

Base imponibile (post rettifica): euro 2.793.

IVA (22%) sulla base imponibile: euro 614,46.

Totale fattura: euro 3.407,46.

SP C.II.1 Crediti v/clienti 3.407,46
CE A.1 Ricavi di vendita 2.850,00
CE A.1 Sconti passivi 57,00
SP D.12 IVA a debito 614,46

La concessione di sconti può avvenire anche mediante cessione di beni in omaggio. In questo caso si ha non imponibilità della cessione solo se la cessione di beni in omaggio sia stata prevista nelle originarie pattuizioni e che i beni oggetto di cessione siano soggetti ad aliquota IVA non superiore a quella relativa ai beni oggetto di cessione principale. In caso contrario, sarà necessario emettere fattura indicando il valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto e la relativa imposta e non sarà possibile esercitare il diritto di rivalsa sull’IVA.

CASO 31 - Sconti mediante cessione di beni in omaggio

Inviati beni in omaggio ad un cliente. Non essendo tale cessione prevista nelle originarie condizioni contrattuali, si provvede all’emissione della fattura per il valore normale dei beni (euro 800 + IVA 22%) senza possibilità di esercitare rivalsa per l’IVA.

Emissione della fattura per euro 800 + IVA 22%

SP C.II.1 Crediti v/clienti 976
CE A.1 Ricavi di vendita 800
SP D.12 IVA a debito 176

Rilevazione della cessione dei beni a titolo di omaggio

CE A.1 Spese per omaggi 976
SP C.II.1 Crediti v/clienti 976

Rilevazione alternativa

CE A.1 Spese per omaggi 176
SP D.12 IVA a debito 176

13.5.4. Rettifiche degli errori di fatturazione

13.5.4. Rettifiche degli errori di fatturazione

Se si riconoscono inesattezze nelle fatture già emesse, si deve procedere con l’emissione di una nota di variazione da annotarsi nel registro delle fatture emesse (art. 26, D.P.R. n. 633/1972).

Sotto il profilo temporale, la rettifica deve essere apportata entro un anno dalla data di effettuazione delle operazioni di vendita da rettificare.

13.5.5. Rettifiche su vendite soggette a split payment

13.5.5.Rettifiche su vendite soggette a split payment

Nelle operazioni soggette a split payment, laddove il venditore sia tenuto a emettere alla pubblica Amministrazione o a una delle società prevista dall’art. 17-ter, c. 1-bis, D.P.R. n. 633/1972 una nota di variazione (in aumento o diminuzione), quest’ultima, come la fattura di vendita originaria, sarà assoggettata alle previsioni dell’art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972. Tale nota, dunque, dovrà riportare:

  • l’ammontare della variazione e la relativa IVA;

  • l’indicazione “scissione dei pagamenti ex art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972“;

  • il riferimento chiaro alla fattura di vendita originariamente emessa.

Contabilmente il fornitore è tenuto a registrare la nota di variazione (in aumento o in diminuzione) ai fini di contabilità generale. Anche in questo caso le scritture dovranno tenere conto del fatto che il cliente non corrisponderà l’IVA al fornitore (nel caso di nota di variazione in aumento), ovvero non restituirà al fornitore l’imposta gravante sull’operazione (nel caso di nota di variazione in diminuzione).

La nota di variazione comporterà quindi l’insorgere di un credito verso il cliente per un importo pari alla sola base imponibile (nel caso di nota di variazione in aumento), ovvero l’insorgere di un debito verso il cliente pari al solo importo della base imponibile.

CASO 32 - Emissione di nota di variazione in aumento a seguito di vendita soggetta a split payment

Si emette nota di variazione per un importo pari a 4.000 + IVA (22%), in aumento rispetto a una precedente fattura di vendita emessa in regime di split payment.

A) Scrittura contabile con storno immediato

SP C.II.1 Crediti v/clienti 4.000
SP D.12 IVA c/split payment 880
CE A.1 Ricavi di vendita 4.000
SP D.12 IVA c/split payment 880

B) Scrittura contabile con storno successivo

Rilevazione della nota di variazione emessa

SP C.II.1 Crediti v/clienti 4.880
CE A.1 Ricavi di vendita 4.000
SP D.12 IVA c/split payment 880

Rilevazione della rettifica IVA

SP C.II.1 Crediti v/clienti 880
SP D.12 IVA c/split payment 880

CASO 33 - Emissione di nota di variazione in diminuzione a seguito di vendita soggetta a split payment

Si emette nota di variazione per un importo pari a 4.000 + IVA (22%), in diminuzione rispetto a una precedente fattura di vendita emessa in regime di split payment.

A) Scrittura contabile con storno immediato

SP C.II.1 Crediti v/clienti 4.000
SP D.12 IVA c/split payment 880
CE A.1 Ricavi di vendita 4.000
SP D.12 IVA c/split payment 880

B) Scrittura contabile con storno successivo

Rilevazione della nota di variazione emessa

SP C.II.1 Crediti v/clienti 4.880
CE A.1 Ricavi di vendita 4.000
SP D.12 IVA c/split payment 880

Rilevazione della rettifica IVA

SP C.II.1 Crediti v/clienti 880
SP D.12 IVA c/split payment 880

13.5.6. Assestamenti per garantire la competenza economica

13.5.6.Assestamenti per garantire la competenza economica

Scritture di integrazione

A fine esercizio potrebbe capitare che per talune merci e/o prodotti usciti dal magazzino nel corso dell’anno non sia stata ancora emessa la fattura di vendita (che sarà dunque emessa nell’esercizio successivo). Per garantire la correlazione costi-ricavi occorrerà dunque imputare in contabilità il ricavo relativo alla cessione realizzata e non ancora fatturata, tramite una c.d. scrittura di integrazione.

La rilevazione contabile ha quale obiettivo la contabilizzazione del ricavo e, in contropartita, l’utilizzo del conto (transitorio) “fatture da emettere” che sostituisce temporaneamente il credito non ancora liquidato.

Con riferimento alla problematica IVA si precisa che, trattandosi di prodotti già consegnati (ad esempio nel mese di dicembre), l’imposta dovrà essere contabilizzata nell’esercizio in chiusura (ad esempio 31 dicembre) e liquidata nello stesso mese (dicembre), nel rispetto del principio secondo il quale l’esigibilità dell’imposta sorge, in caso di beni mobili, al momento della consegna o spedizione del bene (D.Lgs. n. 313/1997).

Nel caso di cessione di beni immobili l’esigibilità dell’imposta sarebbe sorta al momento della stipula del relativo atto; in caso di prestazione di servizi al momento dell’effettivo incasso del corrispettivo.

CASO 34 - Scritture di integrazione

Al 31 dicembre dell’anno “n” non risultano ancora emesse fatture relative a beni già consegnati per un valore di euro 30.000 (beni soggetti a IVA 22%).

Scrittura di imputazione del ricavo (31/12/”n”)

SP C.II.1 Fatture da emettere 36.600
CE A.1 Ricavi di vendita 30.000
SP D.12 IVA a debito 6.600

Nel successivo esercizio “n+1”, al momento dell’emissione della fattura occorrerà rilevare il sorgere del credito a fronte della chiusura del conto “Fattura da emettere”, come di seguito rilevato.

SP C.II.1 Crediti v/clienti 36.600
SP C.II.1 Fattura da emettere 36.600

Sempre a fine periodo l’azienda considererà la presenza di eventuali rettifiche di fatturazione che emergeranno nell’esercizio successivo (se di importo significativo). Si pensi, a titolo di esempio, a possibili rettifiche di fatturazione derivanti da merci difettose o dal mancato rispetto degli standard qualitativi previsti contrattualmente o dei tempi di consegna previsti.

CASO 35 - Rettifiche di fatturazione emergenti nell’esercizio successivo

Al 31 dicembre dell’anno “n”, anche sulla base delle informazioni storiche, l’azienda ALFA stima di dover rettificare nell’esercizio successivo fatture per un importo pari a euro 5.200, a seguito di possibili difetti in alcuni prodotti consegnati.

Scrittura di imputazione del ricavo (31/12/”n”)

CE A.1 Resi su vendite 5.200
SP D.14 Note di credito da emettere 5.200

Scritture di storno

Sempre al fine di garantire la corretta correlazione costi-ricavi, a fine esercizio occorre stornare i costi di produzione relativi ai prodotti realizzati e non ancora venduti (si ricorda che si tratta di costi determinati considerando tutti i costi direttamente imputabili al prodotto ed eventualmente la quota ragionevole dei costi indiretti di fabbricazione).

Sarà dunque necessario “sospendere” i costi di produzione dei prodotti finiti ancora in giacenza, per ribaltarli quindi nell’esercizio successivo.

CASO 36 - Scritture di storno: “sospensione” costi di produzione

Al 31 dicembre dell’anno “n”, sulla base dell’inventario di magazzino, si valutano in euro 135.000 le rimanenze di prodotti.

Rilevate rimanenze finali di prodotti (31/12/”n”)

SP C.II.4 Prodotti finiti 135.000
CE A.2 Rimanenze finali di prodotti finiti 135.000

Nel corso dell’esercizio successivo (al 1/1/”n+1” oppure al 31/12/”n+1”) sarà necessario chiudere il costo sospeso (“Prodotti finiti”), imputando tali costi al Conto economico.

Anziché rilevare in due specifici conti (“Rimanenze iniziali di prodotti finiti” e “Rimanenze finali di prodotti finiti”) il valore delle rimanenze prodotti, rispettivamente iniziali e finali, si potrebbe utilizzare anche un unico conto (“Variazione delle rimanenze prodotti finiti”) movimentato nella sezione avere nel caso in cui sia necessario stornare il costo di produzione dei prodotti finiti (Rimanenze finali) e in dare nel caso in cui sia necessario imputare i costi di produzione nel Conto economico (Rimanenze iniziali).

CASO 37 - Scritture di storno: chiusura del costo sospeso

A inizio gennaio dell’anno “n+1” si provvede ad imputare al Conto economico i costi sospesi relativi alle rimanenze finali dei prodotti finiti.

Rilevate rimanenze iniziali di prodotti (1/1/”n+1”)

CE A.2 Rimanenze iniziali di prodotti finiti 135.000
SP C.II.4 Prodotti finiti 135.000

13.5.7. OIC 34

13.5.7.OIC 34

Il 19 aprile 2023 il Consiglio di Gestione dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) ha definitivamente approvato il Principio contabile n. 34 (Ricavi) incorporando le modifiche intervenute a seguito del processo di consultazione. Il nuovo Principio contabile entrerà in vigore per i bilanci relativi agli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2024, riconoscendo la possibilità di un’applicazione prospettica, ovvero la possibilità di applicare il nuovo Principio ai soli nuovi contratti di vendita stipulati a partire dall’esercizio 2024.

L’ambito di applicazione dell’OIC 34 riguarda tutte le operazioni che comportano la rilevazione di ricavi derivanti dalla vendita di beni e dalla prestazione di servizi, indipendentemente dalla loro classificazione nel Conto economico, mentre restano esclusi, per espressa previsione del principio, le cessioni di azienda, i fitti attivi, i ristorni e i lavori in corso su ordinazione (per cui si continuerà ad applicare l’OIC 23), nonché le transazioni che non hanno finalità di compravendita. Grazie all’appendice A del documento, che è parte integrante dello stesso, è stato chiarito altresì il trattamento contabile di alcune specifiche casistiche operative fino ad ora ancora non ben definite.

Le principali novità riguardano l’introduzione di tecniche contabili volte all’identificazione e valorizzazione delle “unità elementari di contabilizzazione” (separando, a titolo di esempio, la vendita di un bene dalla associata prestazione di un servizio), la specifica contabilizzazione dei ricavi da prestazioni di servizi (chiarendo in quali casi questi devono essere rilevati nel Conto economico in base allo stato di avanzamento), le vendite con diritto di reso nonché, a seguito della consultazione pubblica, la specifica previsione riguardante le opzioni put o call di riacquisto quale forma particolare delle vendite con obbligo di riacquisto. Aspetto chiave del principio è anzitutto l’analisi da parte del redattore del bilancio dei singoli contratti di vendita al fine di identificare, per ciascun contratto, la sostanza dell’operazione e le unità elementari che dovranno essere oggetto di contabilizzazione. In particolare, dovranno essere trattati separatamente i singoli beni, servizi o qualunque altra prestazione promessa al cliente tramite il contratto. In altri termini, in presenza di un unico contratto che presenti al suo interno differenti e separati diritti e obbligazioni si dovrà procedere con contabilizzazioni separate. Viceversa, qualora i beni e i servizi non potranno essere utilizzati separatamente in quanto tra loro interdipendenti, ovvero alcune prestazioni non rientrino nelle attività caratteristiche dell’azienda e siano quindi prestate gratuitamente, il redattore del bilancio non dovrà procedere con la separazione delle singole unità elementari.

Una volta individuate le singole unità elementari oggetto di contabilizzazione si dovrà procedere con la valorizzazione di ciascuna di esse. Tale valorizzazione si basa sul peso di ciascuna unità rispetto all’oggetto complessivo del contratto e si determina operativamente confrontando il rapporto tra prezzo di vendita della singola unità elementare, al netto degli sconti normalmente praticati, e la sommatoria dei prezzi di vendita di tutte le unità elementari del contratto. Il prezzo da considerare sarà quello previsto contrattualmente se non significativamente differente da quello del listino prezzi.

Nel rispetto del principio di competenza, per le singole unità elementari rappresentate dalla vendita di beni i ricavi saranno rilevati al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • è avvenuto il trasferimento sostanziale dei rischi e dei benefici connessi alla vendita;

  • l’ammontare dei ricavi può essere determinato in modo attendibile.

Nel caso di ricavi per prestazione di servizi si procederà alla contabilizzazione a Conto economico in base allo stato di avanzamento se sono rispettate le seguenti condizioni:

  • l’accordo prevede un diritto al corrispettivo che matura per il venditore via via che la prestazione è eseguita;

  • l’ammontare del ricavo di competenza sia attendibilmente misurato, considerando la proporzione tra ore complessivamente lavorate alla data del bilancio e ore complessive stimate di lavoro oppure considerando la proporzione esistente tra costi sostenuti alla data del bilancio e costi totali stimati.

Ai sensi dell’art. 2423, c. 4, c.c., il redattore del bilancio potrà non effettuare la separazione delle singole unità elementari di contabilizzazione quando tale separazione produrrà effetti irrilevanti sull’ammontare complessivo dei ricavi.

Come anticipato, un caso particolare espressamente trattato dal principio è rappresentato dalle vendite con diritto di reso. In questi casi il principio prevede che il ricavo a Conto economico sia ridotto per tenere conto della stima di quanto sia probabile dover riconoscere al cliente quale forma di rimborso. In contropartita la società movimenterà un fondo oneri. In aggiunta, l’azienda venditrice dovrà rilevare il costo dei beni venduti che la società prevede di ricevere; in questo caso tale costo dovrà essere contabilizzato al valore contabile originariamente iscritto a magazzino in una voce separata dell’attivo circolante.

Le società che redigono il bilancio in forma abbreviata (ex art. 2435-bis c.c.) oppure le società che redigono il bilancio delle micro-imprese (ex art. 2435-ter c.c.), possono non procedere con la contabilizzazione separata delle singole unità elementari individuate nel contratto, ad eccezione del caso in cui le singole prestazioni non siano formalmente individuate e singolarmente valorizzate nel contratto. Allo stesso modo, nei casi suddetti non si dovrà rettificare il ricavo a Conto economico nel caso di vendite con diritto di reso.

Un’ultima precisazione riguarda la vendita con garanzia e la vendita con obbligo di riacquisto.

Nel caso di vendita con garanzia è opportuno distinguere due macro categorie: la garanzia di assistenza al cliente prevista per legge da tutte le altre garanzie eventualmente prestate. Nel primo caso, infatti, la garanzia di legge non può essere separata dal bene venduto e dunque non può essere trattata come fosse un’unità elementare distinta di contabilizzazione. Si procederà, così, alla rilevazione dell’intero ricavo (bene e garanzia), valutando l’iscrizione di un accantonamento a fondo oneri per un importo pari al costo di riparazione (o di sostituzione) che l’azienda stima di dover sostenere in futuro (secondo le previsioni dell’OIC 31). Nel caso di tutte le altre garanzie non previste dalla legge, invece, si dovrà procedere con la separata identificazione e contabilizzazione di ciascun servizio reso come singolo ricavo.

Considerando la vendita con obbligo di riacquisto da parte del venditore, infine, è necessario distinguere il caso in cui il prezzo di vendita sia inferiore al prezzo di riacquisto dal caso contrario. Nel primo caso l’operazione viene considerata di natura prettamente finanziaria (assimilabile ad un prestito di denaro). Ne deriva una contabilizzazione da parte del venditore che prevede l’iscrizione di un debito a fronte della somma di denaro originariamente ricevuta per la vendita iniziale. La differenza tra quanto originariamente ricevuto (prezzo di vendita) e quanto pagato a termine (prezzo di riacquisto), invece, sarà imputata per competenza alla voce oneri finanziari, con contropartita sempre un debito. Il valore complessivo del debito sarà quindi chiuso a fronte del pagamento effettuato a scadenza al momento dell’operazione di retrocessione.

In caso di prezzo di vendita superiore al prezzo di riacquisto l’operazione avrà natura operativa e richiederà l’iscrizione, a fronte della somma ricevuta per la vendita iniziale, di un debito pari al prezzo pattuito per il riacquisto e per la differenza un risconto passivo (equivalente al corrispettivo ricevuto per aver concesso il bene in uso al compratore) che dovrà essere riversato a Conto economico in quote costanti come provento operativo (da riepilogare nella voce A.5 del Conto economico).

CASO 38 - Vendita tramite singolo contratto che prevede la cessione di beni e di servizi

Nel corso dell’anno “n” l’azienda Alfa vende un bene per euro 2.800 prevedendo n. 2 servizi di manutenzione programmata gratuiti che saranno erogati nei successivi 2 anni (“n+1” e “n+2”). Dall’analisi del contratto emerge la presenza di due distinte unità elementari: i) la vendita del bene e ii) la prestazione di n. 2 servizi di manutenzione programmata. Si provvede quindi ad allocare il prezzo complessivo del contratto (euro 2.800) ai singoli componenti elementari (bene e servizi). Il contratto, tuttavia, non prevede in modo chiaro il prezzo di ciascuna unità elementare di contabilizzazione. È necessario, quindi, procedere anzitutto alla valorizzazione delle unità elementari considerando il proprio listino prezzi in vigore, che prevede un prezzo unitario per il servizio di manutenzione pari a euro 200. Alla luce di ciò, il prezzo complessivo sarà così ripartito sulle singole unità elementari di contabilizzazione:

  • valore del singolo servizio: euro 200

  • valore del bene: 2.800 - (200*2) = 2.400

Le rilevazioni contabili saranno quindi le seguenti:

CE A.1 Ricavi di vendita 2.400
SP C.IV Disponibilità liquide 2.800
SP E Risconto passivo 400

Anno “n+1” (al momento dell’erogazione del servizio)

CE A.1 Ricavi di vendita 200
SP E Risconto passivo 200

Anno “n+2” (al momento dell’erogazione del servizio)

CE A.1 Ricavi di vendita 200
SP E Risconto passivo 200

Nel caso di azienda tenuta alla redazione del bilancio in forma abbreviata (o micro impresa), trattandosi di contratto unico non si procederà con l’individuazione delle singole unità elementari di contabilizzazione, ma si procederà come di seguito indicato:

CE A.1 Ricavi di vendita 2.800
SP C.IV Disponibilità liquide 2.800

La società procede quindi a stimare il costo da sostenere per adempiere alle obbligazioni previste contrattualmente, stanziando il relativo fondo (si ipotizza un costo unitario del servizio pari a euro 150).

CE B.13 Accantonamento fondo rischi/oneri 300
SP B Fondo rischi e oneri 300

CASO 39 - Vendita con diritto di reso

L’azienda Beta ha venduto 1.000 beni per euro 150 ciascuno, sostenendo un costo unitario medio di produzione pari a euro 60. Per agevolare le vendite la società ha riconosciuto ai propri clienti la possibilità di restituire i beni entro 2 mesi garantendo la restituzione dell’importo totale originariamente pagato.

Dall’analisi contrattuale emerge l’esistenza di una sola unità elementare di contabilizzazione (che riguarda la fornitura dei beni). Si procede quindi a rilevare il ricavo di vendita al momento di effettivo trasferimento dei rischi e dei benefici, ossia al momento della consegna potendo il cliente decidere in piena autonomia l’effettivo utilizzo dei beni ricevuti. Quanto al rischio di resi, la società stima tale rischio nella misura del 10% dei prodotti venduti (100 beni) e procede quindi ad iscrivere un fondo oneri pari all’ammontare che prevede di dover restituire (150*100 = 15.000).

Infine, il costo dei beni che saranno oggetto di reso dovrà essere iscritto tra le attività circolanti al valore che avevano originariamente in magazzino (60*100 =6.000), in contropartita della variazione di magazzino.

Rilevazioni contabili

CE A.1 Ricavi di vendita 150.000
SP C.IV Disponibilità liquide 150.000

CE A.1 Ricavi di vendita 15.000
SP B Fondo rischi e oneri 15.000

SP C.I.6 Attività per resi attesi 6.000
CE A.2 Variazione delle rimanenze prodotti 6.000

Si noti che la sospensione dei costi realizzata tramite la voce di magazzino “attività per resi attesi” è necessaria per garantire che il margine complessivamente rilevato a Conto economico sia quello relativo ai soli prodotti ceduti senza il rischio di reso. In altri termini, il margine complessivamente iscritto a Conto economico è pari alla differenza tra i ricavi netti iscritti (150.000 - 15.000 = 135.000) e i costi netti (60.000 - 6.000 = 54.000), ossia pari a 135.000 - 54.000 = 81.000. Tale margine è esattamente pari al margine unitario di prodotto (150 - 60 = 90) moltiplicato per il numero di prodotti ceduti senza rischio di reso (1.000 - 100 = 900), dunque a 900*90 = 81.000.

Nel caso di azienda tenuta alla redazione del bilancio in forma abbreviata (o micro impresa) si procederà a rilevare una contrazione dei ricavi per costituire un fondo oneri di importo pari alla differenza tra l’importo che si prevede di dover rimborsare (euro 15.000) e il costo del bene ceduto che si prevede di ricevere in reso (6.000), come di seguito indicato:

CE A.1 Ricavi di vendita 150.000
SP C.IV Disponibilità liquide 150.000

CE A.1 Ricavi di vendita 9.000
SP B Fondo rischi e oneri 9.000

Nel caso delle vendite con obbligo di riacquisto è opportuno distinguere due situazioni, a seconda che il prezzo di vendita sia superiore o inferiore al prezzo di riacquisto.

Se il prezzo di vendita è inferiore al prezzo di riacquisto, l’operazione ha natura finanziaria e pertanto il venditore a pronti iscrive in contropartita alla somma ricevuta per la vendita iniziale un debito verso il venditore a termine. La differenza tra prezzo di riacquisto (maggiore) e prezzo di vendita (minore) è imputata a Conto economico per competenza come onere finanziario (voce C17 - Interessi e altri oneri finanziari) in contropartita al debito verso il venditore a termine. Tale debito si chiuderà al momento dell’operazione di retrocessione (ovvero quando sarà restituita la somma ricevuta maggiorata dei relativi oneri).

CASO 40 - Punti fedeltà alla clientela

L’azienda Alfa ha concesso nell’anno in corso (anno “n”) punti fedeltà (per un numero pari a 5.000), maturati in funzione delle vendite effettivamente realizzate. È prevista l’assegnazione di un premio di 20 euro con 100 punti, di euro 50 con 200 punti.

L’azienda stima anzitutto che sui 5.000 punti maturati i premi effettivamente richiesti dai clienti risulteranno pari al 70% dei punti assegnati (quindi 3.500 punti). Inoltre, Alfa stima altresì che il 60% dei clienti sceglierà il premio da 20 euro e il restante 40% il premio da 50 euro.

Sulla base di tali stime, i premi concessi ai clienti avranno in media il seguente valore:

Premio da 20 euro:

3.500*0,6 = 2.100

2.100/100*20 = euro 420

Premio da 50 euro:

3.500*0,4 = 1.400

1.400/200*50 = euro 350

Il valore dei premi concessi ai clienti, relativo al totale dei 5.000 punti fedeltà maturati, è dunque stimato da Alfa pari a un valore di euro 770 (420+350).

Secondo il Principio IFRS 5, al quale il Principio contabile nazionale OIC 34 - Ricavi naturalmente tende, il suddetto ricavo di euro 770 non genera un credito verso clienti poiché il punto fedeltà figura già compreso all’interno del ricavo di vendita.

Si tratterà dunque di stornare ricavi di vendita per euro 770 e imputarli a ricavi per punti fedeltà (rilevazione in questo caso non presentata). Si procederà quindi sospendendo i ricavi per imputarli poi per competenza negli esercizi in cui vi saranno le effettive richieste di premi (nel nostro esempio nel successivo esercizio “n+1”.

Rilevazioni contabili

Anno “n”

CE A.1 Ricavi di vendita 770
SP E Ricavi differiti (Risconto passivo) 770

Se, nel corso del successivo periodo (“n+1”), fossero richiesti premi per euro 200 (es. 5 premi da 20 euro e 2 da 50 euro) le scritture contabili sarebbero le seguenti:

Anno “n+1”

SP E Ricavi differiti (Risconto passivo) 200
CE A.1 Ricavi di vendita 200

CASO 41 - Vendita con obbligo di riacquisto (prezzo di vendita inferiore al prezzo di riacquisto)

L’azienda ALFA cede all’azienda BETA un bene al prezzo di 10.000 con obbligo di riacquisto al prezzo di 12.000. In questo caso l’operazione è di natura finanziaria per il venditore, che riceve 10.000 pagando nel periodo contrattuale un costo di 2.000. Proprio per la suddetta natura, l’operazione dovrà essere contabilizzata nel seguente modo:

Al momento della iniziale cessione del bene

SP C.IV.1 Banca 10.000
SP D.5 Debiti v/venditori a termine 10.000

Per competenza sulla durata del contratto

CE C.17 Oneri finanziari 2.000
SP D.5 Debiti v/venditori a termine 2.000

Al momento del riacquisto

SP C.IV.1 Banca 12.000
SP D.5 Debiti v/venditori a termine 12.000

Se il prezzo di vendita è superiore al prezzo di riacquisto, l’operazione ha invece natura operativa e pertanto il venditore a pronti deve iscrivere in contropartita alla somma ricevuta per la vendita iniziale un debito verso il venditore a termine corrispondente al prezzo pattuito per il futuro riacquisto, e un risconto passivo per la differenza (positiva) tra il prezzo di vendita ed il prezzo di riacquisto. Tale risconto, che rappresenta il corrispettivo ricevuto per aver concesso l’uso del bene al compratore, sarà rilasciato a Conto economico per competenza in quote costanti come provento operativo (voce A5 - Altri ricavi e proventi).

CASO 42 - Vendita con obbligo di riacquisto (prezzo di vendita superiore al prezzo di riacquisto)

L’azienda ALFA cede all’azienda BETA un bene al prezzo di 12.000 con obbligo di riacquisto al prezzo di 10.000. In questo caso l’operazione è di natura operativa per il venditore, che ricava 2.000 dall’operazione complessiva. Proprio per la suddetta natura, l’operazione dovrà essere contabilizzata nel seguente modo:

Al momento della cessione del bene

SP C.IV.1 Banca 12.000
SP D.5 Debiti v/venditori a termine 10.000
SP E Risconti passivi (*) 2.000

(*) In questo caso il risconto passivo rappresenta il corrispettivo per la concessione dell’uso del bene, da imputare per competenza a Conto economico alla voce A5 - altri ricavi e proventi).

Per competenza sulla durata del contratto

CE A.5. Altri ricavi e proventi 2.000
SP E Risconti passivi 2.000

Nel caso di vendite con opzione di riacquisto in capo al venditore (opzione call), il venditore dovrà valutare la probabilità di esercitare l’opzione di riacquisto. Se il venditore è ragionevolmente certo di non esercitare l’opzione di riacquisto, allora l’operazione è contabilizzata come un’operazione di vendita. Altrimenti, l’operazione sarà contabilizzata come se si trattasse di una vendita con obbligo di riacquisto.

Nel caso di vendite in cui il cliente può obbligare il venditore a riacquistare il bene oggetto della vendita (vendite con opzione put in capo al cliente), il venditore dovrà valutare la probabilità che il cliente eserciti l’opzione put. Se il venditore è ragionevolmente certo che il cliente non eserciterà l’opzione put, allora l’operazione viene contabilizzata come un’operazione di vendita. Altrimenti, l’operazione sarà contabilizzata come se si trattasse di una vendita con obbligo di riacquisto.

È opportuno precisare che la valutazione della ragionevole certezza deve tenere conto, se rilevante: dell’esperienza storica, degli elementi contrattuali e dei dati previsionali. Nel caso di vendite con opzioni call o put, tra gli elementi contrattuali particolare rilievo deve assume il prezzo di esercizio dell’opzione.

CASO 43 – La contabilizzazione delle licenze

Per la corretta contabilizzazione dei ricavi da cessione delle licenze (OIC 34, par. A.3) occorre distinguere due fattispecie: se il cliente ottiene tutti i benefici dall’uso della licenza senza necessità di ulteriori interventi da parte del fornitore, ovvero se ulteriori attività da parte del fornitore si rendono necessarie.

Come esempio del primo dei due casi si consideri la cessione al 1 gennaio di una licenza d’uso di un brevetto per un periodo triennale che preveda esclusivamente il pagamento di un importo annuale fisso anticipato di euro 250.000.

In questo caso è possibile identificare una sola unità elementare di contabilizzazione (l’utilizzo della licenza, appunto) e l’assenza di ulteriori attività del fornitore utili a garantire l’utilizzo della licenza. La corretta contabilizzazione del ricavo prevederà dunque la contabilizzazione alla data di consegna della licenza per un importo pari al valore attuale dell’intero corrispettivo (utilizzando un tasso di interesse di mercato identificato come previsto dall’OIC 15, par. 11). Ipotizzando un tasso di interesse di mercato pari al 5%, la corretta contabilizzazione sarà:

CE A.1 Ricavi di vendita 714.853
SP C.II.1 Crediti v/clienti 714.853

Nel caso in cui, invece, la cessione della licenza riguardasse un software e prevedesse un’attività continua di aggiornamento da parte del fornitore lungo tutto il periodo di concessione, in presenza sempre di una sola unità elementare di contabilizzazione, la corretta iscrizione del ricavo prevederebbe la rilevazione proporzionale dei ricavi lungo la durata della concessione (a meno che altri criteri, come ad esempio la dinamica delle vendite, non siano preferibili).

Immaginando le medesime condizioni contrattuali del caso precedente, la corretta contabilizzazione sarà, all’inizio di ciascuno dei tre esercizi previsti da contratto:

CE A.1 Ricavi di vendita 250.000
SP C.II.1 Crediti v/clienti 250.000

Ulteriori aspetti meritevoli di attenzione, presenti all’interno della guida applicativa, sono rappresentati dal trattamento dai contratti onerosi (A.14) e dai costi per l’ottenimento dei contratti (A.13).

Quanto ai contratti onerosi, ovvero i contratti nei quali i costi attesi per adempiere all’obbligazione risultano superiori ai benefici derivanti dal contratto, è previsto un trattamento concettualmente simile a quello previsto per le commesse, ovvero un’immediata rilevazione della “perdita”. In altri termini si richiede un immediato accantonamento ad un fondo, coerentemente con le disposizioni dell’OIC 31 “Fondi per rischi e oneri e trattamento di fine rapporto”, per un importo pari alla perdita attesa. Tale perdita, in particolare, potrà essere stimata considerando sia il costo necessario per adempiere al contratto, sia il costo per l’eventuale risarcimento del danno (o penale) dovuta in caso di risoluzione del contratto per inadempimento. Tra questi due valori è plausibile identificare la perdita attesa come il minore tra i due valori, considerando come plausibile la scelta aziendale di procedere con la scelta economicamente più conveniente.

I costi per l’ottenimento dei contratti di vendita, rappresentati ad esempio dai costi per provvigioni ad agenti, rappresentanti o intermediari, quando soddisfano le condizioni per essere capitalizzati devono essere iscritti tra le immobilizzazioni immateriali, ovvero se sussistono le seguenti condizioni:

  • sono costi sostenuti specificatamente per un contratto di vendita;

  • l’ottenimento del contratto è ragionevolmente certo;

  • i costi sono pienamente recuperabili tramite il contratto di vendita.

L’iscrizione trai i costi immateriali è giustificata dal fatto che, derivando da diritti contrattuali, detti costi soddisfano la definizione di bene immateriale prevista dall’OIC 24.

I suddetti costi, invece, possono essere imputati al Conto economico nei casi in cui essi siano ricorrenti o di importo irrilevante, se il recupero dei costi tramite il contratto di vendita avverrà nel medesimo esercizio di sostenimento dei costi, ovvero qualora i costi sarebbero stati comunque sostenuti anche in assenza del contratto di vendita.

Da ultimo, un aspetto meritevole di attenzione (OIC 34, par. A5-A7) è rappresentato dall’identificazione della specifica natura dell’attività svolta dall’azienda, ovvero vendite per conto proprio o vendite per conto di terzi.

La distinzione tra le due fattispecie, se non chiaramente identificata, deve basarsi su aspetti contrattuali oggettivi quali: i) l’esistenza o meno per l’azienda di una responsabilità a fornire i beni al cliente, ii) la presenza in capo all’azienda di un concreto rischio di magazzino, da intendersi come rischio di invenduti e/o conseguente perdita di valore, iii) la presenza di un potere effettivo di definire il prezzo di cessione del bene.

Nel caso in cui dalle verifiche suddette dovesse emergere una vendita per conto terzi, l’azienda dovrebbe contabilizzare il ricavo di cessione al netto dei costi sostenuti per l’acquisto del bene in modo tale da rappresentare, di fatto, il ricavo spettante per la commissione.

La comunicazione all’interno della Nota integrativa

Nel fornire le informazioni in Nota integrativa relative ai criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio (art. 2427 c.c., n. 1), l’azienda deve indicare, se ritenute rilevanti, le seguenti informazioni:

  • la metodologia utilizzata per determinare il prezzo complessivo del contratto in presenza di corrispettivi variabili;

  • il metodo utilizzato per l’allocazione del prezzo complessivo del contratto alle singole unità elementari di contabilizzazione;

la metodologia utilizzata per determinare lo stato di avanzamento in caso di prestazioni di servizi.

Fine capitolo
Open
    • Stampa
    • Condividi via email
    • Vai a pagina

Torna all'inizio