21.1. Informazioni sulla sostenibilità aziendale - 21.2. Evoluzione della normativa - 21.3. Ambito di applicazione della CSRD - 21.4. Revisione dell’informativa sulla sostenibilità - 21.5. Principi di rendicontazione della sostenibilità - ESRS - 21.5.1. ESRS 1 - Prescrizioni generali - 21.5.2. ESRS 2 - Informazioni generali - 21.5.3. ESRS E1 - Cambiamenti climatici - 21.5.4. ESRS E2 - Inquinamento - 21.5.5. ESRS E3 - Acqua e risorse marine - 21.5.6. ESRS E4 - Biodiversità ed ecosistemi - 21.5.7. ESRS E5 - Uso delle risorse ed economia circolare - 21.5.8. ESRS S1 - Forza lavoro propria - 21.5.9. ESRS S2 - Lavoratori nella catena del valore - 21.5.10. ESRS S3 - Comunità interessate - 21.5.11. ESRS S4 - Consumatori e utilizzatori finali - 21.5.12. ESRS G1 - Condotta delle imprese
21.1. Informazioni sulla sostenibilità aziendale
21.1.Informazioni sulla sostenibilità aziendaleL’orientamento del management alla sostenibilità delle imprese rappresenta un fattore competitivo fondamentale per lo sviluppo internazionale.
Nonostante gli investimenti per minimizzare l’impatto ambientale e massimizzare la sostenibilità sociale possano essere significativi, i ritorni sul lungo periodo sono maggiori e soprattutto fondamentali per creare valore.
Per sostenibilità si considera la capacità dell’azienda di minimizzare il suo impatto ambientale e di soddisfare le attese dei vari interlocutori sociali che gravitano direttamente o indirettamente attorno ad essa. Queste azioni dovrebbero essere realizzate in modo continuativo, ossia attraverso la ricerca di un continuo miglioramento, recuperando efficienza ed efficacia.
La realizzazione di obiettivi ecologici e sociali fornisce un’immagine assolutamente positiva dell’impresa e attrattiva verso la stessa ed i suoi prodotti e servizi. Tuttavia, tale aspetto rappresenta solo un ulteriore fattore positivo della sostenibilità e non dovrebbe in alcun modo rappresentare la finalità principale dell’impresa.
Nel garantire la sostenibilità ambientale e sociale, il controllo di gestione può assumere un ruolo fondamentale. Solo un continuo monitoraggio quantitativo, economico-finanziario e delle attese dei numerosi stakeholder, attraverso i tradizionali strumenti del controllo di gestione, consente di fornire all’azienda le informazioni per adottare le scelte gestionali in modo tempestivo.
Questi strumenti consentono anche di misurare periodicamente gli effetti di tali scelte, evidenziando quindi come i miglioramenti affluiscono all’impresa e perché.
La volontà di sviluppare le imprese coerentemente alla sostenibilità ambientale e sociale può originare la necessità di rendicontare a terzi le azioni intraprese in tale ambito.
21.2. Evoluzione della normativa
21.2.Evoluzione della normativaLe informazioni sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale rappresentano i “tre pilastri” della comunicazione che le imprese dovrebbero diffondere secondo i “precetti” della responsabilità sociale d’impresa. In sintesi, la capacità dell’impresa di realizzare risultati economico finanziari positivi, di minimizzare gli impatti negativi sull’ambiente e di migliorare l’impatto sul contesto sociale di riferimento (stakeholders), sono presupposti essenziali per garantirne uno sviluppo equilibrato e duraturo.
Per tale motivo, nel corso del tempo sono state adottate norme che hanno, a più riprese, introdotto obblighi comunicativi in tale direzione.
Il punto di partenza di tale impostazione può essere ricondotto alla modifica dell’art. 2428 c.c. derivante dal D.Lgs. n. 32/2007. In particolare, dal 2008 la relazione sulla gestione deve descrivere gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all’ambiente e al personale (art. 2428, c. 2, c.c.); le informazioni in oggetto devono tuttavia essere più o meno approfondite in base alla dimensione aziendale.
Se la nuova versione dell’art. 2428 ha contribuito nelle imprese di maggiore dimensione (in quanto quelle con maggiori obblighi in tal senso) a diffondere la necessità di raccogliere ed elaborare dati sull’impatto ambientale e sociale, è con il D.Lgs. n. 254/2016 (con cui si è recepita la Direttiva n. 95/2014 che aveva a sua volta modificato la Direttiva n. 34/2013 denominata Non Financial Reporting Directive - NFRD) che la sostenibilità aziendale è progressivamente divenuta oggetto di approfondimenti operativi. In particolare, a partire dal 2017, gli enti di interesse pubblico (D.Lgs. n. 39/2010, art. 16, c. 1) con un numero di dipendenti medio superiore a 500 e che alla data della chiusura del bilancio soddisfano uno dei due seguenti limiti dimensionali: totale attivo superiore a 20 milioni, totale ricavi superiore a 40 milioni, dovevano predisporre in uno specifico documento o nella relazione sulla gestione informazioni non finanziarie (Dichiarazione Non Finanziaria - DNF) volte almeno ad illustrare:
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l’utilizzo di risorse energetiche e l’impiego di risorse idriche;
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le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera;
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l’impatto sull’ambiente nonché sulla salute e la sicurezza;
-
aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale;
-
rispetto dei diritti umani;
-
lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati.
A fine 2022 è stata poi adottata la Direttiva n. 2464/2022 (che modifica, tra le altre, la Direttiva n. 34/2013) e denominata Corporate Sustainability Reporting Directive - CSRD che “rivoluziona” l’impostazione normativa sulla comunicazione della sostenibilità e il cui recepimento è avvenuto con lo schema di Decreto approvato a fine giugno scorso.
Dalla lettura della suddetta direttiva e dello schema di Decreto emergono i seguenti punti salienti della normativa da applicare a partire dall’esercizio 2024:
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si amplia l’ambito di applicazione dell’obbligo di comunicazione rispetto alle Direttive n. 95/2014 e n. 34/2013;
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si prevede l’utilizzo di standard comuni (in particolare i principi di rendicontazione di sostenibilità - ESRS) per la rendicontazione di sostenibilità individuale o consolidata;
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obbligo di sottoporre la rendicontazione di sostenibilità ad apposita vigilanza;
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obbligo di predisporre informazioni sulla sostenibilità relativamente alla catena di valore dell’impresa.
Con il recepimento della Direttiva UE n. 2022/2464 (CSRD) avvenuto con il D.Lgs. n. 125/2024 si è dato avvio ad un processo di diffusione delle informazioni sulla sostenibilità aziendale ampliando l’ambito di applicazione in modo significativo rispetto a quanto era previsto dal D.Lgs. n. 254/2016. Quest’ultima norma, infatti, imponeva la pubblicazione di informazioni sulla sostenibilità ambientale e sociale solo alle più grandi società quotate rispetto, invece, alla nuova normativa che estende tale obbligo anche alle società non quotate, pur grandi, e alle piccole e medie imprese quotate.
Applicando il D.Lgs. n. 125/2024 (art. 3, c. 1) tali imprese dovranno includere in un’apposita sezione della relazione sulla gestione (rendicontazione individuale di sostenibilità) le informazioni necessarie per comprendere l’impatto della loro attività sulle questioni di sostenibilità e le informazioni di come le questioni di sostenibilità influiscono sul loro andamento e, in particolare, sui loro risultati. Nello specifico, la rendicontazione individuale deve includere una descrizione (art. 3, c. 2, D.Lgs. n. 125/2024):
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del modello e della strategia aziendale in relazione ai rischi e alle opportunità in tema di sostenibilità, i piani, se predisposti, per garantire la compatibilità del modello e della strategia aziendale con la transizione verso un’economia sostenibile e la limitazione del riscaldamento globale a 1.5° C, come il modello e la strategia aziendale tengono conto delle esigenze degli stakeholders e le modalità di attuazione della strategia aziendale rispetto alle questioni di sostenibilità;
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degli obiettivi temporalmente definiti connessi alle questioni di sostenibilità;
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del ruolo degli organi di amministrazione e controllo con riferimento alle questioni di sostenibilità;
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delle politiche dell’impresa in merito alle questioni di sostenibilità;
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sull’esistenza di sistemi di incentivi a favore dell’organo amministrativo e/o di controllo connessi alle questioni di sostenibilità;
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dei principali impatti negativi, anche potenziali, legati all’attività dell’impresa e alla sua catena del valore, tra cui la catena di fornitura, con riferimento alle questioni di sostenibilità e le eventuali azioni adottate per prevenire o attenuare tali impatti negativi;
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dei principali rischi per l’impresa connessi alle questioni di sostenibilità;
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degli indicatori per sintetizzare le informazioni di cui alle lettere precedenti.
Tra le informazioni richieste sono incluse quelle sulle attività dell’impresa e sulla sua catena del valore, comprese le informazioni concernenti i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura.
Per i primi tre esercizi finanziari oggetto di rendicontazione ai sensi del D.Lgs. n. 125/2024, qualora non siano disponibili tutte le informazioni relative alla sua catena del valore, la società obbligata include nella rendicontazione di sostenibilità una spiegazione degli sforzi compiuti per ottenere tali informazioni sulla sua catena del valore, i motivi per cui non è stato possibile ottenere tutte le informazioni necessarie e i suoi piani per ottenerle in futuro.
Le società madri, ossia quelle tenute alla redazione del bilancio consolidato in applicazione del D.Lgs. n. 127/1991, di gruppi di grandi dimensioni (art. 4, c. 1, D.Lgs. n. 125/2024) includono in un’apposita sezione della relazione sulla gestione (rendicontazione consolidata di sostenibilità) le informazioni necessarie a comprendere l’impatto del gruppo sulle questioni di sostenibilità e quelle per comprendere il modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sull’andamento del gruppo e, in particolare, sui suoi risultati. Nello specifico, le società madri illustrano quanto previsto dall’elenco precedente avendo come perimetro di osservazione e descrizione il complesso di società che compongono l’area di consolidamento definita dal D.Lgs. n. 127/1991.
Le imprese di grandi dimensioni e quelle piccole e medie quotate sono esonerate dalla presentazione del rendiconto individuale di sostenibilità se queste informazioni sono già ricomprese dalla (loro) società madre (italiana, europea o extra-europea) nella rendicontazione consolidata di sostenibilità (art. 7, c. 1, D.Lgs. n. 125/2024). Tale esonero, oltre a rispondere ad esigenze di contenimento dei costi e per evitare la duplicazione delle informazioni, consente anche di focalizzare la comunicazione sull’azione integrata sulle questioni di sostenibilità delle varie società che compongono l’area di consolidamento.
Nei gruppi economici, caratterizzati da una integrazione produttiva, e in quelli misti in cui l’integrazione produttiva avviene per aree di business, comunicare le azioni in tema di sostenibilità a livello consolidato dovrebbe consentire di far emergere come tale integrazione influenza anche le scelte in tema di sostenibilità, aspetto che invece non emergerebbe nella rendicontazione individuale. Nei gruppi finanziari, in cui l’integrazione produttiva è sostanzialmente assente (infatti le società che compongono il gruppo operano in settori particolarmente distanti), invece, la rendicontazione consolidata potrebbe offrire semplicemente una descrizione delle azioni adottate dalle singole società e quindi non molto di più di quanto potrebbe essere descritto dalle singole rendicontazioni individuali. Nei gruppi misti si realizzeranno entrambe le situazioni, prevalendo la prima o la seconda situazione a seconda che il gruppo misto sia più vicino ad un gruppo economico o a un gruppo finanziario.
L’esonero opera anche per le sub-holding partecipate da una società madre (italiana, europea, extra-europea) che predispongono l’informativa sulla sostenibilità a livello consolidato e che quindi ricomprenda anche il sottogruppo (art. 7, c. 2, D.Lgs. n. 125/2024).
Le esenzioni indicate sono soggette alle seguenti condizioni (art. 7, c. 3, D.Lgs. n. 125/2024):
-
la relazione della società esentata contiene il nome e la sede legale della società madre che fornisce le informazioni, il link al sito web sul quale sono rese disponibili la relazione sulla gestione consolidata della società madre e che la società è esentata ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 125/2024;
-
sono pubblicate la rendicontazione consolidata di sostenibilità della società madre e l’attestazione contenente le conclusioni circa la conformità rilasciata da revisori autorizzati.
In caso di esonero dalla redazione della rendicontazione di sostenibilità, la società esentata procede alla pubblicazione di copia della rendicontazione consolidata di sostenibilità, ovvero della relazione sulla gestione consolidata della società madre (italiana, europea o extra-europea) redatta in lingua italiana o nella lingua comunemente utilizzata negli ambienti della finanza internazionale o che sia fornita una traduzione in una di tali lingue del documento originale (art. 7, c. 4, D.Lgs. n. 125/2024).
Le esenzioni di cui al presente articolo non si applicano alle società di grandi dimensioni i cui valori mobiliari siano ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea (art. 7, c. 5, D.Lgs. n. 125/2024).
Il D.Lgs. n. 125/2024 (art. 3, c. 6) specifica che tale obbligo informativo deve essere assolto in conformità agli standard di rendicontazione predisposti dalla Commissione europea (in particolare elaborati dall’EFRAG); al momento sono stati adottati i seguenti dodici principi di rendicontazione di sostenibilità con il Reg. UE n. 2023/2772 set di standard che verrà completato nel prossimo futuro con l’adozione dei principi settoriali:
-
ESRS 1 - Prescrizioni generali;
-
ESRS 2 - Informazioni generali;
-
ESRS E1 - Cambiamenti climatici;
-
ESRS E2 - Inquinamento;
-
ESRS E3 - Acque e risorse marine;
-
ESRS E4 - Biodiversità ed ecosistemi;
-
ESRS E5 - Uso delle risorse ed economia circolare;
-
ESRS S1 - Forza lavoro propria;
-
ESRS S2 - Lavoratori nella catena del valore;
-
ESRS S3 - Comunità interessate;
-
ESRS S4 - Consumatori e utilizzatori finali;
-
ESRS G1 - Condotta delle imprese.
21.3. Ambito di applicazione della CSRD
21.3.Ambito di applicazione della CSRDCon riferimento all’ambito di applicazione, le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese quotate dovranno includere, per l’esercizio che ha avuto inizio dal 1° gennaio 2024 o da data successiva, in un’apposita sezione della relazione sulla gestione informazioni necessarie per comprendere l’impatto dell’attività d’impresa sulle questioni di sostenibilità.
Per grandi imprese si intendono le società che alla chiusura del bilancio (nel primo esercizio di attività o, successivamente, per due esercizi consecutivi) abbiano superato due dei seguenti limiti:
-
totale dello stato patrimoniale euro 25.000.000;
-
totale ricavi netti delle vendite e delle prestazioni euro 50.000.000;
-
numero medio dipendenti occupati durante l’esercizio 250.
Per piccole e medie imprese quotate si intendono le società che alla chiusura del bilancio (nel primo esercizio di attività o, successivamente, per due esercizi consecutivi) rientrino in almeno due degli intervalli di seguito indicati:
-
totale dello Stato patrimoniale superiore ad euro 450.000 e inferiore ad euro 25.000.000;
-
totale ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore ad euro 900.000 e inferiore ad euro 50.000.000;
-
numero medio dipendenti occupati durante l’esercizio superiore a 50 e inferiore a 250.
Le società madri di gruppi di grandi dimensioni forniscono l’informativa suddetta su base consolidata anziché su base individuale. In sostanza, le società capogruppo di gruppi di grandi dimensioni (ossia che su base consolidata superano due dei seguenti limiti: totale dello stato patrimoniale euro 25.000.000; totale ricavi netti delle vendite e delle prestazioni euro 50.000.000, numero medio dipendenti occupati durante l’esercizio 250) devono predisporre l’informativa su base consolidata e non hanno l’obbligo di pubblicare quella su base individuale (anche perché sarebbe una duplicazione di informativa). La verifica del superamento dei limiti indicati può essere effettuata su base aggregata senza effettuare le operazioni di consolidamento. In tale caso, i limiti numerici indicati sono maggiorati del 20% (art. 1, c. 1, D.Lgs. n. 125/2024).
Da tali obblighi sono escluse le micro-imprese, anche quotate, ossia le società che non abbiano superato, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
-
totale dello Stato patrimoniale euro 450.000;
-
totale ricavi netti delle vendite e delle prestazioni euro 900.000;
-
numero medio dipendenti occupati durante l’esercizio 10.
L’onerosità della predisposizione delle informazioni sulla sostenibilità, a carattere sia individuale che consolidato, ha spinto il legislatore a prevedere una differenziazione sull’entrata in vigore di tale obbligo in funzione della dimensione delle società/gruppi aziendali. In particolare, il D.Lgs. n. 125/2024 (art. 17) prevede che:
-
le imprese di grandi dimensioni e le società madri di un gruppo di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e con un numero medio di dipendenti superiore a 500 (su base individuale o consolidata) hanno l’obbligo di presentare la rendicontazione individuale o consolidata per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2024;
-
le imprese di grandi dimensioni e le società madri diverse da quelle di cui al punto precedente hanno l’obbligo di presentare la rendicontazione individuale o consolidata per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2025;
-
le imprese piccole e medie quotate hanno l’obbligo di presentare la rendicontazione individuale per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2026, tuttavia, fino al 1° gennaio 2028 (art. 3, c. 10) possono omettere tali informazioni nella relazione sulla gestione, indicandone brevemente le motivazioni (in sostanza vi è l’obbligo da inizio 2026 ma vi è l’opzione di postergarlo al 2028 se in questi 2 anni l’impresa non è riuscita ad essere compliance alla previsione normativa).
L’obbligo della comunicazione sulla sostenibilità riguarda anche le società figlie (società inclusa nel perimetro di consolidamento) e le succursali di società madri extra-europee (società con sede in uno Stato diverso da uno Stato membro dell’UE che esercita il controllo su società figlie o hanno istituito succursali con sede sul territorio nazionale e che abbiano forma giuridica comparabile alla forma giuridica delle società di capitali) che hanno generato negli ultimi due esercizi consecutivi (e per ciascuno degli stessi, a livello di gruppo o, se non applicabile, a livello individuale) e nel territorio UE ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro (art. 5, c. 1, D.Lgs. n. 125/2024).
Le società figlie di cui sopra (che siano imprese di grandi dimensioni o piccole e medie imprese quotate) pubblicano e rendono accessibile la relazione sulla sostenibilità della società madre extra-europea redatta a livello di gruppo nella relazione sulla gestione (art. 5, c. 2, D.Lgs. n. 125/2024). In assenza di società figlie ma di succursali con ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 40 milioni di euro (nell’esercizio precedente), l’obbligo di comunicazione spetta alla succursale (artt. 5, c. 3 e 6, c. 2, D.Lgs. n. 125/2024).
Gli obblighi di rendicontazione per le società figlie o per le succursali di società madri extra-europee si applicano a partire dagli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2028 (art. 17, c. 3, D.Lgs. n. 125/2024). Fino al 6 gennaio 2023 (art. 18, c. 3, D.Lgs. n. 125/2024) gli obblighi stabiliti in capo alla società madre extra-europea potranno essere adempiuti, su base consolidata, da parte della società figlia con sede all’interno del territorio dell’Unione europea che abbia generato i ricavi più elevati delle vendite e delle prestazioni nell’Unione europea almeno in uno dei cinque esercizi precedenti, su base consolidata se del caso, e che rediga la propria rendicontazione in conformità all’art. 4 del presente Decreto o agli artt. 29 e 29-bis della Direttiva n. 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (IV e VII Direttiva CEE).
Ai fini dell’applicazione dei limiti quantitativi precedenti, per ricavi netti delle vendite e delle prestazioni si intendono (art. 1, c. 2, D.Lgs. n. 125/2024):
-
gli importi provenienti dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi, dopo aver dedotto gli sconti concessi sulle vendite, l’imposta sul valore aggiunto e le altre imposte direttamente connesse con i ricavi delle vendite e delle prestazioni;
-
in deroga alla lettera a), per le imprese di assicurazione di cui all’art. 88, c. 1, del D.Lgs. n. 209/2005, i premi lordi contabilizzati di cui all’art. 45 del D.Lgs. n. 173/1997;
-
per gli enti creditizi di cui all’art. 4, par. 1, punto 1), del Reg. UE n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, gli importi definiti conformemente all’art. 43, par. 2, lett. c), della Direttiva n. 86/635/CEE del Consiglio, dell’8 dicembre 1986;
-
per le imprese di Paesi terzi di cui all’art. 5 del presente Decreto, i ricavi quali definiti nel quadro della rendicontazione finanziaria, sulla cui base è redatto il bilancio dell’impresa.
21.4. Revisione dell’informativa sulla sostenibilità
21.4.Revisione dell’informativa sulla sostenibilitàIl D.Lgs. n. 125/2024 prevede inoltre che la società tenuta a predisporre la rendicontazione di sostenibilità incarichi (art. 8) un revisore legale (che può anche essere lo stesso incaricato della revisione legale del bilancio) affinché rilasci un’attestazione sulla sua conformità rispetto alla normativa del decreto stesso. Per realizzare tale obiettivo il legislatore ha inoltre introdotto importanti modifiche al D.Lgs. n. 39/2010 per renderlo coerente alle novità introdotte con il D.Lgs. n. 125/2024 e, in particolare, per introdurre la revisione anche del rendiconto di sostenibilità e dei requisiti professionali e di formazione che i revisori debbono avere per poter adempiere a tale attività di revisione.
All’art. 4 del D.Lgs. n. 39/2010 viene inserito il nuovo comma 3-ter secondo il quale, “ai fini dell’abilitazione del revisore legale dei conti anche all’attività di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità, l’esame di cui al comma 2 (di abilitazione) ha per oggetto le seguenti, ulteriori, materie:
-
obblighi legali e principi concernenti la redazione della rendicontazione annuale e consolidata di sostenibilità;
-
analisi della sostenibilità;
-
procedure di dovuta diligenza in relazione alle questioni di sostenibilità;
-
obblighi legali e principi di attestazione della conformità per la rendicontazione di sostenibilità di cui all’articolo 11”.
21.5. Principi di rendicontazione della sostenibilità - ESRS
21.5.Principi di rendicontazione della sostenibilità - ESRSPer dare operatività ai precetti normativi in tema di informativa di sostenibilità previsti dalla CSRD, il Legislatore europeo sta progressivamente introducendo specifici principi. In particolare, le regole operative sono strutturate in tre categorie: principi trasversali; principi tematici; principi settoriali.
I principi trasversali, ossia:
-
ESRS 1 Prescrizioni generali;
-
ESRS 2 Informazioni generali,
sono intersettoriali in quanto devono essere applicati da tutte le imprese obbligate a presentare informazioni sulla sostenibilità nella relazione sulla gestione e hanno come obiettivo definire le regole generali che queste informazioni devono avere.
In particolare, l’ESRS 1 descrive l’architettura dei principi ESRS, spiega le convenzioni redazionali e i concetti fondamentali e stabilisce i requisiti generali per la preparazione e la presentazione delle informazioni relative alla sostenibilità (ESRS 1, par. 6).
L’ESRS 2, invece, stabilisce obblighi per le informazioni che devono essere fornite dall’impresa a livello generale per tutti i temi della sostenibilità, sulla governance degli ambiti di rendicontazione, sulla strategia, sulla gestione di impatti, rischi e opportunità e su metriche e obiettivi (ESRS 2, par. 7).
Gli ESRS tematici (ESRS 1, par. 8) riguardano uno specifico tema della sostenibilità e si articolano in temi e sotto temi e, se necessario, in sotto temi specifici.
Ad oggi sono stati adottati i seguenti principi tematici:
-
ESRS E1 - Cambiamenti climatici;
-
ESRS E2 - Inquinamento;
-
ESRS E3 - Acque e risorse marine;
-
ESRS E4 - Biodiversità ed ecosistemi;
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ESRS E5 - Uso delle risorse ed economia circolare;
-
ESRS S1 - Forza lavoro propria;
-
ESRS S2 - Lavoratori nella catena del valore;
-
ESRS S3 - Comunità interessate;
-
ESRS S4 - Consumatori e utilizzatori finali;
-
ESRS G1 - Condotta delle imprese.
Questi principi includono prescrizioni specifiche sui singoli argomenti trattati e vanno ad integrare le norme previste dai due ESRS trasversali. In particolare, i primi cinque principi sopra elencati analizzano la sostenibilità ambientale, i successivi quattro quella sociale e l’ultimo come organizzare la governance aziendale per rendere complementare le questioni sulla sostenibilità e il processo di gestione.
L’ESRS E1 riguarda gli obblighi di informativa su come l’operatività della società incide sui cambiamenti climatici in modo positivo o negativo, soffermandosi soprattutto sugli sforzi di mitigazione passati, presenti e futuri.
L’ESRS E2 indica gli obblighi di informativa volti a descrivere il modo in cui l’impresa incide sull’inquinamento in termini di impatti negativi e positivi, ponendo particolare attenzione sulle azioni intraprese per prevenire o mitigare gli impatti negativi sia effettivi che potenziali derivanti dall’attività dell’impresa.
L’ESRS E3 descrive le informazioni che le società devono offrire circa il modo in cui l’operatività dell’azienda incide sulle acque e sulle risorse marine sempre ponendo particolare attenzione agli impatti positivi e negativi, nonché potenziali e/o effettivi.
L’ESRS E4 precisa quali informazioni devono essere fornite con riferimento al modo con cui l’attività influisce sulla biodiversità e sugli ecosistemi e le azioni eventualmente adottate (o che si adotteranno) per mitigare gli effetti negativi effettivi e/o potenziali.
L’ESRS E5 chiude i principi dedicati alla sostenibilità ambientale prevedendo informazioni sull’uso (efficiente) delle risorse. In tale ambito occorre offrire una descrizione di come l’attività aziendale impiega le risorse e le scelte volte all’efficientamento del processo produttivo che dovrebbe ridurne l’impiego.
L’ESRS S1 introduce le informazioni da pubblicare in tema di forza lavoro propria con riferimento alle condizioni di lavoro, alla parità di trattamento e alla tutela dei diritti dei lavoratori. In tale ambito è di particolare importanza la descrizione delle azioni adottate dalla società per mitigare gli aspetti negativi effettivi e potenziali del rapporto di lavoro.
Anche l’ESRS S2 ha per oggetto le informazioni sui lavoratori ma che operano nella catena del valore. L’impostazione data dal Legislatore europeo sull’informativa sulla sostenibilità, già “embrionalmente” presente nelle informazioni non finanziarie, si basa sulla necessità di estendere la valutazione sulla sostenibilità lungo la catena del valore (es. fornitori, ecc.). Tale aspetto riguarda anche i lavoratori per cui occorrerà considerare, ad esempio, le condizioni di lavoro dei dipendenti delle imprese fornitrici.
L’ESRS S3 amplia la valutazione dell’impatto dell’attività dell’impresa agli stakeholders esterni all’impresa. In tale ambito è fondamentale l’attività di coinvolgimento di tali soggetti successiva alla loro mappatura.
L’ESRS S4 focalizza l’attenzione sui consumatori. L’impresa deve infatti offrire dettagli informativi sul modo in cui indice su questi stakeholders con riferimento, ad esempio, ai rapporti commerciali.
L’ESRS G1, infine, dispone quale flusso informativo le società devono offrire al fine di descrivere come la sostenibilità viene ricompresa nel processo decisionale aziendale, di come influenza le strategie e i processi operativi.
I principi settoriali non sono stati ancora adottati, ma saranno rivolti in modo specifico a tutte le società operanti nel settore oggetto di normativa. In particolare, riguarderanno impatti, rischi e opportunità inerenti a tutte le imprese di un settore specifico non coperti o sufficientemente coperti da principi tematici (visto la specificità del settore di attività). Saranno, tuttavia, multitematici e riguarderanno i temi di maggior rilevanza per il settore interessato.
Le società tenute a presentare le informazioni non finanziarie in applicazione del D.Lgs. n. 254/2016 (con cui si è recepita la Direttiva n. 95/2014 che aveva a sua volta modificato la Direttiva n. 34/2013 denominata Non Financial Reporting Directive - NFRD) hanno utilizzato i GRI al fine di dare operatività ai precetti normativi in quanto, in quel momento, rappresentavano i principi più diffusi in tema di informativa sulla sostenibilità.
Con l’introduzione della CSRD e con la pubblicazione degli ESRS le società che già presentavano, in vario modo, informazioni sulla sostenibilità si trovano nella necessità di approfondire i nuovi principi e verificare il gap rispetto ai GRI in precedenza utilizzati.
Al fine di agevolare tale processo, ma anche per favorire l’utilizzo complementare degli ESRS e dei GRI, l’EFRAG ha elaborato e pubblicato un documento volto a confrontare i suoi set di principi facendone emergere differenze e gli aspetti comuni.
Dall’“Indice di interoperatività GRI-ESRS” pubblicato, in particolare, emerge una diversa impostazione sulla materialità che per il GRI è solo d’impatto mentre per gli ESRS è sia d’impatto che finanziaria. Aspetto interessante del documento dell’EFRAG è l’indicazione dei paragrafi dei GRI in cui è trattato ogni singolo argomento disciplinato dagli ESRS, supportando così l’impresa che deve presentare le informazioni sulla sostenibilità.
21.5.1. ESRS 1 - Prescrizioni generali
21.5.1.ESRS 1 - Prescrizioni generaliLa selezione delle informazioni sulla sostenibilità da inserire nella relazione sulla gestione deve avvenire applicando il principio della doppia rilevanza introdotto dall’ESER 1.
Questo aspetto rappresenta una assoluta novità anche per le società che già pubblicavano tali informazioni nella dichiarazione non finanziaria che, redatta sulla base dei GRI, applicava solo la rilevanza d’impatto.
A partire dall’esercizio 2024 e a seguito di quanto disciplinato dalla CSRD, ogni impresa dovrà comunicare le informazioni sulle questioni di sostenibilità in base alla loro rilevanza in termini di impatto e finanziari (ESRS1, parr. 21 e 28).
Secondo l’impostazione adottata (ESRS 1, par. 38), la rilevanza d’impatto e quella finanziaria “sono interconnesse e occorre tener conto delle interdipendenze tra loro. In generale, il punto di partenza è la valutazione degli impatti, sebbene vi possano essere anche rischi e opportunità rilevanti non correlati agli impatti dell’impresa. Un impatto sulla sostenibilità può essere finanziariamente rilevante fin dall’inizio, oppure divenire tale, quando si può ragionevolmente prevedere che incida sulla situazione patrimoniale-finanziaria, sul risultato finanziario, sui flussi finanziari, sull’accesso ai finanziamenti o sul costo del capitale a breve, medio o lungo termine, dell’impresa”.
In termini generali, è plausibile che ogni questione di sostenibilità che produca impatti quantitativi, ad esempio sull’ambiente o sulle persone, produca anche effetti economico finanziari, se non altro relativi alle spese che l’impresa dovrebbe o potrebbe sostenere per attenuarli.
Posto, tuttavia, che tale principio potrebbe riguardare numerose azioni/attività dell’impresa e che ognuna di queste potrebbe avere sia una rilevanza d’impatto che una finanziaria, allora la questione da affrontare riguarderebbe piuttosto il discriminare l’informativa e le scelte della società circa la loro importanza. In sostanza, il processo di selezione delle informazioni sulla sostenibilità potrebbe essere più complesso basandolo sulla doppia rilevanza rispetto all’impiego della sola rilevanza d’impatto in quanto richiederebbe un confronto su due parametri peraltro molto spesso fortemente interconnessi tra loro (impatto quantitativo e sua rilevanza finanziaria).
In modo specifico, “una questione di sostenibilità è rilevante dal punto di vista dell’impatto quando riguarda gli impatti rilevanti dell’impresa, negativi o positivi, effettivi o potenziali, sulle persone o sull’ambiente a breve, medio o lungo termine. Gli impatti comprendono quelli connessi alle operazioni proprie dell’impresa e alla catena del valore a monte e a valle, anche attraverso i suoi prodotti e servizi e i suoi rapporti commerciali. I rapporti commerciali comprendono quelli siti nella catena del valore dell’impresa, a monte e a valle, e non sono limitati ai rapporti contrattuali diretti” (ESRS 1, par. 43). L’utilizzo di materiali inquinanti, il rilascio di sostanze nocive, l’utilizzo di risorse idriche, processi produttivi e/o lavorativi usuranti, sono esempi che possono avere un impatto rilevante su ambiente e la società, tra cui i dipendenti/collaboratori dell’impresa.
La valutazione della rilevanza di un impatto negativo si deve basare sulla procedura di dovuta diligenza definita negli strumenti internazionali dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e nelle linee guida dell’OCSE destinate alle imprese multinazionali. Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi, la rilevanza è valutata in base alla gravità dell’impatto, mentre per gli impatti negativi potenziali si valutano la gravità e la probabilità dell’impatto (ESRS1, par. 45). In particolare, la gravità si basa sui seguenti fattori:
-
l’entità;
-
la portata;
-
la natura irrimediabile dell’impatto.
Nel caso di un potenziale impatto negativo sui diritti umani, la gravità dell’impatto prevale sulla sua probabilità.
Per quanto riguarda, invece, quelli positivi, la rilevanza è valutata in base ai seguenti aspetti (ESRS 1, par. 46):
-
l’entità e la portata per quanto riguarda gli impatti effettivi;
-
l’entità, la portata e la probabilità per quanto riguarda gli impatti potenziali.
L’appendice all’ESRS 1 specifica che la procedura per valutare la rilevanza d’impatto e le questioni che devono essere oggetto di comunicazione da parte dell’impresa, si articola nelle tre seguenti fasi (ESRS 1, par. RA 9):
-
“comprensione del contesto per quanto riguarda i suoi impatti, comprese le attività, i rapporti commerciali e i portatori di interessi;
-
individuazione degli impatti effettivi e potenziali (sia positivi che negativi), anche attraverso il dialogo con i portatori di interessi ed esperti. In questa fase l’impresa può basarsi su ricerche scientifiche e analitiche sugli impatti relativi a questioni di sostenibilità;
-
valutazione della rilevanza dei suoi impatti effettivi e potenziali e determinazione delle questioni rilevanti. In questa fase l’impresa adotta le soglie per determinare quali impatti saranno trattati nella dichiarazione sulla sostenibilità”.
Altro aspetto importante che emerge sempre dall’appendice dell’ESRS 1 riguarda i tre elementi che occorre considerare nella valutazione della gravità dell’impatto (ESRS 1, par. RA 10), in particolare:
-
l’entità: quanto è grave l’impatto negativo o quanti benefici comporta l’impatto positivo per le persone o l’ambiente;
-
la portata: quanto sono diffusi gli impatti positivi o negativi. Nel caso di impatti ambientali, la portata può essere intesa come l’estensione del danno ambientale o un perimetro geografico. Nel caso di impatti sulle persone, la portata può essere intesa come il numero delle persone interessate negativamente;
-
la natura irrimediabile: se e in che misura è possibile porre rimedio agli impatti negativi, vale a dire riportando l’ambiente o le persone interessate allo stato originario.
“La valutazione della rilevanza finanziaria corrisponde all’individuazione di informazioni considerate rilevanti per i principali fruitori delle relazioni finanziarie di carattere generale nell’adozione di decisioni relative alla fornitura di risorse all’entità. In particolare, un’informazione è considerata rilevante per i fruitori principali delle relazioni finanziarie di carattere generale se è ragionevole presumere che l’omissione, l’errata indicazione o l’occultamento di detta informazione potrebbe influenzare le decisioni che tali fruitori adottano sulla base della dichiarazione sulla sostenibilità dell’impresa” (ESRS 1, par. 48). La dimensione di tale aspetto valutativo è puramente economica finanziaria ed è rivolta a valutare se e come le questioni sulla sostenibilità possono influenzare le scelte economiche degli interlocutori aziendali quali, ad esempio, i fornitori, i clienti e gli investitori.
Il par. 49 dell’ESRS 1 ci aiuta a meglio capire cosa si intende per rilevanza dal punto di vista finanziario.
In particolare, una questione di sostenibilità è rilevante in tale ambito se comporta o si può ragionevolmente ritenere che comporti effetti finanziari rilevanti sull’impresa e, nello specifico, se possono impattare sul suo sviluppo, sulla sua situazione patrimoniale-finanziaria, sul suo risultato economico, sui flussi finanziari, sull’accesso ai finanziamenti o sul costo del capitale a breve, medio o lungo termine.
Il paragrafo specifica poi che i rischi e le opportunità possono derivare da eventi passati o futuri ma soprattutto che non ci si deve limitare a valutare agli aspetti soggetti al controllo dell’impresa, ma occorre anche considerare le informazioni su rischi e opportunità rilevanti attribuibili ai rapporti commerciali con terze economie ossia con soggetti che non rientrano nell’ambito dell’area di consolidamento.
Nel considerare rischi ed opportunità, l’impresa deve valutare come l’eventuale dipendenza dalle risorse naturali e sociali (come, ad esempio, specifiche competenze professionali) possono comportare due possibili effetti (ESRS 1, par. 50):
-
sulla capacità della stessa di continuare a utilizzare o di ottenere le risorse necessarie nelle attività aziendali, come pure sulla qualità e sui prezzi di tali risorse;
-
sulla capacità della stessa di fare affidamento sui rapporti necessari nelle proprie attività aziendali a condizioni accettabili.
Una questione importante che può emergere sul piano operativo e che anche l’ESRS 1 evidenzia concerne il rischio che alcune azioni implementate dall’impresa per affrontare determinati rischi o impatti oppure per sfruttare opportunità in relazione a questione di sostenibilità potrebbero avere impatti negativi rilevanti o determinare rischi in merito ad altre questioni di sostenibilità, come ad esempio (ESRS 1, par. 52) può avvenire per:
-
un piano d’azione per la decarbonizzazione della produzione che comporta l’abbandono di determinati prodotti che a sua volta potrebbe avere impatti negativi rilevanti sulla forza lavoro dell’impresa e determinare rischi rilevanti a causa delle indennità di licenziamento;
-
un piano d’azione di un fornitore del settore automobilistico incentrato sulla fornitura di veicoli elettrici che potrebbe a sua volta dare luogo ad attivi non recuperabili per la produzione di parti di ricambio per i veicoli convenzionali.
In questi casi l’ESRS 1 prevede la necessità di inserire specifiche informazioni “circolari” capaci di illustrare il piano d’azione che è stato implementato e i rischi negativi che ne stanno derivando o che potrebbero derivarne (ESRS 1, par. 53).
L’appendice dell’ESRS 1 riporta inoltre gli aspetti che dovrebbero essere considerati per valutare la rilevanza finanziaria. In particolare (ESRS 1, par. RA 15), l’impresa dopo aver individuato i rischi e le opportunità, deve determinare quali siano rilevanti ai fini della rendicontazione. Ciò si basa su una combinazione tra:
-
probabilità di accadimento;
-
entità potenziale degli effetti finanziari determinati sulla base di soglie appropriate.
Il principio specifica che, in questa fase, il contributo di tali rischi e opportunità agli effetti finanziari nel breve, medio e lungo periodo è considerato sulla base di:
-
scenari/previsioni ritenuti probabili;
-
potenziali effetti finanziari legati a questioni di sostenibilità derivanti da situazioni al di sotto della soglia “più probabile che improbabile” o da attivi/passività che non sono, o non sono ancora, iscritti in bilancio.
Il precedente punto b) comprende.
-
situazioni potenziali che, in seguito al verificarsi di eventi futuri, possono influire sulla potenziale creazione di flussi finanziari;
-
capitali che non sono rilevati come attivi da un punto di vista contabile o finanziario, ma che influiscono in modo significativo sul risultato economico, quali il capitale naturale, intellettuale (organizzativo), umano, sociale e relazionale;
-
possibili eventi futuri che possono influire sull’evoluzione di tali capitali.
Infine, il principio precisa che nella valutazione della rilevanza, l’impresa deve considerare gli aspetti specifici affrontati negli ESRS tematici (E1, E2, E3, E4, E5, S1, S2, S3, S4 e G1) e valutare la rilevanza d’impatto e finanziaria nell’ambito di ogni singola tematica affrontata con riferimento all’attività dell’impresa.
Comunicare la sostenibilità dell’attività d’impresa significa illustrare come l’operato influenza l’ambiente e la società. Tuttavia, una delle caratteristiche delle aziende concerne l’essere un sistema aperto e dinamico che influenza l’ambiente economico di riferimento e ne è influenzato. In pratica, ogni azienda per operare intrattiene relazioni con altri soggetti i quali, a loro volta, svolgono attività economiche necessarie per le prime.
Tale aspetto evidenzia, quindi, che non è possibile parlare di sostenibilità di un’azienda focalizzando l’attenzione, in senso stretto, solo sulla sua attività, ma occorre illustrare come quest’ultima dipende dall’attività di altri enti e quindi come questi sono sostenibili.
L’importanza di tale principio trova prescrizione normativa negli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n. 125/2024 e nell’ESRS 1.
La normativa, in particolare, nel descrivere il contenuto della comunicazione individuale e consolidata (punto 2, lett. f, artt. 3 e 4, D.Lgs. n. 125/2024) si precisa che la relazione sulla gestione deve offrire una descrizione: “dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura, delle azioni intraprese per identificare e monitorare tali impatti, e degli altri impatti negativi che l’impresa è tenuta a identificare in virtù di altri obblighi dell’Unione europea che impongono alle imprese di attuare una procedura di dovuta diligenza”.
A sua volta il par. 63 dell’ESRS 1 specifica che: “le informazioni sull’impresa comunicante fornite nella dichiarazione sulla sostenibilità sono estese per includere informazioni sugli impatti, i rischi e le opportunità rilevanti collegati all’impresa tramite i suoi rapporti commerciali diretti e indiretti nella catena del valore a monte e/o a valle (‘informazioni sulla catena del valore’). Nell’estendere le informazioni sull’impresa comunicante, l’impresa include gli impatti, i rischi e le opportunità rilevanti connessi con la sua catena del valore a monte e a valle:
-
in base ai risultati del processo del dovere di diligenza e della valutazione della rilevanza;
-
conformemente a eventuali obblighi specifici relativi alla catena del valore in altri ESRS”.
Il par. 64 precisa inoltre che, quanto previsto dal paragrafo precedente, “non prescrive la comunicazione di informazioni su tutti gli attori della catena del valore, ma solo l’inclusione di informazioni relative a informazioni rilevanti a monte e a valle della catena del valore”.
Queste informazioni sono necessarie per consentire a tutti i fruitori della comunicazione di comprendere pienamente gli impatti, i rischi e le opportunità derivanti dall’attività dell’impresa e non solo quelli a quanto fa lei in “senso stretto”.
La previsione di fornire informazioni sulla catena del valore solo se rilevanti, non è volta a restringere il campo della comunicazione ma rappresenta unicamente un’impostazione coerente rispetto a come ogni informativa d’azienda deve essere resa pubblica. La rilevanza rappresenta infatti uno dei principi per individuare quali informazioni occorre rendere pubbliche e per evitare che queste non siano utili per i fruitori della comunicazione. Anche in tale ambito, l’ESRS 1 precisa che la valutazione degli impatti, dei rischi e delle opportunità debba avvenire applicando il principio della doppia rilevanza (ESRS 1, par. 66).
Ad esempio (ESRS 1, par. 67), quando società collegate o joint venture, contabilizzate con il metodo del patrimonio netto o consolidate nel bilancio con il metodo proporzionale, fanno parte della catena del valore (ad esempio come fornitrici), l’impresa include informazioni relative a tali società collegate o joint venture conformemente all’approccio adottato per gli altri rapporti commerciali nella catena del valore. In tal caso, nel determinare le metriche di impatto, i dati della società collegata o della joint venture non si limitano alla quota di capitale detenuta, ma sono considerati sulla base degli impatti che sono collegati ai prodotti e ai servizi dell’impresa attraverso i suoi rapporti commerciali.
Indipendentemente dalla presenza di un rapporto partecipativo, ogni fornitore rilevante in termini di attività svolta e di impatto sulla sostenibilità diviene oggetto di valutazione per la società tenuta alla comunicazione CSRD con la conseguenza che occorrerà strutturare un rapporto collaborativo che va oltre quello commerciale.
Le informazioni di dettaglio sulle tematiche di sostenibilità progressivamente saranno oggetto di specifiche richieste a tali fornitori con il concreto rischio che la loro selezione dipenda anche dalla disponibilità di specifiche informazioni sulla sostenibilità.
Le società che a norma del D.Lgs. n. 125/2024 potrebbero, nel tempo, essere classificate in tre categorie. Da un lato (che chiamerò categoria A) avremo imprese che su base volontaria presenteranno (con intensità e profondità differenti) report di sostenibilità adeguandosi a specifici framework (come, ad esempio, il VSME ESRS dell’EFRAG). Dall’altro avremo società (che chiamerò categoria C) che non affronteranno per niente tale tematica e che non riusciranno neppure a fornire specifiche informazioni. Tra i due estremi si posizioneranno le imprese (che chiamerò categoria B) che, pur non redigendo specifici report, investono sulla sostenibilità e sono in grado di fornire informazioni in merito.
Quanto ipotizzato si ritiene rappresenti, tuttavia, uno scenario che si evolverà nel tempo in cui nei prossimi anni è presumibile che le PMI non obbligate si troveranno prevalentemente nella categoria C per poi progressivamente passare in B e, le più virtuose in A, negli anni successivi.
È infatti lo stesso ESRS 1 a lasciare un intervallo temporale come periodo di “rodaggio”. Nello specifico (ESRS 1, par. 132), per i primi 3 anni di rendicontazione di sostenibilità, qualora non siano disponibili tutte le informazioni necessarie relative alla catena del valore a monte e a valle, l’impresa illustra gli sforzi compiuti per ottenere le informazioni necessarie, i motivi per cui non è stato possibile ottenerle tutte e i piani per ottenerle in futuro. Inoltre, sempre nei primi 3 anni di rendicontazione e al fine di limitare l’onere per le PMI nella catena del valore (ESRS 1, par. 133):
-
nel divulgare informazioni su politiche, azioni e obiettivi, l’impresa può limitare le informazioni sulla catena del valore a monte e a valle alle informazioni disponibili internamente;
-
nel comunicare le metriche, l’impresa non è tenuta a includere informazioni sulla catena del valore a monte e a valle, fatta eccezione per gli elementi d’informazione derivanti da altre normative dell’UE (elencate nell’ESRS 2, appendice B).
A decorrere dal quarto anno di rendicontazione, l’impresa deve invece includere le informazioni sulla catena del valore. In tal caso, l’ESRS 1 precisa che le informazioni che devono essere ottenute dalle piccole e medie imprese nella catena del valore non potranno superare quelle previste dai futuri ESRS riguardanti le PMI quotate.
21.5.2. ESRS 2 - Informazioni generali
21.5.2.ESRS 2 - Informazioni generaliGli obblighi derivanti dall’adozione della CSRD non sono riconducibili solo alle informazioni sulla sostenibilità da fornire nella relazione sulla gestione ma riguardano, soprattutto, l’integrazione delle questioni di sostenibilità nel processo di gestione.
In particolare, la normativa comporta una modifica delle modalità con cui le scelte relative alla gestione aziendale sono adottate in quanto il processo decisionale dovrà tenere conto anche delle questioni di sostenibilità.
Le informazioni da inserire nella relazione sulla gestione costituiscono pertanto “solo” la rendicontazione dell’operato aziendale nel (massimo) rispetto (possibile) delle condizioni di sostenibilità ambientale e sociale.
Per tale motivo, l’adeguamento alla CSRD (soprattutto per chi non era obbligato alla dichiarazione non finanziaria - DNF) comporta l’implementazione di una strategia alla sostenibilità aziendale di cui occorre dare conto nella relazione sulla gestione.
L’ESRS 2 precisa che ogni impresa che applica il D.Lgs. n. 125/2024 (che ha recepito la CSRD) deve comunicare gli elementi della propria strategia che riguardano le questioni di sostenibilità (ESRS, par. 38) al fine di fornire una comprensione della sua esposizione agli impatti, ai rischi e alle opportunità e della loro origine (ESRS 2, par. 39).
In tale ambito, per contestualizzare la strategia su questioni di sostenibilità il par. 40 dell’ESRS 2 richiede di indicare nella relazione sulla gestione:
-
le informazioni sui prodotti e i servizi offerti, i clienti e i mercati significativi su cui l’impresa opera, il numero di dipendenti per area geografica e, se sussistono, i prodotti e i servizi che sono vietati su determinati mercati;
-
una ripartizione dei ricavi totali per gli ambiti applicativi degli ESRS (se possibile riconducendo tale informazione a quanto indicato in bilancio in applicazione all’IFRS 8);
-
un elenco dei settori per gli ambiti applicativi degli ESRS che sono ritenuti rilevanti in termini di impatti sulle questioni di sostenibilità, specificando se riguardano le controllate;
-
una dichiarazione che l’impresa è attiva nel settore dei combustibili fossili, disaggregando i proventi derivanti dal carbone, dal petrolio e dal gas fossile, nel settore della fabbricazione di prodotti chimici, in quello della produzione di armi controverse (mine antiuomo, munizioni a grappolo, armi chimiche e biologiche) e/o nella coltivazione e produzione di tabacco.
Sulla base, poi, di tale contestualizzazione occorre descrivere la strategia implementata e quella che si vuole sviluppare in futuro con i relativi obiettivi di sostenibilità per tipologia di prodotto/servizio, categoria di cliente e area geografica su cui si opera. Occorre inoltre approfondire gli elementi della strategia dell’impresa che sono collegati alle questioni di sostenibilità, descrivendo quali risultati ci si attende di ottenere dalle azioni messe in campo.
Altro aspetto importante che deve essere oggetto di rendicontazione riguarda l’individuazione della tipologia e dell’intensità degli impatti sulla sostenibilità prodotti dall’attività dell’impresa. A sua volta tale analisi deve far emergere i rischi che possono derivare da tali impatti e le opportunità che le imprese possono cogliere dalle azioni compiute per rendere operativa la strategia sulla sostenibilità. In pratica, nella relazione sulla gestione bisogna descrivere come il processo produttivo e commerciale influenzano l’ambiente e il contesto sociale, se vi sono rischi di impatti negativi e, se sì, le opportunità che derivano dalle azioni correttive messe in atto o che verranno sviluppate in futuro (ESRS 2, par. 47).
Nello specifico, il par. 48 dell’ESRS 2 impone:
-
una breve descrizione degli impatti, dei rischi e delle opportunità derivanti dalla valutazione della rilevanza delle attività/operazioni svolte dall’impresa anche nella catena del valore a monte e a valle;
-
di illustrare gli effetti attuali e previsti dai suoi impatti, rischi ed opportunità e il modo in cui l’impresa ha intenzione di rispondere o prevede di rispondere in futuro (tra cui le eventuali modifiche alla strategia aziendale);
-
di descrivere, in merito agli impatti rilevanti, in che modo questi (sia se positivi che se negativi) incidono sulle persone o sull’ambiente, se questi impatti derivano dalla strategia, l’orizzonte temporale in cui ci si attende che questi impatti si svilupperanno e se tali impatti derivano dalla sua attività e/o dai rapporti commerciali (occorre descrivere la natura delle attività e dei rapporti commerciali);
-
di analizzare gli effetti finanziari attuali dei rischi e delle opportunità rilevanti sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sul risultato economico e sui flussi finanziari dell’impresa, e gli eventuali effetti futuri sulle attività e passività di bilancio;
-
di descrivere come l’impresa prevede che la sua situazione patrimoniale e finanziaria, il suo risultato economico e i suoi flussi finanziari cambieranno nel breve, medio e lungo termine, in funzione della sua strategia di gestione dei rischi e delle opportunità, tenendo conto: dei piani di investimento e disinvestimento e delle fonti di finanziamento disponibili;
-
di pubblicare informazioni sulla resilienza della strategia in merito alla sua capacità di affrontare gli impatti e i rischi rilevanti e di sfruttare le opportunità che emergono (se possibile occorrerebbe presentare un’analisi qualitativa e quantitativa della resilienza);
-
di illustrare i cambiamenti intervenuti negli impatti, nei rischi e nelle opportunità rispetto al periodo precedente.
Anche il processo e le metodologie utilizzate per individuare gli impatti, i rischi e le opportunità e come l’impresa ne valuta la rilevanza devono emergere dalle informazioni inserite nella relazione sulla gestione.
Gli ambiti di informativa sinteticamente illustrati sono interdipendenti e potenzialmente legati da una relazione di causa - effetto.
L’individuazione di quali sono gli impatti rilevanti sull’ambiente e sul contesto sociale dell’attività sviluppata dall’impresa e i conseguenti rischi, sono strumentali alla definizione della strategia che l’ente ritiene più opportuna per eliminare o minimizzare gli impatti negativi presenti e futuri. In pratica, se si individua un problema di sostenibilità (impatto negativo con conseguente rischio) la conseguenza che ne deriva è la necessità di definire un percorso volto al suo superamento (strategia di azione). Tali aspetti sono il “nodo centrale” della comunicazione sulla sostenibilità presente e futura in quanto, nell’esercizio in cui emerge il “problema” occorre illustrane la portata (oltre al modo/alla metodologia seguita per individuarlo) e occorre descrivere la strategia che si sta mettendo in atto per eliminarlo/superarlo. Negli esercizi successivi, poi, la relazione sulla gestione dovrà illustrare l’evoluzione delle procedure messe in atto, i risultati conseguiti ed il confronto rispetto a quelli attesi.
21.5.3. ESRS E1 - Cambiamenti climatici
21.5.3.ESRS E1 - Cambiamenti climaticiLa mitigazione dei cambiamenti climatici rappresenta uno degli obiettivi che l’Unione europea si è posta in tema di sostenibilità e si concretizza con il fine di limitare l’aumento della temperatura media a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Tale aspetto rappresenta inoltre un importante punto informativo previsto dai principi per la rendicontazione di sostenibilità da inserire nella relazione sulla gestione.
L’ESRS E1, infatti, ha come scopo la descrizione degli obblighi informativi che consentono al lettore delle informazioni sulla sostenibilità di comprendere (ESRS E1, par. 1):
-
il modo in cui l’impresa incide sui cambiamenti climatici in termini di impatti rilevanti positivi e negativi, tanto effettivi quanto potenziali;
-
gli sforzi di mitigazione passati, presenti e futuri dell’impresa, in linea con l’accordo di Parigi e compatibilmente con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C;
-
i piani e la capacità dell’impresa di adattare la propria strategia e il proprio modello aziendale per allinearsi alla transizione verso un’economia sostenibile e contribuire a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C di incremento;
-
eventuali altre azioni intraprese dall’impresa per prevenire, mitigare o porre rimedio agli impatti negativi, effettivi o potenziali, e per affrontare rischi e opportunità, nonché i risultati conseguiti;
-
la natura, il tipo e la portata dei rischi e delle opportunità rilevanti per l’impresa che derivano dai suoi impatti e dalle sue dipendenze in termini di cambiamenti climatici, e il modo in cui l’impresa li gestisce;
-
gli effetti finanziari sull’impresa nel breve, medio e lungo periodo provocati dai rischi e dalle opportunità che derivano dai suoi impatti e dalle sue dipendenze in termini di cambiamenti climatici.
Il principio in oggetto prevede obblighi informativi riguardanti i sette gas ad effetto serra - GES (biossido di carbonio, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, esafluoruro di zolfo e trifluoro di azoto) e, in particolare, sulle modalità con cui l’impresa gestisce le proprie emissioni e i rischi inerenti (ESRS E1, par. 4).
Sono previste inoltre specifiche metriche utili per misurare l’evoluzione delle soluzioni adottate. In tale ambito si evidenzia quanto previsto in passato anche dai GRI in tema di indicatori sugli impatti ambientali. Si ritiene pertanto che, nel rispetto di quanto previsto dall’ESRS E1, l’impresa potrebbe integrare le misure previste dal principio con quelle proposte dal GRI al fine di approfondire compiutamente la strategia implementata dall’azienda.
Parlare di cambiamenti climatici implica di parlare anche di inquinamento, di sfruttamento dell’acqua/delle risorse marine, degli impatti effettivi e potenziali sulle biodiversità e sugli ecosistemi, nonché sul contesto sociale. L’impresa deve pertanto illustrare quanto richiesto dall’ESRS E1 in modo integrato rispetto agli altri aspetti rilevanti della sostenibilità e disciplinati dagli altri ESRS. Questo, peraltro, è richiesto anche dallo stesso ESRS E1 nei paragrafi da 8 a 11. È plausibile che una continua applicazione dei principi consenta una migliore integrazione descrittiva tra i diversi ambiti da questi disciplinati (ad esempio si pensi all’integrazione descrittiva che oggettivamente si potrebbe fare tra quanto richiesto dall’ESRS E1 - cambiamenti climatici e l’ESRS E2 - inquinamento), rispetto a quanto avverrà nei primi anni di applicazione.
Il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici deve fornire la spiegazione di come l’impresa sta adeguando la sua strategia e il modello aziendale per rendere compatibile la propria attività operativa all’obbiettivo di contenimento del riscaldamento globale. Tale piano deve essere descritto nella comunicazione sulla sostenibilità nell’ambito della relazione sulla gestione e nel tempo (anno dopo anno) occorre illustrare i risultati raggiunti anche attraverso la loro comparazione rispetto a quelli attesi (ESRS E1, par. 14). Questo può peraltro essere fatto attraverso le metriche proposto dallo stesso principio eventualmente integrate dalle misure proposte dal GRI.
Le informazioni in tale ambito comprendono (ESRS E1, par. 16):
-
in riferimento agli obiettivi di riduzione delle emissioni di GES, una spiegazione del modo in cui gli obiettivi dell’impresa sono compatibili con la limitazione del riscaldamento globale;
-
in riferimento agli obiettivi di riduzione delle emissioni di GES e alle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici, una spiegazione delle leve di decarbonizzazione individuate e delle principali azioni pianificate (comprese le modifiche del portafoglio di prodotti e servizi dell’impresa e l’adozione di nuove tecnologie nella propria attività o lungo la catena di valore);
-
in riferimento alle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici, la spiegazione e la quantificazione degli investimenti e dei finanziamenti dell’impresa che sostengono l’attuazione del suo piano di transizione;
-
una valutazione qualitativa delle potenziali emissioni di GES “bloccate” derivanti dai prodotti e dagli attivi chiave dell’impresa (spiegando se e in che modo tali emissioni potrebbero compromettere il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di GES dell’impresa), la determinazione i rischi di transizione e, se del caso, l’illustrazione dei piani dell’impresa per gestire gli attivi e i prodotti ad alta intensità di GES e ad alta intensità di energia;
-
una spiegazione degli (eventuali) obiettivi/piani volti ad allineare le attività dell’impresa ai criteri fissati nel Reg. UE n. 2021/2139;
-
l’indicazione degli investimenti significativi (se sussistono) fatti durante l’esercizio in relazione ad attività legate al carbone, al petrolio e al gas;
-
l’indicazione se l’impresa è esclusa o meno dagli indici di riferimento dell’UE allineati con l’accordo di Parigi;
-
una spiegazione delle modalità con cui il piano di transizione è integrato e allineato con la strategia aziendale generale e la programmazione finanziaria dell’impresa;
-
l’indicazione se il piano di transizione è approvato dagli organi di amministrazione, direzione e controllo;
-
una spiegazione dei progressi compiuti dall’impresa nell’attuazione del piano di transizione.
Qualora l’impresa non abbia adottato un piano di transizione, nella relazione sulla gestione occorre specificare se e quando lo farà (ESRS E1, par. 17).
Il consumo energetico e il mix energetico utilizzato nell’attività dell’impresa rappresenta un ulteriore aspetto informativo previsto dall’ESRS E1. In tale ambito è necessario descrivere che tipo di fonti energetiche sono impiegate e con quale intensità; soprattutto occorre illustrare il consumo totale di fonti fossili, nucleari e di quelle rinnovabili e se e su come si sta investendo per passare dalle prime due all’ultima tipologia (ESRS E1, par. da 35 a 43). La tabella seguente sintetizza come rappresentare tali informazioni in modo sintetico.
Tabella - Consumo energetico
Tipo di fonte energetica | Combustibile | Valore | Unità di misura | Valore (MWh) |
Step 1 | Step 2 | |||
Combustibili fossili | Carbone | |||
Benzina | ||||
Gasolio | ||||
Gas naturale | ||||
Gas derivati | ||||
Altro | ||||
Elettricità, vapore, calore, raffreddamento da fonti non rinnovabili | Elettricità | |||
Vapore | ||||
Calore e raffreddamento |
||||
Step 2: Totale consumi energetici da fonti non rinnovabili | ||||
Elettricità, vapore, calore, raffreddamento da fonti rinnovabili |
Elettricità | |||
Vapore | ||||
Calore e raffreddamento |
||||
Elettricità, vapore, calore, raffreddamento autoprodotti da fonti rinnovabili | ||||
Biomasse e biocarburanti (consumo diretto) |
||||
Step 3: Totale consumi energetici da fonti rinnovabili | ||||
Note esplicative: ….. |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Tabella - Come comunicare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra
Ambito delle emissioni | Livello di riferimento | |||
Anno base | Emissioni | |||
Scope 1 | ||||
Scope 2 | ||||
Scope 3 | ||||
Totale | ||||
Ambito delle emissioni | Target intermedio | |||
Anno | Obiettivo di emissioni | Riduzione Emissioni in valore assoluto | Riduzione emissione in valore percentuale |
|
Scope 1 | ||||
Scope 2 | ||||
Scope 3 | ||||
Totale | ||||
Ambito delle emissioni | Target finale | |||
Anno | Obiettivo di emissioni | Riduzione Emissioni in valore assoluto | Riduzione emissione in valore percentuale |
|
Scope 1 | ||||
Scope 2 | ||||
Scope 3 | ||||
Totale |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Alle informazioni quantitative si devono affiancare informazioni economico - finanziarie. L’intensità delle emissioni di GES (in tonnellate metriche di CO2eq) rispetto ai ricavi totali, l’entità dei progetti di contenimento delle emissioni di GES finanziata (o che si intende finanziare) attraverso l’acquisto di crediti di carbonio, gli effetti finanziari attesi dai rischi di transizione, sono alcune delle informazioni economiche che dovrebbero essere descritte nella relazione sulla gestione.
Gli effetti finanziari attesi dai rischi di transizione indicano come gli investimenti effettuati in applicazione del piano impattano (e impatteranno) sulla situazione patrimoniale e su quella economica, aiutando il lettore del bilancio di esercizio a comprendere l’entità finanziaria della gestione del cambiamento climatico.
In particolare, nella relazione sulla gestione occorre indicare (ESRS E1, parr. 66, 67 e 69):
-
l’importo monetario e la quota degli attivi a rischio fisico rilevante nel breve, medio e lungo periodo prima di prendere in considerazione azioni di adattamento ai cambiamenti climatici (disaggregando gli importi monetari di tali attivi per rischio fisico acuto e cronico);
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la quota di attivi a rischio fisico rilevante interessati dalle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici;
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la posizione degli attivi significativi a rischio fisico rilevante;
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l’importo monetario e la quota dei ricavi netti derivanti dalle attività aziendali soggette a rischio fisico rilevante nel breve, medio e lungo periodo;
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l’importo monetario e la quota degli attivi a rischio di transizione rilevante nel breve, medio e lungo periodo prima di prendere in considerazione azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici;
-
la quota di attivi a rischio di transizione rilevante interessati dalle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici;
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una ripartizione del valore contabile degli attivi immobiliari dell’impresa per classe di efficienza energetica;
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le passività che potrebbero dover essere rilevate nei bilanci nel breve, medio e lungo periodo;
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l’importo monetario e la quota dei ricavi netti derivanti dalle attività aziendali a rischio di transizione rilevante nel breve, medio e lungo periodo, compresi, se del caso, i ricavi netti derivanti dai clienti dell’impresa che svolgono attività legate al carbone, al petrolio e al gas;
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i risparmi previsti sui costi ottenuti grazie alle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento agli stessi;
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le potenziali dimensioni del mercato o le variazioni previste dei ricavi netti derivanti da prodotti e servizi a basse emissioni di carbonio o da soluzioni di adattamento a cui l’impresa ha o potrebbe avere accesso.
Tabella - Alcune informazioni economico finanziarie
Obiettivo ambientale | Codice Nace | Fatturato allineato (%) | CAPEX allineato (%) | OPEX allineato (%) |
Mitigazione del cambiamento climatico |
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Adattamento del cambiamento climatico |
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Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
21.5.4. ESRS E2 - Inquinamento
21.5.4.ESRS E2 - InquinamentoL’inquinamento di aria, acqua e suolo prodotto dall’attività di impresa costituisce l’oggetto dell’informativa previsto dall’ESRS E2. In particolare, le società che devono applicare la CSRD devono descrivere quali processi hanno introdotto per valutare il livello di inquinamento prodotto, come le attività che svolgono producono inquinamento, le politiche (strategie di gestione) adottate o che si implementeranno per mitigare gli effetti dei propri processi sull’inquinamento.
Le attività produttive che utilizzano o che producono metalli e plastiche possono rilasciare sostanze inquinanti nell’aria, nel suolo o in acqua così come quelle che utilizzano o producono sostanze chimiche. In questi casi il rischio di inquinamento è diretto e deve pertanto trovare rappresentazione analitica nella relazione sulla gestione. Tuttavia, anche l’utilizzo di beni/servizi realizzati con processi potenzialmente inquinanti deve essere oggetto di informativa poiché, nell’impostazione introdotta dagli ESRS, occorre descrivere non solo gli impatti diretti sull’ambiente ma anche quelli generati lungo la catena del valore, tra cui nell’ambito dei processi di fornitura.
Nell’effettuare una valutazione della rilevanza in relazione a sotto-temi ambientali, l’impresa valuta la rilevanza dell’inquinamento nelle proprie operazioni e lungo la catena del valore a monte e a valle e può prendere in considerazione le seguenti fasi (note anche come approccio LEAP) (ESRS E2, par. RA1):
-
fase 1 - dove individuare i punti in cui le operazioni proprie e la catena del valore a monte e a valle interagiscono con la natura;
-
fase 2 - dove valutare le dipendenze e gli impatti legati all’inquinamento;
-
fase 3 - dove valutare i rischi e le opportunità rilevanti;
-
fase 4 - dove preparare e comunicare i risultati della valutazione della rilevanza.
Entrando nello specifico dell’ESRS E2, l’impresa deve indicare la tipologia degli inquinanti che emette nello svolgimento della propria attività e le microplastiche che genera e/o usa (ESRS E2, par. 26). Il principio prevede di indicare le quantità di ciascun inquinante (di cui all’Allegato II del Reg. UE n. 166/2006 - metano, monossido di carbonio, biossido di carbonio, idrofluorocarburi, ossido di azoto, ammoniaca, composti organici volatili non metanici, ossidi di azoto, perfluorocarburi, esafluororuro di zolfo, ossidi di zolfo, azoto totale, fosforo totale, ecc.) emesso nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Tale informazione si aggiunge alla descrizione delle quantità di Gas a Effetto Serra - GES emessi dall’impresa, in quanto prevista dall’ESRS E1.
Tabella - Emissioni di inquinanti atmosferici
Inquinante atmosferico | Valore | Unità di misura |
Anidride solforosa (SO2) | ||
Ossidi di azoto (NO2) | ||
Composti organici volatili non metallici (NMVOC) | ||
Particolato fine (PM2,5) | ||
Ammoniaca (NH3) | ||
Altro | ||
Metalli pesanti: Piombo Mercurio Arsenico Cadmio Nichel Benzo(a)pirene (BaP) |
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TOTALE EMISSIONI IN ARIA |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Tabella - Emissioni di inquinanti in acqua
Inquinante | Valore | Unità di misura |
Sostanze inquinanti prioritarie | ||
Sostanze inquinanti prioritarie pericolose | ||
Azoto totale | ||
Fosforo totale | ||
Pesticidi | ||
Altro | ||
TOTALE EMISSIONI IN ACQUA |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Tabella - Emissioni di inquinanti nel suolo
Inquinante | Valore | Unità di misura |
Inquinanti inorganici | ||
Inquinanti organici persistenti (POP) | ||
Azoto totale | ||
Fosforo totale | ||
Pesticidi | ||
Altro | ||
TOTALE EMISSIONI NEL SUOLO |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Nella descrizione, l’impresa deve classificare le sostanze nelle due categorie “preoccupanti” e “estremamente preoccupanti” (ESRS E2, par. 32) previste dal Regolamento REACH (Reg. CE n. 1907/2006) secondo il quale non tutte le sostanze che presentano pericoli per l’uomo e l’ambiente (cosiddette sostanze pericolose) sono da considerarsi estremamente preoccupanti. Il Regolamento, infatti, ricomprende tra queste ultime:
-
le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze cancerogene o mutagene o tossiche per la riproduzione (categorie 1A o 1B a norma del Reg. CI.P - art. 57, lett. a), b) e c) del Reg. REACH);
-
le sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT), o molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB) (secondo i criteri stabiliti nell’allegato XIII del Reg. REACH, art. 57, lett. d), e));
-
le sostanze identificate in base ad una valutazione caso per caso per le quali esiste l’evidenza scientifica di probabili effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente, come gli interferenti endocrini (art. 57, lett. f).
La necessità di articolare la trattazione suddividendo le sostanze inquinanti in queste due categorie è volto ad illustrare l’impatto sulla salute e sull’ambiente causato dall’attività dell’impresa attraverso la loro emissione. Questo avviene anche attraverso l’illustrazione dei rischi effettivi e potenziali di tali emissioni (ESRS E2, par. 33).
Alla descrizione dell’impatto, in termini di inquinamento, dell’attività d’impresa deve seguire l’illustrazione degli obiettivi che la stessa si è data per mitigarli. In pratica, il piano di mitigazione dei cambiamenti climatici e le politiche in materia di inquinamento devono illustrare il percorso che l’impresa intende percorrere per contribuire a contenere il riscaldamento complessivo entro il 1,5° C e per ridurre, e se possibile azzerare, l’emissione di GSE e delle sostanze inquinanti estremamente preoccupanti e di quelle preoccupanti.
In tale ambito occorre specificare (ESRS E2, par. 23) in che modo gli obiettivi riguardano la contrazione ed il controllo:
-
degli inquinanti atmosferici;
-
delle emissioni in acqua;
-
dell’inquinamento del suolo;
-
delle sostanze preoccupanti e di quelle estremamente preoccupanti.
Tabella - Obiettivi in termini di emissioni di inquinanti
Informazioni di sostenibilità | Livello di riferimento | Obiettivo | Riduzione di emissioni | |||
Anno base | Emissioni | Anno | Emissioni | Riduzione percentuale | Riduzione in valore assoluto | |
Emissioni annuali verso aria |
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Emissione annuali verso l’acqua |
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Emissioni annuali verso suolo |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Nel fornire le informazioni sugli inquinanti, l’impresa deve seguire il seguente ordine di priorità in materia di quantificazione (ESRS E2, par. RA 26):
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misurazione diretta delle emissioni, degli effluenti o di altri tipi di inquinamento attraverso sistemi riconosciuti di monitoraggio in continuo;
-
misurazioni periodiche;
-
calcolo basato su dati specifici del sito;
-
calcolo basato sui fattori di inquinamento pubblicati;
-
stima.
L’impresa può inoltre precisare se nella definizione degli obiettivi (ESRS E2, par. 24) sono state prese in considerazione soglie ecologiche, come ad esempio l’integrità della biosfera, l’esaurimento dell’ozono stratosferico, ecc., e quali misure sono state considerate (l’appendice al principio suggerisce alle imprese di avvalersi delle linee guida fornite dal Science-Based Targets Nerwork (SBTN), ESRS E2, par. RA 16). In tale circostanza, la società dovrebbe precisare:
-
le soglie ecologiche individuate e la metodologia utilizzata a tal fine;
-
se le soglie sono specifiche per l’entità e, in caso affermativo, come sono state determinate;
-
in che modo è attribuita all’interno dell’impresa la responsabilità del rispetto delle soglie ecologiche individuate.
Anche con riferimento all’inquinamento, l’impresa è chiamata a comunicare gli effetti finanziari attesi (ESRS E2, par. 38):
-
dei rischi rilevanti derivanti dagli impatti e dalle dipendenze in termini di inquinamento e il modo in cui tali rischi hanno (o si può ragionevolmente prevedere che abbiano) un’influenza rilevante sulla situazione finanziaria, sul risultato economico e sui flussi finanziari dell’impresa nel breve, medio e lungo periodo;
-
delle opportunità rilevanti connesse alla prevenzione e al controllo dell’inquinamento.
Tale comunicazione comporta il calcolo e la descrizione della quota dei ricavi netti realizzati con prodotti/servizi che sono o contengono sostanze preoccupanti e quella da sostanze estremamente preoccupanti, delle spese operative e in conto capitale sostenute nel periodo di riferimento in relazione a depositi e incidenti gravi e i costi sostenuti per le azioni correttive (come, ad esempio, il costo per riabilitare siti contaminati) (ESRS E2, par. 40).
21.5.5. ESRS E3 - Acqua e risorse marine
21.5.5.ESRS E3 - Acqua e risorse marineL’acqua e le risorse marine possono essere importanti fattori per l’attività delle imprese. Questo può avvenire direttamente in quanto, ad esempio, l’acqua può rappresentare una delle materie prime impiegate nel processo produttivo, può essere un materiale di consumo o semplicemente costituire la risorsa impiegata in attività marginali rispetto al core business; lo stesso può avvenire per le risorse marine. Queste, tuttavia, rappresentano risorse particolarmente delicate in quanto possono risultare pregiudicate dall’azione dell’uomo (sia d’impresa che non) con la conseguente necessità di doverle tutelare anche attraverso interventi normativi.
Anche in tema di sostenibilità, acqua e risorse marine diventano pertanto un importante focus informativo su cui l’impresa deve offrire approfondimenti nella relazione sulla gestione, in particolare applicando quanto previsto dall’ESRS E3.
Questo principio ha lo scopo di disciplinare come le società devono illustrare in che modo la loro attività impatta (in modo positivo, negativo e in modo effettivo o solo potenziale) sulle acque (superficiali e sotterranee, in termini di prelievi e di scarichi) e sulle risorse marine (in termini di estrazione ed uso), nonché le azioni intraprese per prevenire o mitigare, anche in modo prospettico, gli impatti ritenuti, anche potenzialmente, negativi (ESRS E3, parr. 1, 2 e 3). Il principio prevede in particolare di descrivere se, come, e in che misura l’impresa contribuisce agli obiettivi del Green Deal europeo in materia di aria e acqua pulite, suolo sano e biodiversità, nonché alla sostenibilità dell’economia blu e dei settori della pesca, tenendo conto dei seguenti elementi (ESRS E3, par. 1):
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la Direttiva n. 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
-
la Direttiva n. 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio;
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la Direttiva n. 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio;
-
gli obiettivi di sviluppo sostenibile (in particolare l’OSS 6 “Acqua pulita e igiene” e l’OSS 14 “La vita sott’acqua”), e il rispetto dei limiti ambientali a livello globale (ad esempio, l’integrità della biosfera, l’acidificazione degli oceani, l’uso delle acque dolci e i limiti del pianeta per quanto riguarda i flussi biogeochimici).
Entrando nello specifico, l’impresa descrive nella relazione sulla gestione il proprio processo produttivo (qualunque esso sia) per individuare gli impatti sulle acque e le risorse marine, misurando il rischio che questi siano negativi, anche solo potenziali, indicandone l’entità e la portata.
L’impresa deve valutare la rilevanza delle acque e delle risorse marine nelle operazioni proprie e lungo la catena del valore a monte e a valle e può prendere in considerazione le seguenti quattro fasi, note anche come approccio LEAP (ESRS E3, par. RA1):
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fase 1: individuare i punti in cui le operazioni proprie e la catena del valore interagiscono con la natura;
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fase 2: analizzare le dipendenze e gli impatti;
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fase 3: valutare i rischi e le opportunità rilevanti;
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fase 4: preparare e comunicare i risultati della valutazione della rilevanza.
Nella fase 1, per individuare, nelle operazioni proprie e lungo la catena del valore a monte e a valle, le zone a rischio idrico e le aree in cui avvengono interazioni con le risorse marine che potrebbero comportare impatti e dipendenze materiali, l’impresa deve prendere in considerazione l’ubicazione delle operazioni e degli attivi diretti nonché delle relative attività a monte e a valle lungo la catena del valore; i siti che si trovano in zone a rischio idrico, comprese quelle a elevato stress idrico e i settori o le unità operative che interagiscono con le acque e le risorse marine in questi punti prioritari (ESRS E3, par. RA5).
Nella fase 2 bisogna valutare se ogni attività aziendale dipende dall’uso dell’acqua e dalle risorse marine (come, ad esempio, il pesce o la ghiaia dei fondali), anche in termini di intensità (ESRS E3, par. RA8).
Nella fase 3, l’impresa individua i rischi e le opportunità di transizione, anche lungo la catena del valore. Il par. RA11 dell’appendice al principio elenca alcuni esempi come la sostituzione di prodotti o servizi con altri aventi un minore impatto sulle risorse idriche e marine, la transizione verso tecnologie più efficienti e più pulite (ossia con un minore impatto sulle acque e sugli oceani), nuove tecnologie di monitoraggio (ad esempio satellitari), la depurazione delle acque e la protezione dalle inondazioni. Per quanto riguarda i rischi fisici, nel principio si fa riferimento alla quantità d’acqua (carenza idrica, stress idrico) e la qualità dell’acqua utilizzata, il degrado delle infrastrutture o l’indisponibilità di alcuni prodotti legati alle risorse marine (ad esempio, la rarefazione di alcune specie di pesci o di altri organismi marini che vivono sott’acqua venduti dall’impresa come prodotti), che comportano, ad esempio, l’impossibilità di operare in determinate zone geografiche.
L’analisi delle attività svolte dall’impresa è propedeutica alla definizione delle strategie di mitigazione degli effetti negativi e all’analisi delle opportunità (positive) che possono derivare dalle azioni operative messe in campo dall’impresa (ESRS E3, parr. 8 e 9).
In particolare, l’impresa deve indicare se e in che modo gli obiettivi in tale ambito riguardano (ESRS E3, par. 23):
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la gestione degli impatti, dei rischi e delle opportunità rilevanti connessi alle zone a rischio idrico, compreso il miglioramento della qualità delle acque;
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la gestione responsabile degli impatti, dei rischi e delle opportunità in termini di risorse marine, compresa la natura e la quantità dei prodotti legati a tali risorse (come ghiaie, minerali di profondità, prodotti ittici) utilizzati dall’impresa;
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la riduzione del consumo idrico, compresa una spiegazione di come tali obiettivi si applicano alle zone a rischio idrico, incluse quelle a elevato stress idrico.
Anche in tale ambito, gli obiettivi possono essere definiti facendo riferimento a soglie ecologiche avvalendosi delle linee guida fornite nel documento di orientamento provvisorio “Initial Guidance for Business” dal Science Based Targets Network (SBTN) (ESRS E3, par. RA22).
Definiti gli obiettivi, la comunicazione sulla sostenibilità idrica deve approfondire i progressi che l’impresa compie nel tempo anche attraverso l’illustrazione delle seguenti metriche (ESRS E3, par. 28):
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consumo idrico totale in m3;
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consumo idrico totale in m3 in zone a rischio idrico, comprese quelle a elevato stress idrico;
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volume totale di acqua riciclata e riutilizzata in m3;
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volume totale di acqua immagazzinata e le relative variazioni in m3;
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modalità di raccolta dei dati e del loro monitoraggio.
Le informazioni in oggetto e l’implementazione delle politiche di sostenibilità idrica comportano investimenti e conseguenze finanziarie anche rilevanti. Anche tali dati devono essere inseriti nella relazione sulla gestione (ESRS E3, par. 30). In particolare, occorre includere (ESRS E3, par. 33):
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la quantificazione monetaria degli effetti finanziari attesi prima di prendere in considerazione le azioni connesse alle acque e alle risorse marine o, ove ciò non sia possibile senza costi o sforzi indebiti, informazioni qualitative. Per gli effetti finanziari derivanti da opportunità, non è necessaria una quantificazione se darebbe origine a un’informativa non conforme alle caratteristiche qualitative delle informazioni;
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una descrizione degli effetti presi in considerazione, degli impatti e delle dipendenze a cui si riferiscono e degli orizzonti temporali in cui è probabile che si concretizzino;
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le ipotesi fondamentali utilizzate per quantificare gli effetti finanziari attesi, nonché le fonti e il livello di incertezza connessi a tali ipotesi.
L’impresa può altresì includere una valutazione dei propri prodotti e dei servizi connessi che sono a rischio nel breve, nel medio e nel lungo periodo, illustrando come sono definiti e come sono stimati gli importi finanziari (ESRS E3, par. RA33).
21.5.6. ESRS E4 - Biodiversità ed ecosistemi
21.5.6.ESRS E4 - Biodiversità ed ecosistemiLa biodiversità e gli ecosistemi costituiscono due importanti aspetti da preservare in tema di sostenibilità ambientale. L’ESRS E4 dispone pertanto gli obblighi informativi che consentono di comprendere in che modo l’attività dell’impresa influisce sulla biodiversità e sugli ecosistemi in termini di impatti materiali positivi e negativi, effettivi e potenziali, le azioni intraprese per prevenire e mitigare tali effetti e le conseguenze finanziarie che ne derivano (ESRS E4, par. 1).
La “biodiversità e gli ecosistemi” sono strettamente connessi alle altre questioni ambientali. I principali fattori che determinano direttamente cambiamenti della biodiversità e degli ecosistemi sono i cambiamenti climatici, l’inquinamento, il cambiamento di uso del suolo, il cambiamento d’uso delle acque dolci e del mare, lo sfruttamento diretto degli organismi e le specie esotiche invasive. Questi fattori sono approfonditi dall’ESRS E4, ad eccezione dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento che trovano disciplina, rispettivamente, nell’ESRS E1 e nell’ESRS E2. L’impresa deve pertanto integrare l’informativa offerta in applicazione dell’ESRS E4 con quella richiesta dagli altri principi in tema ambientale.
Anche in tema di biodiversità ed ecosistemi, la descrizione di come l’attività d’impresa vi influisce è propedeutica all’illustrazione delle strategie messe in campo per tutelarli.
Con riferimento al suo operato, l’azienda deve descrivere il processo adottato per individuare e misurare gli impatti rilevanti e i rischi che ne derivano (ESRS E4, par. 17). In particolare, occorre valutare e rendicontare:
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quando è probabile che un sito, la produzione o l’approvvigionamento di materie prime abbiano un impatto negativo sulla biodiversità e sugli ecosistemi, l’individuazione dei siti, della produzione o dell’approvvigionamento di materie prime specifici con impatti negativi o potenzialmente negativi sulle comunità interessate;
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quando è probabile che le comunità interessate subiscano ripercussioni, l’impresa indica in che modo tali comunità sono state coinvolte nella valutazione della rilevanza;
-
per quanto riguarda gli impatti sui servizi ecosistemici rilevanti per le comunità interessate nelle operazioni proprie, l’impresa indica in che modo è possibile evitare gli impatti negativi. Se sono inevitabili, l’impresa può indicare i propri piani per ridurli al minimo e attuare misure di mitigazione volte a mantenere il valore e la funzionalità dei servizi prioritari.
L’impresa illustra poi le politiche che ha adottato per gestire tali impatti e i rischi che ne possono derivare (ESRS E4, par. 20).
In merito alla strategia e alle politiche adottate, nello specifico, occorre descrivere (ESRS E4, par. 13):
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una valutazione della resilienza della strategia e del modello aziendale attuali ai rischi fisici, di transizione e sistemici legati alla biodiversità e agli ecosistemi;
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l’ambito di applicazione dell’analisi della resilienza in relazione alle operazioni proprie e alla catena del valore a monte e a valle dell’impresa e in relazione ai rischi presi in considerazione in tale analisi;
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le principali ipotesi formulate;
-
gli orizzonti temporali utilizzati;
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i risultati dell’analisi della resilienza;
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il coinvolgimento dei portatori di interessi, compresi, ove opportuno, i detentori di conoscenze indigene e locali.
A ciò si aggiunge se l’impresa ha adottato (ESRS E4, par. 24):
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una politica di protezione della biodiversità e degli ecosistemi riguardante i siti operativi di proprietà, affittati o gestiti all’interno o in prossimità di un’area sensibile sotto il profilo della biodiversità;
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politiche o pratiche agricole/di utilizzo del suolo sostenibili;
-
politiche o pratiche di utilizzo del mare/degli oceani sostenibili;
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politiche volte ad affrontare la deforestazione.
Per realizzare la strategia e le politiche descritte, l’impresa comunica gli obiettivi che vuole perseguire e le relative tempistiche. Anche in tale ambito si potrebbero utilizzare soglie ecologiche definite come obiettivi da raggiungere (ESRS E4, par. 32). In ogni caso, l’impresa deve identificare specifiche metriche necessarie per misurare sia gli impatti della sua attività che i risultati periodicamente ottenuti dalle azioni messe in atto.
Se con le proprie azioni l’impresa vuole contribuire direttamente ai fattori di impatto del cambiamento di uso del suolo, del cambiamento di uso dell’acqua dolce e/o del cambiamento di uso del mare, l’impresa comunica le metriche che misurano (ESRS E4, par. 38):
-
la conversione nel tempo (ad esempio, 1 o 5 anni) della copertura del suolo (ad esempio, de forestazione o estrazione mineraria);
-
i cambiamenti nel tempo (ad esempio, 1 o 5 anni) nella gestione dell’ecosistema (ad esempio, attraverso l’intensificazione della gestione agricola o l’applicazione di pratiche di gestione o di utilizzo delle foreste migliori);
-
i cambiamenti nella configurazione spaziale del paesaggio (ad esempio, frammentazione degli habitat, cambiamenti nella connessione degli ecosistemi);
-
i cambiamenti nella connessione strutturale degli ecosistemi (ad esempio, la permeabilità dell’habitat in base alle caratteristiche fisiche e alla disposizione dei diversi habitat);
-
la connessione funzionale (ad esempio, quanto i geni o gli individui si muovono attraverso la terra, le acque dolci e il paesaggio marino).
Se la società individua (anche) impatti rilevanti connessi allo stato delle specie, l’impresa può riferire le metriche seguenti (ESRS E4, par. 40):
-
considerare le dimensioni della popolazione, l’areale all’interno di specifici ecosistemi e il rischio di estinzione. Questi aspetti forniscono indicazioni sulla salute della popolazione di una singola specie e sulla sua relativa resilienza ai cambiamenti indotti dall’uomo e a quelli naturali;
-
comunicare le metriche che misurano le variazioni del numero di individui di una specie all’interno di una zona specifica;
-
comunicare le metriche relative alle specie a rischio di estinzione che misurano lo stato di minaccia delle specie e come le attività/pressioni possono influire di esso o le variazioni nell’habitat pertinente per una specie minacciata come variabile proxy dell’impatto dell’impresa sul rischio di estinzione della popolazione locale.
Se inoltre l’impresa ha individuato impatti rilevanti connessi agli ecosistemi deve comunicare:
-
per quanto riguarda l’estensione dell’ecosistema, metriche che misurano l’area di un particolare ecosistema senza necessariamente considerare la qualità della zona valutata, come ad esempio la copertura dell’habitat. Per esempio, la copertura forestale è una misura dell’estensione di un particolare tipo di ecosistema, che non tiene conto delle condizioni dell’ecosistema (ad esempio, indica l’area senza descrivere la diversità delle specie all’interno della foresta);
-
per quanto riguarda la condizione degli ecosistemi si presentano metriche che misurano la qualità degli ecosistemi rispetto a uno stato di riferimento predeterminato; metriche che misurano più specie all’interno di un ecosistema piuttosto che il numero di individui all’interno di una singola specie all’interno di un ecosistema (ad esempio, indicatori di ricchezza e abbondanza delle specie scientificamente riconosciuti che misurano lo sviluppo della composizione delle specie – autoctone - all’interno di un ecosistema rispetto allo stato di riferimento all’inizio del primo periodo di riferimento nonché rispetto allo stato indicato come obiettivo nel quadro globale post 2020 in materia di biodiversità, o un’aggregazione dello stato di conservazione delle specie, se pertinente); metriche che possono anche riflettere componenti strutturali della condizione, come la connettività degli habitat (ossia, quanto gli habitat sono collegati tra loro).
Tabella - Aree ad elevato valore di biodiversità
Localizzazione | Area (ettari o ettari di mare) | Area ad elevato valore di biodiversità identificata | Specificazione della relazione | |
Sito | Paese | |||
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Gli effetti finanziari ed economici sulla situazione patrimoniale, sul risultato economico e sui flussi finanziari derivanti dall’analisi dell’impatto e dalle azioni adottate in tema di biodiversità e di ecosistemi vanno anch’essi descritti nella relazione sulla gestione (ESRS E4, par. 43). In particolare, tale informativa include (ESRS E4, par. 45):
-
la quantificazione monetaria degli effetti finanziari attesi prima di prendere in considerazione le azioni connesse alla biodiversità e agli ecosistemi o, ove ciò non sia possibile senza costi o sforzi indebiti, informazioni qualitative. Per gli effetti finanziari derivanti da opportunità rilevanti, non è necessaria una quantificazione se darebbe origine a un’informativa non conforme alle caratteristiche qualitative delle informazioni (cfr. ESRS 1, Appendice B Caratteristiche qualitative delle informazioni). La quantificazione monetaria degli effetti finanziari attesi può essere espressa come un unico importo o un intervallo;
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una descrizione degli effetti presi in considerazione, degli impatti e delle dipendenze a cui si riferiscono e degli orizzonti temporali in cui è probabile che si concretizzino;
-
le ipotesi fondamentali utilizzate per quantificare gli effetti finanziari attesi, nonché le fonti e il livello di incertezza di tali ipotesi.
In appendice al principio sono presentate alcune tabelle che possono essere utilizzate dall’impresa per rendicontare quanto richiesto in tema di impatto (ESRS E4, par. RA10) e obiettivi (ESRS E4, par. RA24).
21.5.7. ESRS E5 - Uso delle risorse ed economia circolare
21.5.7.ESRS E5 - Uso delle risorse ed economia circolareL’ESRS E5 precisa gli obblighi di informativa sul modo in cui l’impresa utilizza le risorse, se e come si occupa della prevenzione del loro esaurimento, su come si approvvigiona in modo sostenibile e se impiega risorse rinnovabili (ESRS E5, par. 1).
Le aziende di produzione impiegano risorse per realizzare i prodotti che offrono sul mercato. Fin dagli anni ‘50 del secolo scorso, il controllo di gestione studia strumenti di misurazione per valutare il livello di efficienza dei processi produttivi al fine di fornire alle imprese informazioni sui tempi di lavorazione, sul consumo delle risorse per unità di prodotto realizzata e sugli scarti e rifiuti di produzione. Queste misure dovrebbero supportare il management nel processo decisionale e, in particolare, a migliorare l’efficienza produttiva.
Se l’obiettivo alla base dell’attività di ogni impresa e la massimizzazione del profitto, questi strumenti di misurazione consentono di razionalizzare i costi di produzione ad esempio:
-
riducendo i tempi di produzione;
-
riducendo la quantità di risorse (materie prime e componenti) per unità di prodotto finito realizzato;
-
riducendo i rifiuti e gli scarti di produzione.
Tale approccio produce effetti positivi anche in termini di sostenibilità poiché, razionalizza l’impiego di risorse e minimizza scarti e rifiuti di produzione, e trova collocazione all’interno dei principi dell’economia circolare.
In particolare, per economia circolare si intende un sistema economico in cui il valore dei prodotti, dei materiali e delle altre risorse è mantenuto il più a lungo possibile, migliorandone l’uso efficiente nella produzione e nel consumo, così da diminuire l’impatto ambientale del loro uso, riducendo al minimo i rifiuti e il rilascio di sostanze pericolose in tutte le fasi del loro ciclo di vita, anche mediante l’applicazione della gerarchia dei rifiuti. L’obiettivo che si pone l’economia circolare è massimizzare e mantenere il valore delle risorse, dei prodotti e dei materiali tecnici e biologici creando un sistema che consenta la durabilità, l’uso o il riutilizzo ottimali, il ricondizionamento, la ri-fabbricazione, il riciclaggio e il ciclo dei nutrienti (ESRS E5, par. 3).
Le aziende che da tempo applicano i principi del controllo di gestione finalizzati all’efficienza si trovano pertanto (più o meno) aderenti agli assunti dell’economia circolare, rendendo pertanto più agevole la rendicontazione prevista dall’ESRS E5.
In applicazione di tale principio, nella relazione sulla gestione l’impresa deve descrivere l’impatto che la sua attività ha sull’impiego delle risorse con riferimento:
-
alla tipologia di risorse impiegate;
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all’introduzione di politiche di efficientamento nel loro utilizzo (soprattutto in merito a quelle non rinnovabili);
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alla sostituzione di risorse non rinnovabili con quelle rinnovabili;
-
all’introduzione di politiche di ri-impiego degli scarti di produzione e di gestione dei rifiuti (esempio cessione a chi li utilizza come materie prime);
-
all’uso di risorse secondarie ossia riciclate.
Le imprese che da tempo hanno introdotto politiche di gestione di cui ai precedenti punti da b) ad e), sono coerenti ai principi dell’economia circolare e, pertanto, compliance rispetto all’ESRS E5.
Per quelle, invece, che non hanno adottato tali politiche, si rende necessario pianificare azioni mirate a raggiungere tali obiettivi di cui si dovrà rendicontare nella relazione sulla gestione.
In particolare, l’ESRS E5 impone di comunicare gli obiettivi che le imprese si sono date in tema di economia circolare tra cui (ESRS E5, par. 24):
-
l’aumento della progettazione circolare dei prodotti (compresa, ad esempio, la progettazione per la durabilità, lo smantellamento, la riparabilità, la riciclabilità, ecc.);
-
l’aumento del tasso di utilizzo circolare dei materiali;
-
la riduzione al minimo delle materie prime primarie;
-
l’approvvigionamento e l’uso sostenibili (in linea con il principio dell’uso a cascata) delle risorse rinnovabili;
-
la gestione dei rifiuti, compresa la preparazione per un trattamento adeguato;
-
altre questioni relative all’uso delle risorse o all’economia circolare.
Altra informazione da specificare nella relazione sulla gestione riguarda i flussi di risorse in entrata e quelli in uscita.
Con i primi, si fa riferimento ai prodotti, agli imballaggi, alle materie prime, ai materiali e alle immobilizzazioni acquisite sul mercato (ESRS E5, par. 30). Se i flussi in entrata rappresentano una questione di sostenibilità rilevante, l’impresa deve poi comunicare le seguenti informazioni sui materiali utilizzati nel processo produttivo (in tonnellate o chilogrammi) (ESRS E5, par. 31):
-
il peso totale complessivo dei prodotti e dei materiali tecnici e biologici utilizzati durante il periodo di riferimento;
-
la percentuale di materiali biologici (e biocarburanti utilizzati a fini non energetici) usati dall’impresa per fabbricare prodotti e offrire servizi (compresi gli imballaggi) che provengono da una filiera sostenibile, con le informazioni sul sistema di certificazione utilizzato e sull’applicazione del principio dell’uso a cascata;
-
il peso, in valore assoluto e in percentuale, dei componenti secondari riutilizzati o riciclati e dei prodotti e dei materiali intermedi secondari utilizzati dall’impresa per i suoi prodotti e servizi (compresi gli imballaggi).
I flussi di risorse in uscita riguardano i prodotti che immette sul mercato e i rifiuti che genera il processo produttivo. L’obbligo informativo in tale ambito serve ad illustrare (ESRS E5, par. 34):
-
il modo in cui l’impresa contribuisce all’economia circolare i) progettando prodotti e materiali in linea con i principi dell’economia circolare e ii) aumentando o massimizzando la misura in cui i prodotti, i materiali e il trattamento dei rifiuti sono in pratica rimessi in circolo dopo il primo utilizzo;
-
la strategia di riduzione e gestione dei rifiuti dell’impresa e la misura in cui l’impresa è consapevole di come i propri rifiuti pre-consumo sono gestiti nell’ambito delle proprie attività.
Sui prodotti immessi sul mercato si deve indicare la loro durabilità rispetto alla media del settore, la loro riparabilità e il tasso di contenuto riciclabile, compreso l’imballaggio (ESRS E5, par. 36).
Anche per i rifiuti bisogna inserire informazioni di dettaglio in tonnellate o chilogrammi tra cui (ESRS E5, par. 37): la quantità totale di rifiuti prodotti, la quantità totale dei rifiuti non destinati allo smaltimento (distinguendo i rifiuti pericolosi da quelli non pericolosi), le politiche di recupero adottate (distinguendo tra recupero e riciclo), la quantità di rifiuti destinati allo smaltimento (distinguendo per tipologia di recupero) e la quantità di rifiuti non riciclati.
Tabella - Destinazione dei rifiuti
Informazione di sostenibilità | Valore | Unità di misura |
Rifiuti portati a smaltimento | ||
Rifiuti riciclati / riutilizzati | ||
Rifiuti totali | ||
Percentuale di rifiuti portati a smaltimento | ||
Percentuale di rifiuti riciclati |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Le politiche in tema di economia circolare producono effetti finanziari che devono essere descritti nella relazione sulla gestione. In particolare, va specificato in che modo le scelte in tema di efficientamento nell’utilizzo delle risorse e quelle relative alla gestione degli scarti e dei rifiuti impattano sui valori reddituali dell’impresa.
21.5.8. ESRS S1 - Forza lavoro propria
21.5.8.ESRS S1 - Forza lavoro propriaLa sostenibilità sociale rappresenta il secondo pilastro dei principi ESG introdotti dalla CSRD. In particolare, in tale ambito rientrano le azioni volte a mitigare gli impatti negativi che l’azione dell’impresa produce sugli stakeholders. Tra questi, la propria forza lavoro costituisce la prima categoria di interlocutori aziendali oggetto di rendicontazione per i principi di sostenibilità e, nello specifico, dall’ESRS S1.
La relazione sulla gestione deve infatti descrivere il modo in cui l’impresa incide sulla propria forza lavoro in termini di impatti rilevanti, positivi e negativi, effettivi e/o potenziali, e le azioni che ha adottato per mitigare quelli negativi e per affrontare i rischi che potrebbero derivare dall’attività aziendale (ESRS S1, par. 1).
Il principio impone all’impresa di descrivere come intende porre rimedio alle eventuali pratiche discriminatorie che possono sfavorire le donne nelle assunzioni e nelle promozioni, nonché tutte le pratiche virtuose che, al contrario, sono volte ad aumentare la rappresentanza delle donne nella forza lavoro e nei livelli dirigenziali (ESRS S1, par. 3). Le questioni inerenti il gender gap hanno da sempre rappresentato un principale aspetto della sostenibilità sociale e oggi trovano disciplina nel principio in commento.
La strategia aziendale deve essere definita tenendo conto degli interessi, delle opinioni e dei diritti dei lavoratori. A tal fine, l’impresa deve coinvolgere la propria forza lavoro attraverso procedure sistematiche d’ascolto volte a raccogliere le informazioni direttamente dai portatori d’interesse interessati (ESRS S1, par. 12).
Lo stakeholder engagement costituisce una parte fondamentale del processo di introduzione dei principi di responsabilità sociale d’impresa, poiché finalizzato a coinvolgere i differenti interlocutori sociali nell’individuazione dei punti di miglioramento in tema di sostenibilità. Anche tali processi di coinvolgimento devono essere descritti nella relazione sulla gestione al fine di illustrare in che modo la forza lavoro orienta le decisioni dell’impresa sulle politiche volte a gestire gli impatti rilevanti (soprattutto quelli negativi come, ad esempio, le carenze in tema di sicurezza sul lavoro). Ciò dovrebbe includere (ESRS S1, par. 27) se il coinvolgimento avviene direttamente o per il tramite dei rappresentanti dei lavoratori, le fasi in cui avviene il coinvolgimento, le funzioni aziendali (specificando il livello gerarchico interessato) che partecipano a tale attività, l’indicazione dell’eventuale esistenza di un accordo quadro globale o di altri accordi tra l’impresa e i rappresentanti dei lavoratori in relazione al rispetto dei diritti umani e una descrizione delle modalità con cui viene valutato tale coinvolgimento. Se tuttavia l’impresa non fosse in grado di descrivere quanto sopra, poiché non ha adottato (ancora) un tale processo, ne deve dare comunicazione nella relazione sulla gestione, indicando anche il termine entro il quale intende predisporre tale processo (ESRS S1, par. 29).
Entrando nello specifico del flusso informativo previsto dall’ESRS S1, l’impresa deve fornire (ESRS S1, par. 14):
-
una breve descrizione delle tipologie di lavoratori dipendenti e non dipendenti che sono soggetti a impatti rilevanti a seguito delle operazioni compiute dall’impresa, specificando se si tratta di dipendenti, lavoratori autonomi o lavoratori messi a disposizione da imprese terze che esercitano principalmente attività di ricerca, selezione e fornitura di personale;
-
in caso di impatti negativi rilevanti, se sono i) generalizzati o sistemici nei contesti in cui opera l’impresa (ad esempio, lavoro minorile o lavoro forzato o coatto in determinati paesi o regioni al di fuori dell’UE), oppure ii) connessi a singoli incidenti (ad esempio, incidenti industriali o una fuoriuscita di petrolio);
-
in caso di impatti positivi rilevanti, una breve descrizione delle attività che determinano tali impatti e delle tipologie di lavoratori dipendenti e non dipendenti che risentono o che potrebbero risentire di tali impatti positivi (l’impresa può indicare anche se gli impatti positivi si verificano in determinati paesi o regioni);
-
una descrizione degli eventuali rischi e opportunità rilevanti per l’impresa derivanti dagli impatti e dalle dipendenze in termini di forza lavoro propria;
-
una descrizione degli eventuali impatti rilevanti sulla forza lavoro propria che possono derivare da piani di transizione volti a ridurre gli impatti negativi sull’ambiente e a realizzare operazioni più verdi e climaticamente neutre (comprese le informazioni circa gli impatti causati dai piani e dalle azioni dell’impresa per ridurre le emissioni di carbonio, in linea con gli accordi internazionali). Gli impatti, i rischi e le opportunità comprendono le ristrutturazioni e la perdita di posti di lavoro, nonché le opportunità derivanti dalla creazione di posti di lavoro e dalla riqualificazione o dal miglioramento delle competenze;
-
le operazioni a grave rischio di lavoro forzato o coatto e di lavoro minorile con riferimento al tipo di operazione e al paese o all’area geografica in cui l’operazione è compiuta.
Tabella - Politiche in materia di diritti umani
Dimensione dei diritti umani | Sotto dimensioni | Sì/No | Descrizione |
Condizioni di lavoro | Salute e sicurezza Contrattazione collettiva e orario di lavoro Salari adeguati Equilibrio tra vita professionale e vita privata |
||
Parità di trattamento e di opportunità per tutti | Parità di genere e parità di retribuzione per un lavoro di pari valore Formazione e sviluppo delle competenze Occupazione e inclusione delle persone con disabilità Misure contro la violenza e le molestie sul luogo di lavoro Diversità |
||
Altri diritti connessi al lavoro |
Lavoro minorile Lavoro forzato |
||
Altro |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
Tabella - Gender gap nella retribuzione
Inquadramento professionale | Retribuzione media donne | Retribuzione media uomini | Divario retributivo medio uomo donna |
Dirigenti | |||
Quadri | |||
Impiegati | |||
Operai | |||
Valore medio |
Fonte: Il dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche
L’analisi che l’impresa deve implementare per raccogliere ed offrire le informazioni di cui ai punti precedenti è poi propedeutica per definire le strategie e le politiche operative necessarie per mitigare gli eventuali impatti negativi descritti. In particolare, ogni società dovrebbe adottare politiche specifiche volte ad eliminare la discriminazione, fenomeni di molestie e a promuovere le pari opportunità ed ogni altra soluzione a sostegno delle diversità e dell’inclusione (ESRS S1, par. 24).
Le azioni intraprese devono essere rivolte al raggiungimento di specifici obiettivi di mitigazione degli impatti e dei rischi rilevanti. A tal fine, l’impresa deve indicare le tempistiche entro le quali intende raggiungere tali obiettivi, rendicontando periodicamente sullo sviluppo delle azioni messe in campo anche per il tramite di indicatori specificamente costruiti.
L’ESRS S1 prevede infatti numerose metriche strumentali agli obblighi informativi che introduce. Nello specifico, ogni società deve illustrare la composizione per genere, tipologia di contratto e area geografica (per livello gerarchico e per età, ESRS S1, par. 66) della propria forza lavoro (ESRS S1, par. 50), la presenza di contratti collettivi e la percentuale dei dipendenti coperti da tali contratti (ESRS S1, par. 60) (Numero di dipendenti coperti da contratti collettivi/numero di dipendenti x 100). Nello specifico l’appendice all’ESRS S1 introduce specifiche tabelle e metriche che possono essere utilizzate come, ad esempio, le seguenti.
Tabella - Informazioni sul numero di dipendenti in base al genere
Genere | Numero di dipendenti |
Uomini | |
Donne | |
Altro | |
Non comunicato | |
Totale dipendenti |
Fonte: Appendice ESRS S1
Tabella - Informazioni sul numero di dipendenti per Paese
Paese | Numero di dipendenti |
Paese A | |
Paese B | |
… | |
Totale dipendenti |
Fonte: Appendice ESRS S1
A queste si aggiungono:
-
l’articolazione retributiva, soprattutto con riferimento al confronto tra dipendente uomo e donna e rispetto ai parametri applicabili per area geografica e contratto collettivo applicato;
-
l’esistenza di politiche sociali contro l’eventuale perdita di reddito dovuta a eventi importanti della vita e, se il paese in cui è localizzata l’unità operativa non lo prevede, se tali politiche sono introdotte su base volontaria dall’impresa in cui i dipendenti lavorano;
-
le politiche di inserimento relative alle persone con disabilità;
-
la descrizione dei percorsi di formazione e sviluppo delle competenze per tipologia di dipendente.
Tali misure devono essere illustrate in specifiche tabelle e anche attraverso lo sviluppo di indicatori che descrivono il trend temporale delle azioni di miglioramento adottate, come ad esempio le seguenti misure calcolate su anni differenti:
(media della retribuzione oraria lorda dei dipendenti di sesso maschile - media della retribuzione oraria lorda dei dipendenti di sesso femminile) / media della retribuzione oraria lorda dei dipendenti di sesso maschile. | x |
100 |
(remunerazione totale annua per la persona con il salario più elevato dell’impresa)
/ (remunerazione totale annua mediana. |
Di particolare importanza riguarda la misura in cui la forza lavoro è coperta dal sistema aziendale di gestione della salute e della sicurezza sul lavoro e su come questo abbia prodotto effetti positivi in termini di riduzione degli infortuni e delle malattie da lavoro (ESRS S1, par. 86); queste informazioni dovrebbero illustrare (ESRS S1, par. 88):
-
la percentuale di lavoratori propri coperti dal sistema di gestione della salute e della sicurezza dell’impresa in base a prescrizioni giuridiche e/o norme od orientamenti riconosciuti;
-
il numero di decessi dovuti a lesioni e malattie connesse al lavoro;
-
il numero e il tasso di infortuni sul lavoro registrabili;
-
per quanto riguarda i dipendenti dell’impresa, il numero di casi riguardanti malattie connesse al lavoro registrabili, salvo restrizioni giuridiche in materia di raccolta dei dati;
-
per quanto riguarda i dipendenti dell’impresa, il numero di giornate perdute a causa di lesioni e decessi sul lavoro dovuti a infortuni sul lavoro, malattie connesse al lavoro e decessi a seguito di malattie.
Infine, vanno descritte lo azioni che l’impresa ha eventualmente introdotto per favorire l’equilibrio tra la vita professionale e quella privata anche attraverso l’utilizzo di misure ed indicatori volti a rappresentare i miglioramenti ottenuti nel tempo.
21.5.9. ESRS S2 - Lavoratori nella catena del valore
21.5.9.ESRS S2 - Lavoratori nella catena del valoreLa specializzazione del lavoro che caratterizza le economie sviluppate ha come conseguenza una rilevante collaborazione tra le imprese più o meno formalizzata e più o meno integrata. La fornitura di beni e servizi assume, in tale contesto, un ruolo primario nei risultati delle imprese di produzione, spingendo queste ultime a rafforzare la relazione collaborativa con le prime.
Tale fenomeno porta anche ad una vera e propria integrazione ma, anche laddove ciò non avviene, l’attività economica delle imprese è sempre più interdipendente fino al punto che i processi delle società possono impattare sui lavoratori di altre imprese.
Questo assume conseguentemente importanza anche per la sostenibilità poiché l’attività lavorativa di ogni impresa influenza le condizioni di lavoro non solo (direttamente) della propria forza lavoro ma anche dei lavoratori delle società che, a vario titolo, collaborano con le prime.
La CSRD impone pertanto di illustrare anche tali informazioni e l’ESRS S2 ne approfondisce i dettagli informativi da inserire nella relazione sulla gestione.
In generale, le imprese tenute a presentare le informazioni sulla sostenibilità devono descrivere il modo in cui il loro operato incide sui lavoratori nella catena del valore in termini positivi e negativi (effettivi e potenziali) e le azioni adottate per porre rimedio/mitigare quelli negativi.
In particolare, occorre indicare nella relazione sulla gestione quali tipologie di lavoratori nella catena del valore potrebbero subire impatti rilevanti da parte dell’attività dell’impresa, anche attraverso i suoi prodotti o servizi e i suoi rapporti commerciali. Nello specifico, si indica se si tratta di (ESRS S2, par. 11):
-
lavoratori che esercitano la propria attività presso la sede dell’impresa ma che non fanno parte della forza lavoro propria, vale a dire che sono lavoratori autonomi o lavoratori forniti da imprese terze che esercitano principalmente attività di ricerca, selezione e fornitura di personale (disciplinati dall’ESRS S1);
-
lavoratori che lavorano per entità nella catena del valore a monte dell’impresa (ad esempio coloro che sono coinvolti nell’estrazione di metalli o minerali o nella raccolta di materie prime, nella raffinazione, nella fabbricazione o in altre forme di trasformazione);
-
lavoratori che lavorano per entità nella catena del valore a valle dell’impresa (ad esempio coloro che sono coinvolti nelle attività logistiche, o distributori, affiliati, rivenditori al dettaglio);
-
lavoratori che svolgono operazioni in una joint venture o in una società veicolo in cui è coinvolta l’impresa che comunica le informazioni;
-
lavoratori che (all’interno delle categorie precedenti o in altre) sono particolarmente vulnerabili agli impatti negativi, sia per loro caratteristiche intrinseche sia per il contesto particolare, come ad esempio sindacalisti, lavoratori migranti, lavoratori da casa, donne o giovani.
Lo stakeholder engagement rappresenta un importante attività anche con riferimento ai lavoratori nella catena del valore. L’impresa deve infatti indicare quali processi ha implementato e/o quali ha intenzione di implementare (indicando le tempistiche di realizzo) per il coinvolgimento di tali lavoratori e/o dei loro rappresentanti (ESRS S2, par. 20). In particolare, nella relazione sulla gestione occorre descrivere (ESRS S2, par. 22):
-
se sono coinvolti direttamente i lavoratori nella catena del valore o i loro rappresentanti legittimi, oppure delegati di fiducia che sono a conoscenza della loro situazione;
-
le fasi in cui avviene il coinvolgimento, il tipo di coinvolgimento e la relativa frequenza;
-
la funzione e il ruolo di livello più elevato all’interno dell’impresa cui spetta la responsabilità operativa di assicurare che tale coinvolgimento abbia luogo e che i risultati orientino l’approccio dell’impresa;
-
ove applicabile, l’esistenza di accordi quadro globali o di accordi tra l’impresa e le associazioni sindacali mondiali in relazione al rispetto dei diritti umani dei lavoratori nella catena del valore, compreso il loro diritto alla contrattazione collettiva, e una spiegazione del modo in cui l’accordo consente all’impresa di comprendere meglio il punto di vista di tali lavoratori;
-
ove applicabile, il modo in cui l’impresa valuta l’efficacia del coinvolgimento dei lavoratori nella catena del valore, compresi, se del caso, eventuali accordi o risultati che ne conseguono.
La descrizione degli impatti negativi, generalizzati o occasionali, rappresenta il presupposto per individuale la strategia per porvi rimedio e le politiche/azioni operative che l’impresa sta o intende mettere in campo. Il par. 27 dell’ESRS S2 individua nei seguenti punti gli aspetti che ogni società deve approfondire nel descrivere le azioni rilevanti:
-
l’approccio generale e i processi per porre o contribuire a porre rimedio, laddove abbia causato o contribuito a un impatto negativo rilevante per i lavoratori nella catena del valore, ivi compreso se e come valuta l’efficacia del rimedio;
-
eventuali canali specifici che ha predisposto affinché i lavoratori nella catena del valore possano comunicare le proprie preoccupazioni o esigenze direttamente all’impresa e ricevere assistenza in merito; specifica, inoltre, se tali canali sono messi a disposizione dall’impresa stessa e/o se sono meccanismi di terzi;
-
i processi attraverso i quali l’impresa sostiene o richiede la disponibilità di tali canali nel luogo di lavoro dei lavoratori nella catena del valore;
-
le proprie modalità di controllo e monitoraggio delle problematiche sollevate e affrontate nonché la verifica dell’efficacia dei canali, anche coinvolgendo i portatori di interessi, che sono gli utilizzatori previsti.
Le azioni adottate possono variare a seconda che l’impresa causi o contribuisca a causare un impatto rilevante oppure che l’impatto rilevante sia direttamente connesso ad operazioni, prodotti o servizi nell’ambito di relazioni commerciali e, pertanto, sia mediato da terze parti (ESRS S2, par. RA29).
Dal momento che gli impatti negativi potrebbero essere collegati anche a entità o operazioni al di fuori del suo controllo diretto, l’impresa deve indicare se e in che modo cerca di sfruttare il proprio effetto leva nei rapporti commerciali pertinenti per gestire tali impatti. In particolare, la società potrebbe far leva sugli aspetti commerciali (come l’applicazione degli obblighi contrattuali nei rapporti commerciali o l’applicazione di incentivi), o far valer altre considerazioni nei suoi rapporti (come l’offerta di formazione o lo sviluppo di capacità sui diritti dei lavoratori presso entità con cui ha rapporti commerciali) o la collaborazione tra pari o con altri attori (come iniziative volte ad assicurare l’assunzione responsabile o un salario adeguato ai lavoratori) (ESRS S2, par. RA30).
Al fine di dare completa operatività alle politiche introdotte, l’impresa deve illustrare le metriche volte a misurare i risultati periodicamente ottenuti. Posto che ogni azione potrebbe svilupparsi nel breve, nel medio o nel lungo periodo, il costante monitoraggio è un presupposto fondamentale affinché le politiche di sostenibilità producano effettivamente gli effetti sperati. L’introduzione di indicatori di performance di sostenibilità supporta tale obiettivo e la loro descrizione nella relazione sulla gestione, oltre ad essere previsto nell’appendice dell’ESRS S2, supporta il processo comunicativo dell’impresa e aiuta il lettore a valutare i risultati di miglioramento costantemente realizzati.
La comunicazione sull’efficacia delle azioni adottate è volta a consentire la comprensione dei legami esistenti tra le azioni dell’impresa e la gestione efficace degli impatti. Ad esempio, per dimostrare l’efficacia delle azioni tese a migliorare le condizioni di lavoro presso i fornitori, l’impresa potrebbe indicare i riscontri provenienti dai sondaggi rivolti ai lavoratori dei fornitori, da cui emerge che le condizioni di lavoro sono migliorate da quando l’impresa ha iniziato a lavorare con tali fornitori. I dati che mostrano una diminuzione del numero di incidenti individuati, ad esempio, mediante controlli indipendenti, figurano tra le ulteriori informazioni che l’impresa potrebbe fornire (ESRS S2, par. 35).
21.5.10. ESRS S3 - Comunità interessate
21.5.10.ESRS S3 - Comunità interessateNel comunicare la sostenibilità sociale, una parte importante dell’informativa deve riguardare gli impatti e i rischi rilevanti che le attività sviluppate hanno o possono avere verso gli stakeholder indiretti, identificati dall’ERSR S3 come le comunità interessate. Gli abitanti dei luoghi in cui sono localizzate le unità operative delle imprese, le scuole di ogni grado, le comunità scientifiche e le varie istituzioni possono essere, in vari modi, interessate dall’operato delle imprese. Gli odori o i fumi emessi da un processo produttivo, ad esempio, impattano e possono influenzare le condizioni di vita dei cittadini residenti in zone limitrofe; in questa circostanza emerge la necessità, in una logica di sostenibilità verso le comunità interessate, di adottare politiche di mitigazione di tali emanazioni al fine di migliorare le condizioni di tali cittadini.
La rendicontazione da inserire nella relazione sulla gestione con riferimento a tale tematica si esplica prima di tutto attraverso l’identificazione di cosa si debba intendere per comunità interessate. In particolare, l’impresa deve descrivere i tipi di comunità soggette a impatti rilevanti specificando se si tratta di (ESRS S3, par. 9):
-
comunità che vivono o lavorano nei pressi di siti operativi, fabbriche, impianti o altri impianti in cui l’impresa opera fisicamente, o comunità più remote che sono interessate dalle attività presso tali siti (ad esempio a causa dell’inquinamento idrico a valle);
-
comunità lungo la catena del valore dell’impresa (ad esempio quelle interessate dalle operazioni degli impianti dei fornitori o dalle attività dei fornitori di servizi logistici o di distribuzione);
-
comunità presenti in uno o entrambi i punti finali della catena del valore (ad esempio al punto dell’estrazione dei metalli o dei minerali o della raccolta delle materie prime, oppure comunità nei pressi di discariche o siti di riciclaggio);
-
comunità di popoli indigeni.
Tale elenco va poi correlato con gli impatti positivi e negativi che l’attività di impresa produce (o produrrà) su ogni singola comunità attraverso una loro descrizione e, per quelli negativi e rilevanti indicando se sono generalizzati/sistemici, se sono connessi a singoli incidenti (come ad esempio ad uno spargimento di rifiuti tossici che si ripercuote sull’accesso di una comunità all’acqua potabile per un periodo di tempo) o se dipendono da rapporti commerciali specifici (come, ad esempio, una protesta pacifica delle comunità contro le operazioni commerciali che è stata sedata con una risposta “violenta” dei servizi di sicurezza dell’impresa) (ESRS S3, par. 9 punti a) e b).
In caso di impatti positivi rilevanti, le imprese devono inoltre inserire nella relazione sulla gestione una breve descrizione delle attività che li determinano (come, ad esempio, lo sviluppo di capacità a sostegno di più numerose e nuove forme di sussistenza locali) e delle tipologie di comunità che sono o potrebbero essere soggette a tali impatti positivi (ESRS S3, par. 9 punto c).
Coerentemente a quanto avviene anche per gli altri stakeholder (forza lavoro propria, ESRS S1, e lungo la catena del valore, ESRS S2), l’impresa deve implementare processi di coinvolgimento delle comunità che sono o possono essere interessate dalle sue attività (ESRS S3, par. 19). Anche in questo caso, lo stakeholder engagement può riguardare direttamente le persone o loro rappresentanti e deve essere finalizzato a comprendere il loro punto di vista circa l’attività dell’impresa e, nello specifico, sugli impatti positivi/negativi ed effettivi/potenziali che li riguardano. Nella relazione sulla gestione l’impresa descrive lo stakeholder engagement indicando (ESRS S3, par. 21):
-
se è previsto il coinvolgimento diretto delle comunità interessate o dei loro rappresentanti legittimi, oppure di delegati di fiducia che sono a conoscenza della loro situazione;
-
le fasi in cui avviene il coinvolgimento, il tipo di coinvolgimento e la relativa frequenza;
-
la funzione e il ruolo del livello più elevato all’interno dell’impresa cui spetta la responsabilità operativa di assicurare che tale coinvolgimento abbia luogo e che i risultati orientino l’approccio dell’impresa;
-
ove applicabile, il modo in cui l’impresa valuta l’efficacia del coinvolgimento delle comunità interessate, compresi, se del caso, eventuali accordi o risultati che ne conseguono.
Qualora le comunità interessate siano popoli indigeni, l’impresa deve descrivere in che modo tiene conto e assicura il rispetto dei loro diritti tra cui, in particolare, il diritto al consenso libero, previo e informato in merito: i) alla loro proprietà culturale, intellettuale, religiosa e spirituale; ii) alle attività che interessano le loro terre e territori; e iii) alle misure legislative o amministrative che le interessano in prima persona (ESRS S3, par. 23).
Se tale processo non fosse attivato, l’impresa ne deve dare comunicazione nella relazione sulla gestione specificandone anche il termine entro il quale intende predisporre tale processo (ESRS S3, par. 24).
L’analisi degli impatti e lo stakeholder engagement sono strumentali per definire la strategia che l’impresa vuole implementare per mitigare quelli negativi, le conseguenti attività operative e i canali che vengono messi a disposizione delle comunità interessate per esprimere eventuali preoccupazioni e ricevere assistenza (ESRS S3, par. 25).
In particolare, nella relazione sulla gestione ogni impresa deve descrivere (ESRS S3, par. 27):
-
l’approccio generale e i processi per porre o contribuire a porre rimedio, laddove abbia riscontrato di aver causato o contribuito a un impatto negativo rilevante per le comunità interessate, ivi compreso se e come valuta l’efficacia del rimedio;
-
eventuali canali specifici che ha predisposto affinché le comunità interessate possano esprimere le proprie preoccupazioni o esigenze direttamente all’impresa e ricevere assistenza in merito (specifica, inoltre, se tali canali sono messi a disposizione dall’impresa stessa e/o attraverso la partecipazione a meccanismi di terzi);
-
i processi attraverso i quali l’impresa sostiene la disponibilità di tali canali via i propri rapporti commerciali;
-
il modo in cui controlla e monitora le problematiche sollevate e affrontate e come assicura l’efficacia dei canali, anche attraverso il coinvolgimento dei portatori di interessi, che sono gli utilizzatori previsti di detti canali.
Sul piano operativo devono essere illustrate le azioni intraprese, programmate o in corso per prevenire o mitigare gli impatti negativi rilevanti, se e come è intervenuta per porre rimedio o consentire di porre rimedio in relazione a un impatto rilevane, eventuali azioni o iniziative supplementari che l’impresa ha predisposto con l’obiettivo di realizzare impatti positivi sulle comunità interessate e come monitorizza e valuta l’efficacia di tali azioni/iniziative (ESRS S3, par. 32).
Definiti e descritti gli obiettivi che si vogliono raggiungere con tali processi ed azioni (anche in tale caso tali obiettivi possono essere di breve, medio e/o lungo periodo) si devono introdurre indicatori necessari per misurare periodicamente i risultati raggiunti di cui occorre darne conto nella relazione sulla gestione (ESRS S3, parr. 39-42).
21.5.11. ESRS S4 - Consumatori e utilizzatori finali
21.5.11.ESRS S4 - Consumatori e utilizzatori finaliL’ultima dimensione di analisi in tema di sostenibilità sociale riguarda la descrizione degli impatti positivi e negativi sui consumatori e sugli utilizzatori finali. Lo schema del principio ESRS S4 è uguale ai precedenti tre poiché si richiede:
-
la descrizione di come le caratteristiche e le funzionalità dei prodotti/servizi offerti sul mercato e, eventualmente, della strategia commerciale impatta (negativamente e positivamente) su tali stakeholder;
-
l’illustrazione delle strategie che l’impresa vuole implementare o ha già attivato per mitigare gli effetti negativi;
-
la descrizione delle azioni operative messe in campo (in funzione della strategia definita) per realizzare gli obiettivi di miglioramento che si vogliono raggiungere;
-
la definizione di metriche volte a misurare i risultati che si ottengono periodicamente.
Alle informazioni elencate si aggiunge l’individuazione delle comunità di stakeholder interessate da tale analisi. In particolare, ogni impresa deve inserire nella relazione sulla gestione una breve descrizione delle tipologie di consumatori e utilizzatori finali soggetti agli impatti rilevanti emersi direttamente dalle proprie operazioni o indirettamente lungo la catena del valore, specificando se si tratta di (ESRS S4, par. 10):
-
consumatori e/o utilizzatori finali di prodotti che sono intrinsecamente dannosi per le persone e/o aumentano i rischi di malattie croniche;
-
consumatori e/o utilizzatori finali di servizi che potrebbero avere un impatto negativo sui loro diritti alla riservatezza, sulla protezione dei dati personali, sulla libertà di espressione e di non discriminazione;
-
consumatori e/o utilizzatori finali che necessitano di informazioni esatte e accessibili su prodotti o servizi, quali manuali ed etichette dei prodotti, per evitare l’uso potenzialmente dannoso di un prodotto o di un servizio;
-
consumatori e/o utilizzatori finali particolarmente vulnerabili agli impatti sulla salute o sulla riservatezza o agli impatti delle strategie commerciali e di vendita, come i bambini o le persone vulnerabili a livello finanziario.
Definiti i soggetti vanno illustrati i processi di coinvolgimento (stakeholder engagement) dei consumatori e degli utilizzatori finali o dei loro rappresentanti (ESRS S4, par. 20), indicando le fasi con cui avviene tale coinvolgimento, il tipo di coinvolgimento e la frequenza. Se, tuttavia, l’impresa non ha adottato un processo generale per coinvolgere i consumatori/utilizzatori finali, ne deve dare comunicazione nella relazione sulla gestione specificando, soprattutto, il termine entro il quale intende predisporre tale processo (ESRS S4, par. 22).
La descrizione degli impatti negativi deve costituire la parte più analitica dell’informativa da cui deve emergere se questi sono generalizzati o sistemici, se sono connessi a singoli incidenti (come, ad esempio, un difetto connesso a un determinato prodotto) o dipendono da rapporti commerciali specifici (come ad esempio un partner commerciale che ricorre a strategie commerciali orientate indebitamente ai giovani consumatori) (ESRS S4, par. 10, lett. b).
Nella relazione sulla gestione occorre dare anche una breve descrizione degli impatti positivi prodotti dall’impresa e della tipologia di consumatori o utilizzatori finali interessati (ESRS S4, par. 10, lett. c).
L’impresa descrive i processi che ha predisposto per porre rimedio o cooperare nel porre rimedio agli impatti negativi sui consumatori e sugli utilizzatori finali, nonché i canali a disposizione dei consumatori e degli utilizzatori finali per esprimere preoccupazioni e ricevere assistenza in merito (ESRS S4, par. 23).
Il presente obbligo di informativa serve a illustrare i mezzi ufficiali con i quali i consumatori/gli utilizzatori finali possono render note le proprie preoccupazioni ed esigenze e/o attraverso i quali l’impresa mette a disposizione tali canali, in che modo è dato riscontro ai consumatori/agli utilizzatori finali in merito alle problematiche sollevate, e l’efficacia di tali canali (ESRS S4, par. 24). In particolare, occorre descrivere (ESRS S4, par. 25):
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l’approccio generale e i processi per porre rimedio, o contribuire a porre rimedio, laddove abbia riscontrato di aver causato o contribuito a causare un impatto negativo rilevante sui consumatori e/o sugli utilizzatori finali, e le modalità per valutare l’efficacia del rimedio;
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eventuali canali specifici che ha predisposto affinché i consumatori e/o gli utilizzatori finali possano comunicare le proprie preoccupazioni o esigenze direttamente all’impresa e ricevere assistenza in merito; specifica, inoltre, se tali canali sono messi a disposizione dall’impresa stessa e/o attraverso la partecipazione a meccanismi di terzi;
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i processi attraverso i quali l’impresa sostiene o richiede la disponibilità di tali canali via i propri rapporti commerciali;
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le proprie modalità di controllo e monitoraggio delle problematiche sollevate e affrontate nonché la verifica dell’efficacia dei canali, anche coinvolgendo i portatori di interessi, che sono gli utilizzatori previsti.
Altra informativa da inserire nella relazione sulla gestione riguarda la descrizione delle azioni adottate, programmate o in corso per prevenire, mitigare o porre rimedio agli impatti negativi rilevanti, le azioni supplementari che ha predisposto per migliorare i risultati già ottenuti e gli strumenti di monitoraggio circa l’efficacia di tali azioni (ESRS S4, par. 31).
Al fine di massimizzare il risultato atteso dalle azioni adottate, ogni impresa deve definire degli obiettivi in tema di mitigazione degli impatti negativi e di miglioramento di quelli positivi. In pratica, il processo in tema di sostenibilità sociale sui consumatori/utilizzatori finali si articola, in termini sequenziali, nelle seguenti fasi:
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stakeholder engagement dei consumatori/utilizzatori finali al fine di valutare le loro aspettative e problematiche individuate;
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individuazione degli impatti negativi e di quelli positivi derivanti dall’operato dell’impresa e lungo la catena del valore;
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definizione degli obiettivi di mitigazione degli impatti negativi e di miglioramento di quelli positivi;
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individuazione delle azioni operative da adottare per il raggiungimento dei suddetti obiettivi;
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introduzione di metriche per la misurazione dei risultati attesi e per il monitoraggio dell’evoluzione delle procedure/azioni adottate.
21.5.12. ESRS G1 - Condotta delle imprese
21.5.12.ESRS G1 - Condotta delle impreseL’ESRS G1 precisa gli obblighi informativi che consentono ai fruitori delle dichiarazioni sulla sostenibilità dell’impresa di comprendere la strategia e l’approccio, i processi e le procedure dell’impresa, nonché le sue prestazioni in materia di condotta (ESRS G1, par. 1) sostenibile. In particolare, le questioni rilevanti che devono essere affrontate nella relazione sulla gestione riguardano (ESRS G1, par. 2):
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l’etica aziendale e la cultura d’impresa, compresi la lotta alla corruzione attiva e passiva, la protezione degli informatori e il benessere degli animali;
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la gestione dei rapporti con i fornitori, comprese le prassi di pagamento, in particolare per quanto riguarda i ritardi di pagamento alle piccole e medie imprese;
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le attività e gli impegni dell’impresa relativi all’esercizio della sua influenza politica, comprese le sue attività di lobbying.
Gli obbiettivi di sostenibilità posti dalla CSRD e dagli ESRS non possono essere realizzati semplicemente implementando i processi descritti nei vari principi ma necessitano di un presupposto fondamentale rappresentato da una specifica cultura d’impresa rivolta alla sostenibilità che deve pervadere l’intera struttura.
Il principio in oggetto impone pertanto di descrivere nella relazione sulla gestione come l’impresa stabilisce, sviluppa, promuove e valuta la propria cultura rivolta alla sostenibilità (ESRS G1, par. 9), in primis descrivendo come l’organo di amministrazione, direzione e controllo integra le questioni di sostenibilità nel proprio processo decisionale.
Ogni impresa, inoltre, dovrebbe introdurre un codice etico in cui sono specificati i principi a cui si uniforma nella propria gestione anche in tema di sostenibilità e lotta alla corruzione; tale documento non può essere oggetto di descrizione nella relazione sulla gestione (per motivi di ampiezza del documento), ma questa lo deve richiamare e ne deve descrivere i principi fondanti.
In tema di cultura d’impresa, la relazione sulla gestione deve specificare (ESRS G1, par. 10):
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i meccanismi per individuare e segnalare preoccupazioni riguardanti comportamenti illeciti o in contrasto con il proprio codice di condotta o con regolamenti interni analoghi e per condurre indagini al riguardo;
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qualora non disponga di politiche in materia di lotta alla corruzione attiva o passiva coerenti con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, l’impresa dichiara tale fatto e precisa se ha intenzione di attuarle e con quali tempistiche;
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rende note le modalità con cui protegge gli informatori, specificando se sussistono canali interni di segnalazione degli informatori (compresa l’eventuale diffusione, da parte dell’impresa, di informazioni e formazione ai propri lavoratori, nonché informazioni sulla designazione e sulla formazione del personale che riceve le segnalazioni), e misure volte a proteggere dalle ritorsioni i propri lavoratori che sono informatori in conformità della normativa applicabile che recepisce la Direttiva UE n. 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio;
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qualora non disponga di politiche in materia di protezione degli informatori, l’impresa dichiara tale fatto e precisa se ha intenzione di attuarle e con quali tempistiche;
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oltre alle procedure per dare seguito alle segnalazioni degli informatori in conformità della normativa applicabile che recepisce la Direttiva UE n. 2019/1937, l’impresa indica se ha predisposto procedure per indagare in modo celere, indipendente e obiettivo su incidenti riguardanti la condotta dell’impresa, compresi casi di corruzione attiva e passiva;
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ove applicabile, precisa se ha predisposto politiche in materia di benessere degli animali;
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comunica la politica di formazione sulla condotta delle imprese all’interno dell’organizzazione, specificando i destinatari, la frequenza e il livello di approfondimento;
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rende note le funzioni all’interno dell’impresa che sono maggiormente a rischio di corruzione attiva e passiva.
Occorre inoltre fornire informazioni sulla gestione dei rapporti con i fornitori e i relativi impatti sulla catena di approvvigionamento (ESRS G1, par. 12), al fine di evidenziare l’assenza di pratiche discriminatorie che potrebbero essere attuate soprattutto con riferimento a politiche di pagamento eccessivamente lunghe rispetto alle esigenze di liquidità dei fornitori. In tale ambito, è necessario descrivere le politiche di pagamento attuate, specificando se sussistono ritardi soprattutto verso le piccole e medie imprese fornitrici e motivandone la causa (ESRS G1, 31).
Con riferimento alle politiche di pagamento, la relazione sulla gestione deve indicare (ESRS G1, par. 33):
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il tempo medio impiegato dall’impresa per pagare una fattura dalla data in cui inizia a essere calcolato il termine di pagamento contrattuale o legale, espresso in numero di giorni;
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una descrizione dei termini standard di pagamento dell’impresa in numero di giorni per categoria principale di fornitori e la percentuale di pagamenti che rispetta tali termini standard;
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il numero di procedimenti giudiziari attualmente pendenti dovuti a ritardi di pagamento;
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informazioni complementari necessarie per fornire un contesto sufficiente. Se ha utilizzato un campionamento rappresentativo per calcolare i dati di cui alla lettera a), l’impresa lo dichiara e descrive brevemente la metodologia utilizzata.
Altro aspetto importante riguarda la descrizione del sistema per prevenire e individuare asserzioni o episodi di corruzione attiva e passiva (ESRS G1, par. 16) e, qualora ciò non sussistesse, l’indicazione delle tempistiche e dei programmi per introdurlo (ESRS G1, par. 19). In tale ambito rientra anche l’obbligo di informativa volta a garantire la trasparenza sui casi di corruzione (ESRS G1, par. 23). In particolare, le imprese devono rendere noto (ESRS G1, parr. 24 e 25):
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il numero di condanne e l’importo delle ammende inflitte per violazioni di legge contro la corruzione attiva e passiva;
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eventuali azioni intraprese contro le violazioni delle procedure e delle norme di lotta alla corruzione attiva e passiva;
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il numero totale e la natura dei casi accertati di corruzione attiva e passiva;
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il numero di casi accertati in cui lavoratori propri sono stati licenziati o sanzionati per episodi di corruzione attiva o passiva;
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il numero di casi accertati relativi a contratti con partner commerciali che sono stati risolti o non rinnovati a causa di violazioni connesse alla corruzione attiva o passiva;
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informazioni dettagliate sui procedimenti giudiziari pubblici in materia di corruzione attiva o passiva intentati nei confronti dell’impresa e dei lavoratori propri durante il periodo di riferimento e sugli esiti di tali procedimenti. Sono compresi i procedimenti avviati negli anni precedenti, il cui esito è stato deciso solo nel periodo di riferimento attuale.
L’attività di lobbying e l’influenza politica esercitata rappresentano le ultime informazioni che rientrano nell’ambito dell’ESRS G1. Nello specifico occorre descrivere i temi su cui vertono le attività di lobbying, l’importo degli eventuali contributi finanziari e in natura forniti direttamente o indirettamente dall’impresa e se questa è iscritta nel registro UE per la trasparenza (ESRS G1, par. 29).