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Massimario delle operazioni societarie e degli enti non profit

O – SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE

O.1 - Scioglimento e liquidazione

O.1.1 - Scioglimento e liquidazione (in generale e miscellanea)

1. Aumento di capitale di società in liquidazione

2. Chiusura del fallimento per insufficienza dell’attivo

3. Comportamento degli amministratori al verificarsi di una causa di scioglimento

4. Comportamento degli amministratori dopo la delibera di scioglimento

5. Criteri di redazione del bilancio

6. Decisione di scioglimento di s.p.a.

7. Decisione di scioglimento di s.p.a.: quorum

8. Decisione di scioglimento di s.r.l.

9. Decisione di scioglimento in presenza di una causa legale di scioglimento

10. Denominazione della società in liquidazione

11. Esclusione del socio durante la liquidazione

12. Istituzione di un trust in funzione liquidatoria

13. Modifiche statutarie

14. Natura giuridica

15. Pegno sulle partecipazioni al capitale sociale

16. Riduzione del capitale sociale

17. Scioglimento di società in concordato

18. Sede della liquidazione

19. Sede della società: trasferimento

20. Sopravvenienze attive

21. Sopravvenienze passive

22. Trasformazione di s.p.a. fallita in s.r.l. senza ricapitalizzazione

23. Trasformazione eterogenea

24. Trasformazione in società di capitali unipersonale

25. Trasformazione omogenea di società in liquidazione

26. Usufrutto sulle partecipazioni al capitale sociale

1. Aumento di capitale di società in liquidazione

Durante la fase di liquidazione, l’assemblea conserva la pienezza dei propri poteri, ma le deliberazioni che essa assume non possono essere incoerenti con lo scopo liquidatorio; è pertanto legittima la delibera di aumento del capitale sociale assunta durante la fase di liquidazione finalizzata alla liquidazione della società (ad esempio, al fine di procurare risorse per soddisfare i debiti della società) (1).

2. Chiusura del fallimento per insufficienza dell’attivo

Integra una causa di scioglimento della società (e non l’automatica estinzione della stessa) la chiusura della procedura di fallimento per insufficienza dell’attivo; in tal caso, dopo che tutto il patrimonio sociale sia stato liquidato, il curatore fallimentare deve procedere alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese (2).

3. Comportamento degli amministratori al verificarsi di una causa di scioglimento

Al verificarsi di una causa di scioglimento, gli amministratori mantengono il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale (ai sensi dell’art. 2486 c.c.); qualora essi compiano nuove operazioni, non coerenti con lo scopo liquidatorio, essi possono esserne chiamati a risponderne qualora da esse derivi un danno per i creditori (3).

4. Comportamento degli amministratori dopo la delibera di scioglimento

Una volta deliberata la messa in liquidazione della società, gli amministratori hanno l’obbligo di adeguare il proprio comportamento, anche prima dell’iscrizione della deliberazione di scioglimento nel Registro delle Imprese (4).

5. Criteri di redazione del bilancio

Qualora la società sia stata messa in liquidazione, è illegittimo il bilancio redatto secondo i criteri ordinari, dettati dagli artt. 2423 ss. c.c., in una prospettiva di continuità aziendale (pertanto, è nulla la consequenziale deliberazione di approvazione di un bilancio così redatto) (5).

6. Decisione di scioglimento di s.p.a.

La competenza a deliberare lo scioglimento di s.p.a. (e s.a.p.a., ex art. 2484 n. 6 c.c.) spetta all’assemblea straordinaria (6).

7. Decisione di scioglimento di s.p.a.: quorum

Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l’assemblea di seconda convocazione che si svolge per deliberare lo scioglimento anticipato della società:

  • è validamente costituita con la presenza di oltre un terzo del capitale sociale;

  • delibera con il voto favorevole delle azioni che rappresentino:

    • più del terzo del capitale sociale; e:

    • almeno i due terzi del capitale intervenuto in assemblea (in mancanza, quest’ultimo presupposto si ritiene comunque verificato qualora vi sia il voto favorevole delle azioni rappresentanti più del 50 per cento del capitale sociale o della maggior percentuale di voti favorevoli che lo statuto prescriva per le assemblee straordinarie di prima convocazione) (7).

8. Decisione di scioglimento di s.r.l.

La deliberazione di scioglimento della s.r.l., di cui all’art. 2484 n. 6 c.c., deve essere adottata nel rispetto delle disposizioni dettate per le modificazioni dell’atto costitutivo (8) sicché non è ammessa la procedura di decisione mediante consultazione scritta (9).

9. Decisione di scioglimento in presenza di una causa legale di scioglimento

Nelle more dell’iscrizione della dichiarazione accertante una causa legale di scioglimento (art. 2484, comma 1, nn. 1, 2, 3, 4 e 5, c.c.), l’assemblea può comunque deliberare lo scioglimento della società (ai sensi del n. 6 dell’art. 2484, comma 1, c.c.) anche accertando la verificazione di un’altra causa legale di scioglimento (10).

10. Denominazione della società in liquidazione

L’indicazione “società in liquidazione” va solo aggiunta, ex art. 2487-bis, comma 2, c.c., alla denominazione sociale (e non inserita in essa); pertanto, non si deve far luogo ad alcuna modifica dello statuto (11).

11. Esclusione del socio durante la liquidazione

È possibile (e legittima) l’esclusione del socio durante la fase di liquidazione (12).

12. Istituzione di un trust in funzione liquidatoria

Il trust liquidatorio appare legittimo a condizione che, al momento della sua istituzione, la società non si trovi in stato di insolvenza e che il trust cessi qualora la società sia in seguito sottoposta a procedura concorsuale (13).

13. Modifiche statutarie

Al fine di apportare modifiche statutarie a una società sciolta per decorso del termine di durata, non è necessaria la preventiva revoca dello stato di liquidazione (14).

14. Natura giuridica

Alla messa in liquidazione della società non consegue alcun fenomeno estintivo-costitutivo, ma solo una modifica dell’oggetto sociale della società (nel senso che la società non persegue più il suo obiettivo imprenditoriale, ma solo lo scopo di liquidare il suo patrimonio, al fine di adempiere i suoi debiti e di ripartire tra i soci ciò che residua dalla liquidazione) (15): pertanto i rapporti in essere nell’ambito della società e tra la società e i terzi continuano senza soluzione di continuità (16).

15. Pegno sulle partecipazioni al capitale sociale

In caso di assegnazione di beni ai soci in sede di liquidazione della società le cui azioni siano gravate da pegno, oggetto del pegno diviene la porzione di patrimonio attribuita al socio (sempre che si tratti di beni suscettibili di essere sottoposti a pegno) (17).

16. Riduzione del capitale sociale

Qualora la società si trovi in stato di liquidazione non opera la disciplina del capitale sociale (18), pertanto una s.r.l. in liquidazione può legittimamente deliberare una riduzione del capitale per perdite, anche se parziale rispetto alle perdite accertate (19); in tal caso, la deliberazione di riduzione del capitale sociale per perdite, anche se parziale rispetto alle perdite accertate, non è soggetta alla disciplina dettata per la “ordinaria” deliberazione di riduzione del capitale sociale per perdite dagli artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c. (20).

17. Scioglimento di società in concordato

Occorre l’autorizzazione del Tribunale per mettere in liquidazione una società che ha presentato ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo (21).

18. Sede della liquidazione

È illegittima la deliberazione assembleare che stabilisce la “sede della liquidazione” in un luogo diverso da quello dove è sita la sede legale (22).

19. Sede della società: trasferimento

È legittima la deliberazione di trasferimento della sede sociale durante la fase di liquidazione (23).

20. Sopravvenienze attive

Le sopravvenienze attive della società cancellata dal Registro delle Imprese divengono oggetto di comunione ordinaria tra gli ex soci (24).

21. Sopravvenienze passive

Le sopravvenienze passive della società cancellata dal Registro delle Imprese gravano, in primo luogo, sugli ex soci, però nei limiti di quanto ottenuto da ciascuno di essi nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione (25); qualora il creditore resti insoddisfatto, egli ha azione - ove ne ricorrano i presupposti - verso i liquidatori (26).

22. Trasformazione di s.p.a. fallita in s.r.l. senza ricapitalizzazione

È legittima la deliberazione di trasformazione in s.r.l. di una s.p.a. fallita (e posta in liquidazione) senza che le perdite siano ripianate e senza che la società sia ricapitalizzata (27) (con la precisazione che la dichiarazione di fallimento non determina di per sé lo scioglimento della società) (28).

23. Trasformazione eterogenea

La trasformazione eterogenea di società in liquidazione è legittima e da essa può originare sia una società o un ente non in liquidazione sia una società o un ente in liquidazione (29).

24. Trasformazione in società di capitali unipersonale

È legittima (e importa una implicita revoca dello stato di liquidazione) la trasformazione in una s.r.l. o in una s.p.a. unipersonale di una società di persone che per oltre sei mesi sia rimasta priva della pluralità dei soci (30).

25. Trasformazione omogenea di società in liquidazione

La trasformazione omogenea (da società lucrativa ad altra società lucrativa) di società in liquidazione è legittima e può originare sia una società in liquidazione sia una società non in liquidazione (31).

26. Usufrutto sulle partecipazioni al capitale sociale

Allorché vi siano azioni concesse in usufrutto, è consentito far luogo alla restituzione del capitale al nudo proprietario e alla corresponsione dei frutti a favore dell’usufruttuario (32).

O.1.2 - Cause di scioglimento

1. Accertamento dell’organo amministrativo: inerzia

2. Accertamento dell’organo amministrativo: sindacato del Registro Imprese

3. Cause statutarie (art. 2484 n. 7)

4. Cause statutarie (art. 2484 n. 7): decorrenza

5. Cause statutarie (art. 2484 n. 7): requisiti

6. Cause statutarie oggettive (art. 2484 n. 7)

7. Chiusura della procedura di fallimento per insufficienza dell’attivo

8. Concordato preventivo

9. Concordato preventivo e riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4)

10. Decorso del termine (art. 2484 n. 1)

11. Eterogeneità dell’oggetto sociale: mancata attuazione (art. 2484 n. 2)

12. Fallimento

13. Impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (art. 2484 n. 2)

14. Impossibilità di funzionamento (art. 2484 n. 3)

15. Mancata approvazione del bilancio (art. 2484 n. 3)

16. Modifica dell’oggetto sociale conseguito o divenuto impossibile

17. Riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4): direz. e coordinamento

18. Riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4): pubblicità

19. Riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4): ricostituzione

20. Rimozione di una causa di scioglimento prima del suo accertamento

21. Scioglimento a seguito di recesso di un socio (art. 2484 n. 5): pubblicità

22. Scioglimento per deliberazione dell’assemblea (art. 2484 n. 6)

23. Sopravvenuta antieconomicità dell’impresa

1. Accertamento dell’organo amministrativo: inerzia

Qualora l’organo amministrativo ometta di accertare il verificarsi di una causa di scioglimento, non può applicarsi analogicamente la procedura di cancellazione su segnalazione dell’ufficio del Registro delle Imprese (prevista per le sole società di persone dall’art. 3, d.p.r. 247/2004): i singoli soci, i singoli amministratori o i sindaci (1) devono proporre istanza al Tribunale affinché accerti la ricorrenza della avvenuta verificazione di una causa di scioglimento (2). Appartengono alla «volontaria giurisdizione» (il provvedimento giudiziale pertanto «non assume carattere decisorio rispetto alle questioni dibattute tra le parti e non è destinato ad acquistare valore di giudicato») «quei procedimenti nei quali il tribunale, non decide su diritti ma emana, su ricorso degli interessati, provvedimenti destinati» a «supplire l’inerzia o lo stallo degli organi sociali», come nel caso di «accertamento dello stato di scioglimento e nomina di liquidatore nelle società di capitali» di cui agli artt. 2485, comma 2, c.c. e 2487, comma 2, c.c. (3).

2. Accertamento dell’organo amministrativo: sindacato del Registro Imprese

L’accertamento di una causa di scioglimento effettuato dall’organo amministrativo della società non è sindacabile dal Registro delle Imprese (4).

3. Cause statutarie (art. 2484 n. 7)

È legittima la clausola statutaria che preveda cause di scioglimento ulteriori rispetto a quelle legali e disponga in ordine alla competenza circa il loro accertamento ad effettuare i conseguenti adempimenti pubblicitari (5).

4. Cause statutarie (art. 2484 n. 7): decorrenza

È illegittima la clausola statutaria che, per le cause di scioglimento previste dallo statuto stesso, attribuisca allo scioglimento un’efficacia anteriore rispetto alla pubblicità dell’evento che provoca lo scioglimento (6).

5. Cause statutarie (art. 2484 n. 7): requisiti

La clausola statutaria che dispone cause convenzionali di scioglimento è legittima solo se individua anche l’organo competente alla deliberazione o all’accertamento di tali cause e ai conseguenti adempimenti pubblicitari (7).

6. Cause statutarie oggettive (art. 2484 n. 7)

La clausola statutaria che dispone una causa di scioglimento “oggettiva” è valida anche se non individua l’organo competente all’accertamento di detta causa di scioglimento, essendo esclusa la pur minima discrezionalità; in tal caso, spetta all’organo amministrativo il compito di accertarne il verificarsi (art. 2485 c.c.) (8).

7. Chiusura della procedura di fallimento per insufficienza dell’attivo

Integra una causa di scioglimento della società (e non l’automatica estinzione della società stessa) la chiusura della procedura di fallimento per insufficienza dell’attivo; in tal caso, dopo che tutto il patrimonio sociale sia stato liquidato, il curatore fallimentare deve procedere alla cancellazione della società dal Registro Imprese (9).

8. Concordato preventivo

L’ammissione alla procedura di concordato preventivo non determina lo scioglimento della società di capitali né la decadenza degli organi sociali, i quali mantengono le rispettive prerogative, seppur con il filtro della compatibilità con le regole della procedura concorsuale (10).

9. Concordato preventivo e riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4)

La causa di scioglimento della società per riduzione del capitale al di sotto del minimo legale è sospesa dalla data di deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo, fino all’esito della procedura di concordato (art. 182-sexies, r.d. 267/1942) (11).

10. Decorso del termine (art. 2484 n. 1)

Compete all’amministratore la denuncia del verificarsi della causa di scioglimento della società per scadenza del termine (12).

11. Eterogeneità dell’oggetto sociale: mancata attuazione (art. 2484 n. 2)

Qualora la società abbia un oggetto eterogeneo, l’impossibilità di attuare anche solo una delle sue parti potrebbe essere legittimamente invocata come causa di scioglimento (13).

12. Fallimento

La dichiarazione di fallimento non determina lo scioglimento della società di capitali né la decadenza degli organi sociali, i quali mantengono le rispettive prerogative, seppur con il filtro della compatibilità con le regole della procedura concorsuale (14).

13. Impossibilità di conseguire l’oggetto sociale (art. 2484 n. 2)

La società si scioglie per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale qualora tale impossibilità risulti oggettiva, irreversibile e assoluta (15).

14. Impossibilità di funzionamento (art. 2484 n. 3)

La società si scioglie per impossibilità di funzionamento qualora l’assemblea non risulti in grado di svolgere le funzioni demandatele e tale impossibilità risulti oggettiva, irreversibile e assoluta; e ciò, sia nell’ipotesi in cui l’assemblea non riesca a costituirsi, sia in quella in cui risulti validamente costituita ma la litigiosità dei soci non consenta il formarsi di una maggioranza (16).

15. Mancata approvazione del bilancio (art. 2484 n. 3)

La protratta impossibilità di adottare deliberazioni di approvazione del bilancio è pacificamente ritenuta causa di scioglimento della società (17); se però la mancata approvazione del bilancio sia attribuibile a comportamenti o omissioni degli amministratori, può eventualmente concretarsi una grave irregolarità nella gestione, che legittima l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2409 c.c. (18).

16. Modifica dell’oggetto sociale conseguito o divenuto impossibile

La modifica dell’oggetto sociale conseguito o divenuto impossibile non implica revoca dello stato di liquidazione e pertanto è efficace dalla sua iscrizione nel Registro delle Imprese (19).

17. Riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4): direz. e coordinamento

Qualora si verifichi una perdita che riduca il capitale sociale al di sotto del minimo legale (e, pertanto, si verifichi la causa di scioglimento di cui all’art. 2484 n. 4 c.c.), obbligati ad adottare gli opportuni provvedimenti non sono solo gli amministratori della società stessa, ma anche gli amministratori dell’eventuale società esercente attività di direzione e coordinamento (20).

18. Riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4): pubblicità

In caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, per la messa in liquidazione della società è necessario il deposito del verbale notarile dell’assemblea convocata ai sensi degli artt. 2447 (nelle s.p.a.) e 2482-ter (nelle s.r.l.) c.c., salva l’ipotesi in cui l’assemblea vada deserta (21).

19. Riduzione del capitale sotto il minimo (art. 2484 n. 4): ricostituzione

Qualora si deliberi la riduzione per perdite del capitale sociale e un successivo aumento a reintegrazione del capitale eroso dalle perdite, la causa di scioglimento della società non può considerarsi rimossa per effetto della semplice adozione della deliberazione (non sussistendo comunque la necessità di deliberare espressamente sul punto della rimozione della causa di scioglimento) (22), ma è necessario attendere la (eventuale) sottoscrizione del deliberato aumento (23).

20. Rimozione di una causa di scioglimento prima del suo accertamento

La rimozione di una causa di scioglimento prima dell’iscrizione della dichiarazione di accertamento della medesima nel Registro delle Imprese, non richiede l’osservanza della disciplina dettata dall’art. 2487-ter c.c. per la revoca dello stato di liquidazione (24).

21. Scioglimento a seguito di recesso di un socio (art. 2484 n. 5): pubblicità

Nell’ipotesi di scioglimento della società in caso di recesso di un socio (ai sensi dell’art. 2437-quater c.c. e dell’art. 2473 c.c.) è necessaria la verbalizzazione notarile (25).

22. Scioglimento per deliberazione dell’assemblea (art. 2484 n. 6)

La maggioranza dei soci può, in ogni tempo, porre fine all’impresa comune senza che rilevi l’interesse della società alla prosecuzione della propria attività non essendo tale interesse tutelato da alcuna norma (26); in tale ipotesi, è necessario depositare presso il Registro delle Imprese la verbalizzazione notarile della relativa deliberazione dei soci (27).

23. Sopravvenuta antieconomicità dell’impresa

Non costituisce causa di scioglimento della società la sopravvenuta antieconomicità dell’impresa (28).

O.2 - Procedura di liquidazione

O.2.1 - Procedura di liquidazione (in generale e miscellanea)

1. Assegnazione anticipata di beni in natura

2. Assegnazione di immobili in Italia per scioglimento di società straniera

3. Beni appartenuti a società straniera estinta

4. Collegialità dell’organo di liquidazione pluripersonale

5. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.p.a. con sistema dualistico

6. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.p.a. con sistema monistico

7. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.p.a. con sistema tradizionale

8. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.r.l.

9. Disciplina legale della liquidazione

10. Funzionamento del collegio dei liquidatori

11. Funzionamento del collegio dei liquidatori: disciplina applicabile

12. Inderogabilità della procedura

13. Inderogabilità della procedura: bilancio finale

14. Inderogabilità della procedura: richiesta di cancellazione

15. Parità di trattamento dei creditori

16. Particolare diritto del socio di s.r.l. circa la quota di liquidazione

17. Poteri dei liquidatori

18. Poteri dei liquidatori: alienazione del patrimonio sociale

19. Poteri dei liquidatori: cancellazione della società dal Registro delle Imprese

20. Poteri dei liquidatori: continuazione dell’impresa

21. Poteri dei liquidatori: delega ad uno di essi

22. Poteri dei liquidatori: limiti

23. Poteri dei liquidatori: limiti alla rappresentanza

24. Poteri dei liquidatori: rappresentanza legale

25. Trust liquidatorio

1. Assegnazione anticipata di beni in natura

Nella fase di liquidazione è legittima l’assegnazione ai soci di beni in natura in via anticipata rispetto al riparto finale (29), purché sussistano le risorse occorrenti per il pagamento dei creditori sociali (30).

2. Assegnazione di immobili in Italia per scioglimento di società straniera

In caso di società estera proprietaria di beni immobili in Italia, l’atto di assegnazione di beni ai soci in sede di liquidazione della società è regolato dal diritto del Paese nel quale la società è stata costituita per i profili societari e dalla legge italiana per i profili immobiliari (ivi compresa la normativa in tema di incommerciabilità di edifici abusivi) (31).

3. Beni appartenuti a società straniera estinta

La materia della titolarità dei beni già appartenuti a una società straniera estinta a seguito della sua liquidazione (e non fatti oggetto di formale assegnazione ai soci) è regolata dalla legge del luogo nel quale la società era stata costituita (32).

4. Collegialità dell’organo di liquidazione pluripersonale

Posto che nella s.p.a. l’organo di liquidazione pluripersonale deve necessariamente operare con metodo collegiale, è controverso se nella s.r.l. l’organo di liquidazione possa agire in forma non collegiale (33), ossia in regime di amministrazione plurima (34), congiuntiva (35) o disgiuntiva (36). Comunque, nelle s.r.l., ove sia nominata una pluralità di liquidatori, essi agiscono in forma collegiale, sia ove ciò sia espressamente stabilito sia in mancanza di una diversa previsione (37).

5. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.p.a. con sistema dualistico

Nella s.p.a. che ha adottato il sistema dualistico, il controllo sulla gestione durante la liquidazione spetta al consiglio di sorveglianza (38).

6. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.p.a. con sistema monistico

Nelle s.p.a. che ha adottato il sistema monistico, il controllo sulla gestione durante la liquidazione spetta a un collegio sindacale nominato ad hoc (39).

7. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.p.a. con sistema tradizionale

Nelle s.p.a. amministrate con il sistema tradizionale, il controllo sulla gestione durante la liquidazione spetta al collegio sindacale (40).

8. Controllo sulla gestione: liquidazione della s.r.l.

Nelle s.r.l., il controllo sulla gestione durante la liquidazione spetta all’organo sindacale, se nominato (41).

9. Disciplina legale della liquidazione

La disciplina della liquidazione, dettata dagli artt. 2484 e ss. c.c., si applica a tutte le società di capitali (42).

10. Funzionamento del collegio dei liquidatori

È legittima la nomina di un collegio di liquidatori priva di indicazioni circa le sue regole di funzionamento (43).

11. Funzionamento del collegio dei liquidatori: disciplina applicabile

In caso di nomina di un collegio di liquidatori priva di indicazioni circa le sue regole di funzionamento, trova applicazione, per qualsiasi tipo di società di capitali, la disciplina codicistica sul funzionamento del consiglio di amministrazione delle s.p.a. (44).

12. Inderogabilità della procedura

È illegittima qualsiasi deroga al procedimento di liquidazione delle società di capitali; più in generale, è illegittima la deliberazione che disponga l’omissione della fase di liquidazione (45); e ciò anche se si tratti di società neo-costituita (46) e anche se la società non abbia alcun creditore (47).

13. Inderogabilità della procedura: bilancio finale

È illegittima la deliberazione che approva il bilancio finale di liquidazione prima che la causa di scioglimento sia divenuta efficace e che l’organo di liquidazione sia entrato in carica (48); è altresì illegittima la deliberazione di una società di capitali con cui venga approvata la messa in liquidazione, la nomina del liquidatore e contestualmente l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, in quanto si concreterebbe un caso di omissione della procedura di liquidazione che è inderogabile in questi tipi di società (49).

14. Inderogabilità della procedura: richiesta di cancellazione

È illegittima la richiesta di cancellazione della società dal Registro delle Imprese prima che la causa di scioglimento sia divenuta efficace e che l’organo di liquidazione sia entrato in carica (50).

15. Parità di trattamento dei creditori

Prevale l’opinione (51) secondo cui la ripartizione del ricavato della liquidazione tra i creditori deve avvenire nel rispetto del principio di parità di trattamento, salve le cause legittime di prelazione (52).

16. Particolare diritto del socio di s.r.l. circa la quota di liquidazione

È legittima l’attribuzione al socio, ai sensi dell’art. 2468, co. 3, c.c., del particolare diritto di ottenere una quota di liquidazione più che proporzionale rispetto alla sua quota di partecipazione al capitale sociale o di ottenerla in natura con l’assegnazione di un dato bene (53).

17. Poteri dei liquidatori

È legittima la deliberazione di nomina del liquidatore che non riporti i poteri a esso attribuiti (54). La deliberazione di nomina può variamente limitare i poteri del liquidatore; in mancanza di limitazioni o nel caso in cui la deliberazione di nomina del liquidatore non disponga in merito ai poteri a esso attribuiti, al liquidatore compete ogni potere occorrente per effettuare la liquidazione della società (55).

18. Poteri dei liquidatori: alienazione del patrimonio sociale

L’alienazione dei beni che compongono il patrimonio sociale è inclusa tra le attività di competenza dei liquidatori, i quali possono pertanto gestire le relative trattative nel modo che ritengono più opportuno (56) e non necessitano di alcuna autorizzazione assembleare per procedere alla vendita (57).

19. Poteri dei liquidatori: cancellazione della società dal Registro delle Imprese

I liquidatori sono gli unici legittimati a chiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese (58).

20. Poteri dei liquidatori: continuazione dell’impresa

La continuazione dell’attività d’impresa ai fini della liquidazione è inclusa tra le attività di competenza dei liquidatori (59); ne consegue la loro responsabilità se vi siano gravi irregolarità nella gestione dell’impresa (60).

21. Poteri dei liquidatori: delega ad uno di essi

Il collegio dei liquidatori può legittimamente delegare determinate funzioni ad uno o più dei suoi componenti (61).

22. Poteri dei liquidatori: limiti

L’art. 2489 c.c. contempla la possibilità di introdurre limiti alla competenza dell’organo di liquidazione, i quali non possono comunque essere tali da svuotare completamente l’organo liquidatorio delle proprie prerogative (62).

23. Poteri dei liquidatori: limiti alla rappresentanza

Posto che nella s.p.a. l’organo di liquidazione pluripersonale deve necessariamente operare con metodo collegiale, è legittima la deliberazione dell’assemblea dei soci con la quale si dispongano limitazioni ai poteri di rappresentanza (sia sostanziale che processuale) dei liquidatori; è legittima la deliberazione assembleare che stabilisca il conferimento congiunto dei poteri rappresentativi a tutti i liquidatori (63).

24. Poteri dei liquidatori: rappresentanza legale

La rappresentanza legale della società in liquidazione spetta al liquidatore, se lo statuto o la deliberazione di nomina del liquidatore non dispongano diversamente (64).

25. Trust liquidatorio

Il trust può essere legittimamente utilizzato nelle procedure di liquidazione societaria, purché si tratti di un trust “realmente liquidatorio”, il quale cioè realizzi una modalità alternativa alla liquidazione disciplinata dagli art. 2487 e ss. c.c., consentendo al trustee di eseguire le operazioni di liquidazione e di cancellare l’impresa liquidata dal Registro delle Imprese. Sono invece illegittimi i trust “falsamente liquidatori”, istituiti al solo scopo di ostacolare le pretese creditorie e di procrastinare il fallimento di un’impresa già in stato di conclamata insolvenza (65).

O.2.2 - Nomina e cessazione dell’organo di liquidazione

1. Clausola statutaria sulla nomina dei liquidatori

2. Concordato preventivo

3. Nomina del liquidatore: consultazione scritta

4. Nomina del liquidatore: da parte del Tribunale

5. Nomina del liquidatore: da parte del Tribunale - disciplina

6. Nomina del liquidatore: da parte del Tribunale - mancanza di fondi

7. Nomina del liquidatore: data di efficacia

8. Nomina del liquidatore: per un singolo atto

9. Nomina del liquidatore: persona giuridica

10. Nomina del liquidatore: quorum convenzionali

11. Nomina del liquidatore: tempistica

12. Nomina e revoca dei liquidatori di s.r.l.: quorum

13. Nomina e revoca dei liquidatori di s.r.l.: verbale

14. Particolare diritto del socio di s.r.l. alla nomina dell’organo di liquidazione

15. Revoca dei liquidatori per giusta causa

16. Revoca e sostituzione dei liquidatori: quorum

17. Revoca giudiziale

18. Scioglimento e liquidazione di consorzio: nomina dei liquidatori

19. Sostituzione dei liquidatori: data di efficacia

1. Clausola statutaria sulla nomina dei liquidatori

È legittima la clausola statutaria che indichi nominatim o per relationem le persone che dovranno rivestire la carica di liquidatore, rimetta ad organi sociali o a un terzo la loro designazione, fissi specifiche modalità di votazione o, infine, riservi la nomina a determinate categorie di soci (1).

2. Concordato preventivo

L’apertura della procedura di concordato preventivo non incide sulla permanenza in carica degli organi sociali (ad esempio: del liquidatore, se la società è in liquidazione) (2).

3. Nomina del liquidatore: consultazione scritta

È legittima la nomina del liquidatore con il metodo decisionale della consultazione scritta, quando lo statuto consenta l’impiego di questa modalità (3).

4. Nomina del liquidatore: da parte del Tribunale

Ove l’assemblea non si costituisca ovvero non deliberi al riguardo, il tribunale può procedere alla contestuale nomina del liquidatore (4). Appartengono alla «volontaria giurisdizione» (il provvedimento giudiziale pertanto «non assume carattere decisorio rispetto alle questioni dibattute tra le parti e non è destinato ad acquistare valore di giudicato») «quei procedimenti nei quali il tribunale, non decide su diritti ma emana, su ricorso degli interessati, provvedimenti destinati» a «supplire l’inerzia o lo stallo degli organi sociali», come nel caso di «accertamento dello stato di scioglimento e nomina di liquidatore nelle società di capitali» di cui agli artt. 2485, comma 2, c.c. e 2487, comma 2, c.c. (5).

5. Nomina del liquidatore: da parte del Tribunale - disciplina

Nel caso di nomina del liquidatore da parte del Tribunale, non si apre una “liquidazione giudiziale”: il liquidatore resta revocabile dall’assemblea dei soci, la quale può disporre in merito ai suoi poteri (in mancanza: si tratta del potere di compiere “tutti gli atti utili” alla liquidazione della società) e al suo compenso; gli atti del liquidatore non sono soggetti ad autorizzazione giudiziale (6).

6. Nomina del liquidatore: da parte del Tribunale - mancanza di fondi

Il Tribunale non provvede alla nomina del liquidatore giudiziale nel caso in cui la società da liquidare sia priva dei fondi occorrenti per provvedere al sostenimento dei costi occorrenti per lo svolgimento della liquidazione (7).

7. Nomina del liquidatore: data di efficacia

La decisione di nomina dei liquidatori acquista efficacia al momento della sua iscrizione nel Registro delle Imprese (8). La decisione di nomina dei liquidatori, adottata nelle more degli adempimenti pubblicitari inerenti la causa di scioglimento della società, acquista efficacia nel momento in cui vengono iscritte nel Registro delle Imprese la dichiarazione che accerta la causa di scioglimento e la decisione di nomina medesima (9).

8. Nomina del liquidatore: per un singolo atto

Una società di capitali, benché sciolta, fin quando non sia stata cancellata dal Registro delle Imprese non è ancora estinta (art. 2495, secondo comma, c.c.) e pertanto può nominare un liquidatore anche per il compimento di un singolo atto (10).

9. Nomina del liquidatore: persona giuridica

È legittima la nomina di una società quale liquidatore di altra società (anche straniera) (11).

10. Nomina del liquidatore: quorum convenzionali

È legittima la clausola statutaria della s.p.a. che, per la nomina dell’organo di liquidazione, disponga quorum deliberativi maggiori rispetto a quelli previsti dagli artt. 2368, co. 1, e 2369, co. 4, c.c. (12).

11. Nomina del liquidatore: tempistica

Nelle ipotesi previste dai nn. 1), 2), 3), 4), e 5) dell’art. 2484, co. 1, c.c., è legittima la decisione di nomina dei liquidatori adottata prima dell’iscrizione nel Registro delle Imprese della dichiarazione che accerta la causa di scioglimento (13).

12. Nomina e revoca dei liquidatori di s.r.l.: quorum

Per l’adozione delle deliberazioni di nomina e di revoca dei liquidatori delle s.r.l. sono richieste le maggioranze previste per le modifiche statutarie (14).

13. Nomina e revoca dei liquidatori di s.r.l.: verbale

Per l’adozione delle deliberazioni di nomina e di revoca dei liquidatori delle s.r.l. non è richiesta la verbalizzazione per atto pubblico (15).

14. Particolare diritto del socio di s.r.l. alla nomina dell’organo di liquidazione

È legittima l’attribuzione al socio, ai sensi dell’art. 2468, co. 3, c.c., del particolare diritto di nominare l’organo di liquidazione ovvero a ricoprire la carica di liquidatore (16).

15. Revoca dei liquidatori per giusta causa

È legittima la revoca dei liquidatori per giusta causa ogni qualvolta costoro tengano comportamenti contrari alla condotta prescritta dalla legge per il perseguimento dello scopo di liquidazione (17).

16. Revoca e sostituzione dei liquidatori: quorum

Appare illegittima la clausola statutaria della s.p.a. che, per la revoca dell’organo di liquidazione, disponga quorum deliberativi maggiori rispetto a quelli previsti dagli artt. 2368, co. 1, e 2369, co. 4, c.c. (18).

17. Revoca giudiziale

La revoca giudiziale del liquidatore avviene in esito non a un procedimento di volontaria giurisdizione ma a un procedimento di natura contenziosa (19).

18. Scioglimento e liquidazione di consorzio: nomina dei liquidatori

Per l’adozione delle deliberazioni di nomina e di revoca dei liquidatori di un consorzio (non essendo riconducibile il consorzio nel novero delle società di capitali e, quindi, non essendo applicabile al consorzio la normativa per esse dettata) è richiesta la verbalizzazione per atto pubblico qualora l’impiego della forma notarile sia previsto dal contratto consortile (20) nonché ogniqualvolta si proceda alla definizione o all’integrazione dei poteri del liquidatore, con ciò modificandosi il contratto di consorzio (21).

19. Sostituzione dei liquidatori: data di efficacia

La decisione di sostituzione dei liquidatori acquista efficacia nel momento in cui i nuovi nominati accettano l’incarico (22). Nelle more dell’iscrizione della decisione di nomina di un nuovo liquidatore, questi può documentare la sua carica mediante esibizione del libro sociale in cui è trascritta la deliberazione di nomina, ovvero di copia autentica della deliberazione stessa, se verbalizzata per atto pubblico (23).

O.2.3 - Cancellazione dal Registro delle Imprese

1. Cancellazione dal Registro delle Imprese: presupposti

2. Cancellazione dal Registro Imprese: società “falsa”

3. Cancellazione della cancellazione dal Registro Imprese

4. Concordato fallimentare: chiusura del procedimento e cancellazione della società

5. Continuazione dei processi

6. Continuazione del procedimento per la dichiarazione di fallimento

7. Efficacia costitutiva della cancellazione

8. Efficacia costitutiva della cancellazione dei consorzi con attività esterna

9. Efficacia costitutiva della cancellazione delle società di persone

10. Efficacia costitutiva della cancellazione dell’impresa individuale

11. Efficacia costitutiva della cancellazione: termini

12. Poteri dei liquidatori: legittimazione a chiedere la cancellazione dell’impresa

13. Poteri di vigilanza del Conservatore del Registro delle Imprese

14. Procedimento per l’ammissione al concordato preventivo

15. Sopravvenienze attive: comunione tra i soci

16. Sopravvenienze passive

17. Sopravvenienze passive: tributi e contributi

18. Sopravvenienze: successione dei soci

1. Cancellazione dal Registro delle Imprese: presupposti

Presupposti essenziali affinché possa essere richiesta la cancellazione della società dal Registro delle Imprese sono la liquidazione del patrimonio societario e la redazione, l’approvazione e il deposito presso il Registro delle Imprese del bilancio finale di liquidazione (accompagnato dalla relazione dei sindaci e del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti: art. 2492 c.c.), volto a documentare l’attività svolta e a indicare come avverrà la distribuzione dell’eventuale attivo residuo (1). Non è quindi sufficiente il verificarsi di una causa di scioglimento (2).

2. Cancellazione dal Registro Imprese: società “falsa”

Per giungere alla cancellazione dal Registro delle Imprese di una società costituita esibendo una falsa procura e una falsa attestazione di versamento del capitale sociale non si può ricorrere a un provvedimento di cancellazione dal Registro delle Imprese di cui all’art. 2191 c.c., ma occorre svolgere il procedimento di liquidazione (3).

3. Cancellazione della cancellazione dal Registro Imprese

Deve essere effettuata la cancellazione, dal Registro delle Imprese, della cancellazione di una società effettuata in carenza dei prescritti presupposti (4) (ad esempio in caso di procedura di liquidazione non completata).

4. Concordato fallimentare: chiusura del procedimento e cancellazione della società

La chiusura del fallimento a seguito di concordato non costituisce causa di estinzione della società (5).

5. Continuazione dei processi

A seguito dell’estinzione della società, i processi nei quali era coinvolta si interrompono e il liquidatore perde la capacità processuale (6), potendo però essere riassunti nei confronti dei soci, quali successori dell’ente (7); qualora la cancellazione intervenga nel corso del giudizio intrapreso dalla società, però, in essa può essere ravvisata una tacita rinunzia alla pretesa, con la conseguente cessazione della materia del contendere (8).

6. Continuazione del procedimento per la dichiarazione di fallimento

La legittimazione al contraddittorio spetta (in via eccezionale (9)) al liquidatore nel caso di procedimento per la dichiarazione di fallimento della società che, ancorché cancellata dal Registro delle Imprese, può ancora essere dichiarata fallita (art. 10 l. fall.), e quindi mantiene la capacità di stare in giudizio (10).

7. Efficacia costitutiva della cancellazione

La cancellazione della società dal Registro delle Imprese ha efficacia costitutiva (art. 2495, comma 2, c.c.), sicché resta ferma anche se, in un secondo tempo, emergano delle sopravvenienze, attive o passive (11).

8. Efficacia costitutiva della cancellazione dei consorzi con attività esterna

L’art. 2495, comma 2, c.c. (il quale sancisce che l’estinzione della società resta ferma dopo la cancellazione, anche se emergano delle sopravvenienze) è applicabile anche ai consorzi con attività esterna (12).

9. Efficacia costitutiva della cancellazione delle società di persone

L’art. 2495, comma 2, c.c. (il quale sancisce che l’estinzione della società resta ferma dopo la cancellazione, anche se emergano delle sopravvenienze) è applicabile anche alle società di persone (13), benché in passato non siano mancate pronunce in senso contrario (14).

10. Efficacia costitutiva della cancellazione dell’impresa individuale

L’art. 2495, comma 2, c.c. (il quale sancisce che l’estinzione della società resta ferma dopo la cancellazione, anche se emergano delle sopravvenienze) non è applicabile all’impresa individuale (15).

11. Efficacia costitutiva della cancellazione: termini

L’art. 2495, comma 2, c.c. (il quale sancisce che l’estinzione della società resta ferma dopo la cancellazione, anche se emergano delle sopravvenienze) è norma innovativa e ultrattiva (16), e quindi applicabile retroattivamente alle cancellazioni intervenute prima del 1° gennaio 2004, ma con riguardo ai soli rapporti ancora non definiti in tale data.

12. Poteri dei liquidatori: legittimazione a chiedere la cancellazione dell’impresa

I liquidatori sono gli unici legittimati a richiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese (17).

13. Poteri di vigilanza del Conservatore del Registro delle Imprese

Il rispetto della procedura e la veridicità della documentazione depositata non possono essere valutati dal Conservatore del Registro delle Imprese al quale sia richiesta la cancellazione di una società (18).

14. Procedimento per l’ammissione al concordato preventivo

È preferibile (ma non incontroversa) (19) l’opinione secondo cui la società che sia stata cancellata dal Registro Imprese non possa essere ammessa alla domanda di concordato preventivo, essendo il disposto dell’art. 10 l. fall. di natura eccezionale e, quindi, non estensibile analogicamente al di fuori della fattispecie del fallimento (20).

15. Sopravvenienze attive: comunione tra i soci

Nel caso di sopravvenienze attive di una società cancellata dal Registro delle Imprese, i soci divengono titolari (in comunione ordinaria, ai sensi degli articoli 1100 e seguenti c.c.) dei diritti che facevano capo alla società estinta (21).

16. Sopravvenienze passive

A seguito della cancellazione della società dal Registro delle Imprese, i creditori sociali che non siano stati soddisfatti in sede di liquidazione della società possono far valere i loro diritti solo nei confronti dei soci (22) nonché dei liquidatori (se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa) (23); dopo la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, i creditori sociali, non soddisfatti, possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione; ciò implica che l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione ove i soci stessi siano limitatamente responsabili; spetta al creditore dimostrare l’avvenuta ripartizione dell’attivo ai soci (24).

17. Sopravvenienze passive: tributi e contributi

Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e dei contributi, l’estinzione della società ha effetto dopo che siano trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese, ai sensi dell’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014. Trattandosi di una normativa innovativa e non interpretativa, non si applica alle cancellazioni presentate prima del 13 dicembre 2014 (25).

18. Sopravvenienze: successione dei soci

Nel caso in cui la cancellazione della società dal Registro delle Imprese sia effettuata nonostante non sia ancora venuto meno ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio dalla società ai soci (26).

O.3 - Procedure concorsuali

1. Accordi di ristrutturazione: omologazione del piano e perdite pregresse

2. Accordi di ristrutturazione: presenza di perdite rilevanti

3. Accordi di ristrutturazione: scioglimento (volontario) a seguito di perdite

4. Competenza decisionale: liquidatore unico

5. Competenza decisionale: liquidatori

6. Competenza decisionale: organo liquidatorio successivamente insediato

7. Concordato fallimentare: chiusura del procedimento ed estinzione della società

8. Concordato preventivo: capitale sociale sotto al minimo e scioglimento

9. Concordato preventivo: causa di scioglimento della società

10. Concordato preventivo: mancata omologazione e integrità del capitale sociale

11. Concordato preventivo: norme sull’integrità del capitale

12. Concordato preventivo: omologazione del piano e perdite pregresse

13. Concordato preventivo: scioglimento volontario e autorizzazione

14. Concordato preventivo: società cancellata dal Registro delle Imprese

15. Fallimento: causa di scioglimento della società

16. Fallimento: chiusura della procedura per insufficienza dell’attivo

17. Rappresentanza di una società in liquidazione e in concordato preventivo

18. Scioglimento per perdite impedito dalla presentazione di “domande protettive”

1. Accordi di ristrutturazione: omologazione del piano e perdite pregresse

Successivamente all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, le norme del Codice civile disattivate dall’art. 182-sexies l. fall. tornano a trovare piena applicazione, ancorché l’accordo non sia stato ancora eseguito (1). In tale fase, per determinare se la società si trovi in uno stato di perdita rilevante che imponga una riduzione del capitale, una trasformazione o il suo scioglimento, occorre tenere conto di quanto previsto dall’accordo di ristrutturazione; e dunque:

  • delle sopravvenienze attive determinate dalla riduzione dei debiti (falcidia);

  • dell’eventuale maggior valore di realizzo (rispetto al valore contabile) dei beni sociali, di cui è prevista la vendita per soddisfare i creditori;

  • dell’eventuale previsione che contempli il pagamento di una percentuale di determinate passività con utili futuri prodotti dalla società;

  • di ogni altro eventuale accordo idoneo a modificare la situazione patrimoniale e finanziaria della società.

All’assemblea chiamata a deliberare sulle perdite deve comunque essere sottoposta la situazione patrimoniale di cui agli artt. 2446 o 2482-bis c.c., la quale, dovendo rappresentare in maniera veritiera e corretta la situazione patrimoniale e finanziaria della società, tenendo conto degli effetti dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, deve essere redatta, ai sensi dell’art. 2423, comma 4, c.c., derogando alle disposizioni di legge sul bilancio incompatibili con tale rappresentazione veritiera (possono, ad esempio, essere operate rivalutazioni o introdotte nuove poste rappresentanti specifici effetti dell’accordo), correzioni di cui si deve dare conto e motivazione nella relazione degli amministratori (2).

2. Accordi di ristrutturazione: presenza di perdite rilevanti

Ai sensi dell’art. 182-sexies l. fall., alle società che domandano l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti non si applicano, dalla data della domanda e fino all’omologazione, le disposizioni sulla tutela dell’integrità del capitale sociale dettate dagli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, 2482-ter c.c., nonché la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, n. 4, c.c. (3).

3. Accordi di ristrutturazione: scioglimento (volontario) a seguito di perdite

Non operando, ai sensi dell’art. 182-sexies c.c., la causa di scioglimento prevista nell’art. 2484, n. 4), c.c., l’apertura della fase di liquidazione di una società che abbia presentato una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o una proposta di accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis, comma 6, l. fall. e che versi in una situazione di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c., presuppone lo scioglimento volontario della società per deliberazione dei soci ai sensi dell’art. 2484 n. 6), c.c., e non può essere assunta se l’assemblea sia convocata per la sola adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c., trattandosi in tal caso di materia non prevista nell’ordine del giorno (4).

4. Competenza decisionale: liquidatore unico

La previsione sulla forma della decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato, contenuta nell’art. 152, c. 3, l. fall., trova applicazione anche in caso di liquidatore unico, fatta eccezione per il caso che, nella decisione di nomina del liquidatore di cui all’art. 2487, c. 1, lett. c), c.c. sia stabilita una diversa competenza (5).

5. Competenza decisionale: liquidatori

Nelle società di capitali e nelle cooperative in liquidazione, la competenza a deliberare il concordato spetta all’organo di liquidazione, salvo che, alternativamente:

  • vi sia una diversa previsione statutaria;

  • la decisione di nomina dei liquidatori di cui all’art. 2487, co. 1, lett. c), c.c. stabilisca diversamente (6).

6. Competenza decisionale: organo liquidatorio successivamente insediato

Le decisioni adottate dagli organi sociali (ivi inclusa la decisione circa la proposizione di un concordato) sopravvivono al mutare soggettivo o qualitativo di detti organi, con la conseguenza che l’organo subentrante ne è vincolato (salva la possibilità, con una nuova e autonoma decisione, di revoca delle deliberazioni assunte in precedenza) (7); pertanto, la domanda di concordato non deve essere deliberata nuovamente dall’organo di liquidazione, se essa sia stata deliberata dall’organo amministrativo della società e la società venga poi posta in liquidazione (8).

7. Concordato fallimentare: chiusura del procedimento ed estinzione della società

La chiusura del fallimento a seguito di concordato non costituisce causa di estinzione della società (9).

8. Concordato preventivo: capitale sociale sotto al minimo e scioglimento

Non operando, ai sensi dell’art. 182-sexies l. fall., la causa di scioglimento prevista nell’art. 2484, n. 4), c.c., l’apertura della fase di liquidazione di una società che ha presentato una domanda di concordato e che versa in una situazione di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c., presuppone lo scioglimento volontario per deliberazione dei soci, ai sensi dell’art. 2484 n. 6, c.c., e non può essere assunta se l’assemblea è convocata per la sola adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 2447 o 2482-ter c.c., trattandosi, in tal caso, di materia non prevista nell’ordine del giorno (10).

9. Concordato preventivo: causa di scioglimento della società

L’ammissione alla procedura di concordato preventivo non determina lo scioglimento della società di capitali né la decadenza degli organi sociali, i quali mantengono le rispettive prerogative, seppur con il filtro della compatibilità con le regole della procedura concorsuale (11).

10. Concordato preventivo: mancata omologazione e integrità del capitale sociale

Qualora a una domanda di concordato preventivo non segua l’omologa a causa dell’inammissibilità della proposta (artt. 161, c. 9, e 162 l. fall.), della sua revoca (art. 173 l. fall.) o del suo rigetto (art. 180 l. fall.), si ritiene che l’effetto protettivo previsto dall’art. 182-sexies l. fall. cessi dalla data di emanazione di uno dei suddetti provvedimenti di chiusura del procedimento (12).

11. Concordato preventivo: norme sull’integrità del capitale

Ai sensi dell’art. 182-sexies l. fall., alle società che domandano l’ammissione al concordato preventivo non si applicano, dalla data della domanda e fino all’omologazione, le disposizioni sulla tutela dell’integrità del capitale sociale dettate dagli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, 2482-ter c.c., nonché la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, n. 4, c.c. (13).

12. Concordato preventivo: omologazione del piano e perdite pregresse

Successivamente all’omologazione del concordato, le norme del Codice civile disattivate dall’art. 182-sexies l. fall. tornano a trovare piena applicazione, ancorché il piano non sia stato ancora eseguito (14). In tale fase, per determinare se la società si trovi in uno stato di perdita rilevante che imponga la riduzione del capitale, la trasformazione o lo scioglimento, occorre tenere conto di quanto previsto dal piano concordatario; e pertanto:

  • delle sopravvenienze attive determinate dalla riduzione dei debiti (falcidia);

  • dell’eventuale maggior valore di realizzo (rispetto a quello contabile) dei beni sociali, di cui è prevista la vendita per soddisfare i creditori;

  • dell’eventuale previsione che contempli il pagamento di una percentuale di determinate passività con utili futuri prodotti dalla società;

  • di ogni altro eventuale accordo idoneo a modificare la situazione patrimoniale e finanziaria della società.

All’assemblea chiamata a deliberare sulle perdite deve comunque essere sottoposta la situazione patrimoniale di cui agli artt. 2446 o 2482-bis c.c., la quale, dovendo rappresentare in maniera veritiera e corretta la situazione patrimoniale e finanziaria della società, tenendo conto degli effetti del piano concordatario, deve essere redatta, ai sensi dell’art. 2423, co. 4, c.c., derogando alle disposizioni di legge sul bilancio incompatibili con tale rappresentazione veritiera (possono, ad esempio, essere operate rivalutazioni o introdotte nuove poste rappresentanti specifici effetti del piano), correzioni di cui si deve dare conto e motivazione nella relazione degli amministratori (15).

13. Concordato preventivo: scioglimento volontario e autorizzazione

La deliberazione di scioglimento volontario della società, ai sensi dell’art. 2484, n. 6), c.c., non necessita di alcuna autorizzazione giudiziale, sia prima (ma è tesi non pacifica) (16) che dopo l’omologazione del concordato (17), salvo valutarne la compatibilità con la procedura e i possibili riflessi su di essa, anche sotto il profilo dei costi (18) (non risultando di per sé ostativo il fatto che il concordato preveda la continuazione dell’attività d’impresa) (19).

14. Concordato preventivo: società cancellata dal Registro delle Imprese

È preferibile (ma non incontroversa) (20) l’opinione secondo cui la società che sia stata cancellata dal Registro Imprese non possa essere ammessa alla domanda di concordato preventivo, essendo il disposto dell’art. 10 l. fall. di natura eccezionale e, quindi, non estensibile analogicamente al di fuori della fattispecie del fallimento (21).

15. Fallimento: causa di scioglimento della società

La dichiarazione di fallimento non determina lo scioglimento della società di capitali né la decadenza degli organi sociali, i quali mantengono le rispettive prerogative, seppur con il filtro della compatibilità con le regole della procedura concorsuale (22).

16. Fallimento: chiusura della procedura per insufficienza dell’attivo

Integra una causa di scioglimento della società (e non l’automatica estinzione della stessa) la chiusura della procedura di fallimento per insufficienza dell’attivo; in tal caso, dopo che tutto il patrimonio sociale sia stato liquidato, il curatore fallimentare provvede alla cancellazione della società dal Registro Imprese (23).

17. Rappresentanza di una società in liquidazione e in concordato preventivo

La rappresentanza della società in liquidazione e in concordato preventivo nella cessione di beni spetta, indifferentemente, al liquidatore giudiziale o al legale rappresentante (liquidatore volontario) (24), salvo che il provvedimento di nomina del liquidatore giudiziale disponga diversamente (25).

18. Scioglimento per perdite impedito dalla presentazione di “domande protettive”

In caso di perdite che riducano il capitale sociale al di sotto del minimo legale, la società non si scioglie qualora gli amministratori, dopo aver convocato senza indugio l’assemblea dei soci:

  • presentino una domanda di concordato preventivo (art. 160 e ss. l. fall), una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 1, l. fall.) o una proposta di accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 6, l. fall.);

  • l’assemblea si svolga senza adottare alcun provvedimento (ex artt. 2447 e 2482-ter, c.c.) e gli amministratori presentino una domanda di concordato preventivo (art. 160 e ss. l. fall), una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 1, l. fall.) o una proposta di accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 6, l. fall.);

  • l’assemblea deliberi la ricapitalizzazione della società, che non abbia esito positivo, e gli amministratori allora presentino una domanda di concordato preventivo (art. 160 e ss. l. fall), una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 1, l. fall.) o una proposta di accordo di ristrutturazione (art. 182-bis, comma 6, l. fall.) (26).

O.4 - Revoca della liquidazione

1. Attività dei liquidatori

2. Deliberazione di revoca nella s.p.a.

3. Deliberazione di revoca nella s.r.l.

4. Deliberazione di revoca nella s.r.l.: modalità non assembleari

5. Elenco dei creditori

6. Modifiche statutarie

7. Nullità della società

8. Opposizione dei creditori

9. Previa eliminazione della causa di scioglimento

10. Pubblicità della deliberazione

11. Revoca implicita

12. Revoca implicita: comportamento dei liquidatori

13. Revoca implicita: deliberazioni compatibili con lo stato di liquidazione

14. Revoca implicita: fusione e scissione

15. Revoca implicita: limitazioni alla circolazione delle partecipazioni

16. Revoca implicita: modifica dell’oggetto sociale

17. Revoca implicita: operazioni straordinarie

18. Rimozione della causa di scioglimento prima del suo accertamento

19. Tempistica

20. Trasformazione di società di persone in s.p.a. o s.r.l. unipersonale

21. Trasformazione omogenea di società in liquidazione

22. Verbalizzazione

1. Attività dei liquidatori

È legittima la deliberazione di revoca dello stato di liquidazione nel cui ambito i soci dettino ai liquidatori nuovi criteri operativi in vista del ritorno all’attività ordinaria della società (1).

2. Deliberazione di revoca nella s.p.a.

Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l’assemblea di seconda convocazione che si svolge per deliberare la revoca della liquidazione:

  • è validamente costituita con la presenza di oltre un terzo del capitale sociale;

  • delibera con il voto favorevole delle azioni che rappresentino:

    • più del terzo del capitale sociale; e:

    • almeno i due terzi del capitale intervenuto in assemblea (in mancanza, quest’ultimo presupposto si ritiene comunque verificato qualora vi sia il voto favorevole delle azioni rappresentanti più del 50 per cento del capitale sociale o della maggior percentuale di voti favorevoli che lo statuto prescriva per le assemblee straordinarie di prima convocazione) (2).

3. Deliberazione di revoca nella s.r.l.

Nella s.r.l., la deliberazione di revoca dello stato di liquidazione è di competenza esclusiva dell’assemblea dei soci e richiede necessariamente la verbalizzazione notarile (3).

4. Deliberazione di revoca nella s.r.l.: modalità non assembleari

Nella s.r.l., sono illegittime, circa la revoca dello stato di liquidazione, modalità di decisione diverse da quella assembleare (4).

5. Elenco dei creditori

I liquidatori devono predisporre un’attestazione con elencazione analitica che consenta l’individuazione dei creditori aventi diritto ad opporsi alla revoca dello stato di liquidazione, la quantificazione dei loro crediti e la documentazione dell’eventuale consenso o pagamento dei medesimi in ipotesi di operazione anticipata (5).

6. Modifiche statutarie

Al fine di apportare modifiche statutarie a una società sciolta per decorso del termine di durata, non è necessaria la preventiva revoca dello stato di liquidazione (6).

7. Nullità della società

In caso di nullità della società, pare ammissibile la revoca dello stato di liquidazione adottata prima della sentenza di accertamento della causa di nullità (7).

8. Opposizione dei creditori

Il provvedimento giudiziale viene emanato in esito non a un procedimento di volontaria giurisdizione ma a un procedimento di natura contenziosa (8).

9. Previa eliminazione della causa di scioglimento

La deliberazione di revoca dello stato di liquidazione è illegittima se non sia previamente eliminata la causa che diede luogo allo scioglimento della società (9). E così:

  • in caso di avvenuto scioglimento per decorso del termine di durata, la deliberazione presuppone una modifica del termine di durata (10);

  • in caso di scioglimento per conseguimento dell’oggetto sociale o per sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, la deliberazione presuppone una contestuale modifica dell’oggetto sociale (11);

  • in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, la deliberazione presuppone la ricostituzione del capitale sociale almeno al valore nominale minimo di legge (12);

  • in caso di cessazione dall’ufficio di tutti gli amministratori di s.a.p.a., la deliberazione presuppone il ripristino delle condizioni fisiologiche del tipo sociale o la sua trasformazione (13).

10. Pubblicità della deliberazione

Il deposito al Registro delle Imprese della deliberazione che dispone la revoca della liquidazione deve essere effettuato entro trenta giorni dalla data della deliberazione con la specificazione che si tratta di un atto con effetti differiti per legge (art. 2487-ter, c.c.). Qualora la deliberazione comporti modifiche statutarie, il nuovo statuto può essere depositato sia unitamente a detta deliberazione, sia una volta che questa abbia avuto effetto. Quando la condizione legale si sia verificata, occorre depositare (non ci sono termini di scadenza) al Registro delle Imprese l’apposita modulistica (i modelli S2 e S3) attestante tale avvenuta verificazione e le modifiche divenute efficaci (allegando idonea documentazione comprovante la verificazione della condizione, ad esempio una dichiarazione sostitutiva di atto notorio rilasciata da un rappresentante della società) (14).

11. Revoca implicita

La deliberazione che contenga una implicita decisione di revoca dello stato di liquidazione deve presentare i requisiti richiesti (ad esempio la verbalizzazione notarile, poiché occorrente per la deliberazione di revoca dello stato di liquidazione) per la validità di entrambe le delibere (quella esplicita e quella, implicita, di revoca della liquidazione) (15).

12. Revoca implicita: comportamento dei liquidatori

Qualora i liquidatori tengano comportamenti diretti alla ripresa dell’attività sociale, ciò comporta un loro inadempimento e non provoca una revoca implicita dello stato di liquidazione (16).

13. Revoca implicita: deliberazioni compatibili con lo stato di liquidazione

Le deliberazioni recanti modifica della denominazione sociale, trasferimento della sede ovvero modifica del regime di funzionamento delle assemblee, sono compatibili con lo stato di liquidazione della società e non ne comportano la revoca (17).

14. Revoca implicita: fusione e scissione

È legittima la deliberazione di fusione o scissione, che presupponga la revoca implicita dello stato di liquidazione di una delle società partecipanti all’operazione, purché sia inequivoco che la causa di scioglimento risulterà rimossa e che dall’operazione risulterà una società non più in liquidazione ma in continuità aziendale (18); peraltro, affinché sia legittima la deliberazione di fusione o scissione a cui partecipi una società in liquidazione che abbia iniziato la distribuzione dell’attivo, è necessaria la preventiva revoca espressa dello stato di liquidazione (19).

15. Revoca implicita: limitazioni alla circolazione delle partecipazioni

La delibera di introduzione/soppressione di vincoli nella circolazione delle partecipazioni è compatibile con lo stato di liquidazione della società e non ne comporta la revoca (20).

16. Revoca implicita: modifica dell’oggetto sociale

La deliberazione di modifica dell’oggetto sociale potrebbe comportare una revoca dello stato di liquidazione (21).

17. Revoca implicita: operazioni straordinarie

Le operazioni straordinarie dalle quali risulti una società in continuità aziendale, presuppongono necessariamente la revoca dello stato di liquidazione; in caso di mancata revoca in forma espressa, la revoca è da intendersi implicitamente adottata (22).

18. Rimozione della causa di scioglimento prima del suo accertamento

La rimozione di una causa di scioglimento prima dell’iscrizione della dichiarazione di accertamento della medesima nel Registro delle Imprese, non richiede l’osservanza della disciplina dettata dall’art. 2487-ter c.c. per la revoca dello stato di liquidazione (23).

19. Tempistica

Il procedimento di revoca della liquidazione di cui all’art. 2487-ter c.c. è attivabile solo fino al momento dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione; dopo tale termine non si fa più luogo al procedimento di cui all’art. 2487-ter c.c., ma occorre il consenso unanime dei soci, né hanno più rilevanza il consenso o l’opposizione dei creditori (24).

20. Trasformazione di società di persone in s.p.a. o s.r.l. unipersonale

È legittima (e importa una implicita revoca dello stato di liquidazione) la trasformazione in una s.r.l. o in una s.p.a. unipersonale di una società di persone che, per oltre sei mesi, sia rimasta priva della pluralità dei soci (25).

21. Trasformazione omogenea di società in liquidazione

In caso di trasformazione omogenea (da società lucrativa ad altra società lucrativa) di società in liquidazione, se dall’atto di trasformazione non risulta espressamente la volontà dei soci di revocare la liquidazione (sempre che ne sussistano i presupposti), la società resta in liquidazione (26); qualora invece si intenda rimuovere lo stato di liquidazione, occorre rispettare la disciplina in tema di revoca dello stato di liquidazione e quindi occorre procedere innanzitutto alla rimozione della causa che aveva determinato lo scioglimento della società (27).

22. Verbalizzazione

La deliberazione di revoca dello stato di liquidazione deve essere adottata in sede assembleare (anche nella s.r.l.) e deve essere verbalizzata da un notaio (28).

Note a piè di pagina
(1)(1)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 1107-2014/I, Aumento di capitale di società in liquidazione, in CNN Notizie del 12.11.2015: «[…] La dottrina successiva alla riforma del diritto societario - anche in virtù dell’eliminazione di qualsiasi riferimento al divieto di compiere nuove operazioni ex art. 2279 c.c., che veniva richiamato dall’art. 2452, comma 1, c.c. ante riforma - ritiene compatibile con la fase della liquidazione anche l’assunzione di delibere assembleari che non abbiano contenuto tipicamente liquidatorio. In particolare, per quanto concerne le deliberazioni che vanno ad incidere sul capitale sociale, in considerazione della circostanza che la riforma del diritto societario ha reso possibile la prosecuzione dell’attività di impresa, si ritengono compatibili con la fase della liquidazione le deliberazioni di aumento del capitale sociale volte ad agevolare lo svolgimento e la conclusione della procedura estintiva […]. Nel caso di specie, peraltro, l’aumento di capitale è funzionale alla dismissione dei beni sociali, e, quindi, non si ravvisa alcun profilo di incompatibilità con gli scopi della liquidazione».
Massima del Tribunale di Milano (dettata ante legge 340/2000, recante soppressione dell’omologa degli atti societari), riferita a App. Milano, 29 settembre 1972, in Giur. It., 1973, I, 2, 493: «è legittima la delibera assembleare di una società per azioni che aumenta all’unanimità il capitale sociale durante la liquidazione».
Massima del Tribunale di Milano (dettata ante legge 340/2000, recante soppressione dell’omologa degli atti societari), riferita a Trib. Udine, 21 dicembre 1985 in Società, 1986, 308: «la deliberazione di aumento del capitale è compatibile con il procedimento di liquidazione, poiché in questa fase il capitale non ha più la caratteristica di elemento della produzione, ma di garanzia delle passività sociali».
(2)(2)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 72-2015/I, Cancellazione di società fallita dal registro delle imprese, in CNN Notizie del 16.3.2016: «[…] la Suprema Corte ha affermato come “La chiusura del fallimento di una società per ripartizione finale dell’attivo od insufficienza tale da impedire l’utile continuazione della procedura, disposta ai sensi dell’art. 118 legge fallimentare previgente, applicabile ‘ratione temporis’, non ne determina l’estinzione, sia perché con essa non si produce indefettibilmente la definizione di tutti i rapporti che fanno capo alla società, sia perché si verifica, con la fine dello ‘spossessamento’, il riacquisto della libera disponibilità dei propri beni da parte del fallito” (Cass. 23 aprile 2010, n. 9723). Anche una parte autorevole della dottrina ha espresso l’avviso per cui la chiusura della procedura non possa comportare mai l’automatica estinzione della società, prescindendo da una verifica della completa definizione dei rapporti sociali attivi e passivi, per cui “al curatore deve ritenersi sì attribuito l’onere di procedere alla cancellazione della società, ma solo quando, da un lato, della cancellazione sussistano in punto di fatto i presupposti, vale a dire solo quando, al momento della chiusura del fallimento, tutto risulti essere stato liquidato e tutti rapporti siano stati definiti; e, dall’altro lato, i soci non abbiano manifestato la volontà di ‘riattivare la società’[…]».
(3)(3)
- Trib. Milano, 8 marzo 2007, in Giur. It., 2008, 1441: «Gli amministratori di società di capitali non possono essere chiamati a rispondere per il semplice compimento di nuove operazioni dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, occorrendo dimostrare, ai fini dell’imputabilità del danno, che l’aggravamento del dissesto è imputabile a specifici inadempimenti degli obblighi di legge».
In senso conforme: Trib. Lecce, 3 novembre 2009, in Dir. Fall., 2010, II, 429; Trib. Milano, 1° aprile 2011, in Società, 2012, 268; Trib. Torre Annunziata, 14 dicembre 2011, in Dir. Fall., 2012, II, 372.
(4)(4)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 837-2014/I, Decorrenza effetti della liquidazione e della nomina del liquidatore, in CNN Notizie del 29.10.2014: «[…] […] [gli] amministratori [hanno l’obbligo] di adeguare il proprio operato alla delibera di scioglimento anticipato, ancor prima dell’iscrizione della stessa, non potendo costoro più compiere atti aventi finalità che esorbitano della mera «conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale […]».
(5)(5)
- Trib. Milano, 9 novembre 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it: «Qualora l’assemblea disponga l’apertura della fase di liquidazione nel corso dell’esercizio, la delibera, che approvi il bilancio riferito a quell’annualità, deve ritenersi nulla nel caso in cui il bilancio venga redatto secondo i criteri ordinari dettati dagli artt. 2423 e ss. c.c. in prospettiva di continuità aziendale e, perciò, configuri la società come attiva […] (nel caso di specie, secondo il Tribunale, i liquidatori avrebbero dovuto redigere due documenti contabili; il bilancio iniziale alla data di apertura della liquidazione e il bilancio annuale di liquidazione al termine dell’esercizio di riferimento)».
(6)(6)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.8, Competenza a deliberare lo scioglimento di spa e sapa ex art. 2484 n. 6 c.c. - 1° pubbl. 9/06: «L’art. 2484, n. 6, c.c., prevede che tra le cause di scioglimento delle società di capitali vi sia anche la deliberazione dell’assemblea, senz’altro aggiungere in ordine alla competenza per le spa o sapa (assemblea ordinaria o straordinaria). […] la decisione di sciogliere la società integra sempre una modifica del contratto sociale, anche nel caso che la società sia contratta a tempo indeterminato, e quindi è di competenza dell’assemblea straordinaria».
(7)(7)
- Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 44, Quorum deliberativo rafforzato dell’assemblea straordinaria di s.p.a. in seconda convocazione (art. 2369, comma 5, c.c.), 19 novembre 2004: «Il quinto comma dell’art. 2369 c.c. si riferisce alle sole s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio ed identifica tra le deliberazioni di competenza dell’assemblea straordinaria alcune materie considerate dal legislatore di particolare importanza ([…] scioglimento anticipato, […] revoca della liquidazione […]) per la cui adozione è richiesto, anche in seconda convocazione, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale. […] Quindi, in seconda convocazione le delibere attinenti alle materie sopra ricordate non potranno considerarsi adottate qualora siano state approvate dai due terzi dei presenti se i voti a favore non siano risultati comunque superiori al terzo dell’intero capitale sociale. […] Quindi, nel caso in cui sia intervenuto all’assemblea straordinaria di seconda convocazione, che debba deliberare sugli argomenti sopra menzionati il 60 per cento del capitale e la deliberazione abbia ricevuto l’approvazione del 35 per cento di tutto il capitale sociale, la deliberazione non potrà ritenersi approvata non avendo i voti favorevoli raggiunto i due terzi del capitale rappresentato in assemblea (40 per cento) […]».
Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 43, Quorum deliberativo dell’assemblea straordinaria di s.p.a. in seconda convocazione (art. 2369, comma 3, c.c.), 19 novembre 2004: «[…] Il legislatore per favorire il funzionamento della società, che non ha potuto deliberare in prima convocazione perché i presenti non rappresentavano la quota di capitale richiesta per la regolare costituzione della società o perché i voti a favore non hanno raggiunto il quorum deliberativo previsto dalla legge, prevede nuove regole relative ai quorum deliberativi e/o costitutivi. Talvolta le regole di calcolo dettate dal legislatore sono omogenee a quelle previste per la prima convocazione (è il caso dei quorum costitutivi previsti per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio in cui varia solo la percentuale di presenze richieste che scende dalla metà a “oltre il terzo”), talaltra vengono adottate regole di calcolo non omogenee (è il caso dei quorum richiesti per le assemblee straordinarie in cui in prima convocazione è previsto solo un quorum deliberativo (“più della metà del capitale sociale”), mentre in seconda convocazione è richiesto un quorum costitutivo (“oltre un terzo del capitale sociale”) e un quorum deliberativo commisurato non al capitale sociale ma alla quota di capitale rappresentata in assemblea (“almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea”). Quest’ultima regola, se applicata senza tener conto degli scopi previsti dal legislatore con la previsione della seconda convocazione, porterebbe, in certi casi, al risultato di elevare in seconda convocazione i quorum richiesti per la prima (se ad esempio alla assemblea straordinaria di seconda convocazione fossero intervenuti tutti i soci il quorum deliberativo richiesto risulterebbe dei 2/3 dell’intero capitale sociale e cioè di oltre il 66,6 per cento!). Una interpretazione teleologica della norma che faccia leva sulla funzione dell’assemblea di seconda convocazione porta ad escludere tale conclusione […]».
(8)(8)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.9, Formalità inerenti la delibera di scioglimento di srl ex art. 2484 n. 6 c.c., 1° pubbl. 9/06: «L’art. 2484, n. 6, c.c., prevede che tra le cause di scioglimento delle società di capitali vi sia anche la deliberazione dell’assemblea. Tale deliberazione integra sempre una modifica del contratto sociale, anche nel caso che la società sia contratta a tempo indeterminato, dovrà quindi essere adottata nell’integrale rispetto delle disposizioni dell’art. 2480 c.c.».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 93-2009/I, S.r.l., scioglimento anticipato e necessità della forma notarile, in CNN Notizie del 22.4.2009: «[…] Ma lo scioglimento volontario per deliberazione dei soci, cui contestualmente si accompagni anche la nomina dei liquidatori, costituisce pur sempre una modifica dell’atto costitutivo, che necessita, in quanto tale, dell’intervento notarile ([…] ciò valga sia che si tratti di società contratta a tempo determinato, sia nel caso di società contratta a tempo indeterminato) […] In conclusione, quindi, la precisazione sopra riportata non appare corretta, non essendo possibile prescindere dall’intervento notarile in sede di delibera di scioglimento anticipato, intervento che, secondo il pensiero prevalente, non è invece necessario laddove la delibera si limiti alla nomina del liquidatore della s.r.l.».
(9)(9)
- Ministero dello Sviluppo Economico, Parere prot. n. 33637 del 9 febbraio 2016: «[…] La norma [l’art. 2479, comma 4, c.c. N.d.A.] afferma infatti che “Qualora nell’atto costitutivo non vi sia la previsione di cui al terzo comma e comunque con riferimento alle materie indicate nei numeri 4) e 5) del secondo comma del presente articolo nonché nel caso previsto dal quarto comma dell’articolo 2482-bis oppure quando lo richiedono uno o più amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale, le decisioni dei soci debbono essere adottate mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’articolo 2479-bis” […]».
(10)(10)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.15, Legittimità dell’adozione di una delibera di scioglimento della società adottata dai soci in presenza di una delle cause che producono ex lege tale effetto ai sensi dei nn. 1), 2), 3) 4) e 5) dell’art. 2484, comma 1, c.c., 1° pubbl. 9/09: «Le cause legali di scioglimento della società previste dai nn. 1), 2), 3), 4) e 5) dell’art. 2484, comma 1, c.c., producono i loro effetti dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori accertano la loro sussistenza. Fino a tale data, pertanto, l’assemblea dei soci conserva la facoltà di deliberare lo scioglimento della società per sua decisione, ai sensi del n. 6) del medesimo art. 2484, comma 1, c.c., ciò anche se la motivazione della decisione risieda nella sussistenza di una delle suddette altre cause di scioglimento non ancora accertate dagli amministratori».
(11)(11)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.1, Art. 2487 bis, comma 2, c.c., 1° pubbl. 9/04: «In caso di società in liquidazione l’indicazione “società in liquidazione” prescritta dall’art. 2487 bis c.c. non deve rientrare nella denominazione, posto che la norma in oggetto impone che detta indicazione debba essere semplicemente aggiunta alla denominazione sociale, e pertanto non deve essere modificato lo statuto al riguardo».
(12)(12)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 76-2014/I, Esclusione del socio e revoca dello stato di liquidazione, in CNN Notizie dell’8.4.2014: «[…] L’apparente ostacolo potrebbe esser costituito dalla previsione di cui al comma 5 dell’art. 2473 c.c., richiamato dall’art. 2473-bis c.c., che prevede che se la società delibera lo scioglimento il recesso (nel nostro caso, l’esclusione) non può essere esercitato. La dottrina ha, tuttavia, sin da subito rilevato come il richiamo sia imputabile ad un difetto di coordinamento, concludendo per l’ammissibilità dell’esclusione anche laddove la società sia in stato di liquidazione […]. Diversamente opinando non troverebbe tutela l’interesse della società, ricorrente anche nella fase della liquidazione, a sterilizzare l’esercizio dei diritti sociali da parte del socio, che, una volta escluso, verrà liquidato secondo le modalità e nei tempi previsti dall’art. 2491 c.c., ma al valore cristallizzato, agli effetti del riparto dell’attivo, al momento dell’esclusione […]».
(13)(13)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 46-2011/I, Istituzione di un trust in funzione liquidatoria. Limiti, in CNN Notizie del 30.3.2011: «[…] Se quindi appare difficile il riscontro di una giustificazione sul piano causale del negozio, e conseguentemente della stessa presenza di un interesse meritevole di tutela, va altresì ricordato come nella prassi, il ricorso al trust liquidatorio sia piuttosto ricorrente, e che la giurisprudenza di merito ne ha riconosciuto la liceità a condizione che lo stesso non si ponga in contrasto con la disciplina della liquidazione concorsuale dei creditori dell’imprenditore insolvente (v., ad esempio, Trib. Alessandria 23 novembre 2009, che nel rigettare una domanda di sequestro conservativo di beni istituiti in trust liquidatorio, ammette implicitamente tale figura giuridica). […] Pertanto, è stata affermata la nullità dei trust liquidatori privi delle clausole con le quali sia prevista la cessazione dello stesso in caso di fallimento, con conseguente obbligo di consegna dei beni al curatore fallimentare (Trib. Milano 29 ottobre 2010; App. Milano 29 ottobre 2009). Sulla base della stessa motivazione, è stata altresì dichiarata la nullità dei trust costituiti quando l’impresa era già insolvente e, pertanto, non avrebbe potuto sottrarre il proprio patrimonio alle norme in materia di procedure concorsuali (Trib. Milano 15 ottobre 2009, Trib. Milano 17 luglio 2009, Trib. Milano 16 giugno 2009) […]».
(14)(14)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 19-2011/I, Società scaduta, adeguamento e revoca della liquidazione, in CNN Notizie del 1.3.2011: «[…] Si prospetta il seguente quesito: una società a responsabilità limitata, con statuto ancora con norme non adeguate alla normativa introdotta dalla riforma del 2004, intende apportare le necessarie modifiche al fine di renderlo conforme alla normativa vigente. La durata della società è però stabilita sino al 31 dicembre 1999. Si chiede se, per poter effettuare le modifiche statutarie e, soprattutto, per poter regolarizzare la società, sia necessaria la revoca dello stato di liquidazione. Non v’è dubbio che si sia verificata una causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2484, n. 1) c.c. Ciò, tuttavia non vuol dire che per ciò stesso la società sia già in liquidazione. […] il verificarsi di una causa di scioglimento produce sì effetti interni indipendentemente dai relativi adempimenti pubblicitari ma non l’insorgere di per sé dello stato di liquidazione […]. […] la rimozione della causa di scioglimento determinata dallo scadere del termine prima che si sia provveduto all’iscrizione ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c., non darà comunque luogo a revoca dello stato di liquidazione, né all’insorgere del diritto di recesso […]».
(15)(15)
- Cass., 19 dicembre 2008, n. 29776, in Giur. Comm., 2009, II, 652, con nota di Angelici; in Riv. Not., 2010, 171, con nota di Scuderi: «La messa in liquidazione di una società […] determina […] semplicemente la modifica dell’oggetto sociale, che, per effetto della liquidazione, è ora diretto alla liquidazione dell’attivo ed alla sua ripartizione tra i soci, previa soddisfazione dei creditori sociali […]».
Trib. Milano, 26 maggio 2011, in Società, 2012, 761: «[…] le finalità di soddisfazione dei crediti è preminente su quella di realizzazione dello scopo sociale o di immediata utilità per la liquidazione; pertanto, l’interesse dei soci al migliore realizzo dei beni può ricevere una compressione a fronte di quello dei creditori di vedere soddisfatti i propri crediti».
(16)(16)
- Cass., 19 dicembre 2008, n. 29776, in Giur. Comm., 2009, II, 652, con nota di Angelici; e in Riv. Not., 2010, 171, con nota di Scuderi: «La messa in liquidazione di una società non determina un mutamento della personalità giuridica della stessa, né tantomeno la sostituzione di un soggetto di diritto ad un altro, ma semplicemente la modifica dell’oggetto sociale, che, per effetto della liquidazione, è ora diretto alla liquidazione dell’attivo ed alla sua ripartizione tra i soci, previa soddisfazione dei creditori sociali; pertanto, vi è continuità tra la società prima e dopo la messa in liquidazione, sì che gli atti compiuti prima di essa continuano a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti della società […]».
(17)(17)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 6071/I, Il pegno su azioni nelle operazioni sul capitale sociale: aspetti problematici ed indirizzi operativi, in CNN Notizie del 3.4.2006: «[…] Analoga soluzione, poi, verrebbe adottata nell’ipotesi di liquidazione della società, quando, in presenza di un residuo patrimoniale attivo distribuibile ai soci, dopo l’avvenuto pagamento dei creditori, o dopo che siano state accantonate le somme in denaro necessarie per pagarli, ne venisse attribuita - in denaro o in natura - una parte al socio. In tal caso, si è affermato, su quel residuo patrimoniale attivo il creditore vanterebbe senz’altro dei diritti, data l’assegnazione al socio, prima della scadenza del credito garantito, di una porzione del patrimonio sociale. […] Di fatto, quindi, anche tale vicenda societaria condurrebbe a quella sostituzione dell’oggetto del pegno, cui estendere, sempre in via analogica, le situazioni e le soluzioni previste dall’art. 2803 c.c. riguardanti le modalità di “riscossione del credito dato in pegno”. Così argomentando, sempre secondo la medesima opinione, potrebbe trovare adeguata risposta l’ipotesi in cui al socio fossero attribuiti beni diversi dal denaro non suscettibili di essere sottoposti a pegno quali, ad esempio, i beni immobili. Nella specie, si concluderebbe, laddove il credito garantito fosse scaduto occorrerebbe procedere alla vendita dei beni assegnati e con il ricavato soddisfare il creditore ovvero, chiederne […] l’assegnazione direttamente al creditore. Diversamente, invece, nell’ipotesi di credito garantito non scaduto laddove, invece, potrebbe ritenersi legittimo un accordo tra le parti volto a mantenere immutati i termini e le modalità dell’adempimento dell’obbligazione garantita dal vincolo pignoratizio, con accensione di ipoteca sui beni attribuiti al socio debitore […]».
(18)(18)
- Trib. Milano, 17 ottobre 2007, in Riv. Dir. Comm., 2011, II, 79, con nota di Ferri-Paolini: «La disciplina del capitale sociale non trova applicazione alle società in stato di liquidazione».
(19)(19)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.20, Srl in liquidazione - riduzione di capitale anche parziale rispetto alle perdite accertate, 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11: «È legittima da parte di una srl in liquidazione la deliberazione di riduzione del capitale sociale per perdite, anche se parziale rispetto alle perdite accertate […]».
(20)(20)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.20, Srl in liquidazione - riduzione di capitale anche parziale rispetto alle perdite accertate, 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11: «[…] Verificatasi la causa di scioglimento viene meno la necessità di garantire l’effettività del capitale sociale, e quindi l’applicabilità di tutte le regole portate dal sistema al riguardo di cui agli artt. 2446 -2447 e 2482 bis-2482 ter c.c. Ne segue che se le società di capitali in liquidazione non sono tenute a ridurre il capitale sociale per perdite non sembra potersi negare l’ammissibilità per le stesse di deliberare una sua riduzione in misura inferiore alle perdite medesime. Una volta, cioè, che si ritenga che il patrimonio netto di tali società possa mantenersi stabilmente inferiore al capitale nominale non sembra possa escludersi l’ammissibilità di un’operazione che finisca per ridurre il divario fra gli stessi. Saremmo di fronte, quindi, ad una ipotesi di riduzione del capitale facoltativa ma “atipica”, in quanto non prevista dalla legge, la cui disciplina non può essere mutuata dal corpus normativo degli artt. 2446-2447 o 2482 bis-2482 ter c.c., perché inapplicabili alle società in liquidazione […]».
(21)(21)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 330-2014/I, Concordato preventivo, delibera di scioglimento della società e autorizzazione del Tribunale, in CNN Notizie del 28.8.2014: «[…] [nel]la fase successiva alla presentazione del ricorso (non si distingue, qui, se nella modalità “in bianco” di cui al comma 6 dell’art. 161, o meno) e fino al decreto di cui all’articolo 163 con cui il debitore viene ammesso al concordato, il comma 7 dell’art. 161 l. fall. legittima il debitore a compiere gli atti di ordinaria amministrazione ma richiede la previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato, per gli atti urgenti di straordinaria amministrazione. La delibera di scioglimento e messa in liquidazione della società, mutando lo scopo dell’impresa, che appunto assume finalità liquidatorie, sembra inquadrarsi in questa seconda categoria, sicché si rende necessaria l’autorizzazione del tribunale, nel presupposto, peraltro, dell’urgenza».
(22)(22)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. E.A.4, Sede della liquidazione, 1° pubbl. 9/04: «Poiché le società possono avere un’unica sede principale la configurazione di una sede della liquidazione diversa da quella legale è illegittima. Nel caso che si voglia porre la sede della società in liquidazione in un luogo diverso da quello in cui era posta prima della liquidazione occorre procedere nelle forme di legge trasferendo la sede legale».
Massima del Tribunale di Milano (dettata ante legge 340/2000, recante soppressione dell’omologa degli atti societari), riferita a Trib. Napoli, 2 giugno 1995, in Società, 1996, 581: «non è legittima la designazione di una sede della liquidazione diversa da quella legale, senza procedere alla dovuta modifica statutaria».’
(23)(23)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 163-2006/I, Cooperativa in liquidazione con statuto non adeguato alla riforma del diritto societario e delibera di trasferimento sede, in CNN Notizie del 2.3.2007: «[…] La deliberazione di trasferimento della sede può dunque essere assunta anche durante la fase di liquidazione, qualora ciò si renda necessario o opportuno al fine di consentire o agevolare lo svolgimento della stessa, come affermato pacificamente da giurisprudenza e dottrina (Cass., 31 ottobre 1955, in Riv. Dir. Comm., 1956, II, 418 ss.; App. Firenze, 27 maggio 1982, in Società, 1982, 1290; Trib. Milano, 4 gennaio 1984, ivi, 1984, 1021; Trib. Roma, 4 maggio 1983, ivi, 1985, 150; […]) […]».
(24)(24)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 38-2006/I, Società cancellata dal registro delle imprese e sopravvenienze attive, in CNN Notizie del 6.9.2006: «[…] in mancanza di una diversa disposizione, la valenza estintiva che deve oggi riconoscersi alla cancellazione della società incide sulla soluzione del problema non rendendo più percorribili quei diversi rimedi che, prima della riforma, consentivano di considerare ancora esistente la società, o comunque di revocare la cancellazione, e quindi di coinvolgere il liquidatore, ad esempio, negli atti di disposizione del c.d. bene dimenticato. Tale, infatti, sembra ad oggi essere la soluzione pressoché obbligata: non essendovi più l’ente (la società) neppure appare possibile ritenere sussistente l’organo (il liquidatore) che in nome dell’ente possa compiere il relativo atto. Ecco quindi che, venuta meno la società, altri non sembra possano disporre del bene dimenticato se non i soci fra i quali si verrebbe ad instaurare una comunione ordinaria (in proporzione alla partecipazione di ciascuno di essi al capitale) relativamente ai beni sopravvissuti alla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione […]».
Cass., 21 gennaio 2014, n. 1183, in Giur. Comm., 2015, II, 252, con nota di Zorzi: «Nel caso in cui una società venga estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, i suoi diritti e i beni vengono trasferiti ai soci in regime di contitolarità o di comunione indivisa; detta cancellazione implica, invece, rinuncia all’esercizio di mere pretese, dei diritti di credito, la cui inclusione nel bilancio di liquidazione avrebbe richiesto una ulteriore attività giudiziale o stragiudiziale da parte del liquidatore».
(25)(25)
- Cass., 26 giugno 2015, n. 13259, in Riv. Giur. Trib., 2015, 767, con nota di Glendi: «La cancellazione della società dal registro delle imprese, pur provocando, dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, l’estinzione della società, non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio sui generis, in cui la responsabilità dei soci è limitata alla parte di ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione, sicché l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci, in base al bilancio finale di liquidazione, e la loro entità vanno provate dall’amministrazione finanziaria che agisce contro i soci per i pregressi debiti tributari della società, secondo il normale riparto dell’onere della prova».
(26)(26)
- Cass., 27 febbraio 2014, n. 4699, in Rep. Foro It., 2014, voce Società, n. 623: «L’art. 2495 c.c. (al pari dell’art. 2456 c.c. nel testo anteriore alla riforma di cui al d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6) prevede che i crediti verso la società cancellata diventano esercitabili dapprima nei confronti dei soci, nei limiti delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e poi, in caso di mancato pagamento per loro colpa, nei confronti dei liquidatori, stabilendo, quindi, ulteriori e distinti fatti costitutivi; ne deriva che l’accertamento giudiziale del credito verso la società, anche con forza di giudicato, pur opponibile ai soci ed ai liquidatori, non consente al creditore di far valere il titolo esecutivo ottenuto direttamente nei loro confronti, attesa la necessità di agire in giudizio contro gli uni e, gradatamente, contro gli altri per l’accertamento dei rispettivi presupposti».
(27)(27)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 35/2013, Trasformazione e fallimento: «un caso frequente nella prassi […] è la trasformazione di Spa fallita in Srl, fattispecie che efficacemente traduce le utilità immediate dell’operazione (riduzione degli oneri di procedura, diminuzione dei costi di gestione, a partire dal venir meno dei presupposti per la nomina dell’organo di controllo, facilità nella gestione della liquidazione stessa e maggiore snellezza della struttura organizzativa). In questo contesto si inserisce la c.d. “trasformazione liquidativa” volta ad evitare perdite maggiori attraverso la realizzazione di maggiori risparmi, garantendo al contempo un più consistente residuo attivo soprattutto nei casi in cui la procedura richiede tempi lunghi. Del resto già la relazione di accompagnamento al d.lgs. 6/2003 reperisce proprio nella riduzione degli “oneri” della procedura uno dei possibili scopi che la trasformazione può in concreto perseguire. È opportuno comunque precisare che l’interesse a ridurre i costi di gestione, oltre che nel caso di operazione liquidativa e finalizzata alla conservazione di un riparto attivo da distribuire ai soci, può sussistere anche nel caso in cui l’obiettivo sia il risanamento dell’impresa e la prosecuzione dell’attività. Delineata l’utilità concreta dell’operazione, si ritiene che la società per azioni fallita che abbia provveduto allo scioglimento e alla messa in liquidazione della società stessa possa senz’altro procedere alla trasformazione in società a responsabilità limitata senza ripianare le perdite e ricapitalizzare la società; e ciò anche nel caso di capitale integralmente perduto […]».
(28)(28)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 35/2013, Trasformazione e fallimento: «la dichiarazione di fallimento delle società di capitali non è di per sé causa di scioglimento della società né determina la decadenza degli organi sociali. Si tratta di un principio voluto dal legislatore della riforma del 2003 e che si trae dalla lettura dell’art. 2484 c.c., norma che, tra le cause di scioglimento, non annovera più la dichiarazione di fallimento per le società che abbiano per oggetto un’attività commerciale […]».
(29)(29)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. K.A.31, Trasformazione eterogenea di società od altri enti in liquidazione, 1° pubbl. 9/09: «Si ritiene sempre legittimo, nei limiti del procedimento legale e salvi i divieti espressi, che una qualsiasi società od altro ente in liquidazione si trasformi in altra società od ente (trasformazione eterogenea). La società o l’ente derivante dalla trasformazione potrà a sua volta essere in liquidazione o meno, poiché detta operazione può avere sia un fine liquidatorio sia un fine di rimozione della causa di scioglimento e di rilancio dell’attività. In ogni caso non sussiste alcun obbligo di motivare la decisione di trasformazione, essendo la valutazione sull’opportunità di tale operazione rimessa all’insindacabile giudizio dei soci o degli eventuali altri organi specificatamente competenti. I terzi creditori sono comunque tutelati con il diritto di opposizione previsto dall’art. 2500-novies c.c. […]».
(30)(30)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 156-2009/I, La ricostituzione della pluralità dei soci nelle società di persone decorsi sei mesi ex art. 2272 n. 4 c.c., in CNN Notizie del 12.5.2010: «[…] Meno problematica è la fattispecie della trasformazione in società a responsabilità limitata (oppure, anche se l’ipotesi è meno probabile, in società per azioni). Non si dubita seriamente in dottrina sull’ammissibilità di una siffatta fattispecie dal momento che l’art. 2500-ter c.c. disciplina espressamente la trasformazione progressiva da società di persone in società di capitali. In queste ultime, infatti, l’unipersonalità non integra una causa di scioglimento, ma rappresenta, al contrario, una delle connotazioni soggettive che possono assumere le società per azioni e le società a responsabilità limitata sia nel corso della loro vita sia al momento della costituzione. È ovvio che la società di persone con unico socio non dovrà essere stata nel frattempo cancellata e che dovrà essere capitalizzata con l’importo corrispondente al capitale minimo della società risultante alla trasformazione. Caso mai, dei dubbi sulla percorribilità di questa strada, potrebbero rinvenirsi nell’ipotesi in cui, decorso il semestre dal venir meno della pluralità dei soci, la società, ormai sciolta, si trovi in fase di liquidazione. […] La conseguenza della trasformazione sarà la revoca implicita dello stato di liquidazione poiché, in tal caso, la trasformazione in società unipersonale rappresenta la modalità attraverso la quale eliminare la causa di scioglimento […]».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 155-2011/I, Trasformazione di società in nome collettivo unipersonale da oltre un anno in s.r.l. unipersonale, in CNN Notizie del 28.12.2011: «[…] Sulla questione della mancata ricostituzione della pluralità di soci decorso il semestre di cui all’art. 2272, n. 4) c.c. si segnala, oltre agli studi citati, un contributo più recente, che riaffronta il tema e conferma l’orientamento secondo il quale l’unipersonalità della compagine sociale produce sì la causa di scioglimento ma non l’estinzione della società, la quale può procedere alla sua trasformazione in altro tipo sociale, il che comporterà anche la revoca implicita della liquidazione […]. La circostanza che trattasi di revoca implicita, comporta quanto ai quesiti prospettati: 1) l’irrilevanza della mancata indicazione del fatto che la società è in liquidazione ai fini della utilizzabilità della perizia; 2) che la s.r.l. non nasce in liquidazione, essendosi prodotta la revoca già con l’atto di trasformazione; 3) la non necessità di una delibera di revoca espressa. […] Pare, viceversa, opportuno indicare la circostanza che si è verificata la causa di scioglimento ma che non è stato mai compiuto alcun atto di liquidazione e che si procede alla trasformazione così eliminando la causa di scioglimento».
(31)(31)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 86-2006/I, Trasformazione di s.p.a. in stato di liquidazione, in CNN Notizie del 1.6.2006: «Si chiede se sia legittimo procedere alla trasformazione di una società per azioni, in stato di liquidazione e il cui capitale è stato interamente eroso dalle perdite, in società a responsabilità limitata, al solo fine di rendere meno onerosa la procedura di liquidazione, e senza dunque procedere alla ricapitalizzazione della stessa. Il nuovo disposto dell’art. 2499 c.c. prevede espressamente che possa farsi luogo alla trasformazione anche in pendenza di procedura concorsuale, purché non vi siano incompatibilità con le finalità o lo stato della stessa. Dunque, a fortiori, deve ritenersi ammissibile la deliberazione di trasformazione durante lo stato di liquidazione, a prescindere da un’eventuale (e concettualmente distinta) revoca dello stato di liquidazione, disciplinata dall’art. 2487-ter. La questione dell’ammissibilità della trasformazione in pendenza dello stato di liquidazione, già affrontata dalla dottrina sin da tempi risalenti […], viene ora risolta espressamente dal legislatore […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 126-2009/I, Trasformazione in società a responsabilità limitata di società per azioni in liquidazione, in CNN Notizie del 1.7.2009.
Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. K.A.30, Trasformazione omogenea di società in liquidazione, 1° pubbl. 9/09: «Si ritiene sempre legittimo, nei limiti del procedimento legale e salvi i divieti espressi, che una qualsiasi società lucrativa in liquidazione si trasformi in altra società lucrativa (trasformazione omogenea). La società derivante dalla trasformazione potrà a sua volta essere in liquidazione o meno, poiché detta operazione può avere sia un fine liquidatorio sia un fine di rimozione della causa di scioglimento e di rilancio dell’attività […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 246-2009/I, Trasformazione di società consortile per azioni in liquidazione in società cooperativa per azioni. Legittimità e procedimento, in CNN Notizie del 5.1.2010; Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010.
Massima del Tribunale di Milano (dettata ante legge 340/2000, recante soppressione dell’omologa degli atti societari), riferita a Orientamento del Tribunale di Milano del 1989: «sono omologabili gli atti di trasformazione di una società per azioni in liquidazione anche se abbia perso il capitale al di sotto del minimo di legge previsto per la nuova forma sociale - in altra società di capitali, sempre che dall’atto non emerga la estraneità di siffatta trasformazione agli scopi liquidatori della società (tale estraneità sarebbe da considerare in re ipsa nel caso in cui la trasformazione comporti il passaggio ad una forma sociale più onerosa ed articolata: ad esempio da società a responsabilità limitata a società per azioni)».
(32)(32)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 36-2007/I, Azioni concesse in usufrutto e riduzione reale del capitale sociale di s.p.a. ex art. 2445 cod. civ., mediante rimborso di parte del capitale sociale ai soci, in CNN Notizie del 18.7.2007: «[…] L’applicazione dell’art. 1000 cod. civ., norma volta a disciplinare, in sostanza, l’usufrutto di crediti […], comporta il mantenimento del diritto alla restituzione del capitale (la somma ricevuta a seguito della riduzione ex art. 2445 cod. civ.) in capo al nudo proprietario, mentre il diritto ai frutti resterà di spettanza dell’usufruttuario. […] L’applicazione dell’art. 1000 cod. civ. al caso di specie, richiedendo la cooperazione di usufruttuario e nudo proprietario al fine della riscossione, evita possibili abusi di una parte a danno dell’altra; i rispettivi diritti sul capitale riscosso e investito a norma dell’art. 1000 cod. civ. saranno rapportati, nella durata, a quella propria dell’usufrutto sulle azioni […]».
(1)(1)
- Norma 10.9. delle Norme di Comportamento del Collegio Sindacale elaborate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili: «Il collegio sindacale verifica, sulla base delle informazioni acquisite la fondatezza o, qualora non preventivamente rilevate, valuta la sussistenza di cause di scioglimento della società, informandone tempestivamente l’organo amministrativo. In assenza di accertamento da parte di quest’ultimo, il collegio si attiva, esercitando i poteri previsti dalla legge».
Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] solo laddove si verifichi una omissione degli amministratori il secondo comma dell’art. 2485 c.c. prevede la legittimazione: dei singoli soci, dei sindaci, degli amministratori, intesi quali singoli componenti dell’organo collegiale inattivo al riguardo, a richiedere l’accertamento della causa di scioglimento al tribunale […]».
(2)(2)
- App. Bari, 6 settembre 2006, in Giur. Comm., 2008, II, 128: «In seguito alla riforma del diritto societario, ai sensi degli art. 2484 seg. c.c., qualora gli amministratori omettano di accertare il verificarsi di una causa di scioglimento della società (nella specie, in seguito all’azzeramento del capitale sociale) e di adottare immediatamente i provvedimenti consequenziali, i singoli soci, amministratori o sindaci possono adire il tribunale […] esclusivamente per l’accertamento della presenza di una causa di scioglimento della società, potendo il tribunale procedere alla nomina del liquidatore, sempre su istanza di soci, amministratori o sindaci, solo qualora, successivamente alla declaratoria giudiziale della causa dello scioglimento, gli amministratori omettano di convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti o quando quest’ultima, pur ritualmente convocata, ometta di provvedere».
Trib. Milano, 25 febbraio 2005, in Società, 2005, 1149: «La nomina delle persone incaricate della liquidazione, con fissazione dei criteri di svolgimento della stessa, spetta in prima esclusiva istanza ai soci, posto che l’art. 2487, 1º comma, c.c. prevede che gli amministratori, contestualmente all’accertamento della causa di scioglimento, debbano convocare l’assemblea per tali determinazioni; l’intervento del tribunale è previsto solo per il caso che questa assemblea, la cui convocazione è obbligo degli amministratori, non si costituisca o non deliberi, come chiaramente dice l’art. 2487, 4º comma, c.c.».
Trib. Cuneo, 6 agosto 2012, in Società, 2013, 504: «In caso di inerzia degli amministratori di una srl nel richiedere l’iscrizione della cancellazione della società nel registro delle imprese non è applicabile in via analogica la procedura di cancellazione della società da parte del giudice del registro delle imprese, su segnalazione dell’ufficio del registro delle imprese, prevista per le società di persone dall’art. 3 d.p.r. n. 247/2004, ma soltanto la procedura prevista dagli artt. 2484 seg. c.c.».
Trib. Napoli, 7 novembre 2013, in Società: «La differenza sostanziale della disciplina tra società di persone e di capitali fa convenire che manchi il presupposto per l’applicazione analogica alle seconde del sistema delineato dall’art. 3 d.p.r. n. 247/2004, secondo il quale il rilievo delle specifiche circostanze in esso indicate consente al conservatore del registro imprese di interpellare l’amministratore sull’effettiva persistente operatività della società di persone considerata e, in caso di suo silenzio, di trasmettere al presidente del tribunale territorialmente competente per l’eventuale nomina di un liquidatore ovvero per la rimessione al giudice del registro imprese di valutare la sussistenza delle condizioni per disporre la cancellazione della società dal registro».
(3)(3)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] la competenza alla trattazione dei procedimenti di volontaria giurisdizione spetta alle sezioni specializzate in materia d’impresa (SSI) per quanto riguarda le società di capitali»; «la competenza per territorio va quindi individuata in riferimento alla sede della società di capitali e in riferimento all’ambito territoriale delle SSI»; «la trattazione di tali procedimenti ricade nella disciplina ex artt. 737 e ss. c.p.c., con il che: la trattazione e la decisione sono collegiali ai sensi dell’art. 50-bis c.p.c. laddove il codice civile indica come competente il tribunale»; «ex art. 741 c.p.c. i provvedimenti emessi dal tribunale “acquistano efficacia” soltanto una volta decorsi i termini per proporre reclamo, salva l’efficacia immediata disposta dal provvedimento “se vi sono ragioni di urgenza”» «i reclami sono di competenza della corte d’appello».
(4)(4)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] La ricorrenza di una delle cause di scioglimento della società di capitali deve essere accertata ex art. 2485 c.c. dagli amministratori “senza indugio” con dichiarazione la cui iscrizione nel Registro delle imprese ha effetto costitutivo rispetto allo scioglimento dell’ente»: «il contenuto dell’accertamento riservato agli amministratori non pare in quanto tale sindacabile nell’ambito del controllo c.d. qualificatorio spettante al Conservatore in sede di iscrizione ex art. 2189 c.c., ma semmai solo controvertibile in sede contenziosa, in sostanza le “condizioni richieste dalle legge per l’iscrizione” risultando rappresentate dalla esistenza di una deliberazione dell’organo gestorio a contenuto dichiarativo che dia conto della ricorrenza di una delle ipotesi ex art.2484 cc, senza necessità di ulteriori verifiche di fatto […]».
(5)(5)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.3, Cause di scioglimento statutarie, 1° pubbl. 9/04: «L’atto costitutivo è libero di determinare altre cause di scioglimento, oltre a quelle legali, la competenza a deciderle o ad accertarle e ad effettuare gli adempimenti pubblicitari […]».
(6)(6)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.3, Cause di scioglimento statutarie, 1° pubbl. 9/04: «[L’atto costitutivo, n.d.A.] Non può in ogni caso stabilire per dette cause [di scioglimento statutarie, n.d.A.] un’efficacia dello scioglimento nei confronti dei terzi anteriore alla relativa pubblicità da effettuarsi mediante iscrizione nel registro delle imprese».
(7)(7)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.6, Requisiti delle clausole convenzionali di scioglimento, 1° pubbl. 9/04: «La previsione statutaria di cause convenzionali di scioglimento della società deve essere accompagnata dall’individuazione dell’organo competente a deliberare o accertare tali cause di scioglimento e ad effettuare i relativi adempimenti pubblicitari; la mancata previsione ed attribuzione delle suddette competenze comporta l’inefficacia della clausola statutaria che si limita alla previsione di ipotesi convenzionali di scioglimento».
Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.7, Altre cause previste dall’atto costitutivo o dallo statuto: «Quando l’atto costitutivo o lo statuto prevedono altre cause di scioglimento, devono determinare la competenza a deciderle o accertarle ed ad effettuare gli adempimenti pubblicitari. Ad esempio se l’atto prevede la clausola secondo cui la società si scioglie in caso di recesso, esclusione, decesso del socio di maggioranza».
(8)(8)
- Trib. Catania, 11 giugno 2012, in Vita Not., 2013, 254: «La “cessazione per qualsiasi causa” dell’affidamento della gestione di un determinato pubblico servizio, introdotta, ai sensi dell’art. 2484, 1º comma, n. 7), c.c. quale ipotesi statutaria di scioglimento di una società per azioni, costituisce causa soggetta a mero accertamento e non già a decisione, come tale implicante l’esercizio di un inevitabile grado di discrezionalità da parte degli organi sociali; ne consegue che la relativa clausola sarà pienamente efficace anche in caso di mancata individuazione, da parte dello statuto, dell’organo competente ad effettuare il relativo accertamento, trovando applicazione in tale ipotesi la regola generale, codificata dall’art. 2485, 1º comma, c.c., secondo cui sono gli amministratori a dovere procedere senza indugio ad accertare il verificarsi di una causa di scioglimento della società».
(9)(9)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 72-2015/I, Cancellazione di società fallita dal registro delle imprese, in CNN Notizie del 16.3.2016: «[…] la Suprema Corte ha affermato come “La chiusura del fallimento di una società per ripartizione finale dell’attivo od insufficienza tale da impedire l’utile continuazione della procedura, disposta ai sensi dell’art. 118 legge fallimentare previgente, applicabile ‘ratione temporis’, non ne determina l’estinzione, sia perché con essa non si produce indefettibilmente la definizione di tutti i rapporti che fanno capo alla società, sia perché si verifica, con la fine dello ‘spossessamento’, il riacquisto della libera disponibilità dei propri beni da parte del fallito” (Cass. 23 aprile 2010, n. 9723). Anche una parte autorevole della dottrina ha espresso l’avviso per cui la chiusura della procedura non possa comportare mai l’automatica estinzione della società, prescindendo da una verifica della completa definizione dei rapporti sociali attivi e passivi, per cui “al curatore deve ritenersi sì attribuito l’onere di procedere alla cancellazione della società, ma solo quando, da un lato, della cancellazione sussistano in punto di fatto i presupposti, vale a dire solo quando, al momento della chiusura del fallimento, tutto risulti essere stato liquidato e tutti rapporti siano stati definiti; e, dall’altro lato, i soci non abbiano manifestato la volontà di ‘riattivare la società’: in sostanza, solo quando ormai della società residui un mero ‘guscio vuoto’, che nessuno mostra di voler utilizzare rispetto al quale, in una logica di economia dei mezzi, potrebbe riguardarsi come un inutile formalismo la nomina dei liquidatori con l’unico compito di procedere essi alla cancellazione” […] Ora, non essendo - correttamente, per quanto sopra detto - intervenuta la cancellazione della società, pare evidente come la stessa appaia legittimata a disporre dei propri beni residui».
(10)(10)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 34/2013, Concordato preventivo e trasformazione di società: «La pendenza della procedura di concordato preventivo non inibisce né altera l’operatività della disciplina ordinaria della trasformazione, non limita il potere deliberativo dell’assemblea […] né costituisce causa di decadenza degli organi sociali».
(11)(11)
- Trib. Ancona, 12 aprile 2012, in Fallimento, 2013, 110: «In tema di concordato preventivo, la presentazione della domanda di concordato comporta il differimento dell’obbligo di intervenire sul capitale e de termina la necessità di verifica della permanenza della causa di scioglimento solo all’esito della procedura di concordato».
(12)(12)
- Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.1, Decorso del termine: «La causa è oggettiva e si verifica il giorno in cui lo statuto fissa il termine del contratto sociale. È onere dell’amministratore denunciare il verificarsi della causa di scioglimento per scadenza del termine».
(13)(13)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di impresa n. 403-2014/I, S.r.l. semplificata e oggetto sociale: finanziamento connesso con operazioni di locazione finanziaria, consulenza e assistenza in relazione ad investimenti e finanziamenti, attività di noleggio con conducente e procacciamento di affari, in CNN Notizie del 4.2.2015: «[…] Si suggerisce, infine, di ricordare ai soci come la realizzazione di tutte le attività indicate nell’oggetto sociale sia obbligatoria per gli amministratori; e, pertanto, la mancata attuazione di alcune sue parti (anche per mancanza delle risorse necessarie) può porre la società in condizione di scioglimento (per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale), determinare l’insorgere di una responsabilità degli amministratori, aumentare la conflittualità tra i soci […]».
Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.2, Conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo: «Si rileva che la norma non fa riferimento all’attività effettivamente svolta, ma alla previsione contenuta nell’oggetto sociale. L’amministratore deve pertanto accertare che il conseguimento o l’impossibilità di conseguirlo sia riferita a tutte le attività previste ed enumerate nell’oggetto sociale […]».
(14)(14)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 34/2013, Concordato preventivo e trasformazione di società: «la dichiarazione di fallimento delle società di capitali non è di per sé causa di scioglimento della società né determina la decadenza degli organi sociali. Si tratta di un principio voluto dal legislatore della riforma del 2003 e che si trae dalla lettura dell’art. 2484 c.c., norma che, tra le cause di scioglimento, non annovera più la dichiarazione di fallimento per le società che abbiano per oggetto un’attività commerciale. Per effetto del fallimento e in pendenza della procedura le sorti del patrimonio sociale - destinato alla soddisfazione dei creditori - si separano dalle sorti della struttura dell’organizzazione mentre gli organi sociali mantengono le rispettive prerogative seppure con il filtro della compatibilità con le regole della procedura fallimentare».
(15)(15)
- Trib. Lecco, 19 febbraio 2007, in Società, 2008, 1027: «Si appalesa lo scioglimento per sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale soltanto quando detta impossibilità sia tale da assumere il carattere di irreversibilità e di assolutezza».
Trib. Napoli, 25 maggio 2011, in Società, 2012, 387: «La sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale si configura nel caso in cui la società si viene a trovare, in modo oggettivo, definitivo ed irreversibile, nell’impossibilità di continuare a svolgere l’attività economica programmata dai soci come delineata nell’atto costitutivo, tale da precludere qualsiasi ulteriore attività operativa della società».
(16)(16)
- Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.3, Impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea: «Quanto all’ipotesi relativa all’“impossibilità di funzionamento”, essa è costituita dallo “stallo” interno all’assemblea, dovuto all’esistenza di contrasti nella compagine sociale, tali da impedire il funzionamento dell’assemblea stessa, nonostante questa, di volta in volta, si riunisca e si costituisca validamente. Quanto invece alla “continuata inattività”, questa va intesa come l’assenza, per un periodo prolungato, di qualsivoglia attività dell’assemblea, dovuta al fatto che quest’ultima non riesce nemmeno a riunirsi od a costituirsi validamente. Si precisa che sia la “impossibilità di funzionamento” sia la “continuata inattività” dell’assemblea, per operare come cause di scioglimento di una società di capitali, debbono presentarsi come situazioni patologiche dal carattere non temporaneo e non superabile ed essere tali da non consentire l’approvazione delle delibere fondamentali per la prosecuzione dell’attività sociale, quali ad esempio quella di approvazione del bilancio, di nomina/sostituzione degli amministratori. L’amministratore, una volta iscritta la causa di scioglimento, stante l’impossibilità dell’assemblea di funzionare, si dovrà rivolgere al Presidente del Tribunale per la nomina del liquidatore».
Ministero dello Sviluppo Economico, Parere prot. n. 33637 del 9 febbraio 2016: «[…] In disparte, ed a margine […] si richiama quanto precisato nel ridetto parere alla CCIAA di Lecce [parere alla Camera di commercio di Lecce del 19 maggio 2014, prot. 94215], con riferimento allo scioglimento della società dovuto a impossibilità di funzionamento dell’organo assembleare: Nel caso, invece, della causa di scioglimento di cui al n. 3 del citato articolo (“per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea”), pur trattandosi, indubbiamente, di eventi dai contorni spesso sfumati, va rammentato - al fine della verifica di rispondenza “tipologica” dell’atto presentato per l’iscrizione, rispetto a quello previsto dalla legge - che, secondo la giurisprudenza (Trib. Biella, 25/11/05, n. 942/05 R.G.C.) “la continuata inattività dell’assemblea può derivare o dalla perdurante mancata convocazione dell’assemblea o dalla perdurante diserzione dei soci. Ciò che deve risultare concretamente impossibile è l’adozione di deliberazioni necessarie ed indispensabili al regolare svolgersi della vita societaria. Tra queste rientrano senza dubbio quelle di approvazione del bilancio di esercizio e di nomina o sostituzione degli amministratori e dei sindaci. Non basta quindi una mera mancanza di attività in senso inqualificato, occorre che l’inattività dell’assemblea abbia riflessi paralizzanti sulla vita della società e sulla sua normale conduzione”».
App. Catania, 21 aprile 2008, in Vita not., 2008, 973: «L’impossibilità di funzionamento dell’assemblea ai fini dell’art. 2484 c.c. ricorre quando l’organo assembleare appaia stabilmente ed irreversibilmente incapace di assolvere le sue funzioni essenziali, affinché l’ente possa perseguire lo scopo sociale e, nello specifico, nei casi di insanabile contrasto tra i soci che impediscano l’adozione di provvedimenti necessari».
In senso conforme: Trib. Prato, 12 gennaio 2010, in Giur. Comm., 2011, II, 970; Trib. Alessandria, 13 dicembre 2010, in Rep. Foro It., 2011, voce Società, n. 769; Trib. Milano, 16 febbraio 2012, in Società, 2012, 1153.
(17)(17)
- Trib. Prato, 17 dicembre 2009, in Società, 2010, 559: «Sussiste la causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea anche se sia risultato impossibile approvare un solo bilancio d’esercizio, quando siano in concreto ravvisabili sintomi sufficienti per affermare che l’organo assembleare è stabilmente ed irreversibilmente incapace di assolvere le sue funzioni».
Trib. Brescia, 24 giugno 2011, in Corr. Mer., 2012, 24: «La mancata approvazione e il mancato deposito dei bilanci per più esercizi determinano un’impossibilità di funzionamento dell’assemblea, cui consegue lo scioglimento della società ai sensi dell’art. 2484 c.c.».
(18)(18)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 115-2007/I, Mancata approvazione dei bilanci e scioglimento di società in amministrazione giudiziaria ai sensi della normativa antimafia, in CNN Notizie del 18.10.2007: «[…] L’impossibilità di adottare deliberazioni di approvazione del bilancio è pacificamente ritenuta causa di scioglimento dalla giurisprudenza […] la mancata approvazione del bilancio deve rappresentare non un contrasto temporaneo e occasionale tra i soci, bensì un dissidio profondo e permanente, che dovrebbe manifestarsi proprio dal protrarsi dell’impossibilità di approvazione del bilancio per più assemblee […]. In definitiva, tale situazione, a seconda delle modalità concrete che la determinano, può rappresentare una causa di scioglimento, se dipendente dal comportamento dell’assemblea, o eventualmente rappresentare una grave irregolarità nella gestione, che legittima l’adozione di provvedimenti ex art. 2409 cod. civ. (v. ad es. Trib. S. Maria Capua Vetere, 19 marzo 2002, in Società, 2002, 997 ss.)».
(19)(19)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.5, Modifica dell’oggetto conseguito o divenuto impossibile, 1 pubbl. 9/04: «La deliberazione dell’assemblea dei soci di una società di capitali che, convocata senza indugio, modifica l’oggetto sociale già conseguito o divenuto impossibile a conseguirsi, non comporta revoca dello stato di liquidazione: pertanto produce effetti sin dalla sua iscrizione al registro delle imprese senza necessità del decorso del termine di 60 giorni prescritto dall’art. 2487 ter, secondo comma, c.c.».
(20)(20)
- App. Venezia, 12 marzo 2013, in Ric. Giur., 2014, 143, con nota di Zorzi: «Tra le ipotesi di responsabilità del soggetto che esercita attività di direzione e coordinamento per violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale vi è la mancata adozione degli opportuni provvedimenti con conseguente continuazione dell’attività da parte delle società soggette a direzione e coordinamento quando è integrata la causa di scioglimento di cui all’art. 2484 n. 4 c.c.».
(21)(21)
- Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.4, Riduzione del capitale al di sotto del minimo legale: «In tal caso l’accertamento della causa di scioglimento, riguardante le SRL, non può che essere preceduto dall’iscrizione del verbale redatto dal notaio ai sensi dell’articolo 2482-ter, norma che prevede “… salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter”. Si evidenzia che l’assemblea deve essere convocata “senza indugio” e, quindi, per effetto dell’art. 2631 c.c., entro 30 giorni dalla conoscenza della riduzione del capitale al disotto del minimo legale, per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo o deliberare la trasformazione della società o il suo scioglimento. Solo se l’assemblea correttamente convocata vada deserta o di fronte al notaio non deliberi nulla, l’amministratore potrà procedere con il deposito della propria dichiarazione di accertamento e supportare la procedura adottata con l’eventuale allegazione del verbale notarile, se richiesta dall’ufficio».
(22)(22)
- Trib. Napoli, 12 luglio 2006, in www.studiolegale.leggiditalia.it: «In presenza di una perdita di bilancio che riduca il capitale al di sotto del limite legale(ovvero che, nelle società cooperative, lo azzeri), la delibera sociale emessa a norma dell’art. 2447 c.c., ancorché l’assemblea non sia stata convocata dall’amministratore con la sollecitudine prevista dalla legge, non è viziata, ed è validamente idonea a far venir meno, con effetto “ex tunc”, gli effetti dello scioglimento, senza necessità di una delibera adottata all’unanimità per la revoca dello scioglimento».
(23)(23)
- Cass., 8 giugno 2007, n. 13503, in Foro It., 2008, I, 206: «In tema di riduzione del capitale sociale per perdite, la mera deliberazione di aumento del capitale non è idonea a modificare la situazione contabile della società - e dunque il verificarsi della causa di scioglimento di cui all’art. 2448, n. 4, c.c. e la conseguente responsabilità degli amministratori ai sensi dell’art. 2449 - sin quando le nuove azioni non siano sottoscritte (e pagate almeno nella misura percentuale minima prescritta dalla legge)».
(24)(24)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.11, Procedimento per la rimozione di una causa di scioglimento prima della iscrizione della dichiarazione di accertamento della medesima nel registro imprese, 1° pubbl. 9/08: «[…] È pertanto possibile, qualora si sia avverata una causa di scioglimento della società senza che essa sia stata pubblicizzata nel registro delle imprese, rimuovere la causa di scioglimento stessa senza l’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 2487 ter c.c., poiché l’applicazione di tale ultimo articolo presuppone necessariamente che la società si trovi in stato di liquidazione per effetto di causa di scioglimento già pubblicizzata al registro delle imprese. Ne consegue, a titolo di esempio, che, qualora sia decorso il termine di durata della società ex art. 2484 numero 1) c.c. senza che tale circostanza sia stata accertata e dichiarata dagli amministratori al registro delle imprese, la società potrà modificare lo statuto prolungando il termine di durata già scaduto senza dovere prima revocare lo stato di liquidazione né dovere attendere il decorso dei termini di cui al comma II dell’art. 2487-ter c.c.».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008; Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 34-2010/I, Società sciolta per scadenza del termine e sua proroga. Necessità o meno di una delibera esplicita di revoca della liquidazione, in CNN Notizie del 7.4.2010.
(25)(25)
- Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.5, Verificarsi delle ipotesi previste dagli articoli 2437-quater e 2473: «In tal caso, come nell’ipotesi dell’art. 2484 n. 4, se il recesso di uno o più soci ha per conseguenza la riduzione del capitale, obbliga il ricorso alla modificazione statutaria con intervento notarile».
(26)(26)
- Cass., 12 dicembre 2005, n. 27387, in Foro It., 2006, I, 3455; in Vita Not., 2006, 304; e in Dir. Prat. Soc., 2006, fasc. 10, 62, con nota di Gelfi: «Non è impugnabile per conflitto di interessi la delibera di scioglimento anticipato della società ex art. 2448, n. 5, c.c. testo previgente (ora art. 2484, n. 6, c.c.) in quanto la situazione di conflitto rilevante ai fini dell’art. 2373 c.c. testo previgente deve essere valutata con riferimento non già a confliggenti interessi dei soci, bensì a un eventuale contrasto tra l’interesse del socio e l’interesse sociale inteso come l’insieme degli interessi riconducibili al contratto di società tra i quali non è ricompreso l’interesse della società alla prosecuzione della propria attività, giacché la stessa disciplina legale del fenomeno societario consente che la maggioranza dei soci ponga fine all’impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione».
(27)(27)
- Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.6, Deliberazione dell’assemblea: «Trattandosi di deliberazione comportante in ogni caso la modificazione dell’atto costitutivo è sempre necessario procedere con verbalizzazione notarile ai sensi dell’art. 2480».
(28)(28)
- Unioncamere e Consiglio Nazionale del Notariato, Orientamenti della Commissione tecnico-giuridica aggiornati al 6 maggio 2015, Orientamento n. 5.2, Conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo: «[…] L’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale deve risultare da elementi inconfutabili e obiettivamente tali da rendere definitivo il fatto nonché rivestire il carattere dell’assolutezza e irreversibilità; esso non può consistere nella sopravvenuta antieconomicità dell’impresa […]».
Trib. Milano, 21 dicembre 2005, in Società, 2006, 1514: «L’insufficiente redditività prospettica della società non rientra tra le cause di scioglimento previste dalla legge o dall’atto costitutivo».
(29)(29)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 18-2007/I, Assegnazione dei beni ai soci nella fase di liquidazione della società: profili civilistici, in CNN Notizie del 12.11.2007: «[…] Pur non essendovi stata una espressa presa di posizione del legislatore della riforma nel disciplinare la liquidazione, un qualche ruolo sembra potersi riconoscere al disposto dell’art. 2487, lett. c), c.c., nella parte in cui prevede che l’assemblea straordinaria convocata per la nomina dei liquidatori debba altresì individuare i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione. […] la ricostruzione più convincente, consente di concludere nel senso che come v’è discrezionalità (dietro le “opportune cautele”) dei liquidatori in ordine alla anticipata distribuzione, così deve riconoscersi discrezionalità dei liquidatori a procedervi non già attraverso la attribuzione di somme di denaro, bensì con l’assegnazione di beni in natura […]».
(30)(30)
- Cass., 31 agosto 2005, n. 17585, in Società, 2006, 854: «Nella società per azioni il divieto per i liquidatori di ripartire fra i soci, anche solo parzialmente, i beni sociali (art. 2280 c.c., richiamato dall’art. 2452 c.c.) finché non siano stati pagati i creditori sociali o non siano state accantonate le somme necessarie per il pagamento dei debiti non ancora scaduti, penalmente sanzionato (art. 2625 c.c.), è stabilito a tutela dei creditori con carattere di inderogabilità, e, quindi, la violazione del divieto non è esclusa dalla circostanza che la garanzia generica offerta dal capitale sociale sia astrattamente idonea a garantire i creditori, ovvero nel caso in cui, all’esito della liquidazione, si accerti che i creditori sono stati comunque soddisfatti».
(31)(31)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa e Civilistico n. 234-2013/C-I, Assegnazione di beni in Italia da parte di società estera, in CNN Notizie del 19.2.2014: «[…] Ai sensi dell’articolo 25, comma 2, lett. c) della legge 31 maggio 1995, n. 218, l’estinzione della società è disciplinata dalla legge regolatrice dell’ente. […] Nonostante la liquidazione della società avvenga secondo le regole del diritto ceco, il trasferimento dei beni è, invece, regolato dalla legge italiana in base al disposto dell’art. 51 l. 218/1995, il quale dispone che l’acquisto e la perdita della proprietà sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l’attribuzione dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto […]».
(32)(32)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 661-2013/I, Società portoghese cancellata dal registro delle imprese e rappresentanza, in CNN Notizie del 21.2.2014.
(33)(33)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.16, Collegialità obbligatoria dell’organo di liquidazione pluripersonale, 1° pubbl. 9/10 - motivato 9/11: «[…] Per quanto riguarda poi la srl è anche da rilevare che non è possibile applicare ai liquidatori, per analogia, le regole di governance previste per gli amministratori, in quanto l’ordinamento consente il ricorso all’analogia solo per colmare una lacuna di disciplina e non per derogare ad una disciplina espressa. Neanche il disposto dell’art. 2488 c.c. può essere invocato per sostenere la possibilità di nominare nella srl più liquidatori che operino non collegialmente, poiché gli “organi amministrativi” individuati in detta disposizione non possono essere confusi con gli “organi liquidativi” di cui all’art. 2487 c.c., anche se entrambi compiono attività gestorie. Inoltre la deroga alla disciplina del funzionamento collegiale dell’organo di liquidazione pluripersonale limitata alla sola srl risulterebbe incompatibile con il sistema unitario della liquidazione delle società di capitali e quindi non applicabile per espressa previsione del medesimo art. 2488 c.c.».
(34)(34)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 4/2008, Ammissibilità nella S.R.L. di più liquidatori non operanti con il metodo collegiale: «[…] Dalla lettera del riformato art. 2488 c.c., per il quale si applicano, in quanto compatibili, anche durante la liquidazione, tra l’altro, le disposizioni riguardanti gli organi amministrativi, si evince chiaramente un principio di omogeneità tra i due organi, con l’ovvia applicazione a quello liquidativo della disciplina tipica degli amministratori. Tale assunto trova concorde la prevalente dottrina, che ritiene, pertanto, la disciplina dell’organo liquidativo modellata su quella dell’organo amministrativo. Se, nel silenzio dell’atto costitutivo e dello statuto, l’assemblea, che nomina i liquidatori, nulla dice circa le regole di funzionamento dell’organo, troveranno applicazione le regole proprie in tema di amministrazione, secondo le quali, se l’amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione, con applicazione del metodo collegiale. Se, pertanto, il metodo collegiale rappresenta tutt’ora il metodo di default, la dottrina ormai è concorde nel ritenere che sia l’atto costitutivo o lo statuto, sia la delibera di nomina potranno contemplare l’attribuzione ai liquidatori dei poteri congiunti o disgiunti ex artt. 2257 e 2258 c.c., secondo quanto previsto dall’art. 2475 c.c.. Se per le s.r.l., e sempre che lo Statuto lo preveda, è possibile che le operazioni di liquidazione siano svolte disgiuntamente, con la conseguenza di escludere l’applicazione del metodo collegiale e del principio maggioritario, ciò non sembra affatto ammissibile nella società per azioni, nella quale, in caso di nomina di una pluralità di amministratori, il metodo collegiale è vincolante durante la vita della società […]».
(35)(35)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012: «[…] per le società a responsabilità limitata, il metodo collegiale sembrerebbe operare solo di default, nel silenzio dell’atto costitutivo e dello statuto, e laddove l’assemblea che nomina i liquidatori nulla dica al riguardo, cioè non sia prevista l’attribuzione ai liquidatori dei poteri congiunti o disgiunti ex artt. 2257 e 2258 c.c., secondo quanto previsto dall’art. 2475 c.c..[…]. Né sembra, sempre sul piano sistematico, che il ricorso a forme non collegiali (sulla falsariga dell’amministrazione congiuntiva o disgiuntiva) si ponga in contrasto con lo spirito della legge delega sulla riforma, i cui principi in tema di liquidazione non accennano in alcun modo al rapporto di gestione/controllo della fase di liquidazione basato sul dualismo liquidatori/soci […]. […] La questione, in definitiva, sembra in tale ottica spostarsi dal piano della legittimità a quello dell’opportunità: […] il metodo congiuntivo totalitario, se da un lato rende meno fluida l’azione dell’organo, dall’altro assicura un totale controllo di ciascun liquidatore sull’attività […]».
(36)(36)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012: «[…] per le società a responsabilità limitata, il metodo collegiale sembrerebbe operare solo di default, nel silenzio dell’atto costitutivo e dello statuto, e laddove l’assemblea che nomina i liquidatori nulla dica al riguardo, cioè non sia prevista l’attribuzione ai liquidatori dei poteri congiunti o disgiunti ex artt. 2257 e 2258 c.c., secondo quanto previsto dall’art. 2475 c.c..[…]. Né sembra, sempre sul piano sistematico, che il ricorso a forme non collegiali (sulla falsariga dell’amministrazione congiuntiva o disgiuntiva) si ponga in contrasto con lo spirito della legge delega sulla riforma, i cui principi in tema di liquidazione non accennano in alcun modo al rapporto di gestione/controllo della fase di liquidazione basato sul dualismo liquidatori/soci […]. […] La questione, in definitiva, sembra in tale ottica spostarsi dal piano della legittimità a quello dell’opportunità: […] il metodo disgiuntivo, infine, permette uno svolgimento dell’attività di liquidazione più rapido, ma può presentare l’inconveniente di un’azione gestionale non coordinata, rispetto alla quale i correttivi previsti dal legislatore potrebbero non costituire un efficace deterrente […]».
(37)(37)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012: «[…] per le società a responsabilità limitata, il metodo collegiale sembrerebbe operare solo di default, nel silenzio dell’atto costitutivo e dello statuto, e laddove l’assemblea che nomina i liquidatori nulla dica al riguardo, cioè non sia prevista l’attribuzione ai liquidatori dei poteri congiunti o disgiunti ex artt. 2257 e 2258 c.c., secondo quanto previsto dall’art. 2475 c.c.. […] Né sembra, sempre sul piano sistematico, che il ricorso a forme non collegiali (sulla falsariga dell’amministrazione congiuntiva o disgiuntiva) si ponga in contrasto con lo spirito della legge delega sulla riforma, i cui principi in tema di liquidazione non accennano in alcun modo al rapporto di gestione/controllo della fase di liquidazione basato sul dualismo liquidatori/soci. […] La questione, in definitiva, sembra in tale ottica spostarsi dal piano della legittimità a quello dell’opportunità: il metodo collegiale, eventualmente accompagnato dalla previsione che il potere di rappresentanza spetti a tutti i liquidatori uti singuli, oppure anche a due o più con firma congiunta, assicura quel coordinamento fra i liquidatori funzionale alla loro azione gestionale, impedendo che ciascuno agisca all’insaputa degli altri […]».
(38)(38)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.19, Controllo sulla gestione durante la liquidazione, 1° pubbl. 9/10 - motivato 9/11: «Dal combinato disposto dell’art. 2487 bis, comma 3, c.c. (nella parte in cui prevede la cessazione degli amministratori con l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro imprese) e dell’art. 2488 c.c. (nella parte in cui prevede che durante la fase della liquidazione le disposizioni sugli organi di controllo si applichino in quanto compatibili), si può ritenere che il controllo sulla gestione delle società di capitali in liquidazione spetti: […] - nelle spa con sistema dualistico: al consiglio di sorveglianza che rimane dunque in carica […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012, par. 6.
(39)(39)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.19, Controllo sulla gestione durante la liquidazione, 1° pubbl. 9/10 - motivato 9/11: «Dal combinato disposto dell’art. 2487 bis, comma 3, c.c. (nella parte in cui prevede la cessazione degli amministratori con l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro imprese) e dell’art. 2488 c.c. (nella parte in cui prevede che durante la fase della liquidazione le disposizioni sugli organi di controllo si applichino in quanto compatibili), si può ritenere che il controllo sulla gestione delle società di capitali in liquidazione spetti: […] - nelle spa con sistema monistico: ad un collegio sindacale appositamente nominato […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012, par. 6.
(40)(40)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.19, Controllo sulla gestione durante la liquidazione, 1° pubbl. 9/10 - motivato 9/11: «Dal combinato disposto dell’art. 2487 bis, comma 3, c.c. (nella parte in cui prevede la cessazione degli amministratori con l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro imprese) e dell’art. 2488 c.c. (nella parte in cui prevede che durante la fase della liquidazione le disposizioni sugli organi di controllo si applichino in quanto compatibili), si può ritenere che il controllo sulla gestione delle società di capitali in liquidazione spetti: […] - nelle spa con sistema tradizionale: al collegio sindacale […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012, par. 6.
(41)(41)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.19, Controllo sulla gestione durante la liquidazione, 1° pubbl. 9/10 - motivato 9/11: «Dal combinato disposto dell’art. 2487 bis, comma 3, c.c. (nella parte in cui prevede la cessazione degli amministratori con l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro imprese) e dell’art. 2488 c.c. (nella parte in cui prevede che durante la fase della liquidazione le disposizioni sugli organi di controllo si applichino in quanto compatibili), si può ritenere che il controllo sulla gestione delle società di capitali in liquidazione spetti: - nelle srl: al collegio sindacale, se nominato (per obbligo di legge o di statuto) […]».
(42)(42)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.16, Collegialità obbligatoria dell’organo di liquidazione pluripersonale, 1° pubbl. 9/10 - motivato 9/11: «La disciplina della liquidazione contenuta negli artt. 2484 e ss. c.c. integra un modello unitario, applicabile indistintamente e globalmente a tutte le società di capitali […]».
(43)(43)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.18, Mancata indicazione delle regole di funzionamento del collegio dei liquidatori, 1° pubbl. 9/10: «È possibile procedere alla nomina di una pluralità di liquidatori anche senza determinare (per delibera assembleare o per statuto) le regole di funzionamento del collegio […]».
(44)(44)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.18, Mancata indicazione delle regole di funzionamento del collegio dei liquidatori, 1° pubbl. 9/10: «[…] In tal caso [nomina di un collegio di liquidatori priva di indicazioni circa le regole di funzionamento dello stesso, N.d.A.] sarà infatti applicabile allo stesso, per analogia e con riferimento a tutti i tipi di società di capitali, la disciplina codicistica sul funzionamento del consiglio di amministrazione delle spa. Tale disciplina è infatti l’unica positiva esistente in materia di organo gestorio collegiale».
(45)(45)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.12, Inderogabilità del procedimento di liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «La disciplina in tema di scioglimento e liquidazione delle società di capitali è inderogabile, per cui non è legittimo omettere la fase di liquidazione ed il procedimento stesso deve percorrere tutte le tappe previste dalla legge fino alla cancellazione della società dal registro delle imprese. […] La disciplina della liquidazione assume sempre un tono imperativo, non tollera deroghe e prevede meccanismi di intervento giudiziale non applicabili durante la normale vita della società (si pensi alla legittimazione del socio a supplire all’inerzia degli organi sociali per la nomina dei liquidatori, provocando la designazione ope iudicis dell’organo di liquidazione ai sensi dell’art. 2487, comma 2, c.c., ovvero alla possibilità di una iniziativa del pubblico ministero in tema di revoca dei liquidatori in presenza di giusta causa prevista dall’art. 2487, ultimo comma, c.c.). […] Dunque, appare chiaro che nella fase dissolutiva della società vi è un interesse di natura pubblicistica, e quindi superiore a quello dei soci, a che la procedura legale sia rigorosamente seguita. […] L’omissione della procedura di liquidazione priverebbe i terzi (in primis i creditori sociali) della garanzia ulteriore della responsabilità diretta dei liquidatori prevista dall’art. 2495, comma 2, c.c. (dopo la cancellazione della società: se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi ultimi), ovvero dall’art. 2491, comma 3, c.c. (in caso di violazione del divieto di riparto di acconti sulla liquidazione) […]».
Massima del Tribunale di Milano (dettata ante legge 340/2000, recante soppressione dell’omologa degli atti societari), riferita a Cass., 18 gennaio 1988, n. 326 in Giur. It., 1988, I, 1127: «la convenzione fra i soci di una società per azioni, amministratori e detentori dell’intero pacchetto azionario, la quale sia rivolta a trasferire i beni sociali, in favore dei soci stessi o di terzi, senza il preventivo soddisfacimento dei creditori della società, è nulla, per violazione delle norme imperative che tutelano la integrità del patrimonio della società a garanzia dei creditori, e che ne consentono l’assegnazione ai soci solo nel caso e con la procedura dello scioglimento e messa in liquidazione dell’ente».
(46)(46)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 407-2013/I, Scioglimento di s.r.l. appena costituita e inderogabilità della liquidazione, in CNN Notizie del 18.4.2014: «[…] il procedimento di liquidazione […] conserva il suo connotato di inderogabilità ed obbligatorietà […], [come] già affermato dalla dottrina […] e dalla giurisprudenza dominanti (Trib. Lecce, 31 gennaio 1984, in Società, 1984, 1203; Trib. Roma, 30 marzo 1984, in Vita Not., 1985, 1311; Trib. Udine, 3 gennaio 1985, in Foro It., 1986, I, c. 2660; Trib. Roma, 12 novembre 1999, in Giur. It., 2000, c. 1241; Cass. 18 gennaio 1988, n. 326, in Giust. Civ. Mass., 1988, fasc. 1; in Giur. It., 1988, I, 1, c. 1127, e in Dir. Fall., 1988, II, 405. Sull’illegittimità di una delibera assembleare con cui, dopo essere stato deciso lo scioglimento della società, si disponeva di non procedere alla nomina del liquidatore non essendovi affari od operazioni in corso, né passività o attività da liquidare e qualificando bilancio finale di liquidazione quello redatto dall’amministratore, vedi Trib. Roma, 28 luglio 1981, in Società, 1983, 346; cfr. anche Trib. Ascoli Piceno, 19 marzo 1982, in Foro Pad., 1982, I, 71, il quale ribadiva che “il passaggio attraverso la fase di liquidazione di una società di capitali è inderogabile fosse anche se limitato allo scopo di fare constatare l’inesistenza di attività e passività e, pertanto è inammissibile una derogabilità convenzionale a tale fase”), secondo cui ai soci non era lasciata alcuna discrezionalità né in ordine al se, né in ordine alla forma della liquidazione, come invece previsto in materia di società di persone (Trib. Palermo, 13 giugno 1984, in Giur. Comm., 1985, II, 205). A ciò si aggiunga che la riforma ha ulteriormente enfatizzato l’inderogabilità del procedimento di liquidazione in quanto strumento a tutela dei terzi ed in particolare dei creditori sociali attraverso previsioni, quale ad esempio quella dell’art. 2487, comma 2, c.c., che attribuisce al Tribunale il potere di intervenire, una volta accertata l’esistenza di una causa di scioglimento, sostituendo l’organo assembleare nella nomina del liquidatore. In definitiva, per quanto semplificata dalle circostanze concrete, la fase della formale liquidazione appare sempre imprescindibile».
(47)(47)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.12, Inderogabilità del procedimento di liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] Ancorché la procedura della liquidazione possa dirsi ordinata alla monetizzazione del patrimonio sociale, al soddisfacimento dei creditori della società ed alla distribuzione dell’attivo residuo tra i soci, quanto fin qui detto in merito alla inderogabilità della procedura vale anche nell’ipotesi di mancanza di creditori sociali, di patrimonio o di mancato svolgimento di attività da parte della società. Anche l’accertamento della mancanza di crediti e debiti, infatti, non può che avvenire nelle forme imposte per la liquidazione formale […]».
(48)(48)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.13, Illegittimità dell’adozione anticipata di atti del procedimento di liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] si è analizzata la fattispecie della società che, in un unico contesto, deliberi il proprio scioglimento, approvi il bilancio finale di liquidazione, accerti l’inesistenza di passività, proceda al riparto delle eventuali attività, richieda la propria cancellazione dal registro imprese, ometta la nomina dei liquidatori. Tale procedimento appare incompatibile con il sistema, posto che la disciplina della liquidazione delle società di capitali assume oggi, ancor più che in passato, un tono imperativo che non tollera deroga alcuna (se non nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge). È dunque da ritenere che la società di capitali, una volta attualizzatasi una ipotesi dissolutiva, debba necessariamente dar corso alla intera procedura di liquidazione, con la necessaria sostituzione, in primo luogo, degli amministratori con i liquidatori. In ogni caso, l’esposta procedura di “cessazione semplificata” non può ritenersi legittima nemmeno nell’ipotesi in cui tra le delibere poste contestualmente in essere vi sia anche quella di nomina dei liquidatori, che seduta stante accettino l’incarico, predispongano il bilancio finale, procedano al riparto, richiedano la cancellazione della società dal registro imprese. La sostituzione degli amministratori con i liquidatori non può, infatti, avere effetto alcuno prima che la società sia in stato di liquidazione (più correttamente: scioglimento), il che avviene, ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c., con l’iscrizione nel registro imprese della dichiarazione degli amministratori che ne accerta la causa o della relativa deliberazione dell’assemblea dei soci […]».
(49)(49)
- Massima tratta da Il registro imprese nella giurisprudenza (in http://www.ss.camcom.it) con riferimento a Trib. Napoli 22 giugno 1998.
(50)(50)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.13, Illegittimità dell’adozione anticipata di atti del procedimento di liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «Stante l’inderogabilità del procedimento di liquidazione […], non risulta legittimo […] richiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, prima che la causa di scioglimento sia divenuta efficace ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c. (iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione degli amministratori o della deliberazione dell’assemblea) e l’organo di liquidazione sia entrato in carica […] La sostituzione degli amministratori con i liquidatori non può, infatti, avere effetto alcuno prima che la società sia in stato di liquidazione (più correttamente: scioglimento), il che avviene, ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c., con l’iscrizione nel registro imprese della dichiarazione degli amministratori che ne accerta la causa o della relativa deliberazione dell’assemblea dei soci. Prima di tale momento, dunque, i liquidatori non sono in carica e pertanto non potranno validamente compiere atti del loro ufficio […]».
(51)(51)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. H.G.37, Liquidazione del socio recedente in forma mista con riduzione del capitale sociale, 1° pubbl. 9/16: «Sull’obbligo di rispetto della par condicio creditorum in questa fase la giurisprudenza si divide in due opposti orientamenti. Per il più risalente “la liquidazione ordinaria della società non ha lo scopo di tutelare la par condicio creditorum ma quello di definire i rapporti in corso, sottoponendo indistintamente tutti i creditori, privilegiati e chirografari, al medesimo trattamento e mettendoli in grado di essere pagati, entro i limiti delle concrete disponibilità patrimoniali, via via che si presentano ad esigere quanto è loro dovuto” (Cass. 2.4.1968, n. 1273). Per la giurisprudenza più recente, invece, i liquidatori devono osservare la par condicio nel pagamento dei creditori sociali. A sostegno della “concorsualità liquidatoria” alcune pronunce (Trib. Firenze 7.9.1995) richiamano l’art. 2280, comma 1 c.c., che, vietando ai liquidatori, fino a che non siano stati interamente soddisfatti i creditori sociali, di effettuare qualsivoglia ripartizione del patrimonio sociale tra i soci, dimostrerebbe l’assoluta centralità degli interessi dei creditori sociali, la cui tutela (e quindi il relativo integrale pagamento o, comunque, il pagamento nel rispetto della par condicio) costituirebbe il compito primario dei liquidatori; altre sentenze (per tutte Trib. Milano 22 dicembre 2010) richiamano il principio di parità di trattamento (salve le legittime cause di prelazione) di cui all’art. 2741 c.c., individuando proprio in quest’ultimo, la norma che può essere impiegata per ricondurre l’obbligo del rispetto della par condicio anche alle procedure di liquidazione volontaria di società di capitali […]».
(52)(52)
- Trib. Genova, 2 aprile 2013, in Società, 2014, 301: «Nel corso della liquidazione volontaria della società i creditori hanno diritto a che la liquidazione avvenga nel rispetto del principio della parità di trattamento, salve le cause legittime di prelazione, previsto dall’art. 2741 c.c.; sussiste, dunque, la responsabilità del liquidatore per il mancato rispetto della par condicio creditorum in caso di insufficienza all’integrale soddisfazione dei crediti della massa attiva».
(53)(53)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 242-2011/I, I diritti particolari del socio. Ambito oggettivo di applicazione e fattispecie, in CNN Notizie del 18.1.2012: «[…] Accogliendo un’interpretazione estensiva del precetto normativo di cui all’art. 2468, 3° comma c.c. potrebbe, inoltre, ipotizzarsi l’attribuzione al singolo socio di altri diritti particolari solo indirettamente riconducibili a quelli appena individuati riguardanti l’amministrazione della società e la distribuzione degli utili. Tra questi, ad esempio: […] b) Il diritto particolare alla quota di liquidazione. La fattispecie de qua viene ammessa dalla dottrina prevalente sul presupposto che l’avanzo netto di liquidazione altro non sia che utile accantonato e non distribuito. Quindi, sarà possibile riservare al socio una porzione di attivo residuo più o meno che proporzionale rispetto alla propria partecipazione sociale (e, comunque, sempre nel rispetto del limite fissato dall’art. 2265 c.c.), oppure, ancora, riconoscergli il diritto ad una liquidazione in natura della quota attraverso l’assegnazione di un dato bene o categorie di beni in natura eventualmente ancora presenti nel patrimonio della società una volta soddisfatti i creditori sociali […]».
(54)(54)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.7, Determinazione dei poteri dei liquidatori, 1° pubbl. 9/04: «È legittima la deliberazione di nomina dei liquidatori di una società di capitali che non individui analiticamente i poteri attribuiti agli stessi nella fase di liquidazione ex art. 2487, lettera c), c.c., essendo sufficiente che oltre alla loro nomina provveda anche all’indicazione, se più di uno, delle regole di funzionamento dell’organo pluripersonale e dei poteri di rappresentanza. In tale ipotesi i liquidatori avranno i più ampi poteri, compresi quelli di porre in essere gli atti di cui alla lettera c) dell’art. 2487 c.c.».
Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012: «[…] Si ritiene pressoché pacificamente, infatti, che sia legittima una delibera di nomina nella quale non sia data indicazione specifica dei poteri. L’art. 2489 c.c., d’altronde, prevede testualmente che, in mancanza di espressa diversa indicazione (data dallo statuto o dalla delibera di nomina) i liquidatori abbiano tutti i poteri per compiere gli atti utili per la liquidazione. Tale disposizione, evidentemente, non può non essere strettamente correlata al disposto dell’art. 2487 c.c. […]».
(55)(55)
- Cass., 1° giugno 2017, n. 13867 (sulla quale cfr. Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Giurisprudenziali, I contrasti nella giurisprudenza della Suprema Corte sui poteri dei liquidatori (Cass. 1° giugno 2017, n. 13867), in CNN Notizie del 13.6.2017), in Notariato, 2017, 6, 664, con nota di Trivigno; in Corr. Giur., 2017, 12, 1562, con nota di Turelli: «La semplice lettura dell’art. 2489, co. 1, c.c., fa emergere con chiarezza come l’eventuale deliberato dell’assemblea dei soci che ha provveduto a nominare i liquidatori (al pari di quanto eventualmente disposto nello Statuto), lungi dall’essere indispensabile ai fini della determinazione dei poteri del liquidatore stesso, può piuttosto operare quale eccezione rispetto alla generale attribuzione, contenuta nella norma stessa, ai liquidatori del potere di compiere «tutti gli atti utili per la liquidazione della società». Sì che non può ritenersi che, in mancanza dell’eccezione, l’ambito dei poteri dei liquidatori resti indeterminato, operando al contrario il principio generale posto dall’art. 2489 nei termini testé riportati […]».
(56)(56)
- Trib. Milano, 16 giugno 2011, in Società, 2012, 888: «Il liquidatore, nell’esercizio della propria discrezionalità, può condurre le trattative di vendita degli immobili nel modo che ritiene più opportuno, in considerazione dell’urgenza, delle garanzie offerte, degli impegni presi; egli, dunque, può anche accettare offerte minori, specie quando la differenza non è elevata».
(57)(57)
- Cass., 10 luglio 2009, n. 16288, in Rep. Foro It., 2009, voce Società, n. 815: «[…] l’alienazione dei beni mobili ed immobili, compresi nel patrimonio della disciolta società, deve essere eseguita a cura dei liquidatori, nei compiti dei quali è incluso tipicamente tale incombente, senza necessità di alcuna autorizzazione assembleare (che, ove espressa, resta ininfluente al riguardo), al fine sia di soddisfare le ragioni di eventuali creditori sociali, sia di provvedere all’eventuale distribuzione tra i soci o alla devoluzione dell’attivo residuo, secondo le norme di legge o di statuto (fattispecie anteriore al d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, in tema di impugnazione, da parte di alcuni soci, della deliberazione di una società cooperativa edilizia in liquidazione, avente ad oggetto l’autorizzazione al liquidatore ad alienare un immobile di proprietà della cooperativa)».
(58)(58)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.12, Inderogabilità del procedimento di liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] l’art. 2495 c.c. legittima i soli liquidatori a richiedere, una volta che sia stato approvato il bilancio finale di liquidazione, la cancellazione della società dal registro delle imprese, sottolineando quindi - ancora una volta - la necessità dell’organo di liquidazione, da un lato, e l’inderogabilità del procedimento, dall’altro».
(59)(59)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012: «[…] Diversa questione è, poi, se tra gli atti utili debba ritenersi ricompresa la stessa continuazione, anche se provvisoria, dell’attività dell’impresa, vale a dire se tale esercizio richieda una espressa autorizzazione o, come appare preferibile, possa ritenersi di per sé ricompreso tra le attività utili per la liquidazione (e la questione è stata affrontata con particolare riferimento ai poteri dei liquidatori di nomina giudiziale) […]».
(60)(60)
- App. Salerno, 8 novembre 2012, in Giur. It., 2013, 1109: «La prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del liquidatore di società per azioni senza una preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea costituisce grave irregolarità che, quando potenzialmente dannosa per la società, consente l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2409 c.c. (nella specie, il danno potenziale è stato ravvisato nell’aumento dell’indebitamento bancario, nel mantenimento dell’indebitamento verso i fornitori, nella diminuzione dei ricavi e nell’aumento delle rimanenze di magazzino)».
(61)(61)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.17, Delegabilità di funzioni a determinati liquidatori, 1° pubbl. 9/10: «Poiché l’art. 2487, comma 1, lett. a) c.c. non pone limiti alla facoltà dell’assemblea (o dello statuto) di dettare le regole di funzionamento del collegio dei liquidatori, si ritiene lecita la previsione operata ai sensi di detta disposizione in base alla quale il collegio dei liquidatori possa delegare ad uno o più dei suoi componenti determinate funzioni».
(62)(62)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 167 bis-2010/I, Nomina dei liquidatori di s.r.l., autorizzazione al compimento di atti, in CNN Notizie del 8.9.2010: «[…] occorre rilevare come l’art. 2489 c.c. se da un lato prevede quale parametro dell’attività dei liquidatori quello dell’utilità degli atti compiuti a fini liquidativi (“i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società”) in luogo di quello della necessità (ex art. 2278 richiamato dall’art. 2452 ante riforma), dall’altro lato contempla tuttavia la possibilità di introdurre limiti alla competenza (“Salvo diversa disposizione statutaria, ovvero adottata in sede di nomina…”). Limiti che si spiegano in ragione del fatto che i liquidatori, svolgendo una attività funzionalizzata allo scioglimento dell’ente sociale, sono maggiormente soggetti alle istruzioni e indicazioni dell’assemblea, per cui essi fruiscono di una minore autonomia gestionale rispetto agli amministratori […]».
(63)(63)
- Cass., 26 febbraio 2016, n. 3813, in Rep. Foro It., 2016, voce Società, n. 35: «In tema di società per azioni, l’assemblea può disporre limitazioni dei poteri dei liquidatori anche con riguardo alla rappresentanza, sia sostanziale che processuale, della società stessa, sicché, ove i poteri rappresentativi, senza distinzione fra attività negoziali ed attività processuali, risultino dall’assemblea conferiti congiuntamente a tutti i liquidatori, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto per la società in base a mandato difensivo conferito da uno solo di essi».
(64)(64)
- Cass., 11 febbraio 1988, n. 1473, in Dir. Fall., 1988, II, 381: «La legittimazione ad impugnare una sentenza emessa contro un consorzio nella fase della liquidazione […] spetta al liquidatore, se non risulta provato che lo statuto o l’atto di nomina del liquidatore abbiano limitato i suoi poteri; non occorre pertanto una ulteriore deliberazione che integri o confermi la capacità processuale del liquidatore […]».
(65)(65)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 305-2015/I, Il trust liquidatorio e il trust a supporto di procedure concorsuali, in CNN Notizie del 2.3.2015: «[…] i trust “puramente liquidatori” […] realizzano una modalità alternativa alla liquidazione disciplinata dagli art. 2487 ss. c.c., consentendo al trustee di eseguire le operazioni di liquidazione e all’impresa liquidata di cancellarsi dal registro; […] i trust “falsamente liquidatori” istituiti da imprenditori già decotti […] hanno soltanto lo scopo di ostacolare le pretese creditorie e di procrastinare (contando sul decorso del termine annuale previsto dall’art. 10 l.f., decorrente dalla cancellazione dal registro dell’imprese) il fallimento di un’impresa già in stato di conclamata insolvenza. […] l’ordinamento non può riconoscere un trust sostitutivo della procedura fallimentare, quando la situazione d’insolvenza sia già prodotta. Esso non sarebbe solo nullo, ma del tutto inesistente giuridicamente e, dunque, tamquam non esset, siccome lesivo non solo di una norma, ma di un intero plesso normativo imperativo e di ordine pubblico e, dunque, incapace di produrre alcun effetto giuridicamente rilevante».
Cass., 9 maggio 2014, n. 10105, in Riv. Not., 2014, 335: «Non può essere riconosciuto, ai sensi dell’art. 15, 1º comma, lett. e) della convenzione de l’Aja, un trust liquidatorio istituito in presenza di uno stato di insolvenza preesistente, qualora sia dichiarato il fallimento del disponente e la causa concreta sia quella di segregare tutti i beni dell’impresa a scapito di quelle forme pubblicistiche quali il fallimento, che detta dettagliate procedure e requisiti a tutela dei creditori del disponente stesso, impedendo al curatore di amministrare e liquidare i beni inclusi nel fondo in trust […]».
(1)(1)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 260-2008/I, Clausole in tema di liquidazione della società. Fattispecie, in CNN Notizie del 14.1.2009: «[…] In secondo luogo, deve ricordarsi come la dottrina abbia evidenziato che la autonomia statutaria può esplicarsi in vario modo, e cioè sia indicando nominatim o per relationem (come nel caso di specie) le persone che dovranno rivestire la carica, sia rimettendo ad organi sociali o a un terzo la designazione (Trib. Salerno 18 ottobre 1966, in Foro it., 1967, I, 398), ovvero fissando specifiche modalità di votazione, o, infine, riservando la nomina a determinate categorie di soci […]».
(2)(2)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 197-2014/I, S.p.a. in liquidazione ammessa al concordato preventivo e sostituzione del liquidatore della società, in CNN Notizie del 28.8.2014: «[…] Nel caso in cui il concordato preventivo riguardi una società, considerato che il debitore conserva tanto la titolarità dei propri beni, quanto la capacità di amministrarli, sembra doversi escludere che per effetto dell’apertura di tale procedimento gli organi sociali decadano o si trovino in uno stato di quiescenza. In particolare, manca nel concordato preventivo una disposizione analoga a quella dettata per il caso di liquidazione coatta amministrativa, laddove l’art. 200 l. fall. stabilisce che dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo […]».
(3)(3)
- Ministero dello Sviluppo Economico, Parere prot. n. 33637 del 9 febbraio 2016: «[…] l’art. 2479, dispone al terzo comma la facoltà di inserire nello statuto le clausole per la consultazione scritta (o sulla base del consenso espresso per iscritto) ed al successivo comma quarto le modalità di impedimento della consultazione, anche ove essa non fosse richiamata nello statuto, indicando i casi e i soggetti legittimati all’azione de quo. Sul punto è opportuno soffermarsi. La norma [l’art. 2479, comma 4, c.c. N.d.A.] afferma infatti che “Qualora nell’atto costitutivo non vi sia la previsione di cui al terzo comma e comunque con riferimento alle materie indicate nei numeri 4) e 5) del secondo comma del presente articolo […] le decisioni dei soci debbono essere adottate mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’articolo 2479-bis”. […] Tuttavia, con la delibera in corso di iscrizione, l’assemblea non ha proceduto alla liquidazione della società, che pure ricadrebbe nell’ambito della previsione di cui al n. 4), ma alla nomina del liquidatore, che non afferisce né al caso del n. 4), né men che mai a quello del n. 5) […]».
(4)(4)
- Trib. Prato, 17 dicembre 2009, in Società, 2010, 559: «Il tribunale che, su istanza di uno degli amministratori, abbia accertato la causa di scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea può direttamente procedere alla nomina del liquidatore».
In senso conforme: Trib. Prato, 12 gennaio 2010, in Giur. Comm., 2011, II, 970; App. Salerno, 3 maggio 2012, in Corti Salern., 2012, 597.
(5)(5)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] la competenza alla trattazione dei procedimenti di volontaria giurisdizione spetta alle sezioni specializzate in materia d’impresa (SSI) per quanto riguarda le società di capitali»; «la competenza per territorio va quindi individuata in riferimento alla sede della società di capitali e in riferimento all’ambito territoriale delle SSI»; «la trattazione di tali procedimenti ricade nella disciplina ex artt. 737 e ss. c.p.c., con il che: la trattazione e la decisione sono collegiali ai sensi dell’art. 50-bis c.p.c. laddove il codice civile indica come competente il tribunale»; «ex art. 741 c.p.c. i provvedimenti emessi dal tribunale “acquistano efficacia” soltanto una volta decorsi i termini per proporre reclamo, salva l’efficacia immediata disposta dal provvedimento “se vi sono ragioni di urgenza”» «i reclami sono di competenza della corte d’appello»; l’art. 2487 c.c. prevede al primo comma l’obbligo degli amministratori, contestualmente all’accertamento dello stato di scioglimento, di convocazione dell’assemblea dei soci per la nomina dei liquidatori e per la determinazione dei criteri di liquidazione “con le maggioranze previste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto”; «l’omissione degli amministratori determina ex art. 2487, secondo comma, c.c. la legittimazione dei singoli soci, dei sindaci, degli amministratori sempre intesi quali singoli componenti dell’organo collegiale inattivo al riguardo, a richiedere la convocazione dell’assemblea al tribunale»; «analoga legittimazione è poi prevista nello stesso comma per richiedere, nel caso di esito infruttuoso dell’assemblea comunque convocata, al tribunale la nomina del liquidatore e la determinazione dei criteri di liquidazione» […]».
(6)(6)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] «la nomina del liquidatore da parte del tribunale non dà luogo ad alcuna procedura di liquidazione giudiziale, trattandosi di un mero intervento sostitutivo rispetto alla inconcludenza dell’assemblea, i cui poteri, una volta superato lo stallo, permangono quelli ordinari, con la conseguenza che l’assemblea, con le maggioranze previste per i vari casi: dovrà stabilire il compenso del liquidatore, potrà procedere alla revoca del liquidatore e alla sua sostituzione, così come alla modifica dei poteri attribuiti al liquidatore dal tribunale» […]».
(7)(7)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] la nomina del liquidatore di società di capitali da parte del tribunale, non dando luogo all’apertura di alcuna procedura giudiziale di liquidazione con costi a carico dello Stato, presuppone, come nel caso di nomina del liquidatore da parte dell’assemblea dei soci, che la società disponga di un congruo fondo per i costi di liquidazione, in assenza del quale: se la società è fallibile, il Tribunale si riserva la trasmissione degli atti al P.M. in sede ai sensi dell’art. 7 L.F.; se la società non è fallibile, il Tribunale si riserva di non provvedere, dopo la prima nomina non accettata dal soggetto designato, ad ulteriori nomine» con la conseguenza che, in quest’ultimo caso, «la società, già posta in stato di scioglimento, rimarrà rappresentata dall’amministratore in regime di prorogatio ai sensi del terzo comma dell’art. 2487-bis c.c., secondo il quale “gli amministratori cessano dalla carica” solo a seguito della iscrizione della nomina del liquidatore nel Registro delle imprese conservando ex art. 2486 c.c. “il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale” […]».
(8)(8)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.10, Data di efficacia della nomina e della sostituzione dei liquidatori, 1° pubbl. 9/07: «La decisione di nomina dei primi liquidatori è efficace dal momento in cui è stata iscritta nel registro delle imprese (art. 2487 bis, terzo comma, c.c.) […]».
Cass., 26 luglio 2013, n. 18124, in Rep.Foro It., 2013, voce Società, n. 815: «In tema di società cooperativa, il liquidatore è investito del potere di rappresentare la società, anche in giudizio, non già dal momento della sua nomina (assembleare o giudiziale), bensì dalla data dell’iscrizione della nomina stessa nel registro delle imprese, mentre, prima dell’iscrizione, il potere di rappresentanza resta in capo all’amministratore; ne consegue che la procura speciale rilasciata dal liquidatore prima dell’iscrizione della messa in liquidazione della società è invalida ed inammissibile è il ricorso per cassazione cui quella procura accede».
(9)(9)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.2, Nomina dei liquidatori nelle more della pubblicità della causa di scioglimento, 1° pubbl. 9/04: «[…] Tale decisione di nomina [adottata nelle more della pubblicità della causa di scioglimento, N.d.A.] produrrà i suoi effetti solo dopo che sarà iscritta la dichiarazione di accertamento dello scioglimento e la decisione di nomina medesima».
(10)(10)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 140-2007/I, Società di capitali sciolta ma non cancellata dal registro delle imprese e atto unilaterale di rettifica, in CNN Notizie del 14.2.2008: «[…] Giova, innanzitutto, precisare che la società, benché sciolta a seguito del fallimento e della scadenza del termine di durata, non essendo ancora stata cancellata dal registro delle imprese, e non essendo, di conseguenza, ancora estinta (art. 2495, comma 2, c.c.) potrebbe, in astratto, nominare un liquidatore il quale intervenga in atto. In sostanza, non essendovi cancellazione, la società non è ancora estinta e, pertanto, potrebbe provvedere alla nomina di un liquidatore con il solo compito di provvedere alla rettifica in discorso […]».
(11)(11)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 451-2013/I, Nomina a liquidatore di società di diritto spagnolo, in CNN Notizie del 16.4.2014: «[…] appare possibile estendere le predette conclusioni [circa la nomina di una persona giuridica quale amministratore di società] alla nomina a liquidatore, posto che, come si è efficacemente affermato, […] i liquidatori “non sono che gli amministratori della liquidazione” […] Non pare ostativa, sotto tale profilo, la disposizione dell’art. 2491, comma 3, che prevede la responsabilità personale e solidale dei liquidatori per i danni cagionati ai creditori sociali per la indebita ripartizione di acconti, non essendo tale responsabilità incompatibile con la personalità giuridica di chi riveste tale carica. Deve, infine segnalarsi che nell’unico precedente di giurisprudenza rinvenuto si è affermata la legittimità dell’iscrizione nel registro delle imprese di una delibera dell’assemblea straordinaria di una società di capitali in stato di scioglimento con cui era stata nominata una società di capitali quale liquidatore (Trib. Catania, Giudice del Registro delle Imprese, 7 agosto 2007, secondo cui la chiusura al riconoscimento della piena compatibilità fra persona giuridica e assunzione della carica di amministratore e/o liquidatore in una società di capitali, in assenza di un’espressa contraria disposizione normativa, non può trovare giustificazione adeguata, in Giur. comm., 2008, II, 654 […]) […]».
(12)(12)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.21, Quorum deliberativi per la nomina dell’organo di liquidazione nella spa, 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11: «Nella spa è legittima la clausola statutaria che preveda per la nomina dei liquidatori quorum deliberativi superiori a quelli consentiti dagli artt. 2368, comma 1, e 2369, comma 4, c.c., anche con maggioranze più elevate per la seconda convocazione o le ulteriori. […] Il dubbio è generato dall’apparente mancanza di coordinamento tra gli artt. 2368, comma 1 (nella parte in cui consente allo statuto di elevare esclusivamente il quorum deliberativo dell’assemblea ordinaria di prima convocazione e non anche quello costitutivo), 2369, comma 4 (il quale non consente di elevare il quorum costitutivo legale dell’assemblea ordinaria di seconda o ulteriore convocazione avente ad oggetto la nomina delle cariche sociali) e 2487, comma 1, c.c. (nella parte in cui dispone che per la nomina dei liquidatori si delibera con le maggioranze previste per le modifiche dell’atto costitutivo o dello statuto). […] La tesi positiva trae la sua conclusone da una serie più articolata di argomentazioni: In primo luogo il carattere speciale dell’art. 2487 c.c. che, in relazione alla vicenda estintiva, valorizza l’autonomia statutaria ammettendo anche designazioni extra sociali dell’organo liquidativo, deve prevalere sul carattere generale degli artt. 2368 e 2369 c.c. È poi da considerare che la disposizione dell’art. 2369, comma 4, c.c. è volta, con tutta evidenza, ad evitare una paralisi deliberativa capace di determinare lo scioglimento della società (ex art. 2484, comma 1, n. 3), esigenza che evidentemente non ricorre quando la causa di scioglimento si è già verificata […]».
In senso conforme, con riguardo alla delibera di nomina, Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 260-2008/I, Clausole in tema di liquidazione della società. Fattispecie, in CNN Notizie del 14.1.2009.
In senso difforme, ma con riguardo alla delibera di revoca, Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 260-2008/I, Clausole in tema di liquidazione della società. Fattispecie, in CNN Notizie del 14.1.2009: «[…] Nel caso di specie, però, in cui il quorum rafforzato in seconda convocazione riguarda la sostituzione dei liquidatori, e quindi sostanzialmente la loro revoca, l’argomento più rilevante della citata tesi, basato sulla possibilità di superare lo stallo decisionale, sembra sfumare; non vi sono, infatti, ragioni per distinguere l’ipotesi della sostituzione nelle cariche di una società, sia che si tratti di società in piena attività (amministratori) che si società sciolta (liquidatori). Si condividono, quindi, le perplessità sulla iscrivibilità di tale seconda clausola per contrasto con il disposto di cui all’art. 2369, comma 4, c.c.».
(13)(13)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.2, Nomina dei liquidatori nelle more della pubblicità della causa di scioglimento, 1° pubbl. 9/04: «Nei casi previsti dai numeri 1), 2), 3), 4), e 5) del primo comma dell’art. 2484 c.c., la decisione dei soci di nomina dei liquidatori può essere adottata anche prima che venga iscritta nel registro delle imprese la dichiarazione degli amministratori con cui viene accertata la causa di scioglimento […]».
(14)(14)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.4, Forme della nomina dei liquidatori, 1° pubbl. 9/04 - modif. 9/05: «Esclusivamente per le s.r.l. le delibere di nomina e revoca dei liquidatori, e comunque tutte le decisioni riguardanti gli argomenti di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma dell’art. 2487 c.c., devono essere adottate con le maggioranze previste per le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto […]».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 93-2009/I, S.r.l., scioglimento anticipato e necessità della forma notarile, in CNN Notizie del 22.4.2009: «[…] l’art. 2487 c.c. richiama anche le maggioranze necessarie per la modifica dell’atto costitutivo e dello statuto, […]».
(15)(15)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.4, Forme della nomina dei liquidatori, 1° pubbl. 9/04 - modif. 9/05: «Esclusivamente per le s.r.l. le delibere di nomina e revoca dei liquidatori, e comunque tutte le decisioni riguardanti gli argomenti di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma dell’art. 2487 c.c., devono essere adottate con le maggioranze previste per le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto ma non anche con le forme previste per adottare dette modifiche […]»; «[…] il verbale che raccoglie dette decisioni [di nomina e revoca dei liquidatori, N.d.A.] può anche non rivestire la forma dell’atto pubblico».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 93-2009/I, S.r.l., scioglimento anticipato e necessità della forma notarile, in CNN Notizie del 22.4.2009: «[…] La dottrina ormai prevalente ritiene, infatti, che nella s.r.l., per la deliberazione ex art. 2487 c.c. (relativa nomina, revoca e sostituzione dei liquidatori) - non vertendosi in una ipotesi di modificazione dello statuto, ed in mancanza dell’attribuzione specifica al notaio (diversamente da quanto avviene in materia di s.p.a.) della competenza alla verbalizzazione - l’intervento notarile non sia necessario, a meno che non siano contestualmente adottate delle modificazioni statutarie. Ciò in quanto l’art. 2487 c.c. richiama anche le maggioranze necessarie per la modifica dell’atto costitutivo e dello statuto, mentre non è previsto uno specifico riferimento all’art. 2480 c.c. […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 88-2016/I, Contitolarità di quota di s.r.l. e nomina del rappresentante comune, in CNN Notizie del 8.7.2019.
Ministero dello Sviluppo Economico, Parere prot. n. 9415 del 19 maggio 2014: «[…] Pervengono a codesta Camera numerosissime richieste per procedere all’accertamento delle cause di scioglimento di s.r.l. ex art. 2484, c. 1, nn. 1-5, c.c. e alla contestuale nomina dei liquidatori secondo modalità semplificate, cioè senza ricorso alla funzione notarile. […] Il dibattito, secondo quanto risulta alla Scrivente, è tutt’ora in corso e alimentato da continui contributi ma, in linea generale, sembra caratterizzato da una certa omogeneità di opinioni […] circa la possibilità di procedere nel senso semplificato sopra indicato, nel rispetto di alcune regole basilari, sintetizzabili, per la nomina dei liquidatori, nel seguente passaggio tratto dal citato documento IRDCEC: “[…] è da considerarsi legittima la delibera assembleare mediante la quale sono nominati i liquidatori di una società a responsabilità limitata, senza l’ausilio di un notaio, in tutti i casi di scioglimento previsti dall’art. 2484 c.c. che non rappresentino un’espressione della volontà dei soci tesa a modificare l’atto costitutivo societario. Volendo quindi tracciare una linea interpretativa, si potrebbe concludere propendendo per la non obbligatorietà di verbalizzazione notarile estensibile anche alle delibere di nomina dei liquidatori, nelle quali siano inserite precisazioni e particolarizzazioni circa i poteri agli stessi attribuiti, rispetto a quanto ordinariamente stabilito dalle norme civilistiche. Al contrario, laddove la delibera di nomina dei liquidatori intervenga successivamente, rispetto a quanto già oggetto di particolare e specifica definizione statutaria, con riferimento alle attribuzioni ed ai poteri spettanti ai liquidatori, al fine di modificarne i contenuti, allora senza alcun dubbio si renderà obbligatorio il ricorso alla verbalizzazione notarile. Ugualmente si deve concludere per l’obbligatorietà di ricorso all’intervento del notaio, laddove l’assemblea dei soci deliberi la messa in liquidazione volontaria della società, ai sensi dell’art. 2484, primo comma, n. 6), c.c.. In tale caso specifico, infatti, non operano cause di scioglimento ‘legali’, o ‘automatiche’, tali da generare ex lege lo scioglimento e messa in liquidazione della società” […]».
Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] secondo l’orientamento seguito dal Conservatore del Registro delle imprese di Milano, la nomina dei liquidatori, non essendo idonea ad incidere di per sé sugli elementi dell’atto costitutivo, può quindi essere adottata con forma non notarile, salvo il caso di conferimento ai liquidatori di poteri diversi da quelli ex lege o statutariamente previsti […]».
(16)(16)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 242-2011/I, I diritti particolari del socio. Ambito oggettivo di applicazione e fattispecie, in CNN Notizie del 18.1.2012: «[…] Accogliendo un’interpretazione estensiva del precetto normativo di cui all’art. 2468, 3° comma c.c. potrebbe, inoltre, ipotizzarsi l’attribuzione al singolo socio di altri diritti particolari solo indirettamente riconducibili a quelli appena individuati riguardanti l’amministrazione della società e la distribuzione degli utili. Tra questi, ad esempio: […] i) Il diritto di nominare l’organo di liquidazione o di rivestirne la carica. Se, come precedentemente visto, rientrano tra le ipotesi pacificamente ammesse quelle del diritto di nominare l’organo amministrativo o di rivestire la carica di amministratore, ben diversa potrebbe essere la conclusione riguardo alla possibilità di nominare o di rivestire la carica di liquidatore, ove la società versi in stato di scioglimento […]».
(17)(17)
- App. Milano, 28 settembre 2004, in Società, 2005, 870: «I liquidatori possono essere revocati per giusta causa, che si configura con comportamenti dei liquidatori considerevolmente difformi rispetto alla condotta che questi avrebbero dovuto tenere secondo i precetti normativi, e deve essere connotata di una certa gravità, dovendo essere valutata con riferimento a criteri oggettivi al fine di evitare che il giudice sia chiamato ad interferire con il merito delle scelte gestionali discrezionali degli amministratori […]».
App. Salerno, 14 giugno 2007, in Società, 2008, 97: «Costituisce giusta causa di revoca del liquidatore di una società a responsabilità limitata la circostanza che quest’ultimo abbia omesso e ritardato il versamento nelle casse sociali di somme di denaro corrisposte da debitori sociali e da dipendenti dell’ente».
Trib. Roma, 12 febbraio 2008, in Dir. Fall., 2009, II, 541: «La giusta causa per la revoca del liquidatore richiesta dal socio di srl ricorre a fronte di comportamenti considerevolmente difformi rispetto alla condotta imposta dai precetti normativi o comunque in presenza di situazioni che, pur non imputabili al liquidatore, ostacolino la procedura liquidativa».
(18)(18)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 260-2008/I, Clausole in tema di liquidazione della società. Fattispecie, in CNN Notizie del 14.1.2009: «[…] Nel caso di specie, però, in cui il quorum rafforzato in seconda convocazione riguarda la sostituzione dei liquidatori, e quindi sostanzialmente la loro revoca, l’argomento più rilevante della citata tesi, basato sulla possibilità di superare lo stallo decisionale, sembra sfumare; non vi sono, infatti, ragioni per distinguere l’ipotesi della sostituzione nelle cariche di una società, sia che si tratti di società in piena attività (amministratori) che si società sciolta (liquidatori). Si condividono, quindi, le perplessità sulla iscrivibilità di tale seconda clausola per contrasto con il disposto di cui all’art. 2369, comma 4, c.c.».
(19)(19)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] Non rientrano nel perimetro della volontaria giurisdizione ma in quello dei procedimenti contenziosi (ove il provvedimento giurisdizionale è emanato in esito a un «accertamento di per sé richiedente il dispiegarsi di contraddittorio pieno e suscettibile di passaggio in giudicato»): «la revoca giudiziale dei liquidatori» di cui agli artt. 2275 e 2487 c.c..
(20)(20)
- Ministero dello Sviluppo Economico, Parere del 16 marzo 2016: «[…] Non appare possibile, ad avviso della Scrivente, applicare i principi esposti nel sopra citato parere n. 94215/2014 allo scioglimento dei consorzi ex art. 2612 del codice civile, atteso che l’art. 2484 cod. civ. (sulla cui applicazione è incentrato il parere in questione) è norma relativa allo scioglimento delle società di capitali, al cui novero il consorzio di cui all’art. 2612 cod. civ. non è riconducibile. Volgendo, invece, lo sguardo alla specifica disciplina relativa ai consorzi (art. 2602 e seguenti del codice civile), sembra possibile evidenziare quanto segue. L’art. 2611 cod. civ. (“Cause di scioglimento”) indica le cause che determinano lo scioglimento del Consorzio, ma non prevede, al riguardo, una specifica procedura. […] L’art. 2612 cod. civ., dedicato all’iscrizione nel registro delle imprese dei consorzi con attività esterna, dispone d’altra parte, al comma 2, n. 5, che l’estratto del contratto da depositare per l’iscrizione nel predetto registro deve indicare “il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione” Se ne deduce, in primo luogo, che lo scioglimento e la liquidazione devono essere attuati in conformità alle norme contenute nel contratto istitutivo del consorzio stesso. Se, pertanto, detto contratto prevede espressamente, ai fini in questione, una procedura che implica l’intervento notarile, non sarà possibile esimersi dall’utilizzarla. Nel caso in cui, invece, sia prevista altra procedura, sarà possibile procedere agli adempimenti pubblicitari mediante atto informatico sottoscritto digitalmente, dai soggetti intervenuti, ai sensi dell’art. 24 del Codice dell’amministrazione digitale (DLGS 82/2005), cioè con firma digitale non autenticata».
(21)(21)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Prassi Interpretative: Note critiche al parere del Mise su scioglimento del consorzio e nomina dei liquidatori (parere del 16 marzo 2016), in CNN Notizie del 18.3.2016: «[…] il MiSE, pur affermando che non è possibile applicare allo scioglimento dei consorzi i principi esposti nel parere n. 94215/2014 in materia di accertamento delle cause di scioglimento di s.r.l. e nomina dei liquidatori (v. CNN Notizie del 6 giugno 2014), non essendo riconducibile il consorzio alle società di capitali, perviene di fatto ad analoghe conclusioni, rimettendo l’individuazione del procedimento da adottare e, quindi, la necessità o meno dell’intervento notarile, alle previsioni contrattuali. […] il parere fornisce […] una risposta ambigua che si presta a facili pretestuosi fraintendimenti, accomunando l’accertamento della causa di scioglimento, la nomina del liquidatore e la definizione dei suoi poteri, omettendo, come avvenuto nel parere n. 94215/2014, le necessarie distinzioni fra gli ultimi due profili. […] il ricorso all’atto notarile […] sarà necessario non soltanto quando il “contratto prevede espressamente, ai fini in questione, una procedura che implica l’intervento notarile”, ma anche “nel caso in cui, invece, sia prevista altra procedura”, laddove non ci si limiti alla sola nomina del liquidatore ma se ne definiscano i poteri o si integrino quelli già previsti dal contratto di consorzio, non essendo a tal fine sufficiente la forma dell’“atto informatico sottoscritto digitalmente, dai soggetti intervenuti, ai sensi dell’art. 24 del Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs. 82/2005), cioè con firma digitale non autenticata” al fine di “procedere agli adempimenti pubblicitari”».
(22)(22)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.10, Data di efficacia della nomina e della sostituzione dei liquidatori, 1° pubbl. 9/07: «[…] La decisione di sostituzione dei liquidatori, pendente lo stato di liquidazione, è efficace dal momento dell’accettazione dell’incarico da parte dei nuovi nominati, anche se tale accettazione avviene prima dell’iscrizione nel registro imprese della delibera suo presupposto […]».
(23)(23)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.10, Data di efficacia della nomina e della sostituzione dei liquidatori, 1° pubbl. 9/07: «[…] Fino a quando la decisione di sostituzione non è iscritta nel registro imprese il nuovo liquidatore potrà documentare la sua vigenza in carica con l’esibizione del libro sociale ove è trascritta la decisione di nomina, ovvero con copia autentica delle medesima decisione se verbalizzata per atto pubblico».
(1)(1)
- Trib. Milano, 1° agosto 2011, in Giur. It., 2012, 841: «L’approvazione del bilancio finale di liquidazione è presupposto essenziale per la cancellazione della società dal registro delle imprese».
Trib. Milano, 31 dicembre 2013, in Società, 2014, 939: «Le condizioni per la cancellazione della società sono ai sensi degli art. 2492 e seg. e 2495 c.c.: il compimento del procedimento liquidatorio; la susseguente redazione, sottoposizione ai soci e deposito nel registro delle imprese, di un bilancio finale di liquidazione che documenti le attività svolte e indichi la parte eventualmente spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell’attivo; l’approvazione espressa o tacita del bilancio finale di liquidazione stesso; la finale richiesta di cancellazione della società dal registro ad opera dei liquidatori».
(2)(2)
- Cass., 10 luglio 2009, n. 16288, in Rep. Foro It., 2009, voce Società, n. 815: «Il verificarsi di una causa di scioglimento della società - non comportando l’estinzione dell’ente, ma unicamente l’instaurazione del procedimento di liquidazione, al cui esito potrà seguire l’estinzione - non produce l’automatico trasferimento dei beni sociali in capo ai soci, i quali non ne divengono comproprietari […]».
(3)(3)
- Trib. Milano, 30 dicembre 2016, n. 3624, in Giur. It., 2017, 12, 2687, con nota di Luoni-Cavanna; in Società, 2017, 4, 512: «La cancellazione dal Registro delle Imprese ex art. 2191 c.c. non può essere disposta con riferimento all’iscrizione di atto costitutivo di società di capitali, tenuto conto della disciplina in materia, ricavabile dal complessivo tenore degli artt. 2330, 2331, 2332 c.c., la quale disegna un sistema imperniato: a) sull’efficacia costitutiva dell’iscrizione nel registro, in particolar modo quanto all’acquisto della personalità giuridica in capo all’ente; b) sulla contemporanea efficacia sanante dell’iscrizione rispetto ad ogni fattispecie di invalidità della società, ad eccezione delle sole ipotesi di nullità previste dal primo comma dell’art. 2332 c.c. (nullità il cui accertamento non ha comunque efficacia ex tunc, ma, più limitatamente, avvia la società allo scioglimento tramite la nomina del liquidatore). […] Ai fini dell’applicazione del rimedio ex art. 2191 c.c. non può essere invocata l’inesistenza dell’atto iscritto, posto che tale categoria, di per sé non considerata dal legislatore e di incerti confini nell’elaborazione giurisprudenziale, si risolve in una negazione delle esigenze di certezza dei rapporti e di tutela dei terzi sottese alla disciplina normativa, ricavabile dal complessivo tenore degli artt. 2330, 2331, 2332 c.c.».
(4)(4)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Giurisprudenziali, La cancellazione della cancellazione della società di capitali in caso di mancanza della liquidazione (Trib. Roma, Giudice del Registro delle imprese, 19 aprile 2016), in CNN Notizie del 9.6.2016: «[…] Il Giudice del Registro delle Imprese di Roma, con provvedimento del 19 aprile 2016 […] ha dichiarato illegittima la cancellazione dal registro delle imprese di una s.r.l. in liquidazione dal cui bilancio finale risultava la mancata conclusione dell’iter liquidatorio, sussistendo crediti verso clienti, crediti tributari e disponibilità liquide che non erano state oggetto di alcuna attività di recupero e poste debitorie insoddisfatte. […] Nel caso di specie in sostanza, manca il presupposto ex lege della cancellazione, manca la fase liquidatoria della società di capitali per la quale al verificarsi di una causa di scioglimento non consegue immediatamente la cancellazione ed estinzione dell’ente, che è invece il risultato di una fattispecie a formazione progressiva (accertamento della causa di scioglimento, nomina del liquidatore, attività di liquidazione in senso proprio che culmina nella redazione del bilancio finale di liquidazione recante l’indicazione della “parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell’attivo”, con l’approvazione del quale può poi far seguito la richiesta di cancellazione) […]».
(5)(5)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Giurisprudenziali, La chiusura del fallimento a seguito di concordato fallimentare non è causa di estinzione della società (Trib. Napoli, decr. 22 settembre 2015), in CNN Notizie del 8.3.2016: «[…] L’art. 130 l. fall., stabilisce che quando il decreto di omologazione diventa definitivo, il curatore è tenuto a presentare il conto della gestione e successivamente il tribunale dichiara chiuso il fallimento. La chiusura del fallimento per effetto dell’omologazione del concordato fallimentare non costituisce, tuttavia, causa di estinzione della società, né è prevista la cancellazione della stessa dal registro delle imprese. L’art. 118, comma 2, l. fall., infatti, prevede che il curatore debba richiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese per le sole ipotesi di cui al comma 1, nn. 3 e 4 dello stesso articolo e, cioè, quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo o quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura […]».
(6)(6)
- Cass., 12 dicembre 2008, n. 29242, in Rep. Foro It., 2008, voce Cassazione civile, n. 103: «Ai sensi dell’art. 2495, 2º comma, c.c., nel testo introdotto dall’art. 4 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6 ed entrato in vigore il 1º gennaio 2004, la cancellazione dal registro delle imprese (nella specie, di società a responsabilità limitata in liquidazione) produce estinzione della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti ancora non definiti; […]; pertanto, nel caso in cui la cancellazione sia stata eseguita dopo la notifica dell’atto di appello e tuttavia l’evento non sia stato dichiarato in quel giudizio, è inammissibile il successivo ricorso per cassazione, promosso dal liquidatore avverso la sentenza nel frattempo emessa, in ragione della perdita della capacità processuale attuatasi in capo a tale soggetto, il quale risulta privo del potere di rilasciare la procura […].».
Cass., 16 maggio 2012, n. 7676, in Rep. Foro It., 2012, voce Società, n. 727: «A seguito della cancellazione di una società dal registro delle imprese è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell’ex liquidatore, atteso che questi non riveste la qualità di successore processuale dell’ente estinto […]».
In senso conforme: Cass., sez. trib., 21 marzo 2014, n. 6675, in Boll Trib., 2014, 1262.
(7)(7)
- Cass., 11 maggio 2012, n. 7327, in Fisco, 1, 2012, 3771: «È inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti di società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, né il processo può proseguire nei confronti della società stessa ovvero nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex socio amministratore, poiché le norme tributarie e civilistiche non prevedono alcun subentro automatico di questi nei rapporti con l’amministrazione finanziaria».
Cass., 16 maggio 2012, n. 7676, in Fisco, 1, 2012, 3771: «[…] i giudici rilevano che, se la società viene cancellata nelle more del contenzioso, il socio, da un lato, non può essere paragonato ad un erede, dall’altro, risponde nei limiti dell’art. 2495 c.c., ed è entro tali limiti che può verificarsi la successione nel processo; è quindi necessario che l’amministrazione finanziaria, affinché il processo instaurato dalla società successivamente estinta […] continui, dimostri il presupposto per la successione del socio nel processo, costituito come detto dall’aver riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione».
Cass., 6 giugno 2012, n. 9110, in Rep. Foro It., 2012, voce Società, n. 722: «La cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone, analogamente a quanto avviene con riferimento ad una società di capitali, determina l’estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale; ne consegue che, nei processi in corso, anche se essi non siano interrotti per mancata dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 c.p.c., ai soci, che, per effetto della vicenda estintiva, divengono partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione, e, se ritualmente evocati in giudizio, parti di questo, pur se estranei ai precedenti gradi del processo […].».
Cass. Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070, in Notariato, 2013, 251: «L’estinzione della società per sopravvenuta cancellazione della stessa dal registro delle imprese in pendenza di un processo determina la perdita della capacità di stare in giudizio, la interruzione del processo nei termini di cui agli art. 299 seg. c.p.c. e la successione dei soci ai sensi dell’art. 110 c.p.c.».
Corte cost., 17 luglio 2013, n. 198, in Corr. Mer., 2013, 1265: «È manifestamente inammissibile, per carenza di motivazione e mancato esperimento del doveroso tentativo di ricercare un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate, la questione di legittimità costituzionale degli art. 2495 c.c. e 328 c.p.c., nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino alla formazione del giudicato, in riferimento agli art. 3, 24 e 111 cost.».
In senso conforme: Corte Cost. 18 marzo 2016, n. 53, in CNN Notizie, 31.3.2016.
App. Napoli, 28 maggio 2008, in Giur. Mer., 2009, 2480: «Ai sensi dell’art. 2495, 2º comma, c.c., nel testo introdotto dal d.leg. n. 6/2003, l’iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione di una società di capitali ne produce l’estinzione, con effetto costitutivo irreversibile, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti ancora non definiti, e determina, sul piano processuale, l’impossibilità per il giudice di pronunziare nel merito sulle domande proposte da o nei confronti della società estinta […].».
(8)(8)
- Cass., 24 dicembre 2015, n. 25974, in Ced Cassazione, rv. 638288: «L’estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina il trasferimento della corrispondente azione in capo ai soci, atteso che dal fenomeno di tipo successorio derivante dalla suddetta vicenda, riguardante esclusivamente gli eventuali rapporti giuridici (afferenti le obbligazioni ancora inadempiute, oppure i beni o i diritti non compresi nel bilancio finale di liquidazione) non venuti meno a causa di quest’ultima, esulano le mere pretese, benché azionate in giudizio, ed i diritti ancora incerti o illiquidi necessitanti dell’accertamento giudiziale non concluso, il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente, quindi, di ritenere che la società vi abbia implicitamente rinunciato con conseguente cessazione della materia del contendere».
In senso conforme: Cass., 29 luglio 2016, n. 15782, in Ced Cassazione, rv. 641155.
(9)(9)
- Cass., 12 dicembre 2008, n. 29242, in Rep. Foro It., 2008, voce Cassazione civile, n. 103: «Ai sensi dell’art. 2495, 2º comma, c.c., nel testo introdotto dall’art. 4 d. leg. 17 gennaio 2003 n. 6 ed entrato in vigore il 1º gennaio 2004, la cancellazione dal registro delle imprese […] è inammissibile il successivo ricorso per cassazione, promosso dal liquidatore avverso la sentenza nel frattempo emessa, in ragione della perdita della capacità processuale attuatasi in capo a tale soggetto, il quale risulta privo del potere di rilasciare la procura […].».
Cass., 16 maggio 2012, n. 7676, in Rep. Foro It., 2012, voce Società, n. 727: «A seguito della cancellazione di una società dal registro delle imprese è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell’ex liquidatore, atteso che questi non riveste la qualità di successore processuale dell’ente estinto […].».
(10)(10)
- Cass., 11 luglio 2013, n. 17208, in Rep. Foro It., 2013, voce Fallimento, n. 209: «In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poiché, pur implicando detta cancellazione l’estinzione della società, ai sensi dell’art. 2495 c.c. (novellato dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6), nondimeno entro il termine di un anno da tale evento è ancora possibile, ai sensi dell’art. 10 l. fall., che la società sia dichiarata fallita, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione, è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento».
Cass., 13 settembre 2013, n. 21026, in Rep. Foro It., 2013, voce Fallimento, n. 208: «La società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese mantiene, in virtù della fictio iuris postulata dall’art. 10 l. fall., la capacità di stare in giudizio tanto nel procedimento per la dichiarazione di fallimento e nelle successive fasi impugnatorie, quanto nell’eventuale conseguente procedura concorsuale.».
(11)(11)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Giurisprudenziali, L’efficacia estintiva della cancellazione della società al secondo esame della Corte Costituzionale (Corte Cost. ord. n. 53 del 18 marzo 2016), in CNN Notizie, 31.3.2016: «La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 53 del 18 marzo 2016, torna a pronunciarsi sulla cancellazione della società dal registro delle imprese (v., in precedenza, Corte Cost., ordinanza n. 198 del 17 luglio 2013), dichiarando […] la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2495, secondo comma, del codice civile, “nella parte in cui prevede, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, l’estinzione della società, precludendo in tal modo l’esercizio in giudizio di diritti meritevoli di tutela” sollevata - in riferimento agli artt. 3, 24 e 117, primo comma, della Costituzione - dal Giudice monocratico del Tribunale ordinario di Torino, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 9 gennaio 2015. […] Nel dichiarare la manifesta inammissibilità della questione, la Corte sottolinea come l’intervento richiesto con l’ordinanza di rimessione era sostanzialmente finalizzato a sterilizzare gli effetti immediatamente estintivi della cancellazione della società ai sensi dell’art. 2495 c.c., al dichiarato fine di ripristinare il sistema anteriore alla riforma del 2003, per il quale (secondo la richiamata interpretazione giurisprudenziale dell’omologo previgente art. 2456 cod. civ.) la cancellazione dal registro delle imprese della iscrizione di una società commerciale, di persone o di capitali, non produceva l’estinzione della società stessa, in difetto dell’esaurimento di tutti i rapporti giuridici pendenti facenti capo ad essa […]».
Cass., 3 novembre 2011, n. 22863, in Fisco, 1, 2011, 7049: «La cancellazione di una società dal registro delle imprese determina la sua estinzione, anche se vi sono rapporti giuridici pendenti, e non ha rilievo il fatto che questi siano di natura tributaria […]».
App. Napoli, 6 maggio 2005, in Impresa, 2006, 1782: «L’estinzione di una società, sia essa società di capitali ovvero sia società di persone registrata, acquista efficacia nel momento in cui è effettuata l’iscrizione della cancellazione presso il competente registro delle imprese, indipendentemente dalla possibile sopravvivenza alla formalità pubblicitaria di rapporti patrimoniali, sostanziali e processuali, attivi e passivi […]».
Trib. Roma, 11 maggio 2009, in Vita Not., 2009, 1463: «Ai sensi dell’art. 2495 c.c., la società cancellata dal registro delle imprese si estingue anche se titolare di rapporti giuridici attivi o passivi».
(12)(12)
- Cass., 18 settembre 2007, n. 19347, in Rep. Foro It., 2007, voce Cassazione civile, n. 63: «Il principio secondo il quale, ai sensi dell’art. 2495, 2º comma, c.c. (nel testo introdotto dall’art. 4 d.leg. n. 6 del 2003), la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società anche in presenza di credito insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti, trova applicazione anche nei confronti dei consorzi con attività esterna ed anche con riferimento alle cancellazioni intervenute in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma (nella specie, la suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti di un consorzio cancellato dal registro delle imprese, in quanto soggetto inesistente […]).».
(13)(13)
- Cass., 15 ottobre 2008, n. 25192, in Rep. Foro It., 2008, voce Società, n. 904: «In tema d’interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica dell’art. 2495 c.c. […] secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina […] l’estinzione della società, si applica anche alle società di persone, nonostante la prescrizione normativa indichi esclusivamente quelle di capitali e quelle cooperative […].».
Cass., 13 novembre 2009, n. 24037, in Rep. Foro It., 2009, voce Società, n. 809: «In tema di società, il nuovo testo dell’art. 2495 c.c., introdotto dall’art. 4 d.leg. n. 6 del 2003, secondo il quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al passato, l’estinzione della società, si applica anche alle società di persone, nonostante la prescrizione normativa faccia riferimento esclusivamente a quelle di capitali e alle società cooperative […].».
Cass. Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4060, in Riv. Dir. Soc., 2011, 874: «Il novellato art. 2495, 2º comma, c.c., nel testo introdotto dall’art. 4 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, è applicabile anche alle società commerciali di persone […] indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti […]».
(14)(14)
- Trib. Padova, 13 agosto 2004, in Società, 2005, 765, con nota di Civerra: «La cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese è condizione necessaria ma non sufficiente per l’estinzione del soggetto giuridico; l’iscrizione effettuata in presenza di rapporti di debito o di credito facenti capo alla società deve essere cancellata ex art. 2191 c.c., in quanto avvenuta in difetto delle condizioni richieste dalla legge».
(15)(15)
- Cass., sez. I, 4 maggio 2011, n. 9744, in Rep. Foro It., 2011, voce Società, n. 781: «La disciplina di cui all’art. 2495 c.c. (nel testo introdotto dall’art. 4 d.leg. n. 6 del 2003), secondo la quale l’iscrizione della cancellazione delle società di capitali e delle cooperative dal registro delle imprese, avendo natura costitutiva, estingue le società, anche se sopravvivono rapporti giuridici dell’ente, non è estensibile alle vicende estintive della qualità di imprenditore individuale, il quale non si distingue dalla persona fisica che compie l’attività imprenditoriale, sicché l’inizio e la fine della qualità di imprenditore non sono subordinati alla realizzazione di formalità, ma all’effettivo svolgimento o al reale venir meno dell’attività imprenditoriale».
Cass., sez. III, 23 settembre 2013, n. 21714, in Giur. Comm., 2015, II, 73, con nota di Sanna: «In tema di cancellazione della società dal registro delle imprese, l’art. 2495 c.c. non è estensibile alle vicende estintive della qualità di imprenditore individuale, invece subordinate all’effettivo svolgimento o al reale venir meno dell’attività imprenditoriale».
In senso conforme: Cass., sez. VI, 7 gennaio 2016, n. 98, in Notariato, 2016, 2, 110 (sulla quale cfr. Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Giurisprudenziali, L’efficacia estintiva della cancellazione ex art. 2495 c.c. non è estensibile all’imprenditore individuale (Cass., sez. VI, ord. 7 gennaio 2016, n. 98), in CNN Notizie, 18.1.2016).
(16)(16)
- Cass., 15 ottobre 2008, n. 25192, in Rep. Foro It., 2008, voce Società, n. 904: «In tema d’interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica dell’art. 2495 c.c. […], per la sua funzione ricognitiva, è retroattiva e trova applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al 1º gennaio 2004, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal cit. d.leg. n. 6 del 2003, con la sola esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti già irreversibilmente verificatisi […].».
Cass., 13 novembre 2009, n. 24037, in Rep. Foro It., 2009, voce Società, n. 809: «[…] detta norma […] è retroattiva, trovando applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente all’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato d. leg. n. 6 del 2003.».
Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4060, in Riv. Dir. Soc., 2011, 874: «In virtù del novellato art. 2495, 2º comma, c.c., nel testo introdotto dall’art. 4 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, la cancellazione della società dal registro delle imprese ne produce l’estinzione, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti; la norma non costituisce interpretazione della disciplina previgente, ma è innovativa e ultrattiva, sicché trova applicazione anche alle cancellazioni iscritte prima del 1º gennaio 2004, data di entrata in vigore della disciplina, ma l’effetto estintivo si produce non già dalla iscrizione ma soltanto dal momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina».
In senso conforme: Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4062, in Giust. Civ., 2010, I, 2797; e Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2010, n. 4062, in Riv. Dir. Civ., 2010, II, 637.
(17)(17)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.12, Inderogabilità del procedimento di liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] Dunque, appare chiaro che nella fase dissolutiva della società vi è un interesse di natura pubblicistica, e quindi superiore a quello dei soci, a che la procedura legale sia rigorosamente seguita. Nella stessa prospettiva, inoltre, l’art. 2495 c.c. legittima i soli liquidatori a richiedere, una volta che sia stato approvato il bilancio finale di liquidazione, la cancellazione della società dal registro delle imprese, sottolineando quindi - ancora una volta - la necessità dell’organo di liquidazione, da un lato, e l’inderogabilità del procedimento, dall’altro».
(18)(18)
- Ministero dello Sviluppo Economico, Parere prot. n. 33637 del 9 febbraio 2016: «[…] Chiede in particolare la CCIAA un parere del Ministero circa: «il tenore della “determinazione dell’amministratore unico” della società in parola (articolo 2484 c.c., comma 3), tesa ad accertare la ricorrenza delle cause di scioglimento della società “per l’impossibilità di funzionamento o per la continua inattività dell’assemblea” nonché “per riduzione del capitale al disotto del minimo legale” (rispettivamente n. 3) e n. 4) dell’articolo 2484, comma 1 c.c.). […] In linea generale si ritiene […] che il potere di verifica rimesso in capo all’ufficio del registro delle imprese sia chiaramente quello delimitato dagli articoli 2189, comma 2, del Codice civile e 11, comma 6, del DPR 581 del 1995. Pertanto ai fini dell’esecuzione della formalità pubblicitaria, l’ufficio è chiamato a preventiva verifica de «l’autenticità della sottoscrizione e il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione», nonché de «a) la autenticità della sottoscrizione della domanda; b) la regolarità della compilazione del modello di domanda; c) la corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge; d) la allegazione dei documenti dei quali la legge prescrive la presentazione; e) il concorso delle altre condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione.» […] non si rilevano altri adempimenti in capo all’ufficio, preventivi alla iscrizione dell’atto nel registro delle imprese. Siamo cioè in presenza di ciò che la dottrina ha denominato controllo di legalità o regolarità formale […]».
Trib. Catania, 9 aprile 2009, in Società, 2010, 88: «L’esistenza di situazioni debitorie della società non costituisce elemento che possa essere valutato dal conservatore del registro delle imprese all’atto dell’iscrizione della cancellazione di una srl, al fine di impedirla, in quanto il legislatore fa scaturire dall’esistenza di creditori sociali insoddisfatti non già un impedimento alla cancellazione, bensì una responsabilità dei soci e/o del liquidatore».
Trib. Bari, 3 giugno 2009, in Riv. Dir. Soc., 2010, 826: «Al giudice del registro, spetta solo la verifica della corrispondenza tipologica dell’atto da iscrivere con quello di cui la legge prevede l’iscrizione, e dunque egli non può accertare la veridicità delle circostanze indicate nell’atto del quale è richiesta l’iscrizione».
(19)(19)
- Trib. Verona, 17 luglio 2015, in Fallimento, 2015, 11, 1258: «La presentazione dell’istanza di concordato è ammessa anche durante la pendenza del termine annuale dalla cancellazione della società dal Registro delle Imprese di cui all’art. 10 l. fall., tenuto conto dell’alternatività prevalente del concordato rispetto alla dichiarazione di fallimento. L’istanza sospende il termine per la dichiarazione di fallimento fino alla conclusione della procedura concordataria».
(20)(20)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 1155-2014/I, Società cancellata e concordato preventivo, in CNN Notizie del 18.2.2015: «Si chiede se sia ricevibile una determina di richiesta di presentazione di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 4, l. fall., da parte di una società cancellata dal Registro delle Imprese da meno di un anno […]. […] l’art. 10 l. fall. costituisce un’eccezione, in quanto la possibilità che una società sia dichiarata fallita entro l’anno dalla sua cancellazione dal registro comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento, quanto le eventuali successive fasi di impugnazione, continuino a svolgersi nei confronti della società e, per essa, del suo legale rappresentante, nella persona del liquidatore. […] in quanto avente natura eccezionale, la regola contenuta nell’art. 10 l. fall. è “destinata ad operare solo nello stretto ambito in cui il legislatore l’ha prevista” (Cass. 12 marzo 2013, n. 6070, cit.). […]. Sembrerebbe, quindi, doversi escludere la facoltà di presentare istanza di ammissione al concordato preventivo».
Cass., sez. VI, 20 ottobre 2015, n. 21286, in Rep. Foro It., 2015, voce Concordato preventivo, n. 208: «È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrarietà agli art. 3 e 24 cost., del combinato disposto degli art. 2495 c.c. e 10 l. fall., che impediscono al liquidatore della società cancellata dal registro delle imprese, di cui, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere il concordato preventivo; quest’ultima procedura, infatti, diversamente dalla prima, che ha finalità solo liquidatorie, tende alla risoluzione della crisi di impresa, sicché l’intervenuta e consapevole scelta di cessare l’attività imprenditoriale, necessario presupposto della cancellazione, ne preclude ipso facto l’utilizzo, per insussistenza del bene al cui risanamento essa dovrebbe mirare; né l’istanza concordataria può essere intesa come uno dei mezzi attraverso i quali si esplica il diritto di difesa del fallendo in sede di istruttoria prefallimentare».
In senso conforme: Trib. Milano, 14 febbraio 2013, in CNN Notizie del 6.8.2015.
(21)(21)
- Trib. Torino, 5 settembre 2008, in Giur. Mer., 2009, 1578: «La nuova disciplina dettata dall’art. 2495 c.c., secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al passato, l’estinzione della società […] comporta una vera e propria successione ex lege dei soci (e, in via subordinata, dei liquidatori), in proporzione alle rispettive quote, nei diritti facenti capo alla società estinta, con conseguente legittimazione dei medesimi ad agire per il recupero dei crediti sociali ancora da soddisfare […].».
Trib. Bologna, 8 ottobre 2010, in Società, 2011, 271: «Le sopravvenienze attive emerse successivamente alla cancellazione della società dal registro delle imprese danno luogo ad un fenomeno di successione in capo ai soci, che ne comporta il riparto tra loro, in regime di comunione ordinaria ai sensi degli art. 1100 seg. c.c.».
Cass., 9 febbraio 2021, n. 3136, in Foro It., 2021, 3, 1, 822: «La cancellazione della società dal registro delle imprese ha effetto estintivo; la vicenda estintiva deve ricondursi ad un fenomeno normalmente successorio, con conseguente subentro dei soci nelle posizioni attive e passive della società. Rileva, dunque, la manifestazione di volontà di rinunciare al credito, al fine di escluderne la trasferibilità ai soci, quest’ultima da intendersi come regola generale del fenomeno estintivo societario. Solo in mancanza di una espressa manifestazione di volontà abdicativa soccorrono criteri presuntivi con i quali poter inferire egualmente una univoca volontà di rinuncia, quali la mancata menzione, nel bilancio finale di liquidazione, di poste illiquide e incerte, includibili nel novero delle c.d. mere pretese».
(22)(22)
- Cass., 16 maggio 2012, n. 7676, in Fisco, 1, 2012, 3771: «[…] occorre evidenziare che, una volta estinta la società, il socio, ai sensi dell’art. 2495 c.c., risponde dei debiti sociali solo nella misura in cui abbia riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione […]».
Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070, in Giur. Comm., 2014, II, 790: «Ove una società si estingua a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali rispondono dei debiti nei limiti della responsabilità per essi prevista pendente societate […]»; nello stesso senso, Cass. Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6072, in Dir. Prat. Trib., 2013, II, 945.
Trib. Milano, 20 maggio 2013, in Società, 2013, 1029: «L’estinzione della società, di persone o di capitali, con conseguente cancellazione della stessa dal registro delle imprese […] causa una sorta di successione dei soci nella titolarità delle situazioni soggettive passive non definite alla data di cancellazione ed una devoluzione, in loro favore, delle situazioni soggettive attive non assegnate ai soci alla medesima data, purché non abbandonate dall’organo della liquidazione, anche implicitamente; […] l’interpretazione estensiva della disciplina di cui all’art. 2495 c.c., 2º comma, permette di affermare la ricorrenza della responsabilità dei soci cessati verso i creditori sociali non solo entro i limiti delle somme riscosse dai soci in base al bilancio finale di liquidazione ma anche entro i limiti di successive attribuzioni patrimoniali pervenute ai soci cessati in dipendenza del loro subentrare nelle posizioni attive della società cancellata».
(23)(23)
- Trib. Napoli, 3 giugno 2004, in Società, 2005, 487: «Dopo la formale cancellazione della società dal registro delle imprese, anche in presenza di rapporti giuridici non portati a definizione, il creditore sociale può esercitare, ai sensi dell’art. 2456, 2º comma, c.c. prev., solamente azioni nei confronti dei soci e dei liquidatori e non nei confronti della società ormai estinta. Per dimostrare la responsabilità del liquidatore il creditore ha l’onere di provare l’esistenza di una massa attiva nel bilancio finale di liquidazione sufficiente a soddisfare il credito, che sia stata invece distribuita ai soci, oppure l’imputabilità della mancanza di attivo, da destinarsi al pagamento dei debiti, alla condotta colposa o dolosa del liquidatore».
Trib. Milano, 24 gennaio 2007, in Banca, Borsa, 2007, II, 763: «In base al nuovo testo dell’art. 2495 c.c., introdotto dal d.leg. n. 6 del 2003, la cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese ne determina la definitiva ed irreversibile estinzione, con conseguente improponibilità dell’azione proposta nei suoi confronti dai creditori sociali insoddisfatti per l’adempimento delle relative obbligazioni, potendo costoro far valere le loro pretese nei confronti dei soci, nei limiti del riparto di liquidazione, ovvero nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento del credito sia a loro imputabile».
Trib. Milano, 8 marzo 2011, in Società, 2011, 1138: «Il liquidatore può essere chiamato a rispondere nei confronti del creditore insoddisfatto solo a condizione che questi dimostri l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di una massa attiva che sarebbe stata sufficiente a soddisfare il suo credito ed è stata invece distribuita ai soci oppure di una condotta colposa o dolosa del liquidatore cui sia imputabile la mancanza di tale massa attiva».
(24)(24)
- Cass., Sez. I, 22 giugno 2017, n. 15474, in Società, 2017, 8-9, 1041: «In tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495, comma 2, c.c. implica che l’obbligazione sociale non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, sicché grava sul creditore l’onere della prova circa la distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione».
(25)(25)
- Cass., 2 aprile 2015, n. 6743, in Foro It., 2015, 5, I, 1530: «L’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva. Ne consegue che il differimento quinquennale (operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto d.lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente».
(26)(26)
- Cass., 16 maggio 2012, n. 7676, in Rep. Foro It., 2012, voce Società, n. 724: «La cancellazione dal registro delle imprese della società equivale alla morte della persona fisica […].».
Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6071, in Riv. Not., 2013, 952: «Qualora l’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) si trasferimento del pari ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato».
Cass., 18 luglio 2013, n. 17564, in Giur. It., 2013, 2266: «L’efficacia costitutiva della cancellazione della società (nella specie a rl), determinandone l’estinzione, configura un fenomeno di tipo successorio […]».
Cass., 17 maggio 2019, n. 13386, in Ced Cassazione, rv. 653738-01:«La cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese determina un fenomeno successorio in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci che, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui sono soggetti “pendente societate”, ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione ovvero illimitatamente. (Nella specie la S.C., in applicazione del principio, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso del contribuente secondo cui la natura costitutiva dell’estinzione avrebbe determinato la nullità degli avvisi di accertamento “erga omnes”, sia nei confronti della società che dei soci)».
In senso conforme: Cass., 9 febbraio 2021, n. 3136, in Foro It., 2021, 3, 1, 822.
(1)(1)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 31/2013, Crisi d’impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio netto: «[…] Con l’omologazione del […] l’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis quarto comma l. fall., riprendono pieno vigore gli obblighi di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. (se si tratti di s.p.a.) e degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. (se si tratti di s.r.l.). Ne consegue che gli amministratori devono a quella data, anche alla luce della ristrutturazione finanziaria prodotta dal concordato o dall’accordo di ristrutturazione dei debiti, accertare l’eventuale sussistenza di perdite rilevanti ai sensi di detti articoli e adottare i provvedimenti conseguenti a tale accertamento […]».
Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo: «[…] La causa di scioglimento della società prevista nell’art. 2484 n. 4) c.c. opera nuovamente a seguito dell’omologazione […] dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, con integrale vigenza degli obblighi per gli amministratori di accertare l’eventuale sussistenza di perdite rilevanti, anche alla luce della ristrutturazione finanziaria prodotta dal concordato o dall’accordo di ristrutturazione dei debiti, e di adottare i provvedimenti conseguenti ai sensi degli artt. 2446 e 2447 o 2482-bis e 2482-ter c.c. (vedi Orientamento 31/2013) dopo la sospensione concessa nell’art. 182 sexies l. fall. a seguito dell’ingresso nella procedura […]».
(2)(2)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.B.1, Deliberazioni sulle perdite di società soggetta a concordato preventivo o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati, 1° pubbl. 9/15 - motivato 9/15: «[…] L’orientamento in oggetto affronta il problema della corretta determinazione del patrimonio netto contabile di una società che abbia visto omologata la propria domanda di concordato preventivo in continuità, o il proprio accordo di ristrutturazione dei debiti ex art 182 bis legge fall., ma che non abbia ancora eseguito il relativo piano. Tale determinazione è di particolare importanza, posto che l’art. 182 sexies legge fall. (introdotto dall’art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83) dispone che successivamente all’omologa di uno dei suddetti piani tornano a trovare piena applicazione gli articoli del codice civile posti a tutela dell’integrità del capitale sociale, con la conseguenza che ove venissero riscontrate perdite di capitale rilevanti la società dovrebbe adottare gli opportuni provvedimenti di ricapitalizzazione o trasformazione, pena il suo scioglimento. Nella fase in cui una società non ha ancora eseguito un piano di ristrutturazione dei debiti omologato (sia esso un concordato o un accordo ex art. 182 bis legge fall.) non è però semplice determinare quale sia il suo patrimonio netto contabile civilisticamente rilevante, posto che le regole legali sulla redazione del bilancio mal si prestano a rappresentare in maniera veritiera e corretta la reale situazione patrimoniale e finanziaria di una società che si trovi in tale fase. […] si ritiene che i bilanci e le situazioni patrimoniali di una società ammessa ad una procedura di concordato preventivo in continuità o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti debbano essere redatti in modo da rappresentare in maniera chiara, veritiera e corretta gli effetti del piano omologato sul patrimonio della società, derogando, ove necessario, alle disposizioni di legge con ciò incompatibili ai sensi dell’art. 2423, comma 4, c.c., rendendo in tal modo possibile la corretta applicazione delle norme codicistiche che tutelano l’integrità del capitale sociale […]».
Trib. Ancona, 12 aprile 2012, in Fallimento, 2013, 110, con nota di Ariani: «In tema di concordato preventivo, la riduzione dell’ammontare dei debiti per effetto della ristrutturazione proposta a seguito dell’omologa del concordato è suscettibile di determinare una sopravvenienza attiva nel patrimonio sociale necessariamente destinata ad essere utilizzata per abbattere la perdita maturata prima dell’ingresso della società in procedura, e può essere idonea alla ricostituzione del capitale».
(3)(3)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 31/2013, Crisi d’impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio netto: «L’art. 182-sexies della legge fallimentare, introdotto con l. 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto un’ipotesi di sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione previsti dalla normativa in materia di società per azioni e a responsabilità limitata, prevedendo altresì l’inoperatività della relativa causa di scioglimento prevista per la riduzione del capitale al di sotto del limite minimo di capitale previsto per tali società (art. 2484 n. 4 c.c.) e quella prevista per la perdita integrale del capitale nelle cooperative (art. 2545-duodecies c.c.). Tale sospensione opera allorché la società depositi […], una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis comma 1° l. fall. o una proposta di accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis comma 6° l. fall., che definiremo per brevità “domande protettive”. […] La legge ha così non soltanto codificato un orientamento che, del tutto ragionevolmente, giungeva alle medesime conclusioni in caso di deposito di una domanda di concordato preventivo da parte della società, ma lo ha esteso all’ipotesi in cui la società scelga un percorso meno invasivo quale quello - stragiudiziale ma “ad evidenza giudiziale” - dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. […] Peraltro, «la normativa non sospende l’obbligo degli amministratori di convocare l’assemblea “senza indugio” al verificarsi della perdita del capitale sociale» né «crea alcuna area di irresponsabilità per gli amministratori, che continuano a rispondere della “conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale” […]».
In senso conforme: Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.B.1, Deliberazioni sulle perdite di società soggetta a concordato preventivo o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati, 1° pubbl. 9/15 - motivato 9/15; Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo:
(4)(4)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo: «[…] È stata così disposta, con la l. n. 134/2012, la sospensione degli obblighi in tema di riduzione/perdita del capitale sociale per le società in concordato o che abbiano presentato una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero un’istanza per ottenere la protezione prevista dall’art. 182-bis, comma 6. […] Pur non operando la causa di scioglimento sopradetta, nulla peraltro vieta che i soci possano, comunque, deliberare lo scioglimento della società dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo. […] Corollario di tale conclusione è che l’avviso di convocazione dovrà ovviamente prevedere tra le materie all’ordine del giorno, l’eventuale adozione della delibera di scioglimento ai sensi dell’art. 2484 n. 6). Ove dunque l’ordine del giorno dovesse fare unicamente menzione dell’adozione dei possibili provvedimenti ai sensi del n. 4 del medesimo articolo, la delibera non potrebbe essere legittimamente assunta (salva ovviamente l’ipotesi di assemblea totalitaria) […]».
(5)(5)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.A.3, Forme della decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato in presenza di organi monocratici, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] Non è dunque ragionevole sostenere che tutte le volte che la società sia priva di “amministratori” in senso letterale, la competenza legale non operi, con la conseguenza che la decisione sulla domanda di concordato debba essere rimessa ai soci. […] Per quanto riguarda le società in liquidazione è tuttavia necessario aggiungere che i poteri dei liquidatori, quali organo gestorio di detta fase, possono essere liberamente modulati in sede di nomina ai sensi dell’art. 2487, comma 1, lett. c), c.c. Sarà pertanto possibile, senza modificare lo statuto o l’atto costitutivo, riservare ai soci la competenza ad approvare la domanda di concordato mediante la semplice non attribuzione del relativo potere all’organo di liquidazione all’atto della sua nomina […]».
(6)(6)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.A.3, Forme della decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato in presenza di organi monocratici, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] Per quanto riguarda le società in liquidazione è tuttavia necessario aggiungere che i poteri dei liquidatori, quali organo gestorio di detta fase, possono essere liberamente modulati in sede di nomina ai sensi dell’art. 2487, comma 1, lett. c), c.c. Sarà pertanto possibile, senza modificare lo statuto o l’atto costitutivo, riservare ai soci la competenza ad approvare la domanda di concordato mediante la semplice non attribuzione del relativo potere all’organo di liquidazione all’atto della sua nomina […]».
Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.A.9, Competenza a deliberare il concordato nelle società di capitali in liquidazione, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «Nel caso di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché di società cooperative, in liquidazione, la competenza a deliberare la proposta e le condizioni della domanda di concordato spetta all’organo di liquidazione, sempre che l’atto costitutivo o la delibera di nomina dei liquidatori non abbiano disposto diversamente. La disposizione contenuta nella lettera b) del comma 2 dell’art. 152 l.f., che attribuisce tale competenza agli “amministratori”, deve infatti essere interpretata come norma attributiva della competenza all’organo gestorio, quale che esso sia, in luogo dell’assemblea dei soci».
(7)(7)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.A.3, Forme della decisione di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato in presenza di organi monocratici, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «[…] È infine da ricordare che è principio generale che le decisioni adottate dagli organi sociali sopravvivono al mutare soggettivo o qualitativo di detti organi, con la conseguenza che la decisione sul concordato eventualmente adottata da un amministratore unico potrà poi essere eseguita dal consiglio di amministrazione o dal liquidatore che eventualmente gli sono succeduti, senza necessità della ripetizione formale, con intervento notarile, di una nuova decisione. Qualora invece il nuovo organo gestorio non intenda dar seguito alla domanda di concordato approvata dal suo predecessore dovrà porre in essere una revoca formale della relativa deliberazione, al fine di rimuovere una pubblicità altrimenti ingannevole».
(8)(8)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.A.10, Sorte della delibera di approvazione della domanda di concordato adottata dagli amministratori nell’ipotesi di successiva messa in liquidazione della società, 1° pubbl. 9/09 - motivato 9/11: «La delibera adottata dagli amministratori di approvazione della domanda e delle condizioni del concordato, al pari di tutte le decisioni dell’organo gestorio, conserva la sua validità anche nell’ipotesi che successivamente alla sua adozione, e prima della presentazione della domanda al tribunale, la società sia posta in liquidazione e vengano nominati uno o più liquidatori. Non sarà dunque necessario che il neonominato organo di liquidazione rideliberi, nelle forme previste dall’art. 152, comma 3, l.f., la domanda di concordato, nell’ipotesi che intenda presentare la medesima domanda già deliberata […]».
(9)(9)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Segnalazioni Novità Giurisprudenziali, La chiusura del fallimento a seguito di concordato fallimentare non è causa di estinzione della società (Trib. Napoli, decr. 22 settembre 2015), in CNN Notizie del 8.3.2016: «[…] L’art. 130 l. fall., stabilisce che quando il decreto di omologazione diventa definitivo, il curatore è tenuto a presentare il conto della gestione e successivamente il tribunale dichiara chiuso il fallimento. La chiusura del fallimento per effetto dell’omologazione del concordato fallimentare non costituisce, tuttavia, causa di estinzione della società, né è prevista la cancellazione della stessa dal registro delle imprese. L’art. 118, comma 2, l. fall., infatti, prevede che il curatore debba richiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese per le sole ipotesi di cui al comma 1, nn. 3 e 4 dello stesso articolo e, cioè, quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo o quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura […]».
(10)(10)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo: «[…] È stata così disposta, con la l. n. 134/2012, la sospensione degli obblighi in tema di riduzione/perdita del capitale sociale per le società in concordato o che abbiano presentato una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ovvero un’istanza per ottenere la protezione prevista dall’art. 182-bis, comma 6. La ratio di tale disposizione è chiaramente quella di rinviare il momento della ricapitalizzazione e non sottrarre risorse utili all’attività d’impresa. […]. Pur non operando la causa di scioglimento sopradetta, nulla peraltro vieta che i soci possano, comunque, deliberare lo scioglimento della società dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo. […] Corollario di tale conclusione è che l’avviso di convocazione dovrà ovviamente prevedere tra le materie all’ordine del giorno, l’eventuale adozione della delibera di scioglimento ai sensi dell’art. 2484 n. 6). Ove dunque l’ordine del giorno dovesse fare unicamente menzione dell’adozione dei possibili provvedimenti ai sensi del n. 4 del medesimo articolo, la delibera non potrebbe essere legittimamente assunta (salva ovviamente l’ipotesi di assemblea totalitaria) […]».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 206-2015/I, S.r.l. in concordato preventivo omologato con finalità liquidatorie e delibera di scioglimento per perdita del capitale, in CNN Notizie del 18.3.2016: […] presentata la domanda per ammissione al concordato preventivo e sino a che questo non sia stato omologato, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, c.c. sicché un’eventuale decisione di messa in liquidazione andrebbe necessariamente ricondotta alla fattispecie di cui al n. 6) dello stesso art. 2484 (si tratterebbe, in altre parole, di scioglimento volontario), con il che sembrerebbe difficile escludere la necessità di un’autorizzazione. Si consideri, infatti, che la delibera di scioglimento e messa in liquidazione della società, mutando lo scopo dell’impresa, che appunto assume finalità liquidatorie, sembra inquadrarsi nella categoria degli atti urgenti di straordinaria amministrazione, sicché si renderebbe necessaria l’autorizzazione del tribunale, nel presupposto, peraltro, dell’urgenza […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 192-2015/I, Scioglimento e messa in liquidazione di S.r.l. in concordato preventivo con continuità aziendale, in CNN Notizie del 24.3.2016.
Trib. Ancona, 12 aprile 2012, in Fallimento, 2013, 110, con nota di Ariani: «In tema di concordato preventivo, la presentazione della domanda di concordato comporta il differimento dell’obbligo di intervenire sul capitale e determina la necessità di verifica della permanenza della causa di scioglimento solo all’esito della procedura di concordato».
(11)(11)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 34/2013, Concordato preventivo e trasformazione di società: «La pendenza della procedura di concordato preventivo non inibisce né altera l’operatività della disciplina ordinaria della trasformazione, non limita il potere deliberativo dell’assemblea […] né costituisce causa di decadenza degli organi sociali».
(12)(12)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.B.2, Determinazione del termine di scadenza degli effetti dell’art. 182 sexies legge fall. Nel caso di mancata omologa, 1° pubbl. 9/15 - motivato 9/15: «[…] Si pone quindi problema di comprendere cosa accade nell’ipotesi in cui alla domanda di ammissione ad una di dette procedure non segua l’omologa. […] Conclusa la valutazione della domanda da parte del tribunale, positivamente o negativamente, viene meno l’esigenza di tutela sottostante alla sospensione, in quanto, se la procedura si conclude con esito positivo, si produce la falcidia dei debiti e, dunque, la fisiologica prosecuzione dell’impresa (vedi orientamento P.B.1), se, invece, si conclude con esito negativo, non vi è più motivo di impedire lo scioglimento della società. Per tale motivo si deve ritenere che la definitiva conclusione della procedura di omologazione di una domanda di concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, qualunque ne sia l’esito, produca la cessazione degli effetti sospensivi previsti dall’art 182 sexies legge fall. […]».
(13)(13)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 31/2013, Crisi d’impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio netto: «L’art. 182-sexies della legge fallimentare, introdotto con l. 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto un’ipotesi di sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione previsti dalla normativa in materia di società per azioni e a responsabilità limitata, prevedendo altresì l’inoperatività della relativa causa di scioglimento prevista per la riduzione del capitale al di sotto del limite minimo di capitale previsto per tali società (art. 2484 n. 4 c.c.) e quella prevista per la perdita integrale del capitale nelle cooperative (art. 2545-duodecies c.c.). Tale sospensione opera allorché la società depositi una domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 160 ss. l. fall. […] che definiremo per brevità “domande protettive”. Gli effetti dell’art. 182-sexies, per disposizione espressa, operano anche in caso di domanda di concordato “con riserva” o “in bianco”, cioè quella domanda con cui il debitore non deposita anche la proposta rivolta ai creditori, ma si limita a chiedere al tribunale l’assegnazione di un termine entro il quale depositare la proposta di concordato (supportata dalla relativa documentazione e dal piano) o un accordo di ristrutturazione dei debiti nel frattempo raggiunto con i creditori […]».
In senso conforme: Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.B.1, Deliberazioni sulle perdite di società soggetta a concordato preventivo o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati, 1° pubbl. 9/15 - motivato 9/15; Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo; Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 206-2015/I, S.r.l. in concordato preventivo omologato con finalità liquidatorie e delibera di scioglimento per perdita del capitale, in CNN Notizie del 18.3.2016; Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 192-2015/I, Scioglimento e messa in liquidazione di S.r.l. in concordato preventivo con continuità aziendale, in CNN Notizie del 24.3.2016.
(14)(14)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 31/2013, Crisi d’impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio netto: «[…] Con l’omologazione del concordato preventivo […], riprendono pieno vigore gli obblighi di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. (se si tratti di s.p.a.) e degli artt. 2482-bis e 2482-ter c.c. (se si tratti di s.r.l.). Ne consegue che gli amministratori devono a quella data, anche alla luce della ristrutturazione finanziaria prodotta dal concordato o dall’accordo di ristrutturazione dei debiti, accertare l’eventuale sussistenza di perdite rilevanti ai sensi di detti articoli e adottare i provvedimenti conseguenti a tale accertamento […]».
In senso conforme: Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 32/2013, Crisi d’impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio netto.
Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo; Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 206-2015/I, S.r.l. in concordato preventivo omologato con finalità liquidatorie; Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 192-2015/I, Scioglimento e messa in liquidazione di S.r.l. in concordato preventivo con continuità aziendale, in CNN Notizie del 24.3.2016.
Trib. Ancona, 12 aprile 2012, in Fallimento, 2013, 110, con nota di Ariani: «In tema di concordato preventivo, la presentazione della domanda di concordato comporta il differimento dell’obbligo di intervenire sul capitale e determina la necessità di verifica della permanenza della causa di scioglimento solo all’esito della procedura di concordato».
(15)(15)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. P.B.1, Deliberazioni sulle perdite di società soggetta a concordato preventivo o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti omologati, 1° pubbl. 9/15 - motivato 9/15: «[…] Nella fase in cui una società non ha ancora eseguito un piano di ristrutturazione dei debiti omologato (sia esso un concordato o un accordo ex art. 182 bis legge fall.) non è però semplice determinare quale sia il suo patrimonio netto contabile civilisticamente rilevante, posto che le regole legali sulla redazione del bilancio mal si prestano a rappresentare in maniera veritiera e corretta la reale situazione patrimoniale e finanziaria di una società che si trovi in tale fase. Non può comunque sussistere alcun dubbio sulla circostanza che nel predisporre la situazione patrimoniale di una società che abbia visto omologato un piano di ristrutturazione dei debiti è necessario tenere conto anche degli effetti legali del piano. Per quanto riguarda i debiti, l’omologa del piano incide immediatamente sulla loro riduzione, poiché chiude la procedura e rende esecutivo l’accordo, vincolando i creditori. […]. In conclusione, si ritiene che i bilanci e le situazioni patrimoniali di una società ammessa ad una procedura di concordato preventivo in continuità o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti debbano essere redatti in modo da rappresentare in maniera chiara, veritiera e corretta gli effetti del piano omologato sul patrimonio della società, derogando, ove necessario, alle disposizioni di legge con ciò incompatibili ai sensi dell’art. 2423, comma 4, c.c., rendendo in tal modo possibile la corretta applicazione delle norme codicistiche che tutelano l’integrità del capitale sociale […]».
(16)(16)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 206-2015/I, S.r.l. in concordato preventivo omologato con finalità liquidatorie e delibera di scioglimento per perdita del capitale, in CNN Notizie del 18.3.2016: «[…] Dunque, presentata la domanda per ammissione al concordato preventivo e sino a che questo non sia stato omologato, non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, c.c. sicché un’eventuale decisione di messa in liquidazione andrebbe necessariamente ricondotta alla fattispecie di cui al n. 6) dello stesso art. 2484 (si tratterebbe, in altre parole, di scioglimento volontario), con il che sembrerebbe difficile escludere la necessità di un’autorizzazione. Si consideri, infatti, che la delibera di scioglimento e messa in liquidazione della società, mutando lo scopo dell’impresa, che appunto assume finalità liquidatorie, sembra inquadrarsi nella categoria degli atti urgenti di straordinaria amministrazione, sicché si renderebbe necessaria l’autorizzazione del tribunale, nel presupposto, peraltro, dell’urgenza […]».
(17)(17)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 206-2015/I, S.r.l. in concordato preventivo omologato con finalità liquidatorie e delibera di scioglimento per perdita del capitale, in CNN Notizie del 18.3.2016: «[…] poiché il concordato è stato omologato, la società ha riacquistato la piena capacità, cessa la “sospensione” delle norme in tema di riduzione del capitale per perdite e torna operante la causa di esclusione di cui all’art. 2484, n. 4), c.c. (riduzione al di sotto del minimo legale). Resta, infine, da accennare ad un profilo, di carattere fattuale: fermo restando che l’operazione [di messa in liquidazione, N.d.A.] non necessita di autorizzazione, si tratterà di valutare nel merito se tale operazione sia o meno compatibile con il contenuto del concordato omologato, in quanto, laddove la società non dovesse essere in grado di adempiere gli obblighi concordatari, i creditori saranno legittimati a chiedere la risoluzione del concordato, con conseguente possibile apertura del fallimento della società […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 192-2015/I, Scioglimento e messa in liquidazione di S.r.l. in concordato preventivo con continuità aziendale, in CNN Notizie del 24.3.2016.
(18)(18)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 49/2015, Crisi d’impresa e cause di scioglimento - artt. 2484 n. 4) e n. 6) c.c. - della società in concordato preventivo: «[…] A tale proposito, si ritiene che l’operazione non necessiti di autorizzazione giudiziale trattandosi di una libera scelta organizzativa rimessa alla compagine sociale la quale fuoriesce dal novero degli atti per i quali la legge fallimentare richiede l’autorizzazione del Tribunale o del Giudice delegato, a seconda della fase in cui si trova la procedura […]. Tali autorizzazioni sono infatti richieste in presenza di atti di gestione straordinaria dell’impresa laddove invece, come detto, la messa in liquidazione attiene essenzialmente alle modalità organizzative attraverso la quale portare avanti la gestione del patrimonio, sia pure in una prospettiva differente, quella della dismissione dei cespiti. […] Questo non vuol dire che non vi possano essere interferenze fra la messa in liquidazione e la procedura di concordato preventivo, ma simili possibili interferenze non consentono di configurare in capo al Tribunale (o al Giudice delegato) il potere di autorizzare o meno la messa in liquidazione, bensì determinano conseguenze di tipo diverso. Poiché infatti la procedura di concordato implica un piano ed una proposta, già depositati o per il cui deposito corre il termine concesso dal tribunale a seguito della presentazione di una domanda in bianco, si rende necessario valutare la compatibilità della delibera assembleare di scioglimento con la procedura e, in particolare, la coerenza dello stato di liquidazione con le scelte alla base del piano e della proposta, fermo rimanendo che, a differenza di quanto prescrive l’art. 2499 con riferimento alla trasformazione, il codice civile non prevede espresse limitazioni allo scioglimento. […] la valutazione non può non implicare anche un’attenzione verso il costo che la messa in liquidazione genera. Se il costo dell’operazione societaria straordinaria in pendenza di una procedura è sostenuto da terzi diversi dalla società stessa, nulla quaestio. […] Se, al contrario, tali costi dovessero di fatto gravare sul patrimonio sociale può dirsi che, con specifico riferimento al concordato preventivo, prima dell’omologazione sarà tendenzialmente necessaria un’autorizzazione giudiziale al fine dell’addebito delle spese vive dell’operazione al patrimonio sociale […]».
(19)(19)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 192-2015/I, Scioglimento e messa in liquidazione di S.r.l. in concordato preventivo con continuità aziendale, in CNN Notizie del 24.3.2016: «[…] Si è, peraltro, ritenuto che la stessa proposizione di una domanda di concordato che preveda la continuazione dell’attività di impresa potrebbe in concreto risultare compatibile con la disciplina della società in fase di liquidazione - e, segnatamente, con quella relativa a poteri e obblighi dei liquidatori (art. 2489, c.c.) - laddove la previsione del conseguimento di utili e la conservazione dell’avviamento aziendale consentano di tutelare l’integrità del patrimonio (Trib. Varese 30 giugno 2012, in www.ilcaso.it). In ogni caso, la decisione di sciogliere la società non è vietata dalla legge e forma oggetto di una valutazione di merito di competenza degli organi sociali che dovranno valutarne la concreta compatibilità con la continuità aziendale prevista dal concordato […]».
(20)(20)
- Trib. Verona, 17 luglio 2015, in Fallimento, 2015, 11, 1258: «La presentazione dell’istanza di concordato è ammessa anche durante la pendenza del termine annuale dalla cancellazione della società dal Registro delle Imprese di cui all’art. 10 l. fall., tenuto conto dell’alternatività prevalente del concordato rispetto alla dichiarazione di fallimento. L’istanza sospende il termine per la dichiarazione di fallimento fino alla conclusione della procedura concordataria».
(21)(21)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 1155-2014/I, Società cancellata e concordato preventivo, in CNN Notizie del 18.2.2015: «Si chiede se sia ricevibile una determina di richiesta di presentazione di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 4, l. fall., da parte di una società cancellata dal Registro delle Imprese da meno di un anno […]. […] l’art. 10 l. fall. costituisce un’eccezione, in quanto la possibilità che una società sia dichiarata fallita entro l’anno dalla sua cancellazione dal registro comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento, quanto le eventuali successive fasi di impugnazione, continuino a svolgersi nei confronti della società e, per essa, del suo legale rappresentante, nella persona del liquidatore. […] in quanto avente natura eccezionale, la regola contenuta nell’art. 10 l. fall. è “destinata ad operare solo nello stretto ambito in cui il legislatore l’ha prevista” (Cass. 12 marzo 2013, n. 6070, cit.). […]. Sembrerebbe, quindi, doversi escludere la facoltà di presentare istanza di ammissione al concordato preventivo».
Cass., 20 ottobre 2015, n. 21286, in Rep. Foro It., 2015, voce Concordato preventivo, n. 208: «È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrarietà agli art. 3 e 24 cost., del combinato disposto degli art. 2495 c.c. e 10 l. fall., che impediscono al liquidatore della società cancellata dal registro delle imprese, di cui, entro l’anno dalla cancellazione, sia domandato il fallimento, di richiedere il concordato preventivo; quest’ultima procedura, infatti, diversamente dalla prima, che ha finalità solo liquidatorie, tende alla risoluzione della crisi di impresa, sicché l’intervenuta e consapevole scelta di cessare l’attività imprenditoriale, necessario presupposto della cancellazione, ne preclude ipso facto l’utilizzo, per insussistenza del bene al cui risanamento essa dovrebbe mirare; né l’istanza concordataria può essere intesa come uno dei mezzi attraverso i quali si esplica il diritto di difesa del fallendo in sede di istruttoria prefallimentare».
In senso conforme: Trib. Milano, 14 febbraio 2013, in CNN Notizie del 6.8.2015.
(22)(22)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 34/2013, Concordato preventivo e trasformazione di società: «la dichiarazione di fallimento delle società di capitali non è di per sé causa di scioglimento della società né determina la decadenza degli organi sociali. Si tratta di un principio voluto dal legislatore della riforma del 2003 e che si trae dalla lettura dell’art. 2484 c.c., norma che, tra le cause di scioglimento, non annovera più la dichiarazione di fallimento per le società che abbiano per oggetto un’attività commerciale. Per effetto del fallimento e in pendenza della procedura le sorti del patrimonio sociale - destinato alla soddisfazione dei creditori - si separano dalle sorti della struttura dell’organizzazione mentre gli organi sociali mantengono le rispettive prerogative seppure con il filtro della compatibilità con le regole della procedura fallimentare».
(23)(23)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 72-2015/I, Cancellazione di società fallita dal registro delle imprese, in CNN Notizie del 16.3.2016: «[…] la Suprema Corte ha affermato come “La chiusura del fallimento di una società per ripartizione finale dell’attivo od insufficienza tale da impedire l’utile continuazione della procedura, disposta ai sensi dell’art. 118 legge fallimentare previgente, applicabile ‘ratione temporis’, non ne determina l’estinzione, sia perché con essa non si produce indefettibilmente la definizione di tutti i rapporti che fanno capo alla società, sia perché si verifica, con la fine dello ‘spossessamento’, il riacquisto della libera disponibilità dei propri beni da parte del fallito” (Cass. 23 aprile 2010, n. 9723). Anche una parte autorevole della dottrina ha espresso l’avviso per cui la chiusura della procedura non possa comportare mai l’automatica estinzione della società, prescindendo da una verifica della completa definizione dei rapporti sociali attivi e passivi, per cui “al curatore deve ritenersi sì attribuito l’onere di procedere alla cancellazione della società, ma solo quando, da un lato, della cancellazione sussistano in punto di fatto i presupposti, vale a dire solo quando, al momento della chiusura del fallimento, tutto risulti essere stato liquidato e tutti rapporti siano stati definiti; e, dall’altro lato, i soci non abbiano manifestato la volontà di ‘riattivare la società’: in sostanza, solo quando ormai della società residui un mero ‘guscio vuoto’, che nessuno mostra di voler utilizzare rispetto al quale, in una logica di economia dei mezzi, potrebbe riguardarsi come un inutile formalismo la nomina dei liquidatori con l’unico compito di procedere essi alla cancellazione” […]».
(24)(24)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 1009-2014/I, Concordato preventivo omologato e rappresentanza della società, in CNN Notizie, 18.2.2015: «Si chiede se legittimato all’atto di vendita, quale mandatario con rappresentanza ex lege, di una s.r.l. in liquidazione e in concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, ex art. 182 l. fall, sia il liquidatore giudiziale ovvero il legale rappresentante (attualmente il liquidatore volontario) della società o se sia necessario costituirli entrambi. […] Qualora, poi, il concordato consista nella cessione di beni - ed è questa l’ipotesi corrispondente al caso prospettato - viene in rilievo l’art. 182 L.F. […]. […] Poiché, tuttavia, la funzione dei liquidatori consiste per l’appunto nel compimento degli atti necessari ad assolvere l’incarico di realizzare il valore dei beni indicati nel decreto di omologa del concordato, deve ritenersi che essi siano legittimati al compimento degli atti di cessione previsti nel concordato stesso. […] La legittimazione del liquidatore al compimento degli atti inerenti i beni ceduti con il concordato non esclude, però, la conservazione in capo al debitore della titolarità dei beni stessi. […] Pertanto, l’atto potrà essere compiuto indifferentemente dall’uno o dall’altro soggetto».
(25)(25)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 1009-2014/I, Concordato preventivo omologato e rappresentanza della società, in CNN Notizie, 18.2.2015: «[…] appare, peraltro, decisivo, il contenuto del provvedimento del tribunale, posto che questo, oltre alla nomina del o dei liquidatori e del comitato dei creditori, determina le altre modalità della liquidazione (anche tali modalità possono, altresì, essere modificate o integrate con decreto successivo in ogni momento): spetta quindi al Tribunale di stabilire il contenuto, l’ampiezza, i limiti e i modi di esercizio dei poteri del liquidatore. In particolare, è possibile che il tribunale, nel provvedimento di nomina del liquidatore, con il quale viene conferito a quest’ultimo l’incarico di gestire la liquidazione dei beni, autorizzi espressamente il debitore al compimento dell’atto predisposto dal liquidatore stesso […]».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 83-2015/I. Concordato preventivo e rappresentanza della società, in CNN Notizie del 1.4.2016: «[…] Qualora, poi, il concordato consista nella cessione di beni, possono essere nominati dei liquidatori, i quali sono legittimati al compimento degli atti necessari ad assolvere l’incarico di realizzare il valore dei beni indicati nel decreto di omologa del concordato stesso. Sotto tale profilo appare, peraltro, decisivo, il contenuto del provvedimento del tribunale, posto che questo, oltre alla nomina del o dei liquidatori e del comitato dei creditori, determina le altre modalità della liquidazione (anche tali modalità possono, altresì, essere modificate o integrate con decreto successivo in ogni momento): spetta quindi al Tribunale di stabilire il contenuto, l’ampiezza, i limiti e i modi di esercizio dei poteri del liquidatore […]».
(26)(26)
- Consiglio Notarile di Firenze, Orientamento n. 31/2013, Crisi d’impresa e disciplina degli obblighi di mantenimento del patrimonio netto: «L’art. 182-sexies della legge fallimentare, introdotto con l. 7 agosto 2012, n. 134, ha previsto un’ipotesi di sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione previsti dalla normativa in materia di società per azioni e a responsabilità limitata, prevedendo altresì l’inoperatività della relativa causa di scioglimento prevista per la riduzione del capitale al di sotto del limite minimo di capitale previsto per tali società (art. 2484 n. 4 c.c.) e quella prevista per la perdita integrale del capitale nelle cooperative (art. 2545-duodecies c.c.). Tale sospensione opera allorché la società depositi una domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 160 ss. l. fall., una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis comma 1° l. fall. o una proposta di accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis comma 6° l. fall., che definiremo per brevità “domande protettive”. […] Peraltro, «la normativa non sospende l’obbligo degli amministratori di convocare l’assemblea “senza indugio” al verificarsi della perdita del capitale sociale» né «crea alcuna area di irresponsabilità per gli amministratori, che continuano a rispondere della “conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale”». Ne segue che: «gli amministratori possono presentare una delle tre tipologie di “domande protettive” anche prima della riunione dell’assemblea, che deve comunque essere convocata senza indugio (ferma peraltro la competenza dell’assemblea in relazione alla domanda di concordato nel caso in cui lo statuto la preveda ex art. 152 l. fall. tale riserva)».
Trib. Ancona, 12 aprile 2012, in Fallimento, 2013, 110: «In tema di concordato preventivo, la presentazione della domanda di concordato comporta il differimento dell’obbligo di intervenire sul capitale e de termina la necessità di verifica della permanenza della causa di scioglimento solo all’esito della procedura di concordato».
(1)(1)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 186-2011/I, Scioglimento e liquidazione nelle società di capitali, in CNN Notizie del 20.2.2012: «[…] Ma, indiscutibilmente, anche alla luce di quelli che sono gli ampi spazi nei quali può manifestarsi la volontà dei soci nel conformare i poteri dell’organo di liquidazione, non potrà considerarsi illegittima una autonoma ed espressa previsione - questa con efficacia immediata - con la quale i soci, nel decidere di revocare lo stato di liquidazione, dettino ai liquidatori, nelle more del perfezionamento della procedura, nuovi criteri “compatibili” con il ritorno in integro statu. La stessa possibilità di un “esercizio provvisorio”, d’altronde, indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla individuazione dell’organo cui compete tale scelta, ben potrebbe decidersi a liquidazione già avviata, purché, ovviamente, sussistano le condizioni concrete per effettuarlo […]».
(2)(2)
- Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 44, Quorum deliberativo rafforzato dell’assemblea straordinaria di s.p.a. in seconda convocazione (art. 2369, comma 5, c.c.), 19 novembre 2004: «Il quinto comma dell’art. 2369 c.c. si riferisce alle sole s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio ed identifica tra le deliberazioni di competenza dell’assemblea straordinaria alcune materie considerate dal legislatore di particolare importanza ([…] scioglimento anticipato, […] revoca della liquidazione […]) per la cui adozione è richiesto, anche in seconda convocazione, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale. […] Quindi, in seconda convocazione le delibere attinenti alle materie sopra ricordate non potranno considerarsi adottate qualora siano state approvate dai due terzi dei presenti se i voti a favore non siano risultati comunque superiori al terzo dell’intero capitale sociale. […] Quindi, nel caso in cui sia intervenuto all’assemblea straordinaria di seconda convocazione, che debba deliberare sugli argomenti sopra menzionati il 60 per cento del capitale e la deliberazione abbia ricevuto l’approvazione del 35 per cento di tutto il capitale sociale, la deliberazione non potrà ritenersi approvata non avendo i voti favorevoli raggiunto i due terzi del capitale rappresentato in assemblea (40 per cento) […]».
Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 43, Quorum deliberativo dell’assemblea straordinaria di s.p.a. in seconda convocazione (art. 2369, comma 3, c.c.), 19 novembre 2004: «[…] Il legislatore per favorire il funzionamento della società, che non ha potuto deliberare in prima convocazione perché i presenti non rappresentavano la quota di capitale richiesta per la regolare costituzione della società o perché i voti a favore non hanno raggiunto il quorum deliberativo previsto dalla legge, prevede nuove regole relative ai quorum deliberativi e/o costitutivi. Talvolta le regole di calcolo dettate dal legislatore sono omogenee a quelle previste per la prima convocazione (è il caso dei quorum costitutivi previsti per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio in cui varia solo la percentuale di presenze richieste che scende dalla metà a “oltre il terzo”), talaltra vengono adottate regole di calcolo non omogenee (è il caso dei quorum richiesti per le assemblee straordinarie in cui in prima convocazione è previsto solo un quorum deliberativo (“più della metà del capitale sociale”), mentre in seconda convocazione è richiesto un quorum costitutivo (“oltre un terzo del capitale sociale”) e un quorum deliberativo commisurato non al capitale sociale ma alla quota di capitale rappresentata in assemblea (“almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea”). Quest’ultima regola, se applicata senza tener conto degli scopi previsti dal legislatore con la previsione della seconda convocazione, porterebbe, in certi casi, al risultato di elevare in seconda convocazione i quorum richiesti per la prima (se ad esempio alla assemblea straordinaria di seconda convocazione fossero intervenuti tutti i soci il quorum deliberativo richiesto risulterebbe dei 2/3 dell’intero capitale sociale e cioè di oltre il 66,6 per cento!). Una interpretazione teleologica della norma che faccia leva sulla funzione dell’assemblea di seconda convocazione porta ad escludere tale conclusione […]».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 199-2007/I, Maggioranze statutarie e revoca dello stato di liquidazione nella s.p.a., in CNN Notizie del 23.1.2008: «[…] il quinto comma dell’art. 2369 c.c. - nella parte in cui prevede che nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è necessario, anche in seconda convocazione, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni concernenti le materie ivi specificate - va coordinato con il terzo comma dello stesso articolo e quindi va inteso nel senso che la maggioranza richiesta anche in seconda convocazione deve essere pari: 1) ad almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea, nonché; 2) a più di un terzo del capitale sociale; fermo restando che il quorum non potrà mai superare quello stabilito, dalla legge o dallo statuto, per la prima convocazione(Consiglio Notarile di Milano, massima n. 44)».
(3)(3)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.22, Necessaria competenza assembleare nella srl per la decisione di revoca dello stato di liquidazione, 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11: «La decisione di revoca dello stato di liquidazione nella srl è sempre di competenza dell’assemblea dei soci con la forma necessaria della verbalizzazione notarile. […] L’art. 2487 ter c.c. prevede testualmente che la revoca dello stato di liquidazione derivi da una “deliberazione dell’assemblea presa con le maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto”, aggiungendo poi che “si applica l’art. 2436” il che evidenzia la necessità dell’intervento del notaio a verbalizzare e ad esplicare il suo naturale potere-dovere di controllo di legalità in vista dell’iscrizione della relativa delibera/decisione presso il registro delle imprese […]».
(4)(4)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.22, Necessaria competenza assembleare nella srl per la decisione di revoca dello stato di liquidazione, 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11: «[…] In materia di srl si è posto il problema se la decisione di revoca dello stato di liquidazione possa essere adottata mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto ai sensi dell’art. 2479, comma 3, c.c., […]. Si ritiene che la revoca dello stato di liquidazione della srl presupponga sempre e comunque una deliberazione assembleare dei soci, restando escluso il ricorso ai procedimenti decisionali alternativi (anche se previsti in generale dallo statuto). Anche a voler muovere da una pretesa compatibilità ontologica e pratica fra le “decisioni assunte con metodi non assembleari” e la “verbalizzazione notarile” richiesta dall’art. 2487 ter c.c. (che richiama l’art. 2436 c.c.), sembra assumere rilevanza decisiva in contrario l’argomento letterale per cui l’art. 2487 ter c.c. fa richiamo espresso alla “deliberazione dell’assemblea”. Tale previsione espressa non appare infatti riconducibile ad una redazione frettolosa della norma, dettata per tutte le società di capitali, che non abbia tenuto conto delle specificità procedimentali della srl rispetto alla spa, quanto, piuttosto, alla coerente applicazione del principio che anche nella srl tutte le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto e tutte le decisioni che comportino una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci sono adottabili esclusivamente con il metodo assembleare ex art. 2479, comma 3, c.c. […]».
(5)(5)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.14, Individuazione dei creditori aventi diritto ad opporsi alla revoca della liquidazione e documentazione dell’eventuale consenso o pagamento dei medesimi in ipotesi di operazione anticipata, 1° pubbl. 9/09: «In mancanza di un metodo univoco, tipico e certo che consenta: a) l’individuazione completa dei creditori aventi diritto ad opporsi alla revoca dello stato di liquidazione; b) la quantificazione esatta e aggiornata dei loro crediti; b) la documentazione dell’eventuale consenso prestato da detti creditori ad un’operazione anticipata e/o del pagamento dei medesimi (art. 2487 ter, comma 2, primo periodo, c.c.); si ritiene preferibile che tali individuazione, quantificazione, consenso e/o pagamento vengano fatti constare da una attestazione - con elencazione analitica - formata dai liquidatori, ciò in quanto gli artt. 2489, 2490 e 2491 c.c., pongono implicitamente a carico dei medesimi l’obbligo di accertare la sussistenza di detti elementi».
(6)(6)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 19-2011/I, Società scaduta, adeguamento e revoca della liquidazione, in CNN Notizie del 1.3.2011: «[…] Si prospetta il seguente quesito: una società a responsabilità limitata, con statuto ancora con norme non adeguate alla normativa introdotta dalla riforma del 2004, intende apportare le necessarie modifiche al fine di renderlo conforme alla normativa vigente. La durata della società è però stabilita sino al 31 dicembre 1999. Si chiede se, per poter effettuare le modifiche statutarie e, soprattutto, per poter regolarizzare la società, sia necessaria la revoca dello stato di liquidazione. Non v’è dubbio che si sia verificata una causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2484, n. 1) c.c. Ciò, tuttavia non vuol dire che per ciò stesso la società sia già in liquidazione. […] il verificarsi di una causa di scioglimento produce sì effetti interni indipendentemente dai relativi adempimenti pubblicitari ma non l’insorgere di per sé dello stato di liquidazione […]. […] la rimozione della causa di scioglimento determinata dallo scadere del termine prima che si sia provveduto all’iscrizione ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c., non darà comunque luogo a revoca dello stato di liquidazione, né all’insorgere del diritto di recesso […]».
(7)(7)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] Quanto, poi, alle cause di scioglimento previste dalla legge si è ritenuto che non sempre la revoca dello stato di liquidazione sia ipotizzabile, dato il profilo sanzionatorio che (spesso) le accompagna. Infatti, già prima della riforma del 2003, la valutazione veniva operata sulla base del grado di disponibilità che caratterizzava le singole fattispecie. In linea di massima, in tale ambito sono state enucleate le seguenti ipotesi: a) dichiarazione di nullità della società ex art. 2332 c.c. Sul punto, si riteneva e si ritiene, pressoché pacificamente, non consentita la revoca dello stato di liquidazione in ragione del sistema di sanatoria consentito prima della sentenza che accerta la causa di nullità. Il profilo sanzionatorio è evidente e, tuttavia, se lo stesso legislatore promuove la possibilità di operare la rimozione della causa di scioglimento […], prima della sentenza, non pare possa escludersi, in senso assoluto, una revoca della liquidazione ove in concreto ipotizzabile, e realizzata, la rimozione delle cause di scioglimento […]».
(8)(8)
- Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia d’impresa B, Linee guida per i procedimenti di volontaria giurisdizione in materia societaria, 2018: «[…] Non rientrano nel perimetro della volontaria giurisdizione ma in quello dei procedimenti contenziosi (ove il provvedimento giurisdizionale è emanato in esito a un «accertamento di per sé richiedente il dispiegarsi di contraddittorio pieno e suscettibile di passaggio in giudicato»): «l’opposizione dei creditori alla […] revoca dello stato di liquidazione» di cui all’art. 2487-ter c.c.
(9)(9)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] il legislatore della riforma, coerentemente, richiede che, ove occorra, per deliberarsi la revoca dello stato di liquidazione si proceda alla previa eliminazione della causa di scioglimento. In altri termini, perché la società possa esser riportata in integro statu, non devono sussistere cause di scioglimento. Potrebbe trattarsi, oltre che della stessa causa che aveva determinato lo stato di liquidazione (che peraltro potrebbe anche esser venuta meno nel frattempo), anche di ulteriori cause determinatesi durante la fase di liquidazione. Ma, in ogni caso, perché la delibera di revoca di liquidazione possa aver effetto, o, meglio, perché possano decorrere i termini per l’opposizione da parte dei creditori, è necessario che sussistano le condizioni per riavviare l’attività sociale […]».
(10)(10)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] In ordine alla rimozione delle singole cause di scioglimento previste dall’art. 2484 c.c. si può brevemente osservare quanto segue: - in relazione all’ipotesi prevista al n. 1, (decorso del termine) è evidente come senza modifica del termine di durata non potrebbe validamente assumersi la delibera di revoca dello stato di liquidazione […]».
(11)(11)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] In ordine alla rimozione delle singole cause di scioglimento previste dall’art. 2484 c.c. si può brevemente osservare quanto segue: […] - in relazione alle fattispecie disciplinate al n. 2 (il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo), è richiesta (salvo la causa di scioglimento non venga meno a seguito di eventi esterni alla società quale, ad esempio, una modifica legislativa) una modifica dell’oggetto sociale da deliberarsi contestualmente alla revoca della liquidazione […]».
(12)(12)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] nel caso si voglia revocare lo stato di liquidazione, la “previa” rimozione della causa di scioglimento richiede, normaliter, che la condizione per ripristinare la “vitalità” della società debba, appunto, esser precostituita o, quanto meno, contestualmente realizzata perché la revoca possa essere efficacemente (salvo sempre il diritto di opposizione dei creditori) deliberata. Ove, dunque, la causa di scioglimento, id est l’esistenza di perdite che riducano il patrimonio netto a valori inferiori al capitale sociale minimo, non sia stata precedentemente ripianata, la delibera, perché possa far decorrere, con la sua iscrizione, il termine per l’opposizione dei creditori, dovrà (sempre non si intenda procedere alla trasformazione della società) portare un’operazione sul capitale tale da ricondurlo almeno ai minimi di legge, o avere, a suo presupposto, l’adozione di altro opportuno provvedimento che, comunque, elimini la perdita. Nel primo caso, dunque - salva la diversa tecnica che si intenda adottare - sarà necessario ridurre il capitale per ripianare la perdita e deliberare il suo aumento ad una cifra tale che (ripianate le eventuali perdite eccedenti il capitale) risulti garantito il minimo di legge. […] In altri termini, l’aumento del capitale sociale, ma solo quando risulti sottoscritto, deve inquadrarsi, al pari della rimozione di qualsiasi altra causa di scioglimento, quale presupposto di efficacia della delibera di revoca dello stato di liquidazione […]».
(13)(13)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] Quanto, poi, alle cause di scioglimento previste dalla legge si è ritenuto che non sempre la revoca dello stato di liquidazione sia ipotizzabile, dato il profilo sanzionatorio che (spesso) le accompagna. Infatti, già prima della riforma del 2003, la valutazione veniva operata sulla base del grado di disponibilità che caratterizzava le singole fattispecie. In linea di massima, in tale ambito sono state enucleate le seguenti ipotesi: […] b) cessazione dall’ufficio di tutti gli amministratori nel caso di società in accomandita per azioni, nell’ipotesi di cui all’art. 2458 1° comma c.c. Anche in questo caso, tuttavia, non pare possano riscontrarsi ragioni che, ripristinate le condizioni fisiologiche del tipo sociale, o anche in ragione di una sua trasformazione, impediscano, in assoluto, di procedere alla revoca dello stato di liquidazione […]».
(14)(14)
- Massime dell’Osservatorio sulla riforma del diritto societario, costituito dai Conservatori dei Registri delle Imprese della Lombardia e dai notai designati dal Comitato Notarile Regionale Lombardo (http://www.consiglionotarilemilano.it/notai/prassi-registro-imprese.aspx), Massima n. 6, Presentazione atti con effetti differiti - Procedura di deposito ed iscrizione di atti con effetti differiti di società di capitali e società cooperative, approvata il 23 febbraio 2005: «Il deposito di atti con effetti differiti al verificarsi di condizioni previste dalla legge (ed in particolare della delibera assembleare di revoca della liquidazione ai sensi dell’art. 2487 ter c.c., […]) deve avvenire entro 30 giorni dalla data dell’atto stesso e deve riportare le modifiche - la cui efficacia è subordinata al verificarsi delle suddette condizioni […] con specificazione della subordinazione dell’efficacia all’evento stabilito dalla legge. […] Dopo il verificarsi della condizione legale è necessario, per concludere il procedimento, depositare un ulteriore modello, sottoscritto da un rappresentante della società (fermo restando che il notaio è comunque facoltizzato al secondo deposito), riportante le modifiche divenute efficaci negli specifici quadri del modello, indicando nella modulistica il riferimento al deposito originario e la dichiarazione di avvenuto verificarsi dell’evento condizionante, allegando idoneo documento comprovante la verificata condizione (certificato di non opposizione rilasciato dal Tribunale competente ovvero dichiarazione sostitutiva sottoscritta dal rappresentante della società e resa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000). Il secondo deposito non è soggetto a termine (e quindi a sanzione in caso di deposito oltre i 30 giorni dal verificarsi dell’evento o dallo scadere del termine)».
(15)(15)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] In ogni caso perché dall’unica deliberazione si possano “evincere” le due diverse volizioni è necessario che la delibera presenti i requisiti di validità richiesti per entrambe le delibere (quella esplicita e quella implicita). Nel caso di revoca dello stato di liquidazione ciò comporta, con ogni probabilità, che la c.d. deliberazione esplicita dovrà essere assunta con le maggioranze richieste per la revoca dello stato di liquidazione e dovrà, altresì, esser verbalizzata da notaio perché possa essere comunque effettuato il controllo previsto dall’art. 2346 c.c. […]».
(16)(16)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] Prescindendo, a tal riguardo, da questioni sistematiche che non rientrano nel merito del tema qui trattato, viene in considerazione la seguente specifica ipotesi: i liquidatori, in assenza di ogni eventuale autorizzazione o comunque di qualsiasi indicazione equivalente della compagine sociale, contravvenendo ai criteri stabiliti per lo svolgimento della liquidazione, indirizzano l’attività sociale, di fatto, non a fini liquidativi […]. Potrebbe forse ritenersi che in tal modo la società abbia, di fatto, proceduto alla revoca della liquidazione? La consapevolezza da parte dei soci di tale comportamento avrebbe poi rilevanza? Ove si dovesse trattare di iniziativa autonoma del o dei liquidatori ben difficilmente potrebbe sostenersi che si sia operata una revoca “di fatto” della liquidazione. Molto più semplicemente si tratterebbe di una ipotesi di inadempimento da parte dell’organo della liquidazione agli obblighi del suo ufficio. La decisione relativa alla revoca della liquidazione è di competenza esclusiva dei soci […]».
(17)(17)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] almeno per determinate modifiche statutarie, appare di tutta evidenza la loro compatibilità con lo stato di liquidazione: basti pensare al cambiamento della denominazione sociale, al trasferimento di sede o a modifiche al regime di funzionamento delle assemblee (esempio: introduzione della possibilità che le assemblee si tengano per audio - videoconferenza) […]».
(18)(18)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] Più precisamente, sino a che punto può essere concretamente ipotizzata una deliberazione implicita di revoca dello stato di liquidazione nel corpo di una delibera di approvazione di un progetto di fusione (o scissione) quando dal contenuto del progetto stesso […] le relative informazioni dovrebbero essere comunque desumibili? Come potrebbe essere valutato, anche ai fini dell’iscrizione della relativa delibera di approvazione, da parte del notaio verbalizzante, un progetto assolutamente carente di tali informazioni, dal quale, cioè, non emergano a tutta evidenza le condizioni che consentano di ripristinare il going concern? In siffatta prospettiva, appare obbligatorio ritenere che per tali operazioni si possa parlare di deliberazione implicita solo nel senso che non sia necessaria una espressa deliberazione autonoma di revoca dello stato di liquidazione. Deve, però, comunque risultare dalla delibera, anche per relationem al progetto di fusione (o scissione) approvato, il risultato dell’operazione (cioè una società in integro statu) e la possibilità di verifica delle condizioni perché tale risultato si realizzi […]. In ogni caso […] non sembra necessario né che la revoca della liquidazione sia oltre che deliberata (se pur implicitamente) anche efficace prima della delibera di approvazione del progetto (per l’ovvia ragione che a quel punto si avrebbe società già in integro statu), né che in tali operazioni debba previamente risultare rimossa la causa di scioglimento. […] In definitiva, con il prodursi degli effetti della fusione o scissione si possono realizzare, contestualmente, la rimozione della causa di scioglimento e la revoca della liquidazione […]».
(19)(19)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] In questi casi [fusione o scissione a cui partecipi una società in liquidazione che abbia iniziato la distribuzione dell’attivo, N.d.A.], infatti, è necessario, preventivamente, procedere alla revoca dello stato di liquidazione: conseguentemente, non è ipotizzabile che tale revoca sia contenuta solo implicitamente nella delibera di approvazione del progetto di fusione (o scissione) […]».
(20)(20)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] Una valutazione autonoma richiedono, invece, quelle delibere dalle quali possa sorgere il diritto di recesso. Ad esempio, rispetto alla introduzione o soppressione di vincoli nella circolazione delle partecipazioni, non pare vi sia alcun profilo di incompatibilità rispetto allo stato di liquidazione; tuttavia il comportare l’insorgere del diritto di recesso a favore del socio che non abbia concorso alla decisione pone dei problemi di diversa natura. Problemi che, dunque, non attengono alla possibilità di deliberare la modifica, pur permanendo lo stato di liquidazione (in tal senso basti considerare che ove la delibera fosse assunta all’unanimità non vi sarebbe alcun ostacolo), ma al contrasto tra la disciplina della liquidazione della quota del socio receduto e la stessa disciplina della liquidazione del patrimonio sociale […]».
(21)(21)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] Una delle deliberazioni che pure sono ricomprese nel novero di quelle indicate agli artt. 2437 e 2473 c.c. è appunto il cambiamento dell’oggetto sociale. Anche rispetto a tale delibera è stata configurata una revoca implicita della liquidazione posto che “una volta sciolta la società e coerentemente indirizzatasi l’attività sociale verso la liquidazione del patrimonio sociale, l’oggetto sociale perde di rilievo”. Tuttavia, a tacer d’altro (come già evidenziato per la modifica del termine di durata) pur potendosi trattare di delibera sostanzialmente inutile nell’immediato, non può escludersi che con la stessa si intenda predisporre la rimozione della causa di scioglimento in previsione di una solo successiva delibera di revoca dello stato di liquidazione […]».
(22)(22)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 202-2009/I, Revoca implicita della liquidazione, in CNN Notizie del 15.1.2010: «[…] Ove infatti si ritenga, anche sulla base di spunti forniti dalla normativa comunitaria, che nella società risultante dal perfezionarsi di tali procedure [operazioni straordinarie, n.d.A.] risulti ripristinato lo stato di going concern, sarà, evidentemente, necessaria la revoca dello stato di liquidazione. Revoca che, ove non espressamente e formalmente deliberata, dovrebbe considerarsi implicita nel procedimento (salvo le ulteriori valutazioni relative alla necessità che tale informazione sia comunque fornita dal progetto).[…] In definitiva, ove si ritenga che la società risultante dall’operazione debba necessariamente essere in integro statu, la partecipazione di società in liquidazione ad un progetto di fusione (o scissione) comporta, inevitabilmente, la revoca dello stato di liquidazione […]».
(23)(23)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. J.A.11, Procedimento per la rimozione di una causa di scioglimento prima della iscrizione della dichiarazione di accertamento della medesima nel registro imprese, 1° pubbl. 9/08: «[…] È pertanto possibile, qualora si sia avverata una causa di scioglimento della società senza che essa sia stata pubblicizzata nel registro delle imprese, rimuovere la causa di scioglimento stessa senza l’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 2487 ter c.c., poiché l’applicazione di tale ultimo articolo presuppone necessariamente che la società si trovi in stato di liquidazione per effetto di causa di scioglimento già pubblicizzata al registro delle imprese. Ne consegue, a titolo di esempio, che, qualora sia decorso il termine di durata della società ex art. 2484 numero 1) c.c. senza che tale circostanza sia stata accertata e dichiarata dagli amministratori al registro delle imprese, la società potrà modificare lo statuto prolungando il termine di durata già scaduto senza dovere prima revocare lo stato di liquidazione né dovere attendere il decorso dei termini di cui al comma II dell’art. 2487-ter c.c.».
Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] l’efficacia costitutiva o meno, degli adempimenti pubblicitari, deve esser valutata in relazione alla possibilità che le cause che determinano lo scioglimento delle società di capitali possano esser rimosse prima che tali adempimenti pubblicitari vengano eseguiti. […] Ciò significa, senza dubbio, che il solo verificarsi di una causa di scioglimento produce effetti indipendentemente dai relativi adempimenti pubblicitari; ma in quella che pare potersi configurare come una fattispecie a formazione progressiva non pare che detti effetti consentano di determinare (alla luce delle modifiche operate dalla riforma) l’insorgere di per sé dello stato di liquidazione. In questa fase, dunque, l’eliminazione della causa di scioglimento non dovrebbe essere assoggettata alla disciplina della revoca della liquidazione, per la fondamentale ed essenziale ragione che la società non potrebbe considerarsi già in stato di liquidazione […]».
In senso conforme: Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 34-2010/I, Società sciolta per scadenza del termine e sua proroga. Necessità o meno di una delibera esplicita di revoca della liquidazione, in CNN Notizie del 7.4.2010.
(24)(24)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] Benché il legislatore abbia indicato che la revoca della liquidazione può aver luogo “in ogni momento” (smentendo quanto riportato nella relazione illustrativa al D.Lgs 6/2003, ove si afferma che la revoca è consentita a condizione che non sia iniziata la distribuzione dell’attivo) non pochi sono i dubbi interpretativi. Infatti, al di là della “lettera” della norma, con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione sembrerebbe maturato il diritto di ciascuno alla quota di liquidazione, di modo che la revoca della liquidazione, dopo tale momento, sembrerebbe più coerentemente ipotizzabile al di fuori della disciplina prevista dall’art. 2487 ter c.c. Vale a dire, considerato che, per definizione, una volta compiuta la liquidazione i creditori sociali sono stati soddisfatti, se con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione matura in capo ai soci il diritto alla quota di liquidazione, e se, ancora, sino alla cancellazione dal registro imprese la società permane certamente quale soggetto giuridico, “ossia quale centro di imputazione di rapporti giuridici metaindividuali”, la revoca della liquidazione, in tale fase, pur possibile, richiederebbe il consenso unanime dei soci e non sembrerebbe soggetta, per la sua efficacia, ad alcun termine per l’opposizione […]».
(25)(25)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 156-2009/I, La ricostituzione della pluralità dei soci nelle società di persone decorsi sei mesi ex art. 2272 n. 4 c.c., in CNN Notizie del 12.5.2010: «[…] Meno problematica è la fattispecie della trasformazione in società a responsabilità limitata (oppure, anche se l’ipotesi è meno probabile, in società per azioni). Non si dubita seriamente in dottrina sull’ammissibilità di una siffatta fattispecie dal momento che l’art. 2500-ter c.c. disciplina espressamente la trasformazione progressiva da società di persone in società di capitali. In queste ultime, infatti, l’unipersonalità non integra una causa di scioglimento, ma rappresenta, al contrario, una delle connotazioni soggettive che possono assumere le società per azioni e le società a responsabilità limitata sia nel corso della loro vita sia al momento della costituzione. È ovvio che la società di persone con unico socio non dovrà essere stata nel frattempo cancellata e che dovrà essere capitalizzata con l’importo corrispondente al capitale minimo della società risultante alla trasformazione. Caso mai, dei dubbi sulla percorribilità di questa strada, potrebbero rinvenirsi nell’ipotesi in cui, decorso il semestre dal venir meno della pluralità dei soci, la società, ormai sciolta, si trovi in fase di liquidazione. […] La conseguenza della trasformazione sarà la revoca implicita dello stato di liquidazione poiché, in tal caso, la trasformazione in società unipersonale rappresenta la modalità attraverso la quale eliminare la causa di scioglimento […]».
Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito di Impresa n. 155-2011/I, Trasformazione di società in nome collettivo unipersonale da oltre un anno in s.r.l. unipersonale, in CNN Notizie del 28.12.2011: «[…] Sulla questione della mancata ricostituzione della pluralità di soci decorso il semestre di cui all’art. 2272, n. 4) c.c. si segnala, oltre agli studi citati, un contributo più recente, che riaffronta il tema e conferma l’orientamento secondo il quale l’unipersonalità della compagine sociale produce sì la causa di scioglimento ma non l’estinzione della società, la quale può procedere alla sua trasformazione in altro tipo sociale, il che comporterà anche la revoca implicita della liquidazione […]. La circostanza che trattasi di revoca implicita, comporta quanto ai quesiti prospettati: 1) l’irrilevanza della mancata indicazione del fatto che la società è in liquidazione ai fini della utilizzabilità della perizia; 2) che la s.r.l. non nasce in liquidazione, essendosi prodotta la revoca già con l’atto di trasformazione; 3) la non necessità di una delibera di revoca espressa. […] Pare, viceversa, opportuno indicare la circostanza che si è verificata la causa di scioglimento ma che non è stato mai compiuto alcun atto di liquidazione e che si procede alla trasformazione così eliminando la causa di scioglimento».
(26)(26)
- Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Orientamento n. K.A.30, Trasformazione omogenea di società in liquidazione, 1° pubbl. 9/09: «[…] Qualora nell’atto di trasformazione non sia espressamente previsto, ricorrendone i presupposti, che si intende anche revocare la liquidazione, la società trasformata resterà in liquidazione. In ogni caso non sussiste alcun obbligo di motivare la decisione di trasformazione, essendo la valutazione sull’opportunità di tale operazione rimessa all’insindacabile giudizio dei soci».
(27)(27)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 221-2010/I, Riduzione del capitale per perdite e trasformazione di società in liquidazione, in CNN Notizie del 13.4.2011: «[…] Ove la deliberazione di trasformazione sia destinata a comportare il ritorno della società nella fase attiva, essa dovrà essere naturalmente soggetta al rispetto della disciplina in tema di revoca dello stato di liquidazione, e dunque, in primo luogo, alla rimozione della causa di scioglimento che si era verificata. Secondo talune ricostruzioni, la deliberazione di trasformazione di una società che versi in stato di liquidazione è considerata solo e soltanto in questa ottica, giungendo quindi a ritenere che, anche ove la rimozione della causa di scioglimento non sia espressamente enunciata, essa debba ritenersi implicitamente adottata […]».
(28)(28)
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio di Impresa n. 15-2008/I, Rimozione della causa di scioglimento della società e l’efficacia della deliberazione di revoca, in CNN Notizie del 2.7.2008: «[…] La decisione di revocare lo stato di liquidazione (quindi una volta effettuati gli adempimenti pubblicitari ex art. 2484 3° comma c.c.) deve essere assunta, anche per le società a responsabilità limitata, con metodo assemblare e la relativa verbalizzazione è necessariamente affidata al notaio anche quando non sia richiesto un intervento sullo statuto (finalizzato a rimuovere la causa di scioglimento). Il rinvio operato all’art. 2436 c.c. evidenzia la necessità che il notaio chiamato a verbalizzare verifichi l’adempimento delle condizioni stabilite dalla Legge prima di chiedere l’iscrizione della delibera nel registro delle Imprese […]».
Ministero dello Sviluppo Economico, Prot. n. 53545 del 16 aprile 2015: «II parere reso da questa Direzione generale (nota prot. n. 94215 del 19/05/2014. all. 1) in materia di accertamento delle cause di scioglimento di s.r.l. e nomina dei liquidatori - in cui vengono evidenziate specifiche situazioni, al ricorrere delle quali, è possibile procedere allo scioglimento e alla nomina dei liquidatori di tale tipologia societaria senza l’intervento notarile - ha suscitato un certo interesse tra le imprese ed i professionisti che le assistono nei loro adempimenti, tanto da spingere alcuni di questi ultimi a verificare se analoghe semplificazioni fossero ipotizzabili in relazione alla collegata procedura della revoca della liquidazione di s.r.l., di cui all’art. 2487-ter cod. civ. Al fine di approfondire tale problematica questa Amministrazione ha ritenuto indispensabile coinvolgere il Ministero della giustizia (nota prot. n. 9576 del 26/01/2015, all. 2), cui l’art. 8 della legge 580/1993 rimette, unitamente a questo Ministero e all’Unioncamere, il compito di favorire l’omogeneità nella tenuta del registro delle imprese sul territorio. L’Amministrazione della giustizia con nota prot. n. 3537 del 7/04/2015 (all. 3) ha reso noto il proprio orientamento, che è nel senso che la deliberazione di revoca della liquidazione di una società a responsabilità limitata ex art. 2487-ter c.c. sia obbligatoriamente soggetta a verbalizzazione notarile».
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