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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    2. Definizioni

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    [1] Ai fini del presente codice si intende per:

    a) «crisi»: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi; (1)

    b) «insolvenza»: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni;

    c) «sovraindebitamento»: lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza;

    d) «impresa minore»: l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell’articolo 348;

    e) «consumatore»: la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali;

    f) «società pubbliche»: le società a controllo pubblico, le società a partecipazione pubblica e le società in house di cui all’articolo 2, lettere m), n), o), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175;

    g) (2)

    h) «gruppo di imprese»: l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci oppure dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto; (3)

    i) «gruppi di imprese di rilevante dimensione»: i gruppi di imprese composti da un’impresa madre e imprese figlie da includere nel bilancio consolidato, che rispettano i limiti numerici di cui all’articolo 3, paragrafi 6 e 7, della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013;

    l) «parti correlate»: si intendono quelle indicate come tali nel Regolamento della Consob in materia di operazioni con parti correlate; (4)

    m) «centro degli interessi principali del debitore» (COMI): il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi;

    m-bis) «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza»: le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività che, a richiesta del debitore, possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi; (5)

    n) «albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese»: l’albo, istituito presso il Ministero della giustizia e disciplinato dall’articolo 356, dei soggetti che su incarico del giudice svolgono, anche in forma associata o societaria, funzioni di gestione, supervisione o controllo nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza previsti dal presente codice; (6)

    o) «professionista indipendente»: il professionista incaricato dal debitore nell’ambito di uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che soddisfi congiuntamente i seguenti requisiti: 1) essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali; 2) essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile; 3) non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa; (7)

    o-bis) «esperto»: il soggetto terzo e indipendente, iscritto nell’elenco di cui all’articolo 13, comma 3 e nominato dalla commissione di cui al comma 6 del medesimo articolo 13, che facilita le trattative nell’ambito della composizione negoziata; (8)

    p) «misure protettive»: le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza; (9)

    q) «misure cautelari»: i provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza; (10)

    r) «classe di creditori»: insieme di creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei;

    s) «domicilio digitale»: il domicilio di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n-ter) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

    t) OCC: organismi di composizione delle crisi da sovraindebitamento disciplinati dal decreto del Ministro della giustizia del 24 settembre 2014, n. 202 e successive modificazioni, che svolgono i compiti di composizione assistita della crisi da sovraindebitamento previsti dal presente codice;

    u) (11).

    (1) Lettera così sostituita dall’art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (2) Lettera abrogata dall’art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (3) Lettera così sostituita dall’art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (4) Lettera così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.

    (5) Lettera inserita dall’art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (6) Lettera così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (7) Lettera così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. f), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (8) Lettera inserita dall’art. 1, comma 1, lett. g), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (9) Lettera così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. d), D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020, e, successivamente, dall’art. 1, comma 1, lett. h), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dalla medesima data del 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del citato D.Lgs. n. 83/2022.

    (10) Lettera così modificata dall’art. 1, comma 1, lett. i), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    (11) Lettera abrogata dall’art. 1, comma 1, lett. l), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. La crisi dell’impresa - II. L’insolvenza come presupposto oggettivo di alcune delle attuali procedure concorsuali - III. (Segue) A) sintomi dell’insolvenza - IV. (Segue) B) prova dell’insolvenza - V. Il sovraindebitamento - VI. La “impresa minore” - VII. Il consumatore Il consumatore (rinvio all’art. 283) - VIII. Società pubbliche - IX. Gruppo di imprese e gruppi di imprese di rilevante dimensione (rinvio agli artt. 284 ss.) - X. Parti correlate - XI. Centro degli interessi principali del debitore (rinvio agli artt. 11 e 26) - XII. Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza - XIII. Albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese - XIV. Il professionista indipendente - XV. L’esperto - XVI. Le misure protettive (rinvio all’art. 18) - XVII. Le misure cautelari (rinvio agli artt. 18, 54 ss.) - XVIII. La classe dei creditori (rinvio agli artt. 85 ss.) - XIX. Il domicilio digitale - XX. Gli Organismi di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

    I. La crisi dell’impresa

    I.La crisi dell’impresa

    1 In passato, il diritto fallimentare ruotava attorno alla nozione di insolvenza; lo scenario è mutato ed ora quando si guarda alla crisi dell’impresa si ha attenzione anche per una situazione diversa da quella di insolvenza; non a caso, l’art. 2 CCII antepone la definizione di crisi a quella di insolvenza con ciò dimostrando che la crisi è un fenomeno che presenta una circonferenza più ampia del fenomeno insolvenza.

    2 La crisi dell’impresa (intesa in senso non tecnico) è una situazione patologica (ma non straordinaria) che determina un’incapacità nella normale prosecuzione dei rapporti, il che impone la necessità di interventi che possono essere di livello assai diversificato ma tutti accomunati dall’idea della reazione. La crisi è un’alterazione dell’andamento economico, patrimoniale o finanziario della gestione dell’impresa e rispetto ad essa è attesa una reazione.

    II. L’insolvenza come presupposto oggettivo di alcune delle attuali procedure concorsuali

    II.L’insolvenza come presupposto oggettivo di alcune delle attuali procedure concorsuali

    1 L’accertamento dello stato di insolvenza non è l’oggetto del processo di apertura della liquidazione giudiziale, ma un presupposto per accertare la fondatezza della domanda del ricorrente che chiede la liquidazione giudiziale del suo debitore. Più esattamente, in chiave processuale, l’insolvenza appare come un fatto costitutivo della pretesa azionata dal ricorrente e come tale la prova della sua sussistenza deve essere data da chi propone la domanda

    2 L’insolvenza si atteggia, dunque, come un malfunzionamento dell’impresa che rende necessario un intervento regolatore perché quando c’è insolvenza i rapporti commerciali assumono una posizione di patologia e le regole dell’autonomia privata non sono più sufficienti; tanto è vero che quando assistiamo all’esercizio di autonomia privata (si pensi al concordato preventivo), questa da sola non è sufficiente perché occorre, comunque, un intervento del giudice (giudizio di omologazione del concordato). Certo non si può escludere che l’insolvenza sia sistemata unicamente con le regole del diritto privato, come accade laddove si formi una convenzione stragiudiziale fra il debitore ed i suoi creditori, ma in simili evenienze l’accordo non ha alcuna stabilità e quindi trova sì una sua regolamentazione ma solo in linea di fatto.

    III. (Segue) A) sintomi dell’insolvenza

    III.(Segue) A) sintomi dell’insolvenza

    1 Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (art. 2, lett. b, CCII). Questa disposizione non ci dice che cosa è l’insolvenza, ma ci spiega come si può manifestare e ci descrive quando si verifica; si tratta, pertanto, di una norma sostanzialmente descrittiva e certo è priva di un contenuto precettivo perché è rimesso al giudice stabilire, nel caso concreto, quando le obbligazioni non vengono più soddisfatte regolarmente.

    2 Quando l’impresa svolge ancora la sua attività ciò che più importa è la verifica della possibilità dell’impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, fronteggiando con mezzi ordinari le obbligazioni sorte. Al contrario, per l’impresa che si trova in stato di liquidazione, in assenza di una proiezione dinamica correlata all’attività economica (in ciò distinguendosi dall’insolvenza statica del debitore nel diritto delle obbligazioni, v. art. 1186 c.c.), è evidente che un esubero delle passività sulle attività (in assenza di risorse che provengono dall’esterno) è sufficiente per dimostrare che c’è insolvenza.

    3 Lo stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale presuppone una situazione d’impotenza strutturale - e non soltanto transitoria - per soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, valutate nel loro complesso, in quanto già scadute all’epoca della predetta dichiarazione e ragionevolmente certe. Da questo postulato consegue che all’insolvenza sono correlati ulteriori profili: (i) la non transitorietà; (i) l’irrilevanza (nella liquidazione giudiziale) della reversibilità; (iii) l’irrilevanza di ogni indagine sull’imputabilità o meno all’imprenditore medesimo delle cause del dissesto (tema questo tornato in auge in occasione della recente emergenza pandemica), ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all’impresa; (iv) l’irrilevanza della contestazione del credito che se è costituito da un titolo esecutivo non sospeso, va accompagnata dalla prova della capacità di farvi fronte; (v) l’irrilevanza della misura (quantità) dell’insolvenza.

    4 Ai fini della valutazione dell’insolvenza sono stati considerati sintomi significativi oltre alla esecuzione infruttuosa, inadempimenti di modesta entità, precedenti concordati stragiudiziali, protesti cambiari, bilanci che facciano emergere crisi di liquidità. La contestazione del credito non esclude la sussistenza dello stato di insolvenza quando il credito sia consacrato in un titolo esecutivo. Talora le informazioni sullo stato di decozione possono, ove documentate, dipendere anche dalle notizie di stampa relative a crisi occupazionali.

    IV. (Segue) B) prova dell’insolvenza

    IV.(Segue) B) prova dell’insolvenza

    1 In ordine alla prova dell’ammontare delle passività (quando questo dato possa risultare di un qualche ausilio) è discusso se si possa prendere in considerazione lo stato passivo (quando dell’insolvenza si discuta nei processi di impugnazione contro la sentenza che ha pronunciato la liquidazione giudiziale). Se è ormai pacifico che l’accertamento dello stato passivo vale solo ai fini del concorso, i crediti insinuati al passivo non dovrebbero poter costituire una prova piena nei confronti del debitore, potendo valere come prova assunta in altro processo e dunque solo come argomento di prova per quanto disposto dall’art. 116 c.p.c. Cfr. [F004].

    V. Il sovraindebitamento

    V.Il sovraindebitamento

    1 Oltre alle nozioni di crisi e di insolvenza, dobbiamo ora confrontarci anche con la nozione di sovraindebitamento che rappresenta il presupposto per l’accesso alle procedure volontarie e imposte dedicate al debitore civile e all’imprenditore non assoggettabile a liquidazione giudiziale.

    2 Mentre nella l. n. 3/2012 si era preferito offrire una definizione di sovraindebitamento, quale «una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni», ora l’art. 2, lett. c), CCII non descrive il sovraindebitamento che, invece, viene assunto come la crisi o l’insolvenza di quei soggetti non assoggettabili alla liquidazione giudiziale. Di conseguenza, non esiste più una nozione autonoma di sovraindebitamento, termine al quale oggi possiamo associare gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza dedicati a consumatori, professionisti, enti, start-up innovative e imprese minori per i quali non può trovare applicazione l’art. 121 CCII.

    VI. La “impresa minore”

    VI.La “impresa minore”

    1 L’impresa commerciale esonerata dalla liquidazione giudiziale è quella che presenta le caratteristiche menzionate nell’art. 2, caratteristiche che si vorrebbe indicative di una modesta dimensione dell’impresa, tale da non giustificare l’apertura di una procedura costosa quale è la liquidazione giudiziale.

    2 I parametri sono tre e ciascuno, disgiunto dall’altro, dovrebbe mirare a colpire un determinato tipo di impresa o una determinata situazione di gravità del dissesto. I tre criteri identificativi sono: (i) l’attivo patrimoniale; (ii) i ricavi lordi; (iii) l’indebitamento. Nel dettaglio, i requisiti per la non assoggettabilità alle procedure concorsuali diverse da quelle di sovraindebitamento, sono: (i) l’aver avuto, nei tre esercizi antecedenti (non nei tre anni solari) la data del deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale, o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a euro 300.000,00; (ii) l’aver realizzato, nello stesso periodo, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a euro 200.000,00; (iii) l’avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a euro 500.000,00, importo da computare al momento della decisione.

    3 Per ammontare complessivo annuo dell’attivo patrimoniale si deve intendere la somma dei valori dell’attivo riportati nello stato patrimoniale secondo l’elenco contenuto nell’art. 2424 c.c., naturalmente nei casi in cui il bilancio sia stato depositato. La previsione che l’attivo patrimoniale da prendere in esame riguardi i tre esercizi antecedenti la data di deposito è coerente con la regola che, ai sensi dell’art. 39 CCII, obbliga il debitore che chiede la propria liquidazione giudiziale, a depositare presso la cancelleria «le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti» (art. 49 CCII). Poiché va anche rammentato che ai sensi dell’art. 39 CCII l’imprenditore deve depositare, oltre ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, anche una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata, riferita quindi anche all’esercizio in corso, ciò induce a pensare che pure questo periodo possa essere esaminato. In tale contesto, ai fini del superamento del limite è sufficiente che la cifra di euro 300.000,00 sia superata in uno degli esercizi del triennio, oppure nel periodo infrannuale cui si riferisce il ricorso per la liquidazione giudiziale. Per ciò che attiene alle voci dello stato patrimoniale non pare che alcuna vada esclusa. Al contrario si ritiene che ne vadano incluse altre (ad esempio i beni oggetto di leasing), che occorra considerare il valore al netto delle quote di ammortamento e che non si debba tener conto di rivalutazioni ai correnti valori di mercato. Qualora i bilanci dovessero mancare (e ciò a prescindere dall’argomento sull’onere della prova), i dati che compaiono nello stato patrimoniale dovrebbero comunque essere ricostruiti in funzione di verificare il superamento della soglia e ciò sulla base di altra documentazione come, ad esempio, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IVA.

    4 Per quanto attiene al criterio dei ricavi lordi, il riferimento è ai risultati di ciascuno dei tre esercizi considerati. Occorrerà anche qui ricorrere alla disciplina del bilancio e risolvere, utilizzando le regole dell’appostazione al conto economico (art. 2425 c.c.), i problemi interpretativi relativi all’effettivo valore della produzione, alle componenti positive dei ricavi straordinari (proventi che se davvero straordinari dovrebbero non essere oggetto di inclusione nel computo) e di quelli finanziari, degli interessi attivi, degli utili su cambi, ecc., sui quali si è già variamente espressa la dottrina dopo la riforma. Peraltro, la disposizione ha conservato l’inciso «in qualunque modo risulti», e ciò sta a significare che la prova di non aver superato i limiti dimensionali posti dalla norma possa essere offerta dal debitore (e acquisita ex officio dal giudice nell’ambito dei suoi poteri istruttori) anche con elementi diversi dai dati del bilancio, essendo peraltro problematico che le risultanze del bilancio possano essere contraddette da dati diversi.

    5 Il terzo requisito è rappresentato dalla dimensione dell’indebitamento: l’ammontare complessivo dei debiti, anche non scaduti, non deve essere superiore a euro cinquecentomila. Il legislatore delimita in questo modo la soglia di rilevanza economica e sociale dell’insolvenza. Ancorché, quindi, le dimensioni dell’attività siano tali da far ricondurre l’impresa all’ambito delle imprese non assoggettabili alla liquidazione giudiziale, l’indebitamento ritenuto di entità rilevante, comportando di per sé una dimensione dell’insolvenza significativamente diffusa, giustifica il ricorso alla procedura concorsuale ed alla fruizione degli istituti predisposti per le soluzioni alternative alla liquidazione giudiziale. In presenza, dunque, di un’impresa di dimensioni modeste che ha però provocato una insolvenza rilevante, l’esigenza di tutela del credito (manifestata dall’articolazione del passivo) prevale sulle dimensioni dell’impresa. L’ammontare di euro 500.000,00 di debiti è considerato espressione di una insolvenza grave alla quale sono verosimilmente associati molti creditori, ciò che rende quindi preferibile una esecuzione collettiva/concorsuale. La cifra è rapportata ai debiti anche non scaduti, ovverosia quell’indebitamento che troviamo nell’art. 2424, lett. C) e D), c.c. Il richiamo ai debiti non scaduti spiega bene che il requisito serve non già a qualificare l’esistenza dell’insolvenza, ma se insolvenza sussiste a determinarne le possibili dimensioni.

    VII. Il consumatore (rinvio all’art. 283)

    VII.Il consumatore (rinvio all’art. 283)

    1 Accanto alla esdebitazione correlata alle procedure di sovraindebitamento il codice della crisi ha collocato un procedimento autonomo che produce l’effetto di esdebitazione senza necessità di aprire una procedura: è la fattispecie dell’esdebitazione del debitore sovraindebitato incapiente. Si tratta di un beneficio accordato per una sola volta e soltanto al debitore persona fisica (art. 283 CCII).

    VIII. Società pubbliche

    VIII.Società pubbliche

    1 Il Codice della crisi offre una definizione di società pubbliche e tuttavia il regime speciale ad esse dedicato, contenuto nel d.lgs. 19.8.2016, n. 175, prevede espressamente che tali società (v., art. 14) siano assoggettabili al fallimento, sì che non sussistono dubbi che tali società siano ora assoggettabili alla liquidazione giudiziale.

    IX. Gruppo di imprese e gruppi di imprese di rilevante dimensione (rinvio agli artt. 284 ss.)

    IX.Gruppo di imprese e gruppi di imprese di rilevante dimensione (rinvio agli artt. 284 ss.)

    1 Il codice della crisi d’impresa ha finalmente smarcato l’assenza di una disciplina normativa in tema di gruppi di imprese, così superando il dissidio tra la tendenziale unità economica del gruppo di imprese e la perdurante autonomia giuridica delle diverse strutture societarie nelle quali il fenomeno si articola. La l.d. n. 155/2017 ha infatti stabilito all’art. 3 i criteri direttivi cui avrebbe dovuto conformarsi il legislatore delegato; tali criteri sono stati declinati in norme di diritto positivo.

    2 Il legislatore ha offerto, in dissonanza dal codice civile (che riconosce la nozione di società controllate - art. 2359 c.c. - e di direzione unitaria ai fini delle responsabilità - art. 2497 c.c. -), la definizione di gruppo che a norma dell’art. 2, lett. h), CCII va inteso come “l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci oppure dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto”.

    3 Oltre al gruppo, il legislatore ha definito anche il gruppo di dimensioni rilevanti come quelli “composti da un’impresa madre e imprese figlie da includere nel bilancio consolidato, che rispettano i limiti numerici di cui all’articolo 3, paragrafi 6 e 7, della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013”: ossia i gruppi composti da un’impresa madre e imprese figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio dell’impresa madre superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000,00 euro; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000,00 euro; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250. Si tratta, all’evidenza, di numeri esigui, sì che è facile che il gruppo sia qualificabile come rilevante; orbene, la distinzione, nel codice della crisi, rileva esclusivamente ai fini della competenza per territorio nei procedimenti di crisi e di insolvenza, fissata presso il tribunale distrettuale delle imprese. Queste definizioni colgono che il rinvio all’art. 2497 c.c. esprime una nozione correlata alla attività (direzione unitaria, rapporti commerciali prevalenti) e il rinvio all’art. 2359 c.c. una nozione correlata al soggetto (relazioni di controllo o di collegamento).

    X. Parti correlate

    X.Parti correlate

    1 Il Codice della crisi ha voluto inserire tra le definizioni anche quello di parte correlata, definizione che trova la sua ascendenza nella disciplina delle società quotate in borsa. Sennonché ai fini del Codice la nozione di parte correlata viene in giuoco solo in circostanze sporadiche, rilevando ad esempio ai fini del voto nei concordati, ai fini delle proposte concorrenti e in generale al tema del conflitto di interessi.

    XI. Centro degli interessi principali del debitore (rinvio agli artt. 11 e 26)

    XI.Centro degli interessi principali del debitore (rinvio agli artt. 11 e 26)

    1 La competenza giurisdizionale internazionale del giudice italiano in materia di crisi è stabilita in ragione della competenza per territorio (art. 3, l. n. 218/1995, art. 11 CCII); quindi se un’impresa ha il centro degli interessi principali (COMI) o una dipendenza in Italia ed è insolvente, la liquidazione giudiziale è dichiarata da un giudice italiano; il COMI è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi; per le società e le persone giuridiche si presume fino a prova contraria che il COMI coincida con la sede legale.

    2 L’impresa che ha una sede in Italia (questo è il presupposto minimo, e cioè quello di un’organizzazione di mezzi, non essendo sufficiente che in Italia siano pendenti rapporti giuridici con l’impresa straniera), pur se si tratti di una sede non principale, può essere posta in liquidazione giudiziale dai giudici italiani anche quando la stessa impresa sia già stata dichiarata “fallita” in altro Stato (art. 26 CCII).

    XII. Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza

    XII.Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza

    1 Gli strumenti di regolazione della crisi danno luogo a procedimenti, accanto ai quali si possono sviluppare, anche, procedure concorsuali. Che si tratti di procedure o di procedimenti è comunque richiesta la presenza dell’autorità giudiziaria; questi procedimenti e queste procedure, unitamente ai processi che ne derivano, purché strettamente connessi (si pensi ai giudizi di reclamo di cui agli artt. 124 e 133 CCII), sul presupposto della loro urgenza, sono sottratti al regime della sospensione feriale dei termini (l. n. 742/1969) salvo che la legge non disponga diversamente, come accade per il procedimento di formazione dello stato passivo e relative impugnazioni (artt. 201 e 207 CCII). Pertanto, sono trattati come procedimenti urgenti tutti quelli di omologazione (art. 48 CCII), quelli volti alla dichiarazione di liquidazione giudiziale e quelli di impugnazione (artt. 50 e 51 CCII).

    2 La scelta di percorrere la via del procedimento unitario ha imposto la revisione della disposizione principale in tema di legittimazione (art. 37 CCII). L’accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi spetta in via esclusiva al debitore; nel concordato preventivo uno o più creditori possono presentare una proposta concorrente ma non sono titolari dell’iniziativa.

    XIII. Albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese

    XIII.Albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese

    1 Sino all’entrata in vigore del Codice della crisi gli Uffici giudiziari potevano attribuire gli incarichi a coloro che risultavano iscritti in taluni albi professionali e a coloro che avevano rivestito ruoli “manageriali”. Con la nuova legge, invece, gli incarichi potranno essere assegnati soltanto a coloro che risulteranno iscritti all’albo dei gestori della crisi di cui all’art. 356.

    XIV. Il professionista indipendente

    XIV.Il professionista indipendente

    1 In passato il professionista indipendente chiamato a redigere le attestazioni previste nella legge fallimentare doveva essere iscritto in specifici albi professionali ma non doveva avere alcuna esperienza specifica come organo della procedura. Viceversa, con il Codice della crisi il debitore potrà nominare il professionista prelevandolo esclusivamente dall’albo dei gestori della crisi. Pertanto, oltre ai requisiti abilitanti per essere incluso nell’albo, il professionista per essere qualificato come indipendente dovrà non avere legami di natura sia personale che professionale con i soggetti coinvolti nella crisi (tanto il debitore che i creditori), dovrà avere i requisiti previsti per i membri del collegio sindacale e non avere avuto rapporti di lavoro con il debitore, oltre che non avere rivestito cariche amministrative o avere detenuto partecipazioni societarie. Le attestazioni richieste dal Codice sono molteplici e il requisito previsto nell’art. 2, c. 1, lett. o) deve ricorrere in tutti i casi. Cfr. [F005].

    XV. L’esperto

    XV.L’esperto

    1 La composizione negoziata ambisce a valorizzare il ruolo dell’esperto che ha il compito di facilitare le trattative e favorire gli accordi, e rappresenta un professionista del trattamento delle situazioni di crisi che viene designato per facilitare le trattative.

    2 I punti di forza su cui fa leva la composizione negoziata sono i seguenti: (i) una specifica formazione dell’esperto anche in materia di facilitazione, oltre che in una serie di materie la cui conoscenza è necessaria a seconda dei soggetti che prenderanno parte alle trattative; (ii) la puntualizzazione del ruolo di terzo, rispetto a tutte le parti, dell’esperto e la particolare attenzione ai criteri di trasparenza e rotazione nella nomina; (iii) la declinazione dei doveri delle parti e dell’esperto; (iv) la previsione di una procedura di informazione e consultazione sindacale che si aggiunge a quelle previste dalla legge o dai contratti collettivi, quando l’imprenditore intenda procedere a riorganizzazioni o mutamenti del modello di business che incidano sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori; (v) la previsione di una piattaforma telematica che non serve unicamente alla nomina dell’esperto, ma anche per lo svolgimento delle trattative attraverso la creazione di diversi livelli di accesso alla documentazione inserita nella piattaforma e per dar corso, in caso di cessione d’azienda, alla selezione dei soggetti potenzialmente interessati anche attraverso procedure competitive, con la creazione di data room da utilizzare per la raccolta delle manifestazioni di interesse o delle offerte vincolanti; (vi) la costruzione di un test pratico volto a consentire una valutazione preliminare della complessità del risanamento attraverso il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi finanziari liberi che possono essere posti annualmente al suo servizio; (vii) la stesura di una lista di controllo contenente una serie di domande, rivolte ora all’imprenditore ora all’esperto, le cui risposte forniscono indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e per l’analisi della sua coerenza; (viii) la redazione di un protocollo per la conduzione della composizione negoziata da parte dell’esperto, diviso per sezioni, riassuntivo di norme e di buone pratiche.

    XVI. Le misure protettive (rinvio all’art. 18)

    XVI.Le misure protettive (rinvio all’art. 18)

    1 Le misure protettive elencate nell’art. 18 CCII sono tipiche (perché i creditori ne hanno conoscenza con la semplice pubblicazione sul registro delle imprese) e coincidono con (i) il divieto per i creditori di iniziare o perseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore (ed anche sui beni o diritti di cui l’impresa debitrice ha la disponibilità) e con (ii) il divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione non concordati.

    2 L’art. 18 chiarisce espressamente qual è il perimetro soggettivo delle misure protettive perché il divieto può essere selettivo (solo per talune categorie di creditori o solo per talune iniziative) e non può essere applicato ai diritti di credito dei lavoratori.

    XVII. Le misure cautelari (rinvio agli artt. 18, 54 ss.)

    XVII.Le misure cautelari (rinvio agli artt. 18, 54 ss.)

    1 Accanto alle misure protettive, il debitore può rivolgersi al giudice per chiedere l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative: sono misure strumentali e, dunque, non possono che essere innominate. Sia le misure protettive che quelle cautelari che possono essere concesse durante la composizione negoziata vanno armonizzate con le eventuali misure cautelari che il tribunale abbia già disposto (art. 54 CCII) nel corso del procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale: il giudice della composizione negoziata deve stabilire se le misure concesse dal tribunale concorsuale siano impedite o possano continuare a produrre effetti nella composizione negoziata.

    XVIII. La classe dei creditori (rinvio agli artt. 85 ss.)

    XVIII.La classe dei creditori (rinvio agli artt. 85 ss.)

    1 Per la lettura delle disposizioni che concernono le classi si rinvia alla partizione normativa sul concordato preventivo.

    XIX. Il domicilio digitale

    XIX.Il domicilio digitale

    1 La necessità di semplificare il sistema delle comunicazioni ha indotto il legislatore a prevedere che a cura della procedura e con oneri a carico della procedura tutti gli interlocutori della procedura divengano assegnatari (ove già non ne dispongano per legge) di specifici indirizzi di posta elettronica certificata che costituiscono l’effettivo domicilio digitale.

    XX. Gli Organismi di composizione delle crisi da sovraindebitamento

    XX.Gli Organismi di composizione delle crisi da sovraindebitamento

    1 La l.d. n. 155/2017 prevedeva l’introduzione di meccanismi di allerta e prevenzione che nel corpo originario del d.lgs. n. 14/2019 avevano preso forma anche attraverso l’introduzione della composizione assistita (e cioè di una fase successiva all’allerta) affidata all’OCRI (organismo di composizione della crisi costituito presso le Camere di Commercio) e volta ad assistere il debitore nella ricerca di una soluzione con cui reagire alla crisi, Organi che vengono confermati anche a livello definitorio, sebbene con l’acronimo OCC, con il compito specifico di composizione assistita della crisi da sovraindebitamento.

    B) Frmule

    B)Frmule
    F004
    DECRETO DI RIGETTO DEL RICORSO PER LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE PER ASSENZA DELLo STATO DI insolvenza

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione concorsuale

    ***

    Riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

    dott………. Presidente

    dott………. Giudice

    dott………. Giudice

    ha pronunciato il seguente

    DECRETO

    Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………

    nei confronti del debitore ………

    rilevato che l’insolvenza dell’impresa costituisce fatto costitutivo;

    rilevato che l’insolvenza va intesa come stato di impotenza strutturale;

    rilevato che il creditore si è limitato a fornire la prova di inadempimenti;

    preso atto che dall’esame delle risultanze delle banche-dati acquisite non emergono elementi di allarme;

    preso atto che il debitore ha giustificato il mancato adempimento ed ha dimostrato di essere in grado di fronteggiare i debiti scaduti

    ritenuto pertanto che non sussiste la prova che il debitore si trovi in stato di insolvenza e come tale sia assoggettabile alla liquidazione giudiziale

    P.Q.M.

    letti gli artt. 1, 2, 121 e 50 CCII, rigetta il ricorso.

    Luogo, data ………

    Il Presidente ………

    F005
    DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA

    [carta intestata del professionista]

    Il sottoscritto Dott………., nato a ………, il ………, residente in ………

    (C.F……….)

    Vista la richiesta con cui il Debitore ……… mi chiede di redigere l’attestazione relativa a ………

    Visto l’art. 2, c. 1, lett. d), CCII

    Dichiara

    (i) Di essere iscritto all’Albo dei Gestori della crisi di cui all’art. 356 CCII come da All. 1

    (ii) Di essere iscritto al registro dei revisori legali come da All. 2

    (iii) Di non trovarsi nelle condizioni di incompatibilità di cui all’art. 2399 c.c.

    (iv) Di non avere avuto rapporti personali con gli argani amministrativi del debitore così come indicati nell’art. 51 c.p.c.

    (v) Di non avere avuto rapporti professionali né con il debitore ……… né con i creditori, ad oggi noti, coinvolti nel processo di ristrutturazione

    Luogo, data ………

    Il Professionista ………

    C) Giurisprudenza:

    C)Giurisprudenza:

    I. L’insolvenza come presupposto oggettivo del fallimento - II. Sintomi dell’insolvenza - III. (Segue) A) prova dell’insolvenza - IV. Lo stato di crisi (cenni).

    I. L’insolvenza come presupposto oggettivo del fallimento

    I.L’insolvenza come presupposto oggettivo del fallimento

    1 In tema di dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell’impresa, che esso presuppone, da intendersi come situazione (in prognosi) irreversibile, e non già meramente temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte, legittimamente può essere desunto dalla molteplicità ed entità complessiva delle obbligazioni che non hanno ricevuto adempimento alle rispettive scadenze con mezzi normali di pagamento, quando non sia allegata alcuna ragione idonea a dimostrare la mera accidentalità di tale situazione rispetto al fisiologico andamento dell’impresa. La relativa valutazione è rimessa al giudice del merito ed è insindacabile in assenza di vizi logici ed errori giuridici [C. I 15.3.2016, n. 5086; T. Spoleto 27.3.2021, n. 218, DeJure]. Lo stato di insolvenza delle società che non siano in liquidazione non va desunto dal rapporto tra attività e passività, bensì dalla impossibilità dell’impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, fronteggiando con mezzi ordinari le proprie obbligazioni, che si traduca in una situazione d’impotenza strutturale (e non soltanto transitoria) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le obbligazioni medesime, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento dell’attività [C. I 26.5.2022, n. 17181; C. VI 22.3.2022, n. 9352; C. I 14.1.2019, n. 646], mentre resta in proposito irrilevante ogni indagine sull’imputabilità o meno all’imprenditore medesimo delle cause del dissesto, ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all’impresa [C. I 11.6.2020, n. 11267; C. VI 14.1.2016, n. 441], così come sull’effettiva esistenza ed entità dei crediti fatti valere nei suoi confronti. Ne consegue che del tutto legittimamente l’autorità giudiziaria ordinaria adita per la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore insolvente a fronte di un ingente debito tributario provvede a tale dichiarazione, senza entrare nel merito delle pretese impositive (che, nella specie, si assumevano impugnate dinanzi alla competente commissione tributaria da parte del fallito) e senza, pertanto, violare alcun principio in tema di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e commissioni tributarie [C. s.u. 13.3.2001, n. 115, Fall 2002, 375]. Lo stato di insolvenza, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, consiste nell’oggettiva impossibilità in cui si trova l’imprenditore, con riferimento al momento della dichiarazione medesima, di far fronte, per il venir meno delle normali condizioni di liquidità e di credito, tempestivamente e con mezzi ordinari, alle proprie obbligazioni; pertanto, le circostanze inerenti alla concreta sussistenza o meno di una o più obbligazioni rimaste inadempiute, al loro ammontare, al rapporto fra passivo ed attivo dell’impresa, alla possibilità o meno di estinguere i debiti dopo la dichiarazione di fallimento, senza far ricorso a liquidazione di attività, se non possono considerarsi decisive, singolarmente esaminate, al fine dell’affermazione o negazione dello stato di insolvenza, costituiscono, d’altra parte, elementi presuntivi idonei ad evidenziare, ove valutati nel loro insieme, la ricorrenza o meno dell’indicata obiettiva incapacità dell’imprenditore a fronteggiare i propri impegni [C. 14.3.1978, n. 1274, DFSC 1978, 2, 376; C. 28.7.1977, n. 3371]. La dichiarazione di fallimento trova il suo presupposto, dal punto di vista obiettivo, nello stato d’insolvenza del debitore, il cui riscontro prescinde dall’indagine sull’effettiva esistenza dei crediti fatti valere nei confronti del debitore (essendo sufficiente, a tal fine, l’accertamento di uno stato d’impotenza economico-patrimoniale, idoneo a privare tale soggetto della possibilità di far fronte con mezzi “normali” ai propri debiti) e può, quindi, essere legittimamente effettuato dal giudice ordinario, anche quando i crediti derivino da rapporti riservati alla cognizione di un giudice diverso [C. VI 26.10.2018, n. 27288; C. I 8.3.2016, n. 4529]. Quando la società è in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione dell’art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto - non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attività sociali, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci - non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte [C. VI 12.10.2021, n. 27857; C. I 7.12.2016, n. 25167; C. 3.8.2017, n. 19414; C. VI 5.11.2020, n. 24660]. Di contro, la difficoltà di pronta liquidazione dell’attivo può rilevare in quanto sintomatica di un risultato di realizzo inferiore rispetto a quello contabilizzato dal debitore, così finendo per esprimere valori oggettivamente inidonei a soddisfare integralmente la massa creditoria [C. I 10.12.2020, n. 28193].

    II. Sintomi dell’insolvenza

    II.Sintomi dell’insolvenza

    1 Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza deve essere valutato secondo dati oggettivi, prescindendo da qualsiasi indagine in ordine alle relative causa; pertanto, l’interruzione brutale del credito bancario, se anche può essere causa di risarcimento del danno ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, non consente, tuttavia, di ritenere insussistente lo stato di insolvenza se da tale condotta, ancorché illegittima, sia derivato uno stato di impotenza economica dell’imprenditore, mentre a diversa conclusione potrebbe giungersi soltanto nel caso in cui l’imprenditore fosse inadempiente esclusivamente nei confronti degli istituti che avessero illegittimamente esercitato il recesso dal rapporto di apertura di credito [C. I 1.8.2004, n. 15769, DFSC 2005, 2, 395]. La perdita di affidamento presso il sistema bancario è un sintomo rivelatore importante [T. Tivoli 21.7.2010, GComm 2012, II, 188]. Agli effetti dell’accertamento dello stato di insolvenza, è irrilevante uno stato patrimoniale caratterizzato dall’eccedenza delle poste attive su quelle passive, quando l’incapacità di adempimento regolare e, quindi, alla scadenza e con mezzi normali, delle obbligazioni assunte si esprima, comunque, sul piano della carenza della liquidità [C. I 9.5.1992, n. 5525, Fall 1992, 811]. Lo stato di insolvenza inteso come incapacità di fare fronte alle proprie obbligazioni con mezzi normali di pagamento è desumibile da qualunque circostanza atta a dimostrare la predetta incapacità [C. I 18.6.2004, n. 11393, I 2004, 1453] e quindi, anche l’incapacità di far fronte ad un unico debito di modeste dimensioni costituisce un indizio particolarmente probante in quanto indice della mancanza anche solo di una modesta liquidità utile per consentire l’adempimento dell’obbligazione [C. I 18.6.2004, n. 11393, I, 2004, 1453; T. Savona 23.7.2019, DeJure 2020]. Ai fini della dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza va desunto, più che dal rapporto tra attività e passività, dalla possibilità dell’impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, fronteggiando con mezzi ordinari le obbligazioni [C. I 26.5.2022, n. 17181; C. I 3.3.2022, n. 7087; C. I 20.11.2018, n. 29913; C. App. Milano 16.7.2021, n. 2268, DeJure 2021]. In materia fallimentare, non può ritenersi decisiva, ai fini della esclusione dello stato di insolvenza, che ne costituisce il presupposto, la sussistenza, al momento della dichiarazione di fallimento, di un qualche utile, in quanto la capacità di svolgere l’attività di impresa con una prevalenza dei ricavi sui costi e di conseguire, quindi, un profitto non esclude la sussistenza di esposizioni debitorie che detto profitto, tanto più se modesto, non sia in grado di ripianare [C. I 19.7.2000, n. 9464, Fall 2001, 670]. Nel caso di procedimento per la dichiarazione di fallimento di impresa che si trova in stato di liquidazione, la nozione d’insolvenza va riferita alla valutazione comparativa fra elementi attivi del patrimonio e massa debitoria [C. I 17.4.2003, n. 6170, FI 2003, 1, 2389], con la precisazione che lo stato di insolvenza può essere, in siffatte ipotesi, escluso solo laddove risulti che l’attivo sociale consente (quanto meno presumibilmente, sulla base di valori stimati) “l’eguale ed integrale soddisfacimento” di tutti i creditori sociali e non solo la soddisfazione dei creditori istanti per il fallimento [C. App. Salerno 23.9.2020, n. 1039, DeJure], con la conseguenza che se l’attivo può assicurare il pagamento in misura eguale e totalitaria dei creditori non vi è spazio per l’apertura della procedura concorsuale [C. I 17.4.2003, n. 6170, FI 2003, 1, 2389; C. I 10.4.1996, n. 3321, Fall 1996, 1175]. In tema di dichiarazione di fallimento su ricorso del creditore, il tribunale è chiamato a verificare, in via incidentale, e compatibilmente con la sommarietà del procedimento, la sussistenza del credito dedotto a sostegno della domanda, e a tale fine è tenuto a prendere in esame non solo le allegazioni e le produzioni del creditore, ma anche i fatti rappresentati dal debitore, che valgano a dimostrare l’insussistenza dell’obbligazione addotta o la sua intervenuta estinzione; ne deriva che l’eccezione di nullità del titolo da cui scaturisce il credito posto a fondamento del ricorso, anche se è sollevata in sede di gravame, deve essere esaminata dal giudice, potendo la stessa incidere sulla legittimazione del ricorrente [C. I 25.5.2022, n. 16853, GCM 2022]. In materia di procedure concorsuali, la dichiarazione di fallimento non richiede sentenze definitive o passate in giudicato poiché lo stato di insolvenza può essere accertato anche in assenza di sentenze definitive o passate in giudicato. Per dimostrare il fallimento e, dunque, lo stato di insolvenza dell’imprenditore, basta constatare l’incapacità dell’impresa stessa di rendere sostenibile la struttura finanziaria della società [T. Como 15.3.2022, n. 293, DeJure 2022].

    2 Il mancato pagamento di somme dovute all’amministrazione finanziaria per IVA ed iscritte a ruolo può considerarsi atto sintomatico di una situazione di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento senza che rilevi in contrario la circostanza dell’avvenuta impugnazione del ruolo stesso, che ha natura di titolo esecutivo, salvo che il debitore dimostri che l’esecutività dell’atto impugnato è stata sospesa [C. VI 29.9.2021, n. 26407; C. I 14.1.2019, n. 646; C. I 5.12.2001, n. 15407, FI 2002, 1, 374; anche in generale si esclude che la contestazione di un credito sia dirimente C. I 16.6.2022, n. 19477; C. s.u. 23.1.2013, n. 1521]. L’efficacia del pactum de non petendo, pur non condizionata all’adesione di tutti i creditori, è tuttavia correlata alla sua idoneità - che deve essere valutata alla luce della complessiva condizione debitoria dell’impresa, e, quindi anche con riguardo alla scadenza delle obbligazioni escluse dal patto medesimo - ad escludere lo stato d’insolvenza del debitore, se ed in quanto esso testimoni la condizione di credito e di fiducia di cui gode il debitore nel ceto creditorio considerato nel suo complesso [C. I 12.12.2005, n. 27386, Fall 2006, 1206; C. I 16.7.1992, n. 8656, DFSC 1993, 2, 381; T. Benevento 21.4.2016, n. 45, DeJure]. La dichiarazione di fallimento non può essere il frutto di una condotta abusiva da parte del singolo creditore e deve ritenersi quindi preclusa ogni qual volta lo stato d’insolvenza sia stato determinato da un suo comportamento improntato a mala fede in quanto contrario al dovere di cooperare per la realizzazione degli interessi della controparte [C. I 19.9.2000, n. 12405, DPS 2001, 69]. Ai fini dell’accertamento del ricorrere di uno stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, resta irrilevante ogni indagine sulle cause che lo hanno determinato, sull’imputabilità o meno all’imprenditore medesimo delle ragioni del dissesto ovvero sulla loro riferibilità a rapporti estranei all’impresa [C. I 11.6.2020, n. 11267; C. VI 14.1.2016, n. 441; C. I 12.12.2005, n. 27386, Fall 2006, 1206]. Costituiscono indici sintomatici dello stato di insolvenza di una società assicurativa sia il marcato sbilanciamento tra attivo e passivo patrimoniale, in assenza di circostanze obiettive che giustifichino la prospettiva di un futuro andamento favorevole in un contesto di persistente fiducia della quale goda l’impresa sul mercato, sia l’inadeguatezza del rapporto tra risorse finanziarie e riserve accantonate, tale che l’impresa sia costretta ad utilizzare la liquidità rinveniente dai premi raccolti - da destinarsi alla copertura di rischi non ancora maturati - per il pagamento degli indennizzi, perché entrambi rivelatori dell’impotenza della società debitrice a soddisfare regolarmente, o con mezzi normali, le proprie obbligazioni [C. I 11.11.2021, n. 33620; C. I 4.7.2013, n. 16746]. In tema di liquidazione coatta amministrativa, ai fini della dichiarazione dello stato di insolvenza dell’impresa, ai sensi dell’art. 202 l. fall., è rilevante l’inadempimento dei debiti tributari (nella specie, IRPEG e IVA) inerenti a periodi d’imposta anteriori alla messa in liquidazione, anche qualora sia stata omessa la dichiarazione fiscale e i conseguenti atti di accertamento siano divenuti definitivi solo dopo il provvedimento amministrativo che dispone la liquidazione stessa, atteso che i debiti in questione sorgono già col verificarsi dei presupposti di legge e che l’omissione della dichiarazione fiscale non dispensa l’impresa dall’iscriverli in bilancio, allo stato patrimoniale, fra le passività certe e determinate, anziché nel fondo rischi ed oneri [C. I 24.7.2012, n. 12972, Fall 2013, 756]. La procedura prefallimentare non ha natura esecutiva ma cognitiva, in quanto, prima della dichiarazione di fallimento, non può dirsi iniziata l’esecuzione collettiva, ne consegue che il procedimento per la dichiarazione di fallimento non resta soggetto alla sospensione dei procedimenti esecutivi prevista dalla l. n. 44/1999, art. 20, c. 4, in favore delle vittime di richieste estorsive e dell’usura [C. I 22.5.2019, n. 13850; C. I 18.5.2016, n. 10172; C. I 19.3.2014, n. 6309; C. App. Brescia 31.3.2021, n. 408, DeJure]. Non esclude la presenza dello stato di insolvenza la circostanza che sia stata applicata la sospensione delle esecuzioni in relazione alla normativa antiusura [C. I 12.12.2012, n. 22756].

    3 Al fine della dichiarazione di fallimento di una società, l’accertamento dello stato d’insolvenza dev’essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, anche quando essa sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate o controllate da un’unica società “holding”, giacche nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva distinta la propria personalità giuridica ed autonoma qualità d’imprenditore, rispondendo, con il proprio patrimonio, soltanto dei propri debiti [C. VI 28.1.2014, n. 1748; C. I 18.11.2010, n. 23344, Fall 2011, 565] L’insolvenza di una società appartenente ad un gruppo va valutata in relazione all’entità e alla liquidità del suo patrimonio, che costituisce la garanzia generica dei creditori della persona giuridica, non avendo influenza al riguardo il fatto che il socio dominante, svolgendo un’attività di holding individuale, accentrasse nelle sue mani i servizi finanziari e di tesoreria per tutte le società controllate e convogliasse la liquidità secondo i rispettivi bisogni, ma senza aver assunto nessun obbligo di provvista nei loro riguardi [C. I 7.7.1992, n. 8271, Fall 1993, 33; C. I 14.4.1992, n. 4550, Fall 1992, 811].

    III. (Segue) A) prova dell’insolvenza

    III.(Segue) A) prova dell’insolvenza

    1 Nel procedimento di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza dello stato di insolvenza può essere correttamente desunta anche dalle risultanze dello stato passivo [C. VI 6.10.2017, n. 23437; C. App. Brescia 7.2.2022, n. 179, DeJure], e in genere dagli atti del fascicolo fallimentare [C. I 4.5.2011, n. 9760]. Per la prova della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore, ai sensi dell’art. 67, c. 2, l. fall., non si richiede la dimostrazione da parte del curatore che il debitore abbia cessato del tutto i pagamenti, ma è sufficiente che risulti che egli non è in grado di adempiere regolarmente e con mezzi normali alle proprie obbligazioni [C. 8.7.1980, n. 4351, DFSC 1980, 2, 335]. Nel giudizio di impugnazione alla dichiarazione di fallimento, la verifica, ex art. 5 l. fall., dello stato d’insolvenza dell’imprenditore commerciale esige la prova di una situazione d’impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, valutate nel loro complesso, in quanto già scadute all’epoca della predetta dichiarazione e ragionevolmente certe [C. I 27.2.2008, n. 5215, cit., 715]; ne consegue, quanto ai debiti, che il computo non si limita alle risultanze dello stato passivo nel frattempo formato, ma si estende a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrati, anche se oggetto di contestazione, quando (e nella misura in cui) il giudice dell’opposizione ne riconosca incidentalmente la ragionevole certezza ed entità; quanto all’attivo, i cespiti vanno considerati non solo per il loro valore contabile o di mercato, ma anche in rapporto all’attitudine ad essere adoperati per estinguere tempestivamente i debiti, senza compromissione - di regola - dell’operatività dell’impresa, salvo che l’eventuale fase della liquidazione in cui la stessa si trovi renda compatibile anche il pronto realizzo dei beni strumentali e dell’avviamento [C. VI 6.10.2017, n. 23438; C. App. Lecce 7.3.2019, n. 5, DeJure]. Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, grava sull’istante l’onere di provare gli elementi integranti il fatto costitutivo, ovvero la qualità di imprenditore commerciale del soggetto da dichiararsi fallito e lo stato di insolvenza; mentre grava sul fallendo la prova degli elementi impeditivi, estintivi e modificativi, quali la sussistenza delle esclusioni legate al limite dimensionale di fallibilità [C. I 17.5.2017, n. 12382; C. I 24.3.2014, n. 6835; T. Roma 7.10.2010, GM 2011, 1323].

    IV. Lo stato di crisi (cenni)

    IV.Lo stato di crisi (cenni)

    1 Lo stato di crisi comprende sia l’insolvenza reversibile, equivalente alla temporanea difficoltà di adempiere, sia l’insolvenza irreversibile di cui all’art. 5 l. fall. [T. Sulmona 6.6.2005, Fall 2005, 793]. Quando si verifichi a posteriori che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della predetta domanda [C. I 8.7.2022, n. 21758; C. I 6.8.2010, n. 18437], così restando confermato il principio della consecuzione delle procedure concorsuali [C. I 6.8.2010, n. 18437], pur quando si tratti di società di persone e si abbia riguardo agli effetti del fallimento del socio, effetti che vengono fatti risalire al provvedimento di ammissione al concordato attinente alla società [C. I 24.3.2016, n. 5924]. Nella ipotesi di successione temporale di più procedure concorsuali a carico del medesimo imprenditore, l’eventuale intervallo di tempo intercorso tra la proposizione della domanda di concordato preventivo e l’apertura del fallimento non determina di per sé soluzione di continuità fra le procedure medesime, che costituiscono, di norma, espressione della medesima crisi economica dell’impresa, a meno che detto intervallo non costituisca uno degli elementi dimostrativi della variazione dei presupposti (soggettivi e oggettivi) del fenomeno della unificazione delle varie procedure [C. VI 11.12.2019, n. 32417, GCM 2020]. La insolvenza è tradizionalmente connessa allo stato di irreversibilità della situazione di grave crisi in cui l’impresa versa, il che fa emergere un profilo del suo accertamento e della natura del presupposto oggettivo del fallimento che si esprime nella formulazione di un giudizio prognostico. Poiché poi le procedure vanno intese non come semplici rimedi ex post a situazioni dannose, al pari delle revocatorie ad esempio, ma, soprattutto nella loro evoluzione necessitata dall’orientamento delle direttive europee, come strumento di emersione tempestiva della crisi per ridurre al minimo l’impatto della stessa ed il pregiudizio delle ragioni creditorie, è chiaro che si possa e debba ricorrere ad una procedura che presuppone l’insolvenza non solamente in caso di insolvenza conclamata e risalente, ma anche quando essa si sta per manifestare all’esterno in tutta la sua gravità [T. Milano 3.10.2019, RDottComm 2019].

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