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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

8. Durata massima delle misure protettive (1)

[1] La durata complessiva delle misure protettive, fino alla omologazione dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o alla apertura della procedura di insolvenza, non può superare il periodo, anche non continuativo, di dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe, tenuto conto delle misure protettive di cui all’articolo 18.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 4, comma 2, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

A) Inquadramento funzionale:

A)Inquadramento funzionale:

I. La durata delle misure protettive (rinvio all’art. 55).

I. La durata delle misure protettive (rinvio all’art. 55)

I.La durata delle misure protettive (rinvio all’art. 55)

1 La spiegazione di questo limite temporale risale alla direttiva 2019/1023, nella parte in cui si prevede che le misure sul patrimonio del debitore non siano automatiche e non siano di durata indeterminata; la stessa l.d. n. 155/2017 faceva riferimento ad una durata non indeterminata delle misure. La durata limitata può presentare evidenti profili di criticità. Il tema non è tanto quello per cui la misura possa essere rimossa dal tribunale, perché una scelta di questo tenore dipende dalla accentuata volontà di vigilare molto da vicino sulla progressione delle attività che il debitore deve realizzare per regolare la crisi. Se il tribunale rileva la presenza di atti di frode o se rileva l’inidoneità delle iniziative del debitore è chiaro che la revoca della protezione è funzionale ad un arresto della procedura.

2 La criticità pertiene direttamente alla temporaneità tout court delle misure, perché ben potrà capitare che venga a scadere il termine massimo di dodici mesi quando il procedimento di concordato è ancora in corso e senza che vi siano patologie. Questo impone di individuare delle contromisure perché non è sintonico con l’interesse oggettivo alla regolazione della crisi che col concordato pendente i creditori possano avviare azioni esecutive o cautelari contro il debitore. Azioni che potrebbero portare a sottrarre porzioni di patrimonio destinate al soddisfacimento dei creditori. Una soluzione possibile può intravvedersi nella sostituzione delle misure protettive (che scadono) con le misure cautelari (che non scadono).

3 È ben vero che le finalità rispettivamente perseguite non coincidono, ma la duttilità delle misure cautelari consente di “piegarle” anche ad altri interessi. Così, se le misure cautelari sono funzionali ad evitare una dispersione del patrimonio (in genere causata da condotte del debitore), non v’è ragione di negare il loro utilizzo per impedire la dispersione del patrimonio in questo caso causato da iniziative dei creditori. In tal modo, senza una reale forzatura, si conserva l’obiettivo di non stabilizzare le misure protettive oltre il bisogno, si condivide l’importanza del ruolo del giudice che deve concederle, si assicura il corretto funzionamento di un buon concordato o di un buon accordo che non merita di essere frustrato da un dato meccanico quale è il mero decorso del tempo.

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