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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

33. Cessazione dell’attività

[1] La liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.

[2] Per gli imprenditori la cessazione dell’attività coincide con la cancellazione dal registro delle imprese e, se non iscritti, dal momento in cui i terzi hanno conoscenza della cessazione stessa. È obbligo dell’imprenditore mantenere attivo l’indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o di posta elettronica certificata comunicato all’INI-PEC, per un anno decorrente dalla cancellazione.

[3] In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta comunque salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del comma 1.

[4] La domanda di accesso alla procedura di concordato minore, di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti presentata dall’imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile. (1)

(1) Comma così modificato dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.

A) Inquadramento funzionale:

A)Inquadramento funzionale:

I. Le regole della cessazione dell’attività delle società - II. Le regole riservate all’imprenditore individuale - III. Il significato di “cessazione dell’attività” - IV. Le regole per le imprese non iscritte e gli altri fenomeni di cessazione.

I. Le regole della cessazione dell’attività della società

I.Le regole della cessazione dell’attività della società

1 Il legislatore nell’ottica di semplificare l’accertamento in fatto dell’evento cessazione dell’impresa ha stabilito che il termine decorra, per tutti gli imprenditori, anche collettivi, dal momento in cui viene iscritta nel registro delle imprese la cancellazione sulla base di una dichiarazione fatta a cura dell’imprenditore. La scelta della cancellazione dal registro delle imprese rappresenta un favor per i creditori che, se diligenti, possono venire tempestivamente a conoscenza dell’evento consultando il registro delle imprese.

2 Nel caso delle società di capitali è previsto che al termine della fase della liquidazione, i liquidatori debbano chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2495 c.c.). La cancellazione della società dal registro ha effetti costitutivi e ne comporta l’estinzione, con esiti dunque, in larga parte simili a quelli della morte di una persona fisica. Ai fini della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale esiste allora la ragionevole aspettativa che alla cancellazione della società corrisponda, in concreto, la cessazione dell’attività. Cfr. [F046].

3 La disciplina dell’estinzione delle società di persone è sostanzialmente identica a quella appena esaminata per ciò che attiene alle società in nome collettivo (art. 2312 c.c.) e dunque, in via analogica, anche per la società in accomandita semplice, ma l’iscrizione avrebbe solo effetti dichiarativi; pur tuttavia di recente la giurisprudenza ha ritenuto che il sistema debba applicarsi in modo unitario e che pertanto l’efficacia costitutiva deve essere predicata anche per le società di persone. Ci si può chiedere se il creditore possa contestare le risultanze della iscrizione della cancellazione, deducendo una eventuale simulazione, ma la simulazione potrebbe avere riguardo, al più, alla fase della liquidazione, per cui se vizi ci sono stati questi possono essere sanzionati solo col ricorso a forme di tutela risarcitoria nei confronti di soci, amministratori o liquidatori.

II. Le regole riservate all’imprenditore individuale

II.Le regole riservate all’imprenditore individuale

1 Il trattamento riservato all’impresa individuale e alle società e imprese collettive si distanzia là dove, nel comma 3, si stabilisce che per gli imprenditori individuali sia possibile fornire la prova che la cessazione dell’impresa debba decorrere da una data diversa da quella risultante dalla cancellazione; dunque, la cancellazione vale solo come presunzione relativa, vincibile con prova contraria offerta con ogni mezzo.

2 La prova giova solo al creditore (o al pubblico ministero) il quale voglia dimostrare che in verità l’attività era proseguita, mentre non può avvalersene il debitore dimostrando di aver cessato l’attività sin da epoca precedente la cancellazione. Questa regola che consente al creditore di sindacare l’effettività della cessazione, si estende anche alle ipotesi in cui la cancellazione riguardi una società, ma sia avvenuta d’ufficio (d.P.R. 23.7.2004, n. 247). Cfr. [F047].

III. Il significato di “cessazione dell’attività”

III.Il significato di “cessazione dell’attività”

1 Il concetto di cessazione dell’attività postula il completo ed assoluto ritiro dal mercato del medesimo debitore, sicché va ritenuto incompatibile con il compimento di operazioni che siano indice di attività economica, ancorché svolta in funzione di disgregazione dell’impresa. Pertanto, il presupposto della «cessazione dell’attività d’impresa» implica che, nel detto periodo, non siano state compiute operazioni economiche o commerciali intrinsecamente identiche a quelle normalmente realizzate nell’esercizio dell’impresa stessa.

2 La cessazione dell’attività rileva anche ai fini della competenza quando non sia trascorso l’anno, dal momento che qualora non sia possibile stabilire, dopo lo svolgimento dell’attività imprenditoriale in un determinato luogo, se e dove il debitore abbia trasferito l’attività medesima, la competenza per territorio va individuata alla stregua delle regole operanti per il caso della liquidazione giudiziale dell’imprenditore che abbia cessato l’esercizio dell’impresa, e, cioè, con riferimento al luogo dove è stata svolta per ultimo l’attività.

IV. Le regole per le imprese non iscritte e gli altri fenomeni di cessazione

IV.Le regole per le imprese non iscritte e gli altri fenomeni di cessazione

1 Rispetto alle imprese non iscritte (o più esattamente a chi esercita attività d’impresa di fatto, ciò che accade con una certa frequenza anche per fondazioni e associazioni) il termine di un anno decorre dal momento in cui i terzi hanno avuto la possibilità di conoscere l’effettività della cessazione dell’attività, con la conseguenza dell’onore per il debitore non iscritto, di dimostrare la conoscenza da parte dei terzi della intervenuta disgregazione dell’impresa.

2 Al fenomeno della cessazione possiamo ricondurre anche il caso della società che si sia fusa in altra, nel qual caso si assume che la società incorporata potrebbe essere sottoposta a liquidazione giudiziale entro l’anno dalla fusione; ma se è vero che la fusione è un evento non dissolutivo riesce più semplice immaginare che a seguito di fusione debba aversi riguardo all’insolvenza della società incorporante e che sia questa, in quanto responsabile delle obbligazioni pregresse della società incorporata, a dover essere oggetto dell’attenzione dei creditori; diversamente, la dichiarazione di liquidazione giudiziale si risolverebbe in una revoca della fusione e dunque in dissonanza dalle tutele oppositorie stabilite a garanzia dei creditori (art. 2504-bis c.c.).

3 Il termine annuale per la pronuncia di liquidazione giudiziale si applica anche al caso della liquidazione giudiziale in estensione del socio illimitatamente responsabile. La cessazione dell’attività funge anche da elemento impeditivo per l’accesso ad uno degli strumenti volontari di regolazione della crisi.

B) Frmule

B)Frmule
F046
DECRETO DI RIGETTO DEL RICORSO PER LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE PER CESSAZIONE DELL’IMPRESA SOCIETARIA

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

Sezione………

***

Riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

dott………. Presidente

dott………. Giudice

dott………. Giudice

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………

nei confronti del debitore ………

rilevato che il debitore è costituito in forma societaria;

rilevato che dal certificato camerale risulta come la società si sia cancellata dal registro delle imprese in data ……… e quindi oltre un anno fa;

rilevato che la circostanza della cancellazione della società è compatibile con i documenti allegati al ricorso e in particolare con l’epoca di insorgenza del credito;

ritenuto pertanto che la cessazione dell’attività della società, all’esito della liquidazione e della successiva cancellazione dal registro delle imprese, costituisce causa ostativa alla dichiarazione di liquidazione giudiziale,

P.Q.M.

letti gli artt. 33 e 50 CCII, rigetta il ricorso.

Luogo, data ………

Il Presidente ………

F047
DECRETO DI RIGETTO DEL RICORSO PER LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE PER CESSAZIONE DELL’IMPRESA INDIVIDUALE

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

Sezione ………

***

Riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

dott………. Presidente

dott………. Giudice

dott………. Giudice

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………

nei confronti del debitore ………

rilevato che dal certificato camerale risulta come l’imprenditore individuale abbia cessato l’attività in data ……… e quindi oltre un anno fa;

rilevato che la circostanza della cessazione dell’attività d’impresa è compatibile con i documenti allegati al ricorso e in particolare con l’epoca di insorgenza del credito;

rilevato che il creditore ha chiesto di provare che l’attività d’impresa sarebbe proseguita anche dopo la cancellazione; ritenuto che le prove articolate al riguardo non siano univoche in considerazione del fatto che gli atti compiuti dal debitore non postulano necessariamente la prosecuzione dell’attività;

rilevato che la cessazione dell’attività costituisce causa ostativa alla dichiarazione di liquidazione giudiziale,

P.Q.M.

letti gli artt. 33 e 50 CCII, rigetta il ricorso.

Luogo, data ………

Il Presidente ………

C) Giurisprudenza:

C)Giurisprudenza:

I. Il fallimento dell’impresa e la cessazione - II. Il regime delle società.

I. Il fallimento dell’impresa e la cessazione

I.Il fallimento dell’impresa e la cessazione

1 L’art. 10 l. fall., era stato giudicato costituzionalmente illegittimo in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedeva che il fallimento dell’imprenditore collettivo potesse essere dichiarato solo entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese [C. Cost. 21.7.2000, n. 319, Fall 2000, 13]. Il termine annuale, previsto dall’art. 10 l. fall. ai fini della dichiarazione di fallimento, nell’ipotesi della società cancellata d’ufficio ai sensi dell’art. 2490 c.c., decorre dalla data di iscrizione nel registro delle imprese del decreto di cancellazione [C. VI 24.2.2016, n. 3555]. L’art. 10, c. 1, l. fall., il quale prevede che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro il termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo (termine che, in base all’ultimo comma del successivo art. 22, si computa con riferimento al decreto della corte di appello che respinge il reclamo contro il decreto del tribunale che ha rigettato il ricorso per la dichiarazione di fallimento), pur ponendo a carico del creditore che ha tempestivamente presentato istanza di fallimento il rischio della durata del relativo procedimento, non è in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto: a) con riferimento al principio di eguaglianza, il possibile diverso trattamento dei creditori in relazione alla diversa durata del procedimento non discende dal requisito temporale prescritto dalla legge, ma dal concreto svolgersi del procedimento ed è perciò un problema di fatto irrilevante ai fini della legittimità costituzionale della norma; b) con riferimento al diritto di difesa, la previsione di un termine annuale rappresenta il punto di mediazione nella tutela di interessi contrapposti, quali, da un lato, quelli dei creditori, e, dall’altro, quello generale, e non del solo cessato imprenditore, alla certezza dei rapporti giuridici [C. I 7.3.2017, n. 5688; C. App. Firenze 6.12.2021, n. 2357, DeJure]. L’art. 10 l. fall., come modificato dal d.lgs. 12.9.2007, n. 169, nel prevedere la possibilità per il solo creditore e per il p.m., e non anche per l’imprenditore, di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività d’impresa ai fini della decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento, non si pone in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., atteso che, se gli fosse consentito di dimostrare una diversa e anteriore data di effettiva cessazione dell’attività imprenditoriale rispetto a quella della cancellazione dal registro delle imprese, la tutela dell’affidamento dei terzi ne risulterebbe vanificata [C. I 5.4.2022, n. 11002; C. I 26.6.2019, n. 17105].

2 Ottenuta la cancellazione dal registro delle imprese, l’imprenditore individuale può essere ancora dichiarato fallito, ai sensi dell’art. 10, c. 2, l. fall., fino a quando non sia decorso un anno dal suo completo e assoluto ritiro dall’attività economica, che non può dirsi ancora realizzato quando siano state poste in essere operazioni anche di tipo meramente liquidatorio, purché tali da rivelarsi come manifestazioni della detta attività [C. VI 31.1.2022, n. 2813; C. I 21.12.2018, n. 33349; C. I 13.12.2000, n. 15716, DPS 2001, 86]. Ai fini della decorrenza del termine annuale entro il quale può essere dichiarato il fallimento dell’imprenditore, giusta il disposto dell’art. 10 l. fall., il presupposto della “cessazione dell’attività d’impresa” postula che, nel detto periodo, non siano state compiute operazioni economiche o commerciali intrinsecamente identiche a quelle normalmente poste in essere nell’esercizio dell’impresa stessa, come, nel caso di imprenditore che esercita attività di distribuzione di periodici, la resa dell’invenduto agli editori [C. I 24.4.2007, n. 9897, Fall 2007, 967]. Ai fini della dell’art. 10 l. fall., non sussiste cessazione dell’attività dell’imprenditore individuale allorquando quest’ultimo ne muti l’oggetto [C. I 21.4.2016, n. 8092; C. I 8.11.2013, n. 25217].

3 Al fine della dichiarazione di fallimento, qualora non sia possibile stabilire, dopo lo svolgimento dell’attività imprenditoriale in un determinato luogo, se e dove il debitore abbia trasferito l’attività medesima, la competenza per territorio va individuata alla stregua delle regole operanti per il caso di fallimento dell’imprenditore che abbia cessato l’esercizio dell’impresa, e, cioè, con riferimento al luogo dove è stata svolta per ultimo l’attività [C. I 10.8.1988, n. 4910, Fall 1989, 24]. L’inosservanza del termine previsto dall’art. 10 l. fall. comporta la nullità, rilevabile anche di ufficio dal giudice del reclamo, della sentenza dichiarativa di fallimento [C. I 12.4.2013, n. 8932, cit.]. La previsione dell’art. 10 l. fall., non trova applicazione laddove la cancellazione di una società venga effettuata, non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente o a seguito del verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’attività, ma in conseguenza del trasferimento all’estero della sede [C. s.t. 29.12.2021, n. 41882; C. I 4.5.2018 n. 10793; C. s.u. 11.3.2013, n. 5945]. Il termine annuale, entro cui deve essere dichiarato il fallimento dell’imprenditore ritirato o del socio illimitatamente responsabile cessato, ai sensi degli artt. 10 e 147, c. 2, l. fall., non è assimilabile alla prescrizione, in quanto trova giustificazione nell’interesse alla certezza delle situazioni giuridiche, che verrebbe frustrato ove fosse sufficiente, entro l’anno, la mera presentazione dell’istanza: pertanto, il deposito del ricorso per la dichiarazione di fallimento e la pendenza del relativo procedimento non ne interrompono il decorso, risultando inapplicabili gli artt. 2943 e 2945 c.c. [C. App. Firenze 6.12.2021 n. 2357, DeJure; C. VI 25.10.2013, n. 24199].

II. Il regime delle società

II.Il regime delle società

1 In tema di società, una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2495 c.c., c. 2, come modificato del d.lgs. 17.1.2003, n. 6, art. 4, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l’estinzione immediata delle società di capitali, impone un ripensamento della disciplina relativa alle società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali [C. I 27.5.2022, n. 17234; C. s.u. 22.2.2010, n. 4060]. Detta applicazione analogica è irretroattiva, non potendo trovare applicazione per le cancellazioni intervenute anteriormente all’1.1.2004, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato d.lgs. n. 6/2003 [C. I 2.10.2018, n. 23947; C. s.u. 22.2.2010, n. 4060, NT 2010, 246;]. Nel regime normativo precedente al d.lgs. n. 5/2006 e alla istituzione del registro delle imprese, l’accertamento della cessazione dell’impresa individuale, ai fini della dichiarazione di fallimento entro l’anno, era affidato al criterio dell’effettività di una perdurante attività di esercizio dell’impresa, tale non potendo essere qualificata quella esclusivamente rivolta a gestire la disgregazione dell’azienda [C. VI 30.10.2014, n. 23110]. In caso di scioglimento della società in nome collettivo per il venir meno della pluralità di soci, il fallimento della società (e del socio superstite) può essere dichiarato, ai sensi dell’art. 10 l. fall., sino a quando sia decorso un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, e non già dal verificarsi della causa di scioglimento, atteso che, per quanto le cause di scioglimento operino automaticamente, ossia di diritto, tuttavia, verificatasi una di tali cause, la società non si estingue automaticamente, ma entra in stato di liquidazione e rimane in vita sino al momento della cancellazione [C. I 2.2.2015, n. 1856; C. App. Genova 30.10.2017, n. 117, DeJure; C. VI 3.5.2012, n. 6692, Fall 2013, 620]. Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta - anche ai fini del reclamo avverso la sentenza di fallimento - al liquidatore sociale, poiché, pur implicando la cancellazione l’estinzione della società, ai sensi dell’art. 2495 c.c., in forza della l. 24.12.2012, n. 228, art. 1, c. 17 e art. 10, è ancora possibile che entro l’anno dalla cancellazione la società sia dichiarata fallita, se l’insolvenza si è manifestata prima della cancellazione o nell’anno successivo [C. VI 27.10.2021, n. 30297; C. I 7.3.2017, n. 5688; C. I 26.7.2013, n. 18138]. La cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dall’art. 10 l. fall.); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 ss. c.p.c., con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 c.p.c. [C. I 27.5.2022, n. 17234; C. VI 16.10.2020, n. 22432; C. s.u. 12.3.2013, n. 6070, NT 2013, 221]. Il sopravvenuto fallimento della società estinta (nella specie, una s.r.l.) entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese non comporta il venire meno della soggettività passiva del socio di detta società e, quindi, della sua legittimazione processuale, considerato che egli è la giusta parte del processo instaurato avverso l’avviso di accertamento allo stesso correttamente notificato quale successore e che la previsione dell’art. 10 l. fall. non comporta una reviviscenza della medesima società [C. s.t. 20.1.2022, n. 1689, GCM 2022]. Nel caso di società non iscritta nel registro delle imprese vale il criterio della effettività della cessazione in quanto, ai sensi dell’art. 10, c. 2, l. fall., come modificato dal d.lgs. 12.9.2007, n. 169, anche per gli imprenditori mai iscritti nel registro sussiste la possibilità di dimostrare la data di conoscenza da parte dei terzi della effettiva cessazione dell’attività, restando pur sempre necessario, in difetto di forme di pubblicità legale, contemperare l’affidamento dei terzi e la necessità di dare stabilità ai rapporti giuridici e di evitare di lasciare “sine die” aperta la possibilità di dichiarazione di fallimento di una impresa in realtà cessata [C. I 25.5.2016, n. 10827; C. VI 13.7.2011, n. 15428]. La società di capitali trasformatasi in società semplice, non svolgente attività commerciale e, come tale sottratta al fallimento, può essere dichiarata fallita entro un anno dalla sua cancellazione dalla sezione ordinaria del registro delle imprese e la iscrizione della società di persone nella sezione speciale del registro delle imprese anche a lei riservata, essendo la cancellazione evento evidenziante verso i terzi la cessazione dell’attività commerciale [C. I 9.11.2021, n. 32659, GD 2021]. In caso di trasformazione di una società di capitali in comunione di azienda, i creditori muniti di titolo anteriore alla trasformazione beneficiano dell’originario regime di responsabilità della società, la quale nel termine di cui all’art. 10 l. fall. potrà essere dichiarata fallita, dovendo escludersi che l’opposizione dei creditori, ex art. 2500-novies c.c., costituisca un rimedio sostitutivo al fallimento, trattandosi piuttosto di uno strumento aggiuntivo che appronta una tutela di intensità inferiore [C. I 22.10.2020, n. 23174, GCM 2020]. Per quanto attiene alla fusione, si ritiene che non possa dichiararsi il fallimento della società incorporata, anche se intervenuta entro l’anno, ma se mai soltanto quella della incorporante quando questa venga a trovarsi in situazione di insolvenza [T. Saluzzo 19.3.2012, Fall 2012, 1469; T. La Spezia 18.6.2010, S 2011, 21; C. App. Perugia 16.12.2008, Fall 2009, 1304]. In caso di scissione della società si determina sempre un rapporto di successione tra soggetti distinti, con la conseguenza che non è preclusa la dichiarazione del fallimento della società entro il termine di un anno dalla sua eventuale cancellazione dal registro delle imprese [C. I 19.6.2020, n. 11984, D&G 2020].

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