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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

36. Eredità giacente e istituzione di erede sotto condizione sospensiva

[1] Nel caso previsto dall’articolo 528 del codice civile, la procedura prosegue nei confronti del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’articolo 641 del codice civile nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’articolo 642 dello stesso codice.

A) Inquadramento funzionale:

A)Inquadramento funzionale:

I. La liquidazione giudiziale dell’imprenditore defunto e i rapporti con l’erede - II. Il decesso del debitore successivo alla apertura della liquidazione giudiziale - III. Profili processuali della cessazione dell’imprese e del decesso del debitore.

I. La liquidazione giudiziale dell’imprenditore defunto e i rapporti con l’erede

I.La liquidazione giudiziale dell’imprenditore defunto e i rapporti con l’erede

1 L’art. 34 CCII consente l’assoggettamento a liquidazione giudiziale dell’imprenditore defunto (rectius, della sua impresa) in presenza dei presupposti oggettivi stabiliti dalla norma che lo precede. In questa fattispecie la liquidazione giudiziale non riguarda tanto il soggetto (che non c’è più) quanto l’attività, il che dimostra come non sarebbe stato eterodosso offrire una disciplina dell’impresa in luogo dell’imprenditore. Cfr. [F048].

2 Più complessi appaiono gli effetti nei rapporti con l’erede ed il coordinamento tra la disciplina concorsuale e quella successoria. Se l’erede prosegue l’attività e l’impresa si trova in stato di decozione, l’erede è direttamente soggetto alla liquidazione giudiziale, ma ciò non esclude affatto che venga dichiarata, se richiesto, anche la liquidazione giudiziale del defunto; il che comporta, però, la formazione di masse parzialmente distinte posto che i creditori particolari dell’erede si possono soddisfare solo sui beni di questi, mentre i creditori del defunto si soddisfano sui beni di entrambi.

3 Diversamente, gli effetti mutano in dipendenza della già avvenuta confusione, o meno, dei rispettivi patrimoni. La liquidazione giudiziale dell’imprenditore defunto determina, infatti, la devoluzione all’attivo concorsuale del patrimonio de cuius relitto, nonché la sua separazione da quello degli eredi (ove non verificatasi attraverso l’accettazione con beneficio di inventario), sul quale i creditori concorsuali del defunto partecipano in via preferenziale. In particolare, i creditori concorsuali sono anteposti rispetto a quelli degli eredi ed ai legatari. Per altro verso, di contro, l’erede che abbia accettato con beneficio di inventario è legittimato a richiedere la liquidazione giudiziale del de cuius.

4 Nel caso di liquidazione giudiziale dell’imprenditore individuale (e di quello del socio illimitatamente responsabile) cessano automaticamente gli effetti della separazione dei beni che in creditori avessero precedentemente conseguito a norma degli artt. 512 ss. c.c. L’erede che non abbia proseguito l’attività, in quanto non direttamente coinvolto nella liquidazione giudiziale, non deve obbligatoriamente essere sentito durante l’istruttoria pre-concorsuale, fermo restando che il defunto deve essere rappresentato in giudizio da qualcuno che sarà, di solito, un curatore speciale.

II. Il decesso del debitore successivo alla apertura della liquidazione giudiziale

II.Il decesso del debitore successivo alla apertura della liquidazione giudiziale

1 Il successivo art. 35 CCII disciplina le conseguenze derivanti dalla morte del debitore dopo la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. La procedura prosegue nei confronti degli eredi, a prescindere dal fatto che abbiano accettato l’eredità con beneficio di inventario, in quanto si tratta di una prosecuzione che li vede nella veste di meri sostituti processuali del de cuius, senza trasferimento in capo a loro degli effetti personali derivanti dalla liquidazione giudiziale; così pure accade per il curatore dell’eredità giacente e per l’amministratore nominato ex art. 641 c.c. (art. 36 CCII). La nomina del rappresentante degli eredi ad opera del giudice delegato, in caso di inerzia protratta (quindici giorni dalla morte del debitore), dovrà evidentemente essere sollecitata dal curatore. Se gli eredi accettano l’eredità assumono certamente i debiti dell’imprenditore defunto insolvente ma, poiché non si trasformano in imprenditori, i creditori possono agire nei loro confronti soltanto in base alle regole del processo esecutivo singolare. Cfr. [F049].

III. Profili processuali della cessazione dell’imprese e del decesso del debitore

III.Profili processuali della cessazione dell’imprese e del decesso del debitore

1 Il decorso di un anno dalla cessazione dell’impresa o dalla morte del debitore si pone come questione preliminare di merito che, ove riscontrata, impedisce l’esame della domanda di liquidazione giudiziale; la cessazione dell’attività si pone come fatto impeditivo alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. Si tratta di un fatto impeditivo rilevabile d’ufficio dal giudice nella misura in cui il fatto risulti acquisito al processo: il giudice non può andare alla ricerca di quel fatto ma, se quel fatto risulta, ne può (recte ne deve) tener conto, fermo restando che la prova dell’intervenuta cessazione, trattandosi di fatto impeditivo, resta a carico del debitore (art. 2697 c.c.).

B) Frmule

B)Frmule
F048
DECRETO DI RIGETTO DEL RICORSO PER DECESSO DEL DEBITORE

IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

Sezione ………

riunito in camera di consiglio con la presenza dei sigg. magistrati:

dott………. Presidente

dott………. Giudice

dott………. Giudice

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Visto il ricorso per liquidazione giudiziale presentato dal creditore ………

nei confronti del debitore ………

rilevato che il debitore risulta deceduto in data [………] e quindi oltre un anno fa, come si ricava dal certificato allegato;

rilevato che la circostanza del decesso del debitore costituisce causa ostativa alla dichiarazione di liquidazione giudiziale,

P.Q.M.

letti gli artt. 34 e 50 CCII, rigetta il ricorso.

Luogo, data ………

Firma ………

F049
ISTANZA DEL CURATORE PER LA NOMINA DI UN RAPPRESENTANTE DEGLI EREDI

G.D.: dr……….

Curatore: ………

Sent. n.: ………

Del: ………

Istanza: n……….

IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

Sezione………

***

LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………

***

RICORSO PER LA DESIGNAZIONE

DEL RAPPRESENTANTE DEGLI EREDI

Ill.mo Signor Giudice Delegato,

il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,

PREMESSO

- che in data [………] è deceduto il debitore signor ………, [socio illimitatamente responsabile della debitrice];

- che, avutane notizia, il [………] l’esponente ha formalmente invitato i chiamati all’eredità ad indicare il loro rappresentante ai fini e per gli effetti di cui all’art. 35 CCII;

- che ad oggi, trascorso il termine previsto dalla suddetta disposizione di legge, non è pervenuta alcuna comunicazione in tal senso;

- che occorre dunque provvedere secondo quanto disposto dal secondo comma della ripetuta norma;

- che, all’uopo, lo scrivente rappresenta l’opportunità che venga designato il signor ……… in quanto ………

Tutto ciò premesso, il sottoscritto curatore

CHIEDE

che la S.V., visto l’art. 35 CCII, voglia designare tra i signori ……… il rappresentante comune degli eredi del debitore del signor ……… [socio illimitatamente responsabile della ………], deceduto in data [………]

Con osservanza

Luogo, data ………

Firma ………

C) Giurisprudenza:

C)Giurisprudenza:

I. Il fallimento dell’imprenditore defunto - II. Morte del fallito nelle more della procedura.

I. Il fallimento dell’imprenditore defunto

I.Il fallimento dell’imprenditore defunto

1 Il fallimento “post mortem dell’imprenditore comporta l’acquisizione del patrimonio da questi relitto all’attivo fallimentare, nonché la separazione del patrimonio stesso da quello degli eredi (se tale effetto non è stato ottenuto mediante l’accettazione con beneficio d’inventario), al fine di permettere ai creditori dell’imprenditore defunto, ammessi al fallimento, di soddisfarsi in via preferenziale rispetto ai legatari e ai creditori degli eredi [T. Napoli 13.3.2017, n. 2972, DeJure]. Poiché la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore defunto, prevista dall’art. 11 l. fall., comporta, con l’acquisizione del patrimonio da questi relitto all’attivo fallimentare e la separazione del patrimonio stesso da quello degli eredi, la sottrazione agli eredi non solo dell’amministrazione e della disponibilità dei beni, ma anche della capacità di stare in giudizio a tutela dei rapporti concernenti i beni stessi, che passa al curatore del fallimento, gli eredi non sono parti necessarie del giudizio instaurato dal curatore per la revoca di un negozio posto in essere dal fallito [C. I 24.4.1987, n. 4053, Fall 1987, 1225]. La dichiarazione di fallimento post mortem, ai sensi dell’art. 11 l. fall., comporta il soddisfacimento preferenziale dei creditori del defunto, rispetto ai creditori dell’erede ed ai legatari, ivi compreso il coniuge superstite legatario ex lege di usufrutto, i quali potranno far valere i loro diritti solo nei confronti dell’erede, se ed in quanto il risultato finale della procedura concorsuale possa consentirlo [C. I 25.11.1977, n. 5134, FI 1978, 1, 376]. La cessazione di diritto degli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori a norma degli artt. 512 ss. c.c., conseguente alla dichiarazione di fallimento del defunto, ha luogo anche nell’ipotesi di estensione del fallimento della società al socio illimitatamente responsabile [C. 12.7.1979, n. 4026, GC 1979, 1, 2058]. Nel caso di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore entro l’anno dalla morte non è obbligatoria, ai sensi dell’art. 10 l. fall., l’audizione dell’erede nella fase istruttoria anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che nessuno degli accertamenti rimessi al tribunale incide in modo immediato e diretto sulla sua posizione ovvero gli reca un pregiudizio eliminabile solo attraverso la partecipazione all’istruttoria prefallimentare, dovendosi ritenere l’audizione dell’erede necessaria solo quando anch’egli sia imprenditore commerciale o lo diventi in seguito alla prosecuzione dell’impresa ereditaria [C. VI 24.1.2017, n. 1773; C. I 21.3.2013, n. 7181].

II. Morte del fallito nelle more della procedura

II.Morte del fallito nelle more della procedura

1 La finalità perseguita dall’art. 12, c. 2, l. fall. è quella di garantire che la procedura fallimentare si svolga nei confronti di tutti gli eredi del fallito, e non solo di alcuni di essi, e che sia comunque assicurata la loro partecipazione; poiché tale finalità risulta soddisfatta anche qualora essi siano sempre stati informati sullo stato della procedura e vi abbiano in concreto partecipato attivamente con numerose istanze, pur non essendo stato nominato un loro rappresentante, deve escludersi che in tal caso siffatta omissione assuma decisivo rilievo [C. I 22.7.2011, n. 16115, GI 2012, 1079]. Nel caso di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore entro l’anno dalla morte non è obbligatoria, ai sensi dell’art. 10 l. fall., l’audizione dell’erede nella fase istruttoria anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che nessuno degli accertamenti rimessi al tribunale incide in modo immediato e diretto sulla sua posizione ovvero gli reca un pregiudizio eliminabile solo attraverso la partecipazione all’istruttoria prefallimentare, dovendosi ritenere l’audizione dell’erede necessaria solo quando anch’egli sia imprenditore commerciale o lo diventi in seguito alla prosecuzione dell’impresa ereditaria [C. I 21.3.2013, n. 7181; C. App. Messina 14.1.2021, n. 21, DeJure; C. App. Firenze 23.11.2020, n. 2147, DeJure]. Nel regime anteriore, nell’ipotesi di morte dell’imprenditore fallito, l’art. 12 l. fall. prevedeva che la procedura proseguisse nei confronti dell’erede o, se vi sono più eredi, nei confronti di quello designato come loro rappresentante; ma ove gli eredi abbiano nominato un estraneo affinché li rappresenti nella procedura fallimentare, in loro vece deve provvedere alla designazione il giudice delegato, ex ultima parte del comma 2 del citato art. 12, giacché il rappresentate deve essere uno degli eredi e in mancanza di unanime designazione da parte loro a tanto deve procedere il giudice delegato, nell’esercizio dei poteri conferitigli dall’art. 25 l. fall. [T. Roma 3.5.1996, GM 1996, 645].

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