[1] I debitori di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore, possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale.
[2] Fuori dai casi previsti dal comma 1, il concordato minore può essere proposto esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.
[3] La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi. La formazione delle classi è obbligatoria per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi. (1)
[4] Per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo in quanto compatibili.
(1) Comma così modificato dall’art. 12, comma 1, D.Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 42, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 147/2020.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La legittimazione - II. Il concordato in continuità - III. Il concordato liquidatorio - IV. La proposta - V. Le classi - VI. Le disposizioni compatibili.
I. La legittimazione
I.La legittimazione1 Ai sensi dell’art. 74 CCII tutti i debitori rientranti nella definizione di cui all’art. 2, c. 1, lett. c), con esclusione del consumatore - per il quale è previsto in via esclusiva l’accesso al piano di ristrutturazione dei debiti come alternativa alla liquidazione controllata - possono avere accesso ad una procedura di composizione concordata della crisi o dell’insolvenza denominata concordato minore, che, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa, si pone in linea di sostanziale continuità con l’accordo disciplinato dagli artt. 10 ss., l, n. 3/2012, sulla composizione della crisi da sovraindebitamento.
2 L’unica ipotesi nella quale il consumatore potrà accedere al concordato minore è quella del comma 1 dell’art. 66 CCII: di una procedura familiare in cui uno dei componenti rivesta la qualifica di professionista o di imprenditore. In tale ipotesi dovrà essere presentato un concordato minore per tutti i componenti della famiglia che intendono accedere alla procedura di composizione della crisi.
3 Alla luce della ricordata esclusione del consumatore dal novero dei soggetti legittimati ad accedere all’istituto, esso è destinato al professionista, al c.d. “imprenditore sotto soglia”, all’imprenditore agricolo, alle start-up innovative e - con una formula residuale e di chiusura - a «ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza».
4 Sarà quindi onere del debitore che voglia accedere al concordato minore dimostrare la sussistenza dei requisiti che ne legittimano l’accesso, e quindi, alternativamente: il mancato superamento di alcuna delle soglie previste dall’art. 2, c. 1, lett. d) relative all’attivo patrimoniale, ai ricavi e ai debiti; l’inquadramento dell’attività come agricola ai sensi dell’art. 2135 c.c.; la sussistenza al momento della domanda di concordato dei caratteri della start-up innovativa ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012.
5 Al concordato minore deve ritenersi applicabile, in quanto compatibile, la norma di cui all’art. 33, c. 4, CCII, in forza della quale la domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo presentata dall’imprenditore cancellato dal registro delle imprese è inammissibile.
6 In forza del comma 4 dell’art. 79 CCII, salvo patto contrario, gli effetti del concordato minore si producono anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili delle società di persone. In tutti i casi in cui il socio abbia maturato solo debiti sociali e non anche debiti personali di particolare rilevanza non avrà quindi bisogno di ricorrere ad alcuna procedura autonoma, potendo egli beneficiare degli effetti del concordato minore concluso dalla società: la procedura lo libera dai debiti sociali, mentre continuerà a rispondere ex art. 2740 c.c. verso suoi eventuali creditori particolari.
7 Con riferimento alla procedura autonoma esperibile dal socio, considerato che in base all’art. 74, c. 1, CCII, il consumatore non può presentare un concordato minore, l’aver ricompreso espressamente il socio illimitatamente responsabile di società assoggettabile a liquidazione giudiziale tra i consumatori per i debiti estranei a quelli sociali, dovrebbe, di conseguenza, escludere che il socio illimitatamente responsabile possa presentare un concordato minore. Interpretazione che limiterebbe il principio di legge delega di cui all’art. 9, c. 1, lett. a), l.d. n. 155/2017 (“comprendere nella procedura i soci illimitatamente responsabili”). Una corretta chiave interpretativa può forse rinvenirsi nella considerazione che l’art. 74, c. 1, CCII si riferisce al socio illimitatamente responsabile che non sia anche un professionista o un imprenditore minore o agricolo, potendo altrimenti egli proporre ai suoi creditori personali, in alternativa, un piano di ristrutturazione del consumatore ovvero un concordato minore in continuità o liquidatorio.
8 Effetti estensivi del concordato la cui entrata in vigore è stata anticipata con la legge di conversione 18.12.2020, n. 176 del d.l. 28.10.2020, n. 137 (c.d. decreto Ristori) che ha inserito tale norma nell’impianto della l. 3/2012, con l’introduzione all’art. 7 del comma 2-ter in forza del quale: “L’accordo di composizione della crisi della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.
II. Il concordato in continuità
II.Il concordato in continuità1 Il presupposto oggettivo d’acceso è rappresentato, in primo luogo, dalla possibilità di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale. In mancanza di ulteriori specificazioni è necessario interpretare il concetto di continuità contenuto nell’art. 74, c. 1, CCII alla luce del richiamo alle norme del concordato preventivo, in quanto compatibili. Nell’art. 74 CCII, a differenza di quanto previsto nell’art. 84 CCII il riferimento è solo alla “prosecuzione” non prevedendosi invece, come nel concordato preventivo, anche la “ripresa” dell’attività. Interpretazione letterale che appare però contraria al favor che il legislatore manifesta per qualsiasi forma di continuità, preservata o ripresa che sia.
2 Deve ritenersi che la continuità dell’art. 74 CCII ricomprenda, al pari di quanto previsto dall’art. 84 CCII, sia la continuità diretta che quella indiretta. La identica ratio di salvaguardia dell’azienda consente di applicare al concordato minore l’art. 84 CCII anche nella parte in cui determina l’ampliamento dell’ambito di applicazione del concordato con continuità aziendale indiretta, caratterizzato dalla prosecuzione dell’attività in capo ad un altro imprenditore in forza di cessione o conferimento d’azienda. Concordato che può ora essere preceduto da affitto, stipulato anche anteriormente purché in funzione della presentazione del ricorso. Continuità indiretta che potrà naturalmente riguardare soltanto la proposta depositata dall’“imprenditore minore” dalla start-up innovativa e dall’imprenditore agricolo, non essendo ipotizzabile una continuità indiretta per l’attività del professionista, stante il carattere personale della prestazione, che non potrebbe essere proseguita da soggetti diversi dal debitore.
3 Medesime considerazioni valgono per tutte le norme che tendono a favorire la continuità aziendale a partire dall’eliminazione della regola della prevalenza della soddisfazione dei creditori dal ricavato della continuità. Con la conseguenza che il debitore potrà proporre un concordato minore in continuità ai sensi del comma 1 purché il piano preveda la prosecuzione, anche residuale, dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta, senza alcuna menzione, neppure, al mantenimento di una certa quota di lavoratori, essendo stata, tale rigida prescrizione, commutata nel generico riferimento al fatto che la continuità aziendale tutela l’interesse dei creditori e preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro.
4 Ulteriore norma di favore, applicabile anche al concordato minore, si rinviene nella regola di distribuzione contenuta nel comma 6 dell’art. 84 CCII che detta due principi distinti da osservare nella ripartizione dell’attivo concordatario e che dipendono dalla natura delle risorse distribuite. Il valore di liquidazione dell’impresa è distribuito nel pieno rispetto delle cause legittime di prelazione e cioè secondo la regola della priorità assoluta (che impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore) mentre il valore ricavato dalla prosecuzione dell’impresa, il c.d. plusvalore da continuità, può essere distribuito osservando il criterio della priorità relativa (secondo il quale è sufficiente che i crediti di una classe siano pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore). La norma impone comunque di applicare ai lavoratori la regola della priorità assoluta, sia sul valore di liquidazione che sul valore di continuità e fa salvi i diritti pensionistici garantiti dall’art. 2116 c.c., in attuazione dell’art. 1, par. 6 della direttiva. Interpretazione che trova un solido appiglio testuale nell’art. 78, c. 2-bis, lett. b), CCII, che prevede la nomina del commissario giudiziale anche nell’ipotesi in cui è proposta domanda di concordato in continuità aziendale, con omologazione da pronunciarsi ai sensi dell’art. 112, c. 2, CCII.
5 Nel concordato minore non vi è una norma equivalente all’art. 87 CCII che, per il concordato preventivo, elenca il contenuto necessario del piano. Se appare evidente la scelta del legislatore di non gravare il debitore di eccessivi oneri formali, scelta giustificata dall’estrema varietà dei soggetti che possono accedere al concordato minore (professionisti; imprenditore minore, imprese agricole, le start-up innovative…), non può non considerarsi che il piano debba comunque individuare in maniera chiara i costi ed i ricavi determinati dalla prosecuzione dell’attività, le risorse finanziarie necessarie e le relative modalità di copertura, in analogia a quanto previsto dall’art. 87, c. 1, CCII. Deve quindi ritenersi che l’art. 87, c. 1, CCII si applichi anche al concordato minore, compatibilmente alle caratteristiche ed alle dimensioni economiche dell’attività esercitata dal debitore sovraindebitato. Interpretazione che appare necessaria alla luce della funzione essenziale che il piano assolve in ogni procedura concorsuale e quindi anche nel concordato minore: quella di illustrare ai creditori la situazione esistente, le cause del sovraindebitamento, le misure necessarie al superamento della crisi.
III. Il concordato liquidatorio
III.Il concordato liquidatorio1 Non diversamente da quanto previsto per il concordato preventivo ed in ossequio a quanto disposto dall’art. 9, c. 1, lett. b), l. n. 155/2017, la norma privilegia le proposte di concordato che poggino sulla prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, sicché costituisce requisito di ammissibilità del concordato minore che presenti un piano non in continuità l’apporto di apprezzabili risorse esterne, che consentano un grado di soddisfacimento dei creditori maggiore di quello assicurato dall’impiego del patrimonio esistente. Con riferimento al concordato minore con assunzione sarà quindi necessario valutare se il piano preveda o meno la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale.
2 Il nuovo art. 84 CCII prevede espressamente la possibilità che il concordato preventivo possa realizzarsi attraverso l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma. Il fatto che l’art. 74 CCII enunci soltanto il concordato con continuità e quello liquidatorio non esclude la possibilità che il debitore ricorra ad altre tipologie di concordato, prima tra tutte quella con assunzione. È quindi ammissibile la proposta di concordato minore che preveda l’acquisizione dell’attivo in capo ad un soggetto terzo, quale assuntore - valutata la sua solvibilità e capacità finanziaria - per cui una volta eseguite le obbligazioni convenute da parte dell’assuntore ed effettuati i pagamenti, lo stesso subentrerà nella titolarità dei beni del debitore, previo specifico provvedimento giudiziale e liberazione di detti cespiti dagli eventuali vincoli a quel momento ancora esistenti. Ove il trasferimento dell’attivo comporti la prosecuzione dell’attività alla proposta si applicherà la disciplina del comma 1, altrimenti quella prevista per il concordato liquidatorio.
3 Quanto al concordato minore con piano liquidatorio, come si legge nella relazione illustrativa, diversamente da quanto previsto per il concordato preventivo ed in considerazione della maggiore semplicità della procedura e della tipologia dei debitori che possono farvi ricorso, non si è ritenuto, in questo caso, di quantificare l’incidenza dell’apporto esterno sulla misura del soddisfacimento dei creditori, lasciando tale valutazione al prudente apprezzamento del giudice. L’ulteriore modifica dell’art. 84 CCII rende oramai incompatibile la norma di cui al comma 4 dato che nel concordato preventivo con liquidazione del patrimonio la proposta deve ora prevedere un apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10% l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda. Modifica che evidenzia la disomogeneità dei termini di paragone delle due norme in quanto ad un incremento dell’attivo del 10% potrebbe non corrispondere (ed anzi quasi sempre non corrisponderà) un uguale aumento percentuale della soddisfazione dei creditori.
4 La formulazione della norma, con il riferimento alle risorse esterne che “aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori” appare foriera di interpretazioni assai difformi tra loro, che rischiano di aprire il campo ad una giustizia del caso concreto che facilmente potrebbe scivolare nell’arbitrio. Salvo ritenere che la percentuale del 10% sia per il legislatore la soglia minima di rilevanza e/o apprezzabilità di ogni apporto esterno che incrementi il patrimonio del debitore e/o aumenti la soddisfazione dei creditori. Interpretazione che trova un valido appiglio testuale nella disciplina dell’esdebitazione del sovraindebitato, ed in particolare nell’art. 283, nella norma che consente al debitore, persona fisica, di accedere al beneficio dell’esdebitazione, «fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento».
5 In ogni caso va rilevato che il tenore letterale dell’art. 74, c. 2, CCII, condizionando l’ipotesi liquidatoria all’apporto di risorse esterne «che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori», non opera alcuna distinzione tra chirografari e privilegiati, di talché il miglioramento apprezzabile della soddisfazione deve riguardare tutti i creditori e quindi anche i privilegiati, con riferimento, naturalmente alla quota degradata per incapienza.
6 Devono considerarsi risorse esterne anche gli apporti dei soci a vantaggio dei creditori, senza corrispettivo, come espressamente previsto per il concordato preventivo dall’art. 84, c. 4, CCII. L’applicazione della norma di cui all’art. 84, c. 4, CCII determina la possibilità di escludere dalla responsabilità di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c. una parte del patrimonio dei soci illimitatamente responsabili dal concordato della società di persone.
IV. La proposta
IV.La proposta1 Il concordato minore in continuità deve prevedere il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata.
2 L’art. 74, c. 3, CCII, a proposito della proposta che caratterizza tale procedura, parla di “contenuto libero” potendo anche prevedere il soddisfacimento dei crediti in qualsiasi forma. La proposta può prevedere il soddisfacimento dei crediti, anche parziale, in qualsiasi forma, e quindi non necessariamente in denaro, seppure con modalità che consentano di rispettare l’ordine delle cause di prelazione, e la suddivisione dei creditori in classi, con i dovuti adattamenti resi necessari dalla maggiore semplicità e snellezza del procedimento.
3 Il riferimento alla possibilità del soddisfacimento, anche parziale, dei crediti (“può prevedere”), richiama evidentemente la possibilità che la proposta possa avere un contenuto anche meramente dilatorio. A tal proposito va notato come il CCII non dispone più, a differenza della precedente l. n. 3/2012 (art. 7), che il contenuto del piano preveda il pagamento integrale dei crediti impignorabili. Medesima sorte ha subito la norma che disponeva l’intangibilità quantitativa dei crediti per tributi ritenuti propri dell’Unione: i.v.a. e ritenute non versate.
4 Ferma l’espressa previsione relativa ai crediti privilegiati, l’unico limite sembra quindi rappresentato dalla previsione di un soddisfacimento, anche diverso dal pagamento, dei crediti; non pare al contrario ammissibile una soddisfazione dei soli “creditori”, che non preveda quella dei crediti, come invece previsto dall’art. 84, c. 3, CCII in tema di concordato preventivo con continuità.
5 Soddisfazione sia pure parziale che però deve riguardare tutti i crediti. Soluzione che pare discendere oltre che da valutazioni di ordine sistematico anche dal tenore letterale della norma che sembra consentire soltanto una ristrutturazione ma non di certo la remissione dei debiti.
6 Con riferimento all’eventuale soglia minima di tale soddisfacimento, il richiamo di compatibilità alle disposizioni dettate in tema di concordato preventivo non consente una soluzione diretta di tale problematica. E ciò in quanto il concordato preventivo prevede un duplice regime: la soddisfazione anche dei soli creditori nella continuità, il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare dei crediti chirografari nel concordato liquidatorio. Al più possono ritenersi applicabili al concordato minore i principi giurisprudenziali formatisi nella vigenza della l. fall. ante riforma del 2015, alla luce della decisione delle sezioni unite della C. n. 1521/2013. Deve quindi ritenersi che una valutazione di ammissibilità della proposta, avuto riguardo alla validità della causa, può condurre ad un esito negativo solo ove non sia prevista alcuna soddisfazione per i crediti, nella sola ipotesi cioè in cui una sola parte (il debitore) riceve e l’altra, sola (i creditori), sopporta un sacrificio, unica essendo l’attribuzione patrimoniale. Il concetto di soddisfazione dei crediti e quindi di necessaria non gratuità della prestazione offerta dal debitore deve essere assunto nel suo significato economico proprio di attribuzione patrimoniale.
7 In forza del rinvio alla disciplina del concordato preventivo operato dall’art. 74, co. 4, CCII, risulta sicuramente applicabile l’art. 88 CCII sul trattamento dei crediti tributari e contributivi. Sempre con riferimento ai crediti fiscali, in forza dell’art. 1, c. 245, l. n. 197/2022 possono essere compresi nella definizione agevolata di cui al comma 231 anche i debiti risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nel concordato minore con la possibilità di effettuare il pagamento del debito, anche falcidiato, “con le modalità e nei tempi eventualmente previsti nel decreto (rectius sentenza) di omologazione”. Con il che ne deriva che il debitore contribuente, avendo diritto ad accedere alla definizione agevolata, ove lo ritenga più conveniente, può limitarsi a tale strumento di definizione del debito fiscale alternativo alla transazione fiscale. Oppure utilizzare entrambi i procedimenti. La Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) riguarda tutti i carichi affidati all’Agente della riscossione nel periodo ricompreso tra il 1.1.2000 e il 30.6.2022.
8 Nonostante la norma preveda che il pagamento del debito, anche falcidiato, possa avvenire con le modalità e nei tempi eventualmente previsti nella sentenza di omologazione è di tutta evidenza che i tempi non potranno che conformarsi a quelli indicati nella domanda del contribuente dato che in caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto. A tal proposito va rammentato che è prevista la possibilità di pagare l’importo dovuto a titolo di Definizione agevolata: in un’unica soluzione, entro il 31.7.2023; oppure, in un numero massimo di 18 rate (5 anni) consecutive, di cui le prime due con scadenza il 31 luglio e il 30.11.2023. Le restanti 16 rate, ripartite nei successivi 4 anni, andranno saldate entro il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024. La prima e la seconda rata saranno pari al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di Definizione agevolata, le restanti rate invece saranno, tra loro, di pari importo. Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2% annuo, a decorrere dal 1.8.2023.
9 Con il riferimento alle modalità previste nella sentenza di omologazione, la norma sembrerebbe aprire la possibilità, per il debitore che abbia presentato un’istanza per l’accesso alla procedura da sovraindebitamento, di poter anche falcidiare l’importo dovuto a seguito della definizione. Il che però parrebbe in contrasto con l’impianto della normativa fiscale e con la norma di cui all’art. 1, c. 248 secondo cui “Alle somme occorrenti per aderire alla definizione di cui al comma 231, che sono oggetto di procedura concorsuale nonché di tutte le procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e dal codice di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, si applica la disciplina dei crediti prededucibili”. E ciò in quanto la definizione del comma 248 sembrerebbe volutamente generica ed omnicomprensiva di tutti gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (art. 2, lett. m-bis, CCII) facendo riferimento sia alle procedure concorsuali che alle procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa. Inoltre, una diversa interpretazione esporrebbe la norma ad un evidente profilo di incostituzionalità dato che l’identità funzionale e l’affinità strutturale tra le due forme di soluzione della crisi d’impresa (concordato minore e concordato preventivo) non consente l’applicazione di una differente regime, pena la sussistenza di una ingiustificata disparità di trattamento [cfr. C. Cost. 29.11.2019, n. 245].
10 Il debitore con l’ausilio dell’OCC dovrà quindi attentamente valutare i benefici dell’adesione alla definizione agevolata, comparando la convenienza di ridurre l’ammontare dei debiti privilegiati a fronte di un pagamento in prededuzione, di questi debiti, anche di somme che nella proposta sarebbero annoverate tra i crediti chirografari (come, ad esempio, l’aggio, neppure dovuto se l’attività di esazione viene iniziata dopo il deposito della domanda di concordato, con la conseguenza che in quest’ultima ipotesi si avrebbe la sopravvenienza di un credito prededucibile in luogo di un credito non dovuto).
11 Più in generale, con riferimento ai tempi del piano e della proposta deve scindersi l’ipotesi del professionista da quello dell’imprenditore minore. Per quest’ultimo varranno più o meno le stesse regole del concordato e quindi le tempistiche usuali di un piano di riorganizzazione aziendale. Limiti temporali che non paiono sussistere per il concordato del professionista, dove il limite sarà rappresentato dalla ragionevolezza della dilazione proposta ai creditori.
V. Le classi
V.Le classi1 La formazione delle classi è di norma facoltativa, a differenza di quanto previsto dall’art. 85, c. 3, CCII per il concordato preventivo con continuità aziendale.
2 Il decreto correttivo è intervenuto sull’art. 74 CCII prevedendo l’obbligatorietà della formazione delle classi per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi. Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa si tratta di una modifica diretta a colmare una lacuna della disciplina introdotta dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sul modello del concordato “maggiore”, sia pure attribuendo rilievo al solo caso in cui i creditori siano titolari di garanzie esterne. Ciò in considerazione della tendenziale minore portata della situazione di crisi o di insolvenza che danno origine alla procedura, sì da mantenere fermo l’obiettivo di riservare alla regolazione di queste crisi “minori” strumenti più semplici e snelli. In questo modo, peraltro, viene data attuazione alla prescrizione dell’art. 9, par. 4, dir. UE 2019/1023, ai sensi del quale gli Stati membri provvedono affinché le parti interessate siano trattate in classi distinte che rispecchiano una sufficiente comunanza di interessi e che “come minimo, i creditori che vantano crediti garantiti e non garantiti sono trattati in classi distinte ai fini dell’adozione del piano di ristrutturazione”. Modifica che dovrebbe quindi escludere l’applicazione delle altre ipotesi di classazione obbligatoria previste nell’art. 85 CCII.
3 Interpretazione che rischia però di vanificare gli obiettivi perseguiti con la formazione delle classi: quelli di rendere effettivo il diritto dei creditori a valutare la convenienza della proposta disponendo di informazioni adeguate e di garantire la trasparenza del meccanismo di formazione della maggioranza. Obiettivi che sarebbero vanificati ove, ad esempio, non si rendesse obbligatorio, anche nel concordato minore il classamento dei creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l’integrale pagamento, in ragione della evidente disomogeneità di interessi economici e posizione giuridica di questi rispetto al resto del ceto creditorio. Anche perché il loro classamento è funzionale a valutare, in sede di omologa, in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie, se tale l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all’art. 79, c. 1, CCII.
4 Si rileva la mancata riproduzione, nella norma, del divieto, nella previsione di trattamento stabilito per ciascuna classe, di alterazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione che invece si ritrova nel concordato preventivo (art. 85, c. 4, CCII, “fermo quanto previsto dall’articolo 84, commi 5, 6 e 7”), di talché l’autonomia nella determinazione delle classi non sarebbe limitata dal rispetto del principio dell’art. 2741 c.c. Assumendo tale ipotesi, ai creditori rimarrebbe unicamente la tutela in sede di omologazione, in quanto il creditore dissenziente potrebbe opporsi in base a ragioni di convenienza della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria.
VI. Le disposizioni compatibili
VI.Le disposizioni compatibili1 In forza del comma 4 dell’art. 74 CCII per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni che disciplinano il concordato preventivo in quanto compatibili.
2 Con riferimento alle disposizioni del capo terzo non si applica al concordato minore la norma di cui all’art. 87, c. 3, CCII che prevede l’obbligo del deposito di una relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano e, in caso di continuità aziendale, che il piano è atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale. Invero l’art. 65, c. 3, CCII prevede che la nomina dell’attestatore è sempre facoltativa e che i compiti propri del commissario e del liquidatore sono sempre svolti dall’OCC, l’organismo di composizione della crisi. La norma attribuisce quindi al debitore la facoltà di produrre l’attestazione di un terzo diverso dall’OCC, cui spetta, in ogni caso, il compito di fornire un quadro veritiero della situazione e della fattibilità del piano sotteso alla soluzione della crisi da sovraindebitamento. È facile ritenere che il debitore ben difficilmente riscontrerà l’utilità di coinvolgere un terzo professionista, il cui costo andrebbe a gravare sull’attivo della procedura, per un’attestazione non richiesta dalla legge.
3 Al concordato minore delle società, stante il favor che caratterizza tutta la disciplina del sovraindebitamento si applica sicuramente anche l’art. 89 CCII in forza del quale dalla data del deposito della domanda e sino all’omologazione non si applicano gli artt. 2446, c. 2 e 3, 2447, 2482-bis, c. 4, 5 e 6, e 2482-ter c.c. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, n. 4, e 2545-duodecies c.c.
4 Non paiono esservi dubbi sull’applicabilità al concordato minore della norma di cui all’art. 91 CCII in tema di offerte concorrenti. Tale normativa è finalizzata ad accrescere la contendibilità dei singoli beni dell’impresa in concordato o dell’azienda o di suoi rami, incoraggiando i terzi interessati a competere con gli offerenti individuati dal debitore, in modo da evitare i c.d. concordati preconfezionati in cui ai creditori non rimane altra alternativa che accogliere o respingere in blocco la proposta. Obiettivo del tutto compatibile con la disciplina del concordato minore.
5 Le evidenti ragioni di favor che permeano tutta la disciplina del sovraindebitamento, unitamente all’oggettiva compatibilità della corrispondente disposizione dettata in tema di concordato preventivo, militano a favore dell’applicabilità al concordato minore della normativa in tema di rapporti giuridici pendenti dettata dall’art. 97 CCII. Invero appare essenziale al buon fine della procedura consentire al debitore la facoltà di sciogliersi dai contratti in corso senza incorrere nei rigori e nelle conseguenze dell’inadempimento.
6 Pur in assenza di espressi ostacoli normativi, attesa la specialità del concordato minore e l’applicabilità delle disposizioni del capo III del presente titolo (soltanto) in quanto compatibili, non pare applicabile al concordato minore l’art. 90 CCII che accorda ai creditori, entro determinati limiti, la facoltà di presentare una proposta di concordato preventivo concorrente con quella del debitore. Il debitore conserva dunque la legittimazione in via esclusiva a presentare la domanda di concordato minore. Interpretazione che trova un preciso riscontro nella Relazione illustrativa al Codice (art. 74), in ragione della semplicità e snellezza del procedimento di concordato minore, che «non conosce l’istituto delle proposte concorrenti».
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. La legittimazione - II. La documentazione - III. La proposta.
I. La legittimazione
I.La legittimazione1 L’imprenditore individuale cessato che abbia maturato debiti d’impresa derivanti dalla pregressa attività imprenditoriale può accedere alla procedura del concordato minore liquidatorio di cui agli artt. 74 ss. CCII, in quanto debitore “non assoggettabile alla liquidazione giudiziale” ai sensi dell’art. 2, c. 1, lett. c), CCII [T. Napoli Nord 3.1.2023].
2 L’imprenditore individuale che ha cessato l’attività ed è stato cancellato dal registro delle imprese è legittimato a formulare una proposta di concordato minore ex art. 74 CCII, poiché il divieto di accesso a tale procedura, stabilito dall’art. 33, c. 4, CCII, si riferisce al solo imprenditore collettivo cancellato dal registro delle imprese [T. Ancona 11.1.2023].
3 L’imprenditore agricolo può accedere al concordato minore indipendentemente dai requisiti dimensionali ex art. 2, c. 1, lett. d), nn. 1), 2) e 3), richiamato dall’art. 77 CCII, che interessano solo le imprese commerciali, in quanto solo queste, se minori, possono accedere solo alle procedure di sovraindebitamento, ivi compreso il concordato minore [T. Messina 19.12.2022].
4 Il debitore-fideiussore, non è qualificabile come consumatore ove figuri fideiussore di società di capitali, debitrice principale, di cui ha rivestito la qualità di socio e di amministratore ed è quindi legittimato a richiedere l’accesso al concordato minore liquidatorio, non anche alla ristrutturazione dei debiti del consumatore [T. Trento 4.11.2022].
5 Può accedere all’accordo di composizione della crisi di cui alla l. n. 3/2012 l’ente morale di diritto pubblico che non abbia mai adottato forme privatistiche attraverso le quali perseguire le proprie finalità, che non eserciti attività di impresa commerciale e ove l’unica attività economica esercitata (peraltro in modo del tutto minoritario e servente rispetto alla più ampia finalità pubblicistica) sia da ricondurre a quella di carattere agricolo, pure essa notoriamente sottratta alle procedure concorsuali anche se svolta in forma di impresa, ex art. 2135 c.c., ed esplicitamente indicata dall’art. 7, c. 2-bis, della citata legge [T. Ravenna 15.2.2016].
6 Anche con riferimento agli IPAB, di cui al d.lgs. n. 207/2011, è stato affermato che il piano di risanamento può coincidere con quello previsto da una delle procedure previste dalla l. n. 3/2012 sul sovraindebitamento per la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano di cui agli artt. 7 ss., l. n. 3/2012 [T. Treviso 20.5.2015].
7 La legittimazione attiva alla proposizione dell’accordo di composizione della crisi spetta al debitore, col ministero di un rappresentante tecnico, con il deposito di un ricorso ex artt. 737 ss. c.p.c. Il principio di alternatività, desumibile dall’art. 14-ter, l. n. 3/2012, esclude l’ammissibilità di una domanda di apertura contestuale di due delle procedure previste dalla disciplina del sovraindebitamento, come l’accordo di composizione della crisi e la liquidazione del patrimonio [T. Massa Carrara 28.1.2016].
II. La documentazione
II.La documentazione1 L’imprenditore agricolo proponente ai sensi della l. n. 3/2012 non è esonerato, per il solo fatto di non essere obbligato alla tenuta delle scritture contabili e alla redazione dei bilanci, dal deposito di documentazione che consenta di ricostruire compiutamente la sua situazione patrimoniale ed economica, ai sensi dell’art. 7, c. 2, lett. d), l. n. 3/2002, dovendo se del caso provvedere alla redazione ex novo di documenti riepilogativi a ciò finalizzati [T. Cremona 17.4.2014].
III. La proposta
III.La proposta1 La proposta di accordo deve prevedere i tempi e la misura del pagamento dei creditori concorsuali, ovvero il cui debito è sorto prima del deposito del ricorso; i creditori privilegiati vanno pagati per intero, essendo però possibile - secondo quella che ormai è una clausola generale degli istituti concordatari - pagare i privilegiati nei limiti della capienza del bene su cui insiste il privilegio laddove lo stesso Gestore della crisi attesti il verosimile valore di mercato del bene e quindi la misura del possibile soddisfacimento in privilegio del creditore [T. Ferrara 27.5.2022].
2 La normativa dettata per risolvere le crisi da sovra indebitamento non autorizza a ritenere che nel caso di accordo debba essere necessariamente devoluto ai creditori l’intero patrimonio del sovra indebitato [T. Bologna 22.5.2018].
3 La proposta che preveda il soddisfacimento di tutti i creditori concorsuali nella misura minima del 2,5%, è idonea a realizzare la causa concreta dell’accordo di composizione della crisi, realizza la funzione economica dell’istituto [T. Bergamo 31.3.2015].