[1] La sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale priva dalla sua data il debitore dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di apertura della liquidazione giudiziale.
[2] Sono compresi nella liquidazione giudiziale anche i beni che pervengono al debitore durante la procedura, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
[3] Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunziare ad acquisire i beni del debitore, compresi quelli che gli pervengono durante la procedura, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. I criteri generali - II. I diritti espropriabili - III. I beni sopravvenuti - IV. (Segue) A) l’acquisizione dell’impresa del debitore.
I. I criteri generali
I.I criteri generali1 La dichiarazione di liquidazione giudiziale dell’imprenditore genera come effetto immediato (e automatico) la perdita della disponibilità da parte del debitore di tutti i suoi beni - eccetto quelli personali - con il coevo trasferimento dei poteri di amministrazione del patrimonio al curatore.
2 Il rapporto fra dichiarazione di liquidazione giudiziale e quello che viene usualmente definito come “spossessamento” non esprime una relazione necessaria, come è dimostrato dal fatto che in altri Ordinamenti alle procedure di liquidazione giudiziale non si accompagna - sempre - la perdita di disponibilità e di gestione. Il clima di sfiducia che regna sul debitore e sulla sua capacità di assumere comportamenti allineati al bisogno di gestire le attività, non più in funzione della conduzione dell’impresa ma in funzione della liquidazione dei beni e soddisfazione dei creditori, rappresenta il fondamento per il quale ancor oggi al debitore è inibita, nell’immediatezza della dichiarazione di liquidazione giudiziale, la conservazione della titolarità dell’impresa.
3 Quando si adopera l’espressione titolarità non ci si vuole riferire alla proprietà dei beni ma al fatto che il debitore possa compiere atti di disposizione o anche solo di amministrazione. Non diversamente da quanto accade col pignoramento cui corrisponde un vincolo di indisponibilità sul bene senza che la proprietà venga perduta almeno sino al momento dell’aggiudicazione del bene ad un terzo, così pure nella liquidazione giudiziale i beni restano nella proprietà del debitore sino a quando non vengono liquidati in sede concorsuale ma, nel periodo compreso fra la dichiarazione di liquidazione giudiziale e la vendita, su quei beni il debitore non può compiere atti che siano efficaci rispetto ai creditori.
4 L’effetto dello spossessamento decorre dalla data del deposito in cancelleria della sentenza di apertura (art. 49 CCII), e dunque a prescindere dagli adempimenti pubblicitari previsti dall’art. 49 CCII. V’è pero che l’opponibilità degli effetti verso terzi va valutata alla luce del principio sancito dall’art. 49 CCII ove viene stabilito che «La sentenza produce i propri effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi, fermo quanto disposto agli articoli da 163 a 171, si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese». Questa disposizione muove dalla volontà di dare rilevanza alla buona fede dei terzi, evitando che gli stessi possano subire delle conseguenze prima che abbiano avuto notizia (legale) dell’apertura della procedura; si tende così a riproporre, anche in materia di opponibilità a terzi degli effetti della liquidazione giudiziale, l’applicazione del principio generale di cui all’art. 2193 c.c., sicché la liquidazione giudiziale, se non iscritta nel registro delle imprese, non può pregiudicare i diritti dei terzi, salva la prova che essi ne erano venuti comunque a conoscenza. Al contrario, l’iscrizione della sentenza rende la stessa opponibile erga omnes con una presunzione iuris et de iure, per cui non è ammesso invocarne l’ignoranza, né può trovare ulteriormente tutela il principio della buona fede.
5 Poiché lo spossessamento è previsto in funzione del soddisfacimento dei creditor, ha carattere temporaneo perché termina con la cessazione della procedura (oppure con la rinuncia all’acquisizione dei beni da parte del curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, ex art. 213 CCII). Pertanto, se la liquidazione giudiziale si chiude senza liquidazione, non avendo mai il debitore perduto la proprietà, non occorre alcun provvedimento che restituisca i beni al debitore.
II. I diritti espropriabili
II.I diritti espropriabili1 Fra i diritti espropriabili posti a disposizione del curatore si includono: (i) il diritto di marchio di cui era titolare debitore, seppure sia dubbio se tale diritto possa essere ceduto separatamente dalla ditta cui appartiene; (ii) il diritto di credito rappresentato in un assegno emesso (o girato) dal debitore e pagato dopo la liquidazione giudiziale dalla banca che ha l’obbligo di restituire alla procedura i fondi del debitore nella loro interezza; (iii) il diritto di credito riferito ad una cambiale tratta accettata dopo la liquidazione giudiziale, perché la provvista viene acquisita alla liquidazione giudiziale e l’eventuale pagamento della stessa non è opponibile alla massa (pur se è dubbio chi sia tenuto alla restituzione fra il solvens o l’accipiens); (iv) i diritti derivanti dall’intestazione fiduciaria di beni di terzi in capo al debitore, laddove si tratti di “fiducia romanistica”. Cfr. [F442].
2 Quanto alle polizze assicurative stipulate dal debitore, al curatore non spetta il diritto di pretendere quanto dovuto al debitore in relazione ad una polizza sulla vita da lui stipulata, quando vi sia il riscatto anticipato perché ciò snaturerebbe la funzione previdenziale dell’istituto (ciò in relazione alla ratio dell’art. 1923 c.c. e alla sua resistenza all’impatto con la liquidazione giudiziale); se l’intero rapporto negoziale relativo all’assicurazione sulla vita deve restare estraneo al concorso come dai più si reputa, è congruo ritenere poi che la procedura nulla possa vantare nei confronti dell’assicuratore e nei confronti del debitore. Cfr. [F443] [F444] [F445] [F446].
III. I beni sopravvenuti
III.I beni sopravvenuti1 L’art. 142 CCII nel prevedere che sono oggetto di spossessamento anche i beni che pervengono al debitore durante la liquidazione giudiziale non fa altro che recepire la regola generale di diritto comune di cui all’art. 2740 c.c. Nella liquidazione giudiziale lo spossessamento è automatico e, dunque, per effetto della liquidazione giudiziale tutti i beni del debitore, anche quelli che sopravvengono in corso di procedura, sono inclusi nell’attivo della liquidazione giudiziale, talché può emergere l’interesse del curatore ad evitare questa acquisizione perché i costi che gravano sui beni rendono antieconomica la loro acquisizione.
2 I beni che il debitore riceve durante la liquidazione giudiziale sono acquisiti alla procedura dal curatore previa deduzione delle passività necessarie alla loro acquisizione, cioè al netto dei costi che debbono essere “prededotti”. La circostanza che il debitore non perda in assoluto la capacità di essere titolare di rapporti giuridici spiega perché l’attivo possa essere incrementato con eredità e legati e con i proventi della sua attività lavorativa.
3 Dal momento che i beni sopravvenuti alla liquidazione giudiziale vengono acquisiti automaticamente, cioè senza bisogno di alcun provvedimento specifico di acquisizione, ne consegue che deve essere il curatore a farsi autorizzare dal comitato dei creditori (art. 142, c. 3, CCII) a rinunciare all’acquisizione qualora le passività da dedurre siano superiori al valore del bene. Ove così non fosse, mancherebbe, sebbene temporaneamente, il soggetto cui imputare la custodia; pertanto, tutti i beni appartenenti al debitore vengono acquisiti ex lege, ma la loro materiale apprensione può essere esclusa dalla scelta del curatore, con la conseguenza che nell’interregno, la responsabilità da custodia resta del curatore. Una volta “ripudiata” l’acquisizione, il bene torna nella disponibilità del debitore.
4 Pur se la legge non prevede alcun termine per l’eventuale rinunzia del curatore che può, quindi, essere formulata in qualsiasi momento, occorre considerare che in virtù del principio per il quale l’acquisizione è automatica, sin da subito maturano i costi di conservazione del bene, sì che il curatore deve valutare senza indugio quale scelta operare e cioè se rinunciare ad apprendere il bene. Sennonché, l’art. 142, c. 3, contiene una variante lessicale non priva di impatto, là dove stabilisce che “Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunziare ad acquisire i beni del debitore, compresi quelli che gli pervengono durante la procedura, qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.”.
5 La scelta del curatore di non acquisire i beni sopravvenuti non esprime una pura discrezionalità in quanto non si può decidere di non apprendere i beni qualora l’acquisizione sia conveniente per i creditori. Ne consegue, allora, che la scelta di acquisire o meno beni sopravvenuti vada assunta dopo che il curatore abbia svolto una valutazione comparativa tra costi e ricavi, dovendosi ricomprendere tra i primi gli oneri per l’acquisizione e la conservazione dei beni, che costituiscono debiti di massa, mentre i ricavi vanno identificati con il valore di presumibile realizzo dei beni stessi.
6 La mancata apprensione del bene, per coerenza, svincola i creditori dal divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive contro il debitore e dunque è possibile che si affianchi una esecuzione individuale a quella concorsuale; sul bene non acquisito dal curatore concorrono sia i creditori anteriori che quelli posteriori.
IV. (Segue) A) l’acquisizione dell’impresa del debitore
IV.(Segue) A) l’acquisizione dell’impresa del debitore1 L’esercizio di una attività d’impresa dipende da una condotta fattuale perché dipende dal compimento di atti d’impresa; non rileva, invece, il dato formale dell’iscrizione nel registro delle imprese. Questo spiega perché il debitore, durante la liquidazione giudiziale, può iniziare una nuova attività d’impresa. Questa nuova impresa va acquisita alla massa attiva, previa deduzione delle relative passività.
2 Il curatore può acquisire l’impresa del debitore e procedere alla liquidazione della stessa nonché al pagamento dei suoi creditori, o può acquisire la quota di pertinenza del debitore in società che eserciti attività di impresa, sempre sopportando gli oneri relativi. Ove l’impresa del debitore abbia un conto corrente presso una banca, la liquidazione giudiziale può apprendere l’equivalente di tutte le somme depositate su tale conto quali proventi dell’attività di impresa del debitore, e quindi beni sopravvenuti; la banca può però dedurre l’ammontare degli assegni tratti dall’impresa su tale conto, quali passività incontrate per la realizzazione del reddito. Cfr. [F447] [F448] [F450] [F451].
B) Frmule
B)FrmuleG.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n.: ………
Del: ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione………
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
***
ISTANZA DI AUTORIZZAZIONE ALL’ACQUISTO DA PARTE DEL DEBITORE DI BENE IMMOBILE IN NOME E PER CONTO DEL FIGLIO MINORE
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,
ESPONE
quanto segue.
- il debitore Sig………. è, congiuntamente alla Sig.ra ………, genitore esercente la potestà sul minore ………, come da stato di famiglia allegato (doc. n. 1);
- i coniugi ritengono opportuno acquistare l’immobile situato in ………; individuato dall’allegata visura catastale (doc. n. 2) in nome e per conto del loro suddetto figlio ………;
- la Sig.ra ……… si dichiara disponibile a pagare l’intero prezzo del sopracitato immobile, come da dichiarazione allegata (doc. n. 3);
- è stata richiesta dal debitore a questa curatela l’autorizzazione a compiere il sopraindicato acquisto (doc. n. 4).
Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto
FA ISTANZA
perché la S.V. voglia autorizzare il debitore ……… a procedere all’acquisto del sopracitato immobile sito in ………, congiuntamente al coniuge Sig.ra ……… ed esclusivamente con i fondi di quest’ultima, in nome e per conto di suo figlio minore ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Il curatore ………
Allegati:
1) copia stato di famiglia;
2) visura catastale;
3) dichiarazione del ………
4) racc. a.r. del ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n.: ………
Del: ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione………
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
***
ISTANZA PER ESSERE AUTORIZZATI AD ACQUISIRE BENI PRESSO TERZI
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,
ESPONE
quanto segue:
- in data [………], in occasione della redazione dell’inventario, il debitore [il legale rappresentante della società fallita] sig………. ha dichiarato (doc. n. 1) al sottoscritto curatore che un bene di proprietà dell’impresa e precisamente ………, si trova attualmente presso un terzo ………, a titolo precario;
- il suddetto terzo ………, interpellato dal curatore ha dichiarato di non vantare alcun diritto sul bene, sì che lo stesso può essere acquisito alla liquidazione giudiziale (doc. n. 2);
Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto
FA ISTANZA
perché la S.V. voglia autorizzare il curatore ad inventariare ed acquisire il seguente bene ………, attualmente nella disponibilità del terzo ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Il curatore ………
Allegati:
1. verbale d’inventario con la dichiarazione del sig……….;
2. dichiarazione resa dal terzo ………, in data [………]
IL GIUDICE DELEGATO
Vista l’istanza con la quale il curatore chiede di essere autorizzato ad inventariare ed acquisire il bene ………, attualmente nella disponibilità a titolo precario del terzo ………;
rilevato che il terzo non ha manifestato alcuna opposizione alla acquisizione (cfr., C. 14.7.1997, n. 6353; C. 2.9.1996, n. 8004);
visti gli artt. 123 e 142 CCII
AUTORIZZA
il curatore ad acquisire il bene di cui alla istanza mediante formazione di supplemento d’inventario.
Luogo, data ………
Il Giudice delegato ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n.: ………
Del: ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione………
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
***
ISTANZA PER ESSERE AUTORIZZATI AD AGIRE PER RECUPERARE BENI PRESSO TERZI
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,
ESPONE
quanto segue:
- in data [………], in occasione della redazione dell’inventario, il debitore [il legale rappresentante della società debitrice] sig………. ha dichiarato (doc. n. 1) al sottoscritto curatore che un bene di proprietà dell’impresa debitrice e precisamente ………, si trova attualmente presso un terzo ………, a titolo precario;
- il suddetto terzo ………, interpellato dal curatore ha dichiarato di non voler acconsentire alla riconsegna del bene, assumendo di vantare diritti non bene precisati (doc. n. 2);
- occorre pertanto procedere giudizialmente per ottenere in via forzata la riconsegna del bene;
Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto
FA ISTANZA
perché la S.V. voglia autorizzare il curatore ad agire in giudizio per acquisire il seguente bene ………, attualmente nella disponibilità del terzo ………
Con osservanza
Luogo, data ………
Il curatore ………
Allegati:
1) verbale d’inventario con la dichiarazione del sig……….;
2) dichiarazione resa dal terzo ………, in data [………]
IL GIUDICE DELEGATO
Vista l’istanza con la quale il curatore chiede di essere autorizzato ad inventariare ed acquisire il bene ………, attualmente nella disponibilità a titolo precario del terzo ………;
rilevato che il terzo ha manifestato opposizione alla acquisizione in guisa che non appare legittimo procedere mediante l’emissione del decreto di cui all’art. 123 CCII (cfr., C. 14.7.1997, n. 6353; C. 2.9.1996, n. 8004);
ritenuta quindi la necessità di esperire da parte del curatore le ordinarie azioni petitorie e le connesse azioni cautelari (C. 6.10.1988, n. 5408);
visti gli artt. 123, 128 e 142 CCII
AUTORIZZA
il curatore ad agire in giudizio per ottenere la riconsegna del bene di cui alla istanza, sia in via petitoria che in via cautelare
Luogo, data ………
Il Giudice delegato ………
Spett.le
Banca ………
Filiale di ………
Scrivo la presente in qualità di curatore della liquidazione giudiziale ………, dichiarata con sentenza ………, del [………] del Tribunale di ……… che Vi allego in copia.
A quanto risulta a questa curatela, il debitore Sig………. avrebbe avviato dopo la liquidazione giudiziale un’attività di impresa individuale; tale impresa avrebbe aperto un conto corrente presso la Vostra filiale di ………
Atteso che in forza dell’art. 142 CCII i beni sopravvenuti nel patrimonio del debitore, dedotte le passività incontrate per ottenerli, sono acquisiti al liquidazione giudiziale (ricordo che per C. 16.5.1997, n. 4345, «quando il debitore, dopo l’apertura della procedura concorsuale, instauri un rapporto di conto corrente bancario senza fido con una banca, i versamenti su di esso eseguiti devono essere integralmente restituiti al curatore salvo che le operazioni compiute sul conto corrispondano ai movimenti finanziari di una nuova impresa di cui il debitore sia titolare, nel qual caso la banca dovrà restituire soltanto il saldo attivo risultante dalla differenza tra i versamenti ricevuti e i pagamenti effettuati in funzione di passività affrontate per la gestione dell’impresa»), con la presente Vi invito a trasferire entro ……… giorni dal ricevimento della presente sul conto corrente della procedura n………., presso la banca ………, Agenzia ………, un ammontare pari a tutte le somme che siano state depositate o comunque affluite presso la Vostra banca sul c/c intestato al debitore, detratto l’importo di tutti i pagamenti effettuati a terzi e tratti sul medesimo conto che possano qualificarsi come pagamenti effettuati dal debitore per svolgere la sua attività di impresa.
In difetto chiederò al Giudice delegato l’autorizzazione ad agire in giudizio per la restituzione delle somme.
Luogo, data ………
Il curatore ………
Spett.le
Banca ………
Filiale di ………
Scrivo la presente in qualità di curatore della liquidazione giudiziale ………, dichiarata con sentenza ………, del [………] del Tribunale di ……… che Vi allego in copia.
A quanto risulta a questa curatela, il debitore Sig………. avrebbe aperto un conto corrente presso la Vostra filiale di ………
Atteso che in forza dell’art. 142 CCII i beni sopravvenuti nel patrimonio del debitore sono acquisiti alla massa dei creditori e che fra tali beni debbono essere ricomprese anche tutte le somme versate su conto corrente del debitore aperto in pendenza della liquidazione giudiziale, gli importi affluiti a qualunque titolo sul c/c n………. della Filiale di ……… intestato al debitore debbono automaticamente intendersi acquisiti alla massa, ai sensi dell’art. 42, c. 2, l. fall. (cfr., C. 22.9.1995, n. 10056; C. 9.7.1994, n. 6517; C. 7.8.1993, n. 8567).
Con la presente Vi invito a trasferire entro ……… giorni dal ricevimento della presente sul conto corrente della procedura n………., presso la banca ………, Agenzia ………, un ammontare pari a tutte le somme che siano state depositate o comunque affluite presso la Vostra banca sul c/c intestato al debitore, senza deduzione dell’ammontare dei pagamenti che la stessa su ordine del debitore possa avere eseguito a favore di terzi (salva la prova che i pagamenti effettuati dal debitore a mezzo assegni tratti sul conto corrente costituissero costi sostenuti per realizzare il reddito confluito sul conto).
In difetto chiederò al Giudice delegato l’autorizzazione ad agire in giudizio per la restituzione delle somme.
Luogo, data ………
Il curatore ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n.: ………
Del: ………
ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE ALL’ACQUISTO DI EREDITÀ DEL DEBITORE
Al Comitato dei creditori
………
………
………
il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,
ESPONE
quanto segue:
- il debitore Sig………. è figlio del Sig………. (vedi stato di famiglia allegato, doc. n. 1), deceduto in data [………] come da allegato certificato di morte (doc. n. 2);
- che il de cuius risulta essere morto ab intestato in quanto nessuna comunicazione è pervenuta al debitore Sig………. in ordine all’esistenza di un testamento;
- non è noto allo stato se vi siano attività nel patrimonio del defunto;
quindi si ritiene opportuno che la liquidazione giudiziale accetti l’eredità con beneficio di inventario;
Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto
CHIEDE
Che le SS.VV. vogliano autorizzare il curatore ad accettare la sopracitata eredità del Sig………. con beneficio di inventario.
Luogo, data ………
Il curatore ………
Allegati:
1) copia stato di famiglia;
2) certificato di morte del sig……….
G.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n.: ………
Del: ………
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione………
***
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
***
ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE ALL’IMPUGNAZIONE DEL TESTAMENTO DEL PADRE DEL DEBITORE
Ill.mo Signor Giudice Delegato,
il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,
ESPONE
quanto segue:
- il padre del debitore Sig………. è deceduto in data [………], come da certificato di morte allegato (doc. n. 1);
- il Sig………. possedeva un bene immobile, come risulta dalla allegata visura catastale (doc. n. 2);
- la moglie del Sig………. e madre del debitore Sig.ra ……… ha esibito un testamento (prodotto in copia, all. n. 3) di data posteriore alla liquidazione giudiziale dal quale risulterebbe esserle stata lasciata l’intera quota disponibile dell’eredità;
- la sottoscrizione apposta a tale testamento è notevolmente differente alla sottoscrizione del Sig………. sui contratti di fideiussione e di società a disposizione della curatela (allegati, doc. n. 4);
- vi è dunque fondato motivo di ritenere che il debitore e il suo genitore superstite abbiano creato un falso testamento allo scopo di sottrarre la quota disponibile dei beni ereditari alla liquidazione giudiziale
Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto
FA ISTANZA
perché la S.V. voglia autorizzare il curatore a impugnare il testamento in sede giudiziaria per ottenere il riconoscimento della sua nullità e l’attribuzione alla liquidazione giudiziale della porzione di quota disponibile dell’eredità spettante al debitore.
Con osservanza
Luogo, data ………
Il curatore ………
Allegati:
1) copia certificato di morte;
2) visura catastale;
3) copia del testamento;
4) specimen della sottoscrizione del Sig……….
G.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n.: ………
Del: ………
ISTANZA PER AUTORIZZAZIONE ALLA RINUNCIA ALLA ACQUISIZIONE DI BENI SOPRAVVENUTI
Al Comitato dei creditori
………
………
………
il sottoscritto ………, curatore della liquidazione giudiziale in epigrafe,
ESPONE
quanto segue:
il debitore Sig………. ha partecipato ad un concorso a premi organizzato dalla società ………;
All’esito della estrazione dei premi, il debitore è risultato aggiudicatario di ………
I costi di conservazione di tale bene appaiono di gran lunga superiori al valore di liquidazione del cespite, sì che l’acquisizione all’attivo concorsuale appare antieconomica.
Tutto ciò premesso ed esposto, il sottoscritto
CHIEDE
Che le SS.VV. vogliano autorizzare il curatore a rinunciare alla acquisizione del bene ………
Luogo, data ………
Il curatore ………
Allegati:
1) ………
2) ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. La perdita della disponibilità dei beni e dei diritti - II. L’oggetto dello spossessamento - III. (Segue) A) lo spossamento nello specifico - IV. I diritti ed i rapporti esclusi dallo spossessamento (cenni) - V. Lo svolgimento dell’attività di impresa - VI. Il lascito ereditario.
I. La perdita della disponibilità dei beni e dei diritti
I.La perdita della disponibilità dei beni e dei diritti1 La data della dichiarazione di fallimento, quale dies a quo del verificarsi dello spossessamento del fallito e dell’inefficacia degli atti da lui compiuti ovvero dei pagamenti da lui effettuati o ricevuti, si identifica nel giorno in cui la sentenza dichiarativa di fallimento è depositata in cancelleria, mentre restano irrilevanti, al fine indicato, gli ulteriori adempimenti pubblicitari rescritti all’art. 17 l. fall., così come ogni indagine sulla concreta conoscenza del fallimento da parte dei destinatari di quegli atti, ovvero sull’idoneità o meno di questi ultimi ad arrecare pregiudizio alla massa [C. I 13.12.1988, n. 6777, Fall 1989, 505; T. Bari IV 10.6.2021, n. 2217, DeJure]. Posto che la legge fallimentare non prescrive l’annotazione sulla sentenza dichiarativa di fallimento dell’ora in cui è stata emessa, tale sentenza produce i suoi effetti dall’ora zero del giorno della sua pubblicazione. Di conseguenza dall’inizio di tale giorno il fallito è privato dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni (art. 42 l. fall.) e sono inefficaci nei confronti dei creditori concorsuali tutti gli atti da lui compiuti e i pagamenti da lui eseguiti o ricevuti [C. VI 27.2.2019, n. 5781, D&G 2019].
2 La privazione della disponibilità dei beni disposta dall’art. 42 l. fall., importando solo il venir meno del potere di disporre ed amministrare del fallito, che passa al curatore del fallimento, non comporta alcuno spossessamento “ope legis”, e non può riguardare il terzo che, prima della dichiarazione di fallimento, abbia cominciato ad esercitare su taluno dei beni un potere di fatto corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale, nel qual caso occorre che il curatore esperisca i rimedi offerti dalla legge per porre fine al possesso altrui e per recuperare il bene alla effettiva disponibilità degli organi fallimentari [C. III 10.11.2021, n. 33013; in senso conforme C. II 4.9.2015, n. 17605; C. II 23.4.1993, n. 4776, GC 1994, 2593].
3 Tutti gli atti compiuti dal fallito dopo il deposito della sentenza dichiarativa di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori indipendentemente dal compimento delle formalità previste dall’art. 17 l. fall. o dalla conoscenza della dichiarazione da parte dei terzi di buona fede, destinatari degli atti di disposizione del fallito [C. 7.7.1981, n. 4434, GComm 1982, 2, 637].
4 L’inizio della procedura fallimentare non produce effetti interruttivi automatici sui processi in corso in cui il fallito sia parte, atteso che la perdita della capacità processuale a seguito di dichiarazione di fallimento non si sottrae alla disciplina di cui all’art. 300 c.p.c., prevedente, a tal fine, la necessità della dichiarazione in giudizio dell’evento; in difetto di tale dichiarazione, il processo prosegue tra le parti originarie (almeno fino a quando non si costituisca il soggetto legittimato) e l’eventuale sentenza pronunciata nei confronti del fallito non è nulla, né “inutiliter data”, bensì soltanto inopponibile alla massa dei creditori, rispetto ai quali il giudizio in tal modo proseguito costituisce “res inter alios acta” [C. VI 21.8.2020, n. 17535; C. s.t. 24.7.2014, n. 16816] .
II. L’oggetto dello spossessamento
II.L’oggetto dello spossessamento1 La perdita della capacità processuale del fallito a seguito della dichiarazione di fallimento non è assoluta ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto - e per essa al curatore - è concesso eccepirla, con la conseguenza che se il curatore rimane inerte ed il fallito agisce per conto proprio, la controparte non è legittimata a proporre l’eccezione né il giudice può rilevare d’ufficio il difetto di capacità [C. II 5.5.2022, n. 14200; C. I 15.1.2016, n. 614; C. s.t. 13.3.2015, n. 5032].
2 La convenzione stipulata direttamente tra il fallito e un terzo in costanza di fallimento, ma all’infuori degli organi fallimentari, è bensì inefficace rispetto ai creditori concorsuali ma non rispetto al fallito e ben può essere fatta valere quando, per intervenuta chiusura del fallimento, sia cessata la destinazione dei beni al soddisfacimento dei creditori [C. 3.5.1979, n. 2549].
3 Qualora sia intervenuto un preliminare di vendita di immobile indiviso ed il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum inscindibile e non con riferimento alle singole quote facenti capo a ciascuno dei comproprietari, ove uno di costoro successivamente fallisca ed intervenga, poi, la dichiarazione di scioglimento del contratto da parte del curatore ex art. 72, c. 4, l. fall., resta preclusa al promissario compratore la possibilità di ottenere la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. nei confronti degli altri comproprietari promittenti venditori rimasti in bonis, sia pure limitatamente alle loro quote, poiché la dichiarazione di scioglimento del curatore determina il venir meno ab origine e con effetti retroattivi della volontà negoziale manifestata dal promittente fallito e, dunque, di un elemento essenziale della volontà negoziale unitaria manifestata dai promittenti, verificandosi, pertanto, una situazione simile a quella - che parimenti impedisce la pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c. - della inesistenza o invalidità originaria della manifestazione di volontà di uno dei soggetti integranti la parte complessa promissaria venditrice e, quindi, l’unitaria volontà di tale parte [C. II 20.6.2013, n. 15521; C. s.u. 14.4.1999, n. 239, CG 1999, 1107; in senso contrario C. s.u. 7.7.2004, n. 12505, GI 2005, 1191]. In tema di comodato di immobile per uso abitativo a tempo determinato, il fallimento del comodante dopo la stipula del contratto, ai sensi dell’art. 1809, c. 2, c.c., genera l’obbligo del comodatario di restituire il bene immediatamente al curatore, avuto riguardo alla sua necessità di procedere alla liquidazione del cespite libero da persone e cose, per il migliore soddisfacimento dei creditori concorsuali (principio enunciato dalla S.C. nell’interesse della legge) [C. I 31.10.2018, n. 27938, GCM 2018].
4 L’accertamento tributario in materia di IVA, ove inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore - in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento - ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla “definitività” dell’atto impositivo. Da ciò deriva che il fallito, nell’inerzia degli organi fallimentari - ravvisabile, ad es., nell’omesso esercizio, da parte del curatore, del diritto alla tutela giurisdizionale nei confronti dell’atto impositivo - è eccezionalmente abilitato ad esercitare egli stesso tale tutela alla luce dell’interpretazione sistematica del combinato disposto degli artt. 43 l. fall. e 16, d.P.R. n. 636/1972, conforme ai principi, costituzionalmente garantiti (art. 24, c. 1 e 2), del diritto alla tutela giurisdizionale ed alla difesa [C. s.t. 11.5.2017, n. 11618; in senso conforme C. s.u. 14.5.2002, n. 6937, AC 2003, 348]. In tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona fisica è ammissibile anche nel caso di intervenuto fallimento della persona giuridica, che determina il passaggio dei beni nella disponibilità della curatela, con conseguente impossibilità di ablazione attraverso il sequestro in via diretta nei confronti di detta persona giuridica [C. pen. III 26.2.2020, n. 14766, CP 2021, 314].
III. (Segue) A) lo spossamento nello specifico
III.(Segue) A) lo spossamento nello specifico1 La privazione della disponibilità dei beni disposta dall’art. 42, r.d. 16.3.1942, n. 267, importando solo il venir meno del potere di disporre ed amministrare del fallito, che passa al curatore del fallimento, non comporta alcuno spossessamento ope legis, e non può riguardare il terzo che, prima della dichiarazione di fallimento, abbia cominciato ad esercitare su taluno dei beni un potere di fatto corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale, nel qual caso occorre che il curatore esperisca i rimedi offerti dalla legge per porre fine al possesso altrui e per recuperare il bene alla effettiva disponibilità degli organi fallimentari [C. III 10.11.2021, n. 33013; C. II 23.4.1993, n. 4776, Fall 1993, 1118]. L’azione sociale di responsabilità ex art. 2476 c.c. assurge alla funzione di dedurre l’inadempimento degli amministratori agli obblighi derivanti dalla legge ovvero dallo statuto societario, relativi alle specifiche competenze e alla natura dell’incarico loro affidato. Essa mira pertanto a reintegrare il patrimonio sociale che dovesse risultare minato da tali inadempimenti, ovvero anche in termini di mancato guadagno. Tale azione può essere esercitata solo in seguito a deliberazione in tal senso da parte dell’assemblea. Ciò, naturalmente, fino all’eventuale fallimento della società: con la dichiarazione di fallimento, invero, la legittimazione all’esercizio dell’azione sociale passa direttamente al curatore ai sensi degli artt. 42 e 43 l. fall., secondo cui con la dichiarazione di fallimento la legittimazione sostanziale e processuale per l’esercizio e la tutela dei diritti del fallito - quindi della società verso terzi amministratori - spetta al curatore [T. Catania 29.11.2019, n. 4684, DeJure 2019].
2 L’acquisizione al fallimento di beni posseduti da terzi, i quali rivendichino la titolarità di un proprio diritto esclusivo incompatibile con la pretesa degli organi fallimentari, richiede l’esperimento da parte del curatore delle ordinarie azioni petitorie e delle connesse azioni cautelari, mentre esula dalle attribuzioni del giudice delegato e del tribunale fallimentare in sede di reclamo; ne consegue che ove quell’acquisizione sia disposta, anche a titolo meramente cautelare, con decreto di detto giudice fallimentare, il relativo provvedimento si sottrae al ricorso per cassazione a norma dell’art. 111 Cost., in quanto è affetto da giuridica inesistenza, per assoluta carenza di potere, denunciabile in ogni tempo o sede con azione di nullità [C. I 6.10.1988, n. 5408, Fall 1989, 271].
3 Gli alloggi acquistati secondo le leggi sull’edilizia popolare ed economica, compresi quella del 27.4.1962, n. 231 e il d.P.R. 17.1.1959, n. 2 sono soggetti ai procedimenti esecutivi, tra i quali quello fallimentare, entro i limiti di cui all’art. 60 t.u. approvato con r.d. 28.4.1938, n. 1165 [C. III 15.10.2015, n. 20885; C. III 14.3.2013, n. 6576; C. 17.12.1980, n. 6517, GComm 1981, 2, 385].
4 Il fallimento del traente, intervenuto prima dell’accettazione della tratta da parte del trattario, interrompe il processo formativo della delegazione di pagamento insita nell’emissione di una cambiale tratta, onde il pagamento eseguito dal trattario che non abbia accettato la tratta, non è riferibile al traente fallito. Il curatore del fallimento non ha, pertanto, a norma dell’art. 44 della legge sulla disciplina del fallimento, azione contro il portatore della tratta per la restituzione della somma da costui ricevuta dal trattario dopo la dichiarazione di fallimento, ma può soltanto agire contro il trattario per il recupero del credito del fallito [C. I 18.3.2005, n. 5987; C. App. Venezia 14.7.2020, n. 1823, DeJure]. La girata per lo sconto di una tratta non accettata esprime una delegazione passiva, e precisamente una “delegatio promittendi” del credito cambiario, con la conseguenza che il fallimento del traente, successivo allo sconto ed anteriore all’accettazione ed al pagamento da parte del trattario, impedisce il perfezionamento della delegazione e lascia acquisito alla massa del debito del traente nei confronti del trattario [C. I 22.6.1994, n. 5963, Fall 1995, 155].
5 Il pegno costituito da un terzo a favore del creditore non può essere fatto valere da quest’ultimo nel fallimento del debitore come causa di prelazione relativa al credito verso il debitore stesso [C. I 14.3.2022, n. 8121; C. I 25.5.2004, n. 10012, GIUS 2004, 3780].
6 Il curatore fallimentare del promittente venditore può scegliere, ai sensi dell’art. 72, c. 4, l. fall., fra l’esecuzione e lo scioglimento del preliminare di vendita, anche quando il fallimento intervenga dopo il pagamento del prezzo pattuito per il contratto definitivo o dopo l’offerta reale di esso, da parte del promittente compratore, e dopo la proposizione, e relativa trascrizione, da parte di questi, della domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. [C. I 29.3.1989, n. 1487, DFSC 1989, 2, 1096].
7 Le somme dovute dall’assicuratore in forza di assicurazione sulla vita (le quali, a mente del comma 1 dell’art. 1923 c.c., “non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare”) vanno escluse dall’attivo fallimentare, ex art. 46, n. 5, l. fall., soltanto se esse costituiscano l’oggetto del contratto in relazione alla funzione tipica di quest’ultimo, riferita al momento della naturale cessazione del rapporto. Ne consegue che, essendo la fattispecie contrattuale dell’assicurazione sulla vita funzionale al conseguimento dello scopo di previdenza (“rectius”, del risparmio finalizzato alla previdenza), tale finalità può dirsi raggiunta soltanto nel caso in cui il contratto abbia raggiunto il suo scopo tipico (quello, cioè, della reintegrazione del danno, provocato dall’evento morte e/o sopravvivenza, attraverso la prestazione dell’assicuratore preventivamente stimata idonea a soddisfare l’interesse leso da tale evento), e non anche in quello in cui l’assicurato, mercé l’esercizio del diritto di recesso “ad nutum”, recuperi al suo patrimonio somme che, pur realizzando lo scopo di “risparmio”, non integrano altresì gli estremi della funzione “previdenziale”, e che, pertanto, vanno del tutto legittimamente acquisite all’attivo fallimentare [C. I 6.2.2015, n. 2256]. Le somme versate a titolo di indennità di assicurazione sulla vita sono acquisite all’attivo del fallimento dell’accipiens in quanto l’art. 1923 c.c. sancisce l’impignorabilità delle somme dovute dall’assicuratore, ma non di quelle, sicché tale disposizione - indipendentemente dall’inclusione delle somme dovute dall’assicuratore tra i beni non compresi nel fallimento ai sensi dell’art. 46, n. 5, r.d. 16.3.1942, n. 267 - non può giustificare una separazione di quanto il beneficiato abbia percepito e confuso nel suo patrimonio, esaurendo la funzione previdenziale del contratto di assicurazione; tale principio non è derogato dal fatto che l’accipiens sia minore ed erede del contraente della polizza in quanto l’indennità assicurativa predetta è percepita iure proprio e non in forza di successione ereditaria [C. I 3.12.1988, n. 6548, Fall 1989, 371]. È acquisibile alla massa attiva del fallimento - non rientrando fra i beni e diritti di natura strettamente personale, di cui all’art. 46, n. 1, l. fall. - l’indennità assicurativa corrisposta al fallito in relazione ad un infortunio lesivo dell’integrità personale, intesa a ristorare (nella specie, alla luce delle previsioni contrattuali e dei criteri di liquidazione concretamente adottati dalla commissione arbitrale), non il danno biologico o il danno morale, ma il solo danno patrimoniale in senso stretto, conseguente alle lesioni subite in termini di perdita e di mancato guadagno [C. I 22.7.2005, n. 15493, Fall 2006, 351]. In tema di assicurazione della responsabilità civile, il diritto dell’assicurato ad essere tenuto indenne dalle conseguenze dei danni cagionati sorge con la stipulazione del contratto di assicurazione (divenendo attuale e concreto con la richiesta di risarcimento avanzata dal danneggiato), e sin da tale momento costituisce situazione giuridica soggettiva suscettibile di spossessamento in caso di suo fallimento [C. I 28.8.2000, n. 11228, FI 2001, 1, 1240].
IV. I diritti ed i rapporti esclusi dallo spossessamento (cenni)
IV.I diritti ed i rapporti esclusi dallo spossessamento (cenni)1 Non è configurabile un’accettazione tacita da parte del curatore del fallimento di un’eredità devoluta al fallito [T. Velletri 2.3.1992, Fall 1992, 11276]. La dichiarazione di fallimento e la contestuale applicazione dell’art. 42, r.d. n. 267/1942 non sono sufficienti a conferire alla procedura la disponibilità dei beni del fallito qualora su di essi sia stato antecedentemente disposto sequestro ex art. 322-ter c.p., dovendosi ritenere che il vincolo penale assorba già ogni possibile potere fattuale di questi beni, essendo la disponibilità - nel settore delle tutele reali - da intendere in senso effettivo, ossia come un reale potere di fatto sul bene che ne è oggetto [C. pen. III 12.7.2016, n. 42469, D&G 2016].
V. Lo svolgimento dell’attività di impresa
V.Lo svolgimento dell’attività di impresa1 Nel caso di nuova attività di impresa esercitata dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, il curatore fallimentare può acquisire i beni pervenuti al fallito medesimo in virtù di detta attività solo al netto delle passività e dei costi inerenti alla loro realizzazione [C. I 29.1.2015, n. 1724; C. I 21.3.1989, n. 1417, Fall 1989, 711].
2 A seguito della dichiarazione di fallimento, perde effetto l’ordine di pagamento a terzi che trova radice nel contratto di mandato stipulato tra il fallito e l’istituto di credito. Ne consegue che, ove la banca abbia eseguito il pagamento successivamente alla dichiarazione di fallimento, risultando detto versamento, che non ha più la natura di atto solutorio, privo di titolo e di causa, esso viene a realizzare la fattispecie dell’art. 2033 c.c., consentendo alla banca stessa di ripetere quanto indebitamente versato con mezzi propri, e non più del mandante, anche se è stata costituita una provvista, la quale, per effetto della dichiarazione di fallimento, rifluisce nella massa attiva fallimentare [C. I 20.12.2000, n. 16032, BBTC 2003, 2, 1; T. Roma 3.3.2020, n. 4668, DeJure].
3 Nell’ipotesi in cui il fallito intraprenda un’attività di impresa dopo la dichiarazione di fallimento e nell’esercizio della stessa concluda un contratto di conto corrente bancario, al curatore che deduca l’inefficacia di tutti i versamenti eseguiti sul conto e ne pretenda la restituzione la banca può opporre, in via di eccezione, che le rimesse costituiscono il provento della gestione della nuova impresa, sicché, trattandosi di beni pervenuti al fallito durante la procedura fallimentare, dall’importo dei versamenti devono essere detratti, ai sensi del comma 2, art. 42 l. fall., i pagamenti eseguiti a terzi mediante assegni bancari tratti nel conto, quali passività sostenute dal fallito per la produzione del reddito affluito sul conto stesso [C. I 27.11.2013, n. 26501; C. I 13.5.1991, n. 5334, Fall 1991, 823]. Qualora il fallito, dopo la data di apertura della procedura concorsuale, intraprenda una nuova attività d’impresa, avvalendosi per le operazioni finanziarie ad essa inerenti di un conto corrente bancario già in precedenza aperto in capo alla società in bonis, i relativi atti non ricadono nella sanzione di inefficacia dell’art. 44 l. fall., ma restano disciplinati dall’art. 42, c. 2, l. fall., riguardante la sopravvenienza di ulteriori beni per titolo successivo al fallimento. Ne consegue che la curatela, in applicazione di tale ultima norma, ha facoltà di appropriarsi dei soli risultati positivi dell’indicata attività, al netto delle spese incontrate per la loro realizzazione, e, pertanto, può reclamare dalla banca il versamento del solo saldo attivo del predetto conto corrente, corrispondente all’utile dell’impresa, non anche la restituzione delle somme fuoriuscite dal conto per operare pagamenti nell’esercizio della nuova impresa [C. I 11.5.2018, n. 11541, GCM 2018]. Il versamento, su un conto corrente senza fido aperto dal fallito in pendenza del fallimento, di somme delle quali non sia provato il titolo di acquisizione, importa che le somme costituiscono bene sopravvenuto al fallito durante il fallimento e, quindi, che esse si considerano automaticamente acquisite alla massa, ai sensi dell’art. 42, c. 2, l. fall.; pertanto, la banca è tenuta a restituire dette somme al fallito che ne faccia richiesta, senza poter dedurre l’ammontare dei pagamenti che essa, su ordine del fallito, abbia eseguito a favore di terzi, prelevando le somme dal conto [C. I 2.3.1993, n. 2572, Fall 1993, 824]. In tema di fallimento, in difetto di prova del titolo di provenienza le somme versate sul conto corrente del fallito in pendenza del fallimento si considerano automaticamente acquisite alla massa, e la banca è tenuta a restituirle al curatore, senza poter dedurre l’importo dei pagamenti che essa su ordine del fallito abbia eseguito a favore di terzi, tramite prelievi sul conto [C. App Venezia 27.1.2020, n. 233, DeJure 2020].
VI. Il lascito ereditario
VI.Il lascito ereditario1 Non è configurabile un’accettazione tacita da parte del curatore del fallimento di un’eredità devoluta al fallito [T. Velletri 2.3.1992, cit., 11276].