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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    158. Crediti non pecuniari

    Mostra tutte le note

    [1] I crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data di apertura della liquidazione giudiziale.

    [2] In deroga a quanto previsto dal comma 1, la rivalutazione dei crediti di lavoro è ammessa anche dopo la domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e dopo l’apertura di una procedura di insolvenza. La rivalutazione è ammessa, negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, fino alla definitività della sentenza di omologazione e, nelle procedure di insolvenza, fino al decreto pronunciato ai sensi dell’articolo 204, comma 4, in relazione alle domande di ammissione al passivo depositate nel termine di cui all’articolo 201, comma 1. (1)

    (1) Comma aggiunto dall’art. 27, comma 1, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 51, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 83/2022.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. Il concorso nella liquidazione giudiziale.

    I. Il concorso nella liquidazione giudiziale

    I.Il concorso nella liquidazione giudiziale

    1 Si tratta di un mero adeguamento lessicale dell’art. 59 l. fall. La norma prevede le modalità di concorso nella liquidazione giudiziale dei crediti non scaduti che abbiano ad oggetto prestazioni diverse dal denaro, o nei quali la prestazione pecuniaria sia determinata con riferimento ad altri valori [ad es. oro, moneta estera, ecc.], con il limite dei crediti che debbano trovare soddisfacimento con il sistema previsto dall’art. 210 CCII. Cfr. [F485].

    B) Frmule

    B)Frmule
    F485
    DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DI CREDITO IN MONETA ESTERA

    TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………

    Sezione concorsuale

    ***

    Procedura ………

    Sentenza n………. del ………

    G.D.: dr……….

    Curatore: ………

    ***

    DOMANDA DI AMMISSIONE AL PASSIVO DELLA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE

    ***

    La ………, in persona del legale rappresentante, con sede in ………, [eventualmente: rappresentata e difesa dall’avv. ……… per procura a margine del presente atto],

    elettivamente domiciliata in ………, via ……… n………., tel………., fax ………, Posta Elettronica Certificata - PEC ………

    PREMESSO

    – di essere creditrice nei confronti della società………, a titolo di

    - [inserire il titolo da cui il credito si assume derivare, indicare le fatture],

    - dei seguenti importi:

    • dollari ……… in linea capitale;

    – che il suddetto credito non era ancora scaduto alla data della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale;

    – che in base al principio generale, stabilito dall’art. 154, c. 2, CCII, i debiti pecuniari «si considerano scaduti alla data della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale»;

    – che trattandosi di crediti non espressi in danaro avente corso legale nello Stato, la anticipata scadenza comporta anche una anticipata determinazione del loro valore alla data della sentenza di apertura della procedura;

    – che al momento della dichiarazione di liquidazione giudiziale il valore del credito era pari ad euro ………

    CHIEDE

    di essere ammessa al passivo della procedura in oggetto, in via chirografaria, per l’importo complessivo di euro ………

    Con osservanza.

    Luogo, data ………

    Firma ………

    Si producono: [elencare i documenti che si allegano all’istanza]

    C) Giurisprudenza:

    C)Giurisprudenza:

    I. I crediti di prestazioni in denaro - II. I crediti risarcitori.

    I. I crediti di prestazioni in denaro

    I.I crediti di prestazioni in denaro

    1 La formula «crediti non pecuniari» è stata dal legislatore utilizzata in un’accezione ampia che comprende tutti i crediti che per la loro struttura si sottraggono al principio nominalistico ed in cui la quantità di moneta legale da prestare varia con il trascorrere del tempo e l’eventuale oscillazione del potere d’acquisto. Nella prima categoria rientrano i crediti di prestazioni in danaro nei quali la quantità delle unità monetarie dovute sia definita con riferimento a beni o indici i più diversi, quali i crediti pecuniari caratterizzati da clausole monetarie, clausole oro, clausole merci, nonché i crediti indicizzati, quali, ad esempio, i crediti di lavoro e previdenziali in rapporto all’aumento del costo della vita [C. 17.11.2003, n. 17396]. L’art. 59 l. fall. afferma il principio generale secondo cui al concorso fallimentare vengono ammessi solo crediti pecuniari espressi in moneta avente corso legale nello Stato e disciplina la conversione dei crediti che, appunto, per essere espressi con riferimento ad altri valori o per avere ad oggetto una prestazione diversa dal denaro, non rispondono al suddetto requisito. Con riferimento a tali casi, la norma statuisce che ai fini della determinazione dell’importo del credito bisogna fare riferimento al valore del bene [o valuta estera, o indice del costo della vita o valore della prestazione] al momento della dichiarazione di fallimento [C. 11.3.1994, n. 2382].

    2 In ordine ai crediti di lavoro, la norma è stata dichiarata incostituzionale, in relazione all’art. 429, c. 3, c.p.c., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui implicava l’arresto della rivalutazione monetaria alla data della dichiarazione di fallimento [C. Cost. 20.4.1989, n. 204]; la regola è ora che la rivalutazione è dovuta fino alla data in cui lo stato passivo diviene definitivo. L’illegittimità costituzionale sotto questo profilo riguarda anche la procedura di concordato preventivo, nella quale la norma in esame è richiamata dall’art. 169 l. fall. [C. Cost. 31.12.1986, n. 300], nonché la liquidazione coatta amministrativa e l’amministrazione straordinaria [C. Cost. 22.12.1989, n. 570]. A seguito dei suddetti interventi della Corte Costituzionale si è posto il problema della cumulabilità tra rivalutazione ed interessi, nonché quello, conseguente, del calcolo degli interessi su tali crediti. La Suprema Corte a sezioni unite, dirimendo il contrasto giurisprudenziale sul punto, ha affermato che gli interessi legali devono essere calcolati sul capitale rivalutato, con scadenza periodica dal momento dell’inadempimento fino a quello del soddisfacimento del creditore [C. s.u. 29.1.2001, n. 38; C. 17.3.1999, n. 2434].

    3 In tema di liquidazione coatta amministrativa di compagnia di assicurazione, il meccanismo di rivalutazione di cui all’art. 429 c.p.c., riguardante i crediti da lavoro resta fermo per effetto della declaratoria d’incostituzionalità [v. C. Cost. n. 204/1989] del combinato disposto dell’art. 59 l. fall. e dello stesso 429 c.p.c. - nella parte in cui non prevede la rivalutazione di tale credito tra l’apertura del fallimento e la definitività dello stato passivo - nonché dell’art. 55, c. 1, e 54, c. 3, l. fall. - nella parte in cui non estendono il privilegio agli interessi dovuti su tali crediti nel periodo successivo alla dichiarazione di fallimento - con la conseguenza che i crediti vantati dai lavoratori delle compagnie assicurative poste in liquidazione coatta amministrativa sono suscettibili di rivalutazione dall’inizio della procedura concorsuale sino al deposito dello stato passivo, per effetto dell’art. 201 della citata l. fall. che espressamente sancisce l’applicabilità alla procedura di liquidazione coatta amministrativa di tutte le disposizioni contenute nel titolo II, capo III, sez. II, della detta legge con rinvio operato al testo vigente del citato art. 59 l. fall., così come modificato per effetto della declaratoria di incostituzionalità [C. 31.8.2010, n. 18894].

    4 Nella stessa categoria, inoltre, vengono fatti rientrare i crediti espressi in moneta estera [oggi da intendersi in ogni moneta diversa dall’euro], in quanto anch’essa costituisce un valore diverso dalla moneta avente corso legale nello stato, suscettibile di variazioni rispetto a quest’ultima e deve essere, pertanto, trasformata, al momento della cristallizzazione del credito che esprime, vale a dire alla data della dichiarazione di fallimento [C. 16.1.1982, n. 268], ovvero, nel caso di consecuzione delle procedure, al momento della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo.

    II. I crediti risarcitori

    II.I crediti risarcitori

    1 Nel secondo gruppo rientrano i crediti che hanno ad oggetto prestazioni diverse dal denaro che non possono trovare soddisfazione con il sistema delle restituzioni previsto dall’art. 103 l. fall. In quest’ultimo caso, infatti, là dove il bene di cui è domandata la restituzione non possa essere restituito in quanto non sia stato rinvenuto dal curatore nel patrimonio del fallito [per fatto del fallito medesimo il quale ne ha perso la detenzione anteriormente all’apposizione dei sigilli], ovvero il curatore ne abbia perso il possesso dopo l’inventariazione, il creditore può far valere nei confronti del fallito, anche modificando la propria domanda nel corso dell’udienza di cui all’art. 95 l. fall. [C. 8.4.2003, n. 5461], un credito pecuniario pari al valore che la cosa non suscettibile di restituzione aveva alla data della dichiarazione di fallimento, credito che assume una connotazione risarcitoria in quanto relativo non più ad un diritto di proprietà sul bene bensì alla lesione di tale diritto attribuibile ad un fatto del fallito o del curatore [in quest’ultimo caso è previsto infatti dallo stesso art. 103 l. fall. il riconoscimento della prededuzione]. Rientrano in questa categoria i crediti risarcitori che si facciano valere nei confronti del fallito, la norma in esame comporta che tali crediti debbano essere espressi in termini monetari alla data della dichiarazione di fallimento, con conseguente cessazione, in quel giorno, della rivalutazione monetaria [C. 28.8.2000, n. 11228; C. 28.1.1997, n. 835; C. 6.9.1995, n. 9359 che afferma l’applicabilità della norma in materia di risarcimento del danno sia contrattuale che extracontrattuale]. Il principio non si estende invece all’ipotesi inversa, ossia quella dei crediti risarcitori del fallito verso terzi [C. 28.8.2000, n. 11228, cit.; C. 14.2.1994, n. 1442]. Gli artt. 19 e 25, l. 24.12.1969, n. 990 [ora artt. 283 e 289, d.lgs. n. 209/2005], per la loro specialità, derogano ai principi generali in materia di fallimento, e segnatamente al disposto di cui all’art. 59 l. fall.; ne consegue che, nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa assicuratrice della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicolo a motore, il credito del terzo danneggiato è suscettibile di rivalutazione monetaria anche per il periodo successivo all’apertura della liquidazione coatta. Da tale affermazione la Corte fa poi derivare la conseguenza per cui, l’impresa designata ai sensi dell’art. 20, l. n. 990/1969 [ora art. 286, d.lgs. n. 209/2005] che abbia risarcito un danno da incidente stradale verificatosi prima dell’apertura della l.c.a. della società di assicurazione del responsabile, ha diritto di insinuare al passivo l’intera somma corrisposta al danneggiato, comprensiva della rivalutazione e degli interessi ancorché maturati successivamente all’apertura della procedura concorsuale [C. s.u. 12.6.1997, n. 5289; C. 5.12.2003, n. 18656; C. 21.4.2000, n. 5271]. È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1917 c.c. e dell’art. 52 l. fall., impugnati, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 Cost., nella parte in cui, nel loro congiunto operare, imporrebbero ai titolari di crediti di risarcimento del danno connessi a lesioni del diritto alla salute o di diritti strettamente personali la partecipazione al concorso fallimentare, non consentendo loro il realizzo diretto sull’indennità dovuta dall’assicuratore, in relazione al contratto di assicurazione per i danni a terzi stipulato dal fallito quando era in bonis [C. Cost. 24.2.2010, n. 59].

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