[1] La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione.
[2] Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo della liquidazione giudiziale per il suo eventuale credito.
[3] Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. La restituzione e la insinuazione al passivo - II. Gli effetti della sentenza - III. Gli effetti della revoca di atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario.
I. La restituzione e la insinuazione al passivo
I.La restituzione e la insinuazione al passivo1 Presupposto necessario perché il credito del convenuto in revocatoria possa essere insinuato allo stato passivo ex art. 171 CCII è la preventiva restituzione alla liquidazione giudiziale di quanto revocato, mentre, in difetto di restituzione, la domanda non può essere proposta neppure in via condizionale.
2 Il credito di restituzione in favore della massa concorsuale, che sorge solo per effetto della sentenza che accoglie la revocatoria, non è compensabile con il credito vantato dal convenuto in revocatoria verso il debitore, potendo egli unicamente avvalersi della facoltà prevista dalla norma in commento di insinuare allo stato passivo fallimentare il suo eventuale credito; la compensazione è esclusa perché il credito del curatore è un credito che appartiene alla massa, mentre il credito del terzo è vantato nei confronti del debitore e dunque difetta il requisito della reciprocità.
3 Il terzo se vuole trasformarsi in creditore deve proporre domanda ai sensi degli artt. 151 e 201 ss. CCII; visto il principio di esclusività dell’accertamento del passivo va escluso che il convenuto possa svolgere una domanda riconvenzionale nel giudizio di revocatoria. Nell’ipotesi in cui tra il creditore convenuto in revocatoria e la liquidazione giudiziale sia intervenuto un accordo transattivo, il creditore avrà diritto all’ammissione allo stato passivo di quanto corrisposto alla liquidazione giudiziale in esecuzione della transazione, ove non abbia rinunciato a tale diritto in via transattiva. Cfr. [F517].
4 L’art. 171, in quanto mira a tutelare coloro che erano creditori del debitore e che hanno ricevuto una prestazione loro dovuta, non è applicabile in favore di colui che abbia subito una declaratoria di inefficacia ex art. 144 per atti compiuti dal debitore dopo la dichiarazione di liquidazione giudiziale, né in caso di pronuncia di inefficacia ex lege di atti a titolo gratuito, ai sensi dell’art. 163.
II. Gli effetti della sentenza
II.Gli effetti della sentenza1 La sentenza che accoglie la domanda revocatoria concorsuale produce l’inefficacia del pagamento solo fra il debitore e il creditore; pertanto, il creditore, a seguito della restituzione di somme a favore della curatela, può agire nei confronti del fideiussore del debitore la cui garanzia si era estinta con il pagamento soltanto se era stata pattuita una clausola di reviviscenza della garanzia nel caso di dichiarazione di inefficacia del pagamento.
2 Poiché la revocatoria comporta solo una inefficacia dell’atto, inefficacia che si esprime solo nel concorso, qualora la liquidazione giudiziale si chiuda con un residuo attivo, essendo stati soddisfatti integralmente i creditori insinuati al passivo, deve reputarsi corretto che la somma residua vada restituita direttamente ai terzi che hanno subito la revocatoria e non al debitore; per analoga ragione se la liquidazione giudiziale si chiude, o viene revocata, senza che si sia proceduto alla liquidazione del bene revocato al terzo acquirente, il bene stesso dovrebbe essere restituito a detto terzo e non al debitore tornato in bonis, così come devono essere restituite al terzo le somme da lui versate alla liquidazione giudiziale in esecuzione della transazione che ha definito l’azione revocatoria.
III. Gli effetti della revoca di atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario
III.Gli effetti della revoca di atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario1 Una volta che abbiamo individuato le rimesse revocabili ai sensi della lett. b), dell’art. 166 CCII, occorre passare all’esame dell’art. 171 CCII che evoca la tesi, diffusa fra molti operatori, della revocabilità del (solo) risultato differenziale fra massima esposizione nel periodo sospetto e saldo finale; del rapporto fra l’art. 166 e l’art. 171 si possono offrire diverse soluzioni, ma quella preferibile vuole che l’art. 166 serva ad individuare quali sono le rimesse revocabili, mentre l’art. 171 segna solo il limite massimo di restituzione degli importi, limite che non può oltrepassare la differenza fra il saldo iniziale e quello finale; si assiste così ad una dissociazione fra pronuncia di inefficacia e pronuncia restitutoria-condannatoria.
B) Frmule
B)FrmuleTRIBUNALE CIVILE E PENALE DI ………
Sezione ………
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LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE ………
G.D.: dr……….
Curatore: ………
Sent. n……….
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INSINUAZIONE EX ARTT. 171 e 208 CCII
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Ill.mo signor Giudice Delegato,
la ……… con sede in ……… (C.F……….), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di de-lega a margine del presente atto, dall’Avv………. e con domicilio eletto presso il suo studio in ………
PREMESSO CHE
a) con ricorso notificato in data ………, la liquidazione giudiziale ……… conveniva in giudizio la ……… per sentir revocare ai sensi dell’art. 166, c. 2, CCII i pagamenti effettuati da ……… in bonis in favore della Società convenuta nel semestre anteriore al deposito del ricorso cui è seguita la dichiarazione di liquidazione giudiziale. Conseguentemente la Curatela richiedeva la restituzione dei predetti importi oltre agli interessi legali dalla data di effettuazione dei singoli versamenti al saldo ovvero, in subordine, dalla data della domanda oltre alla rivalutazione monetaria;
b) costituitasi ritualmente in giudizio, ……… contestava integralmente tutto quanto dedotto dalla Curatela siccome infondato sia in relazione ai presupposti soggettivi che a quelli oggettivi dell’azione revocatoria azionata e concludeva come segue: «………»;
c) con decreto n………. depositato in data ……… (all. 1), il Tribunale di ……… dichiarava l’inefficacia ex art. 166, c. 2, CCII dei pagamenti sopra descritti, per l’importo di complessivi euro ……… in linea capitale oltre agli interessi ed alle spese di lite liquidate in complessivi euro ………, condannando conseguentemente la Società convenuta alla restituzione degli importi sopra riferiti;
d) la Società esponente ha provveduto al pagamento in favore della Liquidazione giudiziale ……… di tutto quanto dovuto in forza del decreto;
e) al momento del deposito del presente ricorso sono trascorsi più di sei mesi dalla esecutività dello stato passivo e tuttavia la ricorrente reputa che la domanda tardiva debba essere ritenuta ammissibile in quanto il ritardo è dipeso da stato incolpevole
perché era pendente un giudizio che avrebbe potuto concludersi con il rigetto della domanda.
Tutto ciò premesso
RICORRE
alla S.V. Ill.ma affinché, visti gli artt. 171 e 208 CCII, voglia ammettere la ricorrente ……… allo stato passivo della liquidazione giudiziale ……… per l’importo di ………, in via chirografaria corrispondente a quanto già corrisposto da ……… in favore della liquidazione giudiziale ……… in esecuzione del decreto del Tribunale di ……… n………. depositato in data ………
Si chiede che vengano disposte e/o ordinate - allo stato - le corrispondenti variazioni dello stato passivo anzidetto, nonché effettuati i necessari accantonamenti.
Si producono i seguenti documenti:
1. Ricorso notificato dal Liquidazione giudiziale ………;
2. Decreto n………. emesso in data ……… dal Tribunale di ………;
3. Documentazione pagamento.
Luogo, data ………
Firma ………
C) Giurisprudenza:
C)Giurisprudenza:I. Effetti della revocazione - II. Atti estintivi e rapporti continuativi.
I. Effetti della revocazione
I.Effetti della revocazione1 In materia fallimentare, il credito verso il fallito non può essere compensato con il debito di restituzione a seguito di esperimento fruttuoso dell’azione revocatoria, atteso che quest’ultimo è un debito verso la massa e non verso il fallito, cosicché manca, perché possa operare la compensazione, il requisito della reciprocità delle obbligazioni [C. I 31.8.2015, n. 17338, in senso conforme C. I 26.7.2002, n. 11030, Fall 2003, 507; C. I 5.7.2000, n. 8978, DPS 2000, 77]. Il credito che il terzo matura, per effetto dell’accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare promossa nei suoi confronti, presuppone la restituzione, integrale ed incondizionata, delle somme o dei beni ottenuti in esecuzione dell’atto impugnato e non può formare oggetto di compensazione con la pretesa esercitata dal curatore [C. App. Torino 21.12.2011, Fall 2012, 1450]. Il fatto costitutivo del diritto è rappresentato, a norma dell’art. 71 l. fall., dalla restituzione, per effetto della revoca, di quanto il terzo abbia ricevuto; pertanto è irrilevante la circostanza che la sentenza di revoca non sia passata in giudicato all’epoca del deposito del ricorso [T. Napoli 12.5.2006, Fall 2006, 1426]. La pronuncia di inefficacia del pagamento ex art. 67 l. fall. nell’ipotesi di fallimento, determina il diritto della parte all’ammissione al passivo in grado chirografo della somma restituita ex art. 70 l. fall. e, conseguentemente, il suo pagamento nell’ambito del piano di riparto, secondo la percentuale attribuita a tale categoria di creditori. Allorquando è stato proposto ed omologato il concordato fallimentare ed attribuita ai creditori chirografari una percentuale del loro credito si ritiene che il diritto alla restituzione delle somme revocate, pur venendo ad esistenza successivamente alla dichiarazione di fallimento (o all’omologa del concordato fallimentare), debba esser considerato quale credito concorsuale in quanto trae la propria origine da un pagamento eseguito prima della dichiarazione di fallimento, la cui sola restituzione è disposta in un momento successivo. Per tale motivo si ritiene che il creditore non debba subire un trattamento deteriore in ipotesi di concordato fallimentare, per il quale vige la regola secondo la quale il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura del fallimento (art. 135 l. fall.). Si ritiene infatti che la revoca del pagamento, mediante il quale era stato ottenuto l’effetto estintivo dell’obbligazione, faccia rivivere il diritto all’adempimento, ed ha certamente origine anteriore al fallimento ed è pertanto, in questi termini, da ritenersi concorsuale. La somma riconosciuta dal concordato omologato ai creditori chirografari deve essere riconosciuta anche in sede di eccezione di compensazione con la somma dovuta a seguito della condanna di inefficacia del pagamento ex art. 67 l. fall. [T. La Spezia 5.2.2014, RDottComm 2014, 385].
2 In tema di partecipazione al riparto dell’attivo fallimentare dei creditori tardivi, l’art. 70 l. fall. - che prevede l’ammissione al passivo di chi, per effetto del positivo esperimento dell’azione revocatoria da parte del curatore, abbia restituito quanto aveva ricevuto dal fallito - non configura una ipotesi di accertamento ex lege della non imputabilità al creditore del ritardo nella insinuazione al passivo, atteso che ciò - risolvendosi nell’assunto della specialità dei crediti concorsuali nascenti dall’esito positivo della revocatoria e, quindi, della retroattività assoluta della loro insinuazione, con effetto dirompente sull’attività di accertamento del passivo e di riparto dell’attivo - è privo di riscontro nel sistema, il quale, se non considera illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria, non apprezza, però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela [C. I 29.3.2019, n. 8977, GCM 2019; C. I 3.6.2004, n. 10578, Fall 2005, 426]. L’esperibilità dell’azione revocatoria, a norma dell’art. 67, c. 2, l. fall., con riguardo ad un contratto in base al quale il fallito abbia assunto un’obbligazione, non ancora adempiuta alla data di dichiarazione del fallimento, in corrispettivo di una prestazione già eseguita dalla controparte alla data medesima (nella specie, il fallito aveva conferito un incarico professionale ad un commercialista, della cui attività aveva beneficiato, rimanendo debitore del corrispettivo), postula lo specifico riscontro del verificarsi di un pregiudizio per la massa, alla stregua del complessivo contenuto dispositivo del negozio revocando e, correlativamente, di un interesse della massa medesima alla pronuncia di revoca, da valutarsi tenendo conto che tale pronuncia non può essere limitata alla prestazione del fallito ma deve essere necessariamente totale [C. 7.11.1985, n. 5405, GComm 1987, II, 57].
3 L’inesistenza di un principio generale di reviviscenza delle garanzie reali o personali nel caso di reviviscenza del credito assistito comporta che l’eventuale fideiussione, prestata a garanzia di un credito originariamente estinto mediante pagamento poi revocato a seguito della dichiarazione di fallimento del debitore, non possa legittimamente rivivere parallelamente alla reviviscenza del credito, dacché il principio di accessorietà della fideiussione implica soltanto che, con l’estinzione del rapporto principale, resti travolto anche quello accessorio, ma non anche che, simmetricamente, alla reviviscenza del rapporto principale si accompagni il ripristino della precedente garanzia, non potendo, all’uopo, invocarsi il disposto dell’art. 2881 c.c., dettato, in via eccezionale, con riferimento alla sola ipoteca [C. VI 18.3.2021, n. 7600; C. I 20.12.2002, n. 18156, DF 2004, II, 84]. Il principio di accessorietà della garanzia comporta il venir meno della relativa obbligazione tutte le volte in cui l’obbligazione principale sia estinta, ma non esclude la possibilità della sua rinnovata vigenza, allorché dopo l’estinzione il debito principale ritorni ad esistenza in virtù di fatti sopravvenuti, e non comporta pertanto l’invalidità della clausola contenuta in una fideiussione, la quale preveda la reviviscenza della garanzia in caso di revoca del pagamento del debito principale ai sensi dell’art. 67 l. fall.; né tale clausola può dirsi vessatoria come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile [C. VI 18.3.2021, n. 7600; C. I 8.2.2008, n. 3011, FI 2009, I, 396]. Con riguardo alla revocatoria fallimentare di pagamento effettuato dal fallito, la circostanza che il credito soddisfatto sia assistito da privilegio non rende la revocatoria stessa inammissibile, ma rileva sotto il diverso profilo dell’interesse alla relativa azione, il quale può essere riconosciuto solo se e nei limiti in cui il curatore dimostri che il creditore, senza quel pagamento, non avrebbe trovato capienza, in tutto od in parte, sul ricavato del bene cui il privilegio si riferisce, in ragione della sua insufficienza, ovvero della conoscenza su di esso di crediti privilegiati poziori [C. I 18.1.1991, n. 495, Fall 1991, 594]. Qualora a seguito del positivo esperimento di un’azione revocatoria fallimentare, il creditore pignoratizio che abbia escusso la garanzia, incamerando il ricavato della vendita di titoli ottenuti in pegno, sia condannato a restituirne l’importo, lo stesso ha diritto ad insinuarsi al passivo solo in via chirografaria nella misura del pagamento revocato, senza che possa rivivere l’originaria garanzia, dal momento che il credito che può essere insinuato ai sensi dell’art. 70, c. 2, l. fall. non è quello originario, ma un credito nuovo che nasce dall’effettiva restituzione e trova fonte direttamente nella legge [C. VI 5.10.2018, n. 24627, GCM 2018]. Nel caso in cui il creditore abbia ottenuto, nell’ambito di un procedimento di espropriazione forzata presso terzo, l’assegnazione di un credito spettante, verso il terzo, al debitore, poi fallito, oggetto dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 67, c. 2, l. fall., non è il provvedimento di assegnazione, ma il successivo e distinto atto costituito dal pagamento del credito assegnato, nel concorso delle condizioni previste da tale norma [C. 19.11.1976, n. 3608, FI 1977, I, 1987].
4 La posizione del terzo acquirente di un bene a titolo oneroso, che subisca la revocatoria fallimentare, rimane compressa solo nei rapporti con i creditori del venditore fallito, e non anche con quest’ultimo, nei cui confronti il negozio revocato e pienamente valido ed efficace. Pertanto, se il fallimento si chiude, o viene revocato, senza che si sia proceduto alla liquidazione di detto bene, il medesimo deve essere restituito non già al fallito, tornato in bonis, ma a colui che lo aveva acquistato [C. 11.11.1978, n. 5176].
II. Atti estintivi e rapporti continuativi
II.Atti estintivi e rapporti continuativi1 In tema di revocatoria fallimentare delle rimesse su conto corrente bancario, non è applicabile in via retroattiva il criterio del c.d. massimo scoperto, introdotto nel comma 3 dell’art. 70 l. fall. dall’art. 2, d.l. 14.3.2005, n. 35, conv. nella l. 14.5.2005, n. 80: ne deriva che, nel regime anteriore alla nuova disciplina, le rimesse devono essere revocate, ricorrendone le condizioni, nella loro sommatoria [C. I 7.10.2010, n. 20834, Fall 2011, 749; in senso conforme C. I 3.9.2010, n. 19043, ibidem, 374]. La disposizione dell’art. 70 l. fall. ha natura innovativa e non d’interpretazione autentica ove introduce, per l’ipotesi di fondatezza dell’azione - allorché la banca non abbia provato che le rimesse non avevano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito ovvero tale riduzione risulti comunque provata -, un limite oggettivo all’obbligo di restituzione, secondo il criterio del massimo scoperto, cioè del differenziale tra l’ammontare raggiunto dalle pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza, e quello alla data del fallimento [C. I 6.5.2016, n. 9133, GD 2016; C. I 9.12.2015, n. 24868]. Il riferimento al c.d. limite differenziale di cui all’art 70 l. fall. opera solo una volta accertata la sussistenza di rimesse consistenti e durevoli e non integra un criterio sostitutivo di tale indagine imprescindibile [T. Piacenza 23.12.2014, DeJure 2014]. L’esenzione da revocatoria fallimentare di cui all’art. 67, c. 3, n. 2, l. fall., e la limitazione degli effetti della revocatoria, ex art. 70 l. fall., operano solo qualora sussista un rapporto continuativo tra correntista/debitore e istituto di credito, che sia tale non solo sotto il profilo nominalistico e che consista in un rapporto ove il correntista abbia la possibilità di riutilizzare il denaro esistente sul conto. La ratio di tali norme, infatti, è quella di evitare che versamenti funzionali a nuovi impieghi siano di per sé revocabili e quindi idonei a esporre l’accipiens al rischio di dover restituire più di quanto effettivamente si sia risolto a suo vantaggio [T. Milano 3.6.2014, Ilfallimentarista.it 2014].