[1] I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione.
[2] I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. Il principio della stabilità dei riparti
I.Il principio della stabilità dei riparti1 La disposizione di cui all’art. 229 CCII esprime il principio della stabilità delle attribuzioni intervenute nel processo concorsuale e costituisce un corollario del principio per il quale le decisioni sullo stato passivo producono effetto solo ai fini del concorso. Poiché la decisione sul credito viene pronunciata senza il contraddittorio del debitore, la clausola di cui all’art. 204 CCII potrebbe lasciar adito al dubbio che, chiusa la liquidazione giudiziale ed avvenute le ripartizioni, il debitore tornato in bonis possa agire per far valere l’inesistenza del credito e dunque per chiedere la ripetizione di quanto pagato dal curatore. Il principio della stabilità dei riparti, reso diritto positivo nell’art. 229 CCII, esclude tale evenienza.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. La stabilità dei pagamenti effettuati
I.La stabilità dei pagamenti effettuati1 Nella vigenza del r.d. n. 267/1942 anteriormente alla riforma recata dal d.lgs. n. 5/2006, l’efficacia solo endofallimentare del decreto di esecutività dello stato passivo deve essere coordinata con il principio di intangibilità dei riparti dell’attivo, eseguiti nel corso della procedura. tale principio soffre la sola eccezione contemplata espressamente dall’art. 114 l. fall., sicché se il comportamento del fallito in sede di predisposizione dello stato passivo non può pregiudicare le sue azioni una volta tornato “in bonis”, tuttavia le ripartizioni che in base ad esso sono state eseguite nella procedura fallimentare non possono essere rimesse in discussione [C. I 28.2.2018, n. 4729, GCM 2018; C. I 23.11.2012, n. 20748, Fall 2013, 567; C. App. Genova 4.4.1007, ivi, 1998, 64]. Se da un lato è vero che i provvedimenti di ammissione al passivo producono efficacia solo ai fini del concorso (ciò valendo sia per il vecchio che per il nuovo rito fallimentare, sia per i provvedimenti del G.D. che per quelli del tribunale) e che pertanto il debitore, non essendo vincolato dai provvedimenti di accertamento del passivo, una volta chiuso il fallimento può sempre contestare i crediti residui pur se ammessi al passivo, dall’altro lato è pur vero che in questi casi non viene tanto o solo in rilievo la questione dell’efficacia endofallimentare dei provvedimenti ammissivi ma specialmente e innanzitutto il principio della c.d. immutabilità delle attribuzioni patrimoniali effettuate a favore dei creditori in sede di riparto, ora espressamente codificato dalla novella del 2006 sia nell’art. 112 l. fall. (per quanto riguarda la partecipazione dei creditori ammessi tardivamente alla ripartizione dell’attivo fallimentare), sia nella nuova formulazione dell’art. 114, c. 1, l. fall. che prevede l’irripetibilità dei pagamenti [C. App. Venezia 10.5.2019, n. 1926, RG 2019]. L’art. 112 l. fall., nel testo anteriore alla riforma del 2006, ammette i creditori che siano intervenuti tardivamente a partecipare soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito. Vero è che se la tardività dell’intervento non è loro imputabile, essi sono ammessi a prelevare sull’attivo ripartito anche le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni, ma in tal modo non è intaccato - ma è anzi ribadito - il principio dell’intangibilità delle precedenti ripartizioni. Queste restano ferme a favore dei creditori che ne hanno beneficiato, anche qualora il ricavo posteriore all’intervento non sia utile a soddisfare il creditore intervenuto tardivamente per causa a lui non imputabile. Nella valutazione bilanciata delle situazioni di cui siano titolari i creditori che abbiano già partecipato a riparti e quella del concorrente tardivo, sia pure incolpevole, i principi del concorso paritetico subiscono un’attenuazione, e ciò proprio in virtù della definitività dei provvedimenti mediante i quali i precedenti riparti avvennero [C. I 23.11.2012, n. 20748]; dovendosi escludere, in presenza dell’espressa regolamentazione del cit. art. 112 l. fall., la possibilità di ricorrere ad un’applicazione in via estensiva della disciplina contenuta nell’art. 114 stessa legge (che prevede, invece, la restituzione delle somme già riscosse dai creditori, con riferimento ai casi di revocazione di cui al precedente art. 102) [C. I 17.12.1990, n. 11961, GC 1991, I, 1207]. Il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda di riparazione previsto dall’art. 4, l. n. 89/2001 decorre dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione del processo presupposto; ne deriva che, nel processo fallimentare, il predetto termine di decadenza decorre, per i creditori che siano stati integralmente soddisfatti, dalla definitività del riparto, quanto alla riforma del d.lgs. n. 5/2006 - che ha introdotto all’art. 114, c. 1, l. fall. l’irripetibilità dei pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto - perdendo essi da tale momento la qualità di parti, e dal provvedimento di chiusura del fallimento, quanto alla previgente disciplina, derivando da esso, in ragione della sua irrevocabilità, la definitiva stabilizzazione della relativa posizione [C. II 24.3.2022, n. 9590, GCM 2022]. Il fallito che ritenga di essere stato danneggiato dall’attività, a suo avviso sconsiderata, del curatore può, una volta recuperata in pieno la sua capacità, attivare la sola tutela risarcitoria e non pretendere di rimettere in discussione l’intangibile e conclusa da anni attività di riparto dell’attivo [C. VI 19.6.2018, n. 16132, D&G 2018].