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Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Massimo Fabiani, Giovanni Battista Nardecchia

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Formulario commentato

    263. Patrimonio destinato incapiente e violazione delle regole di separatezza

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    [1] Se a seguito dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti della società o nel corso della gestione il curatore rileva che il patrimonio destinato è incapiente provvede, previa autorizzazione del giudice delegato, alla sua liquidazione secondo le regole della liquidazione della società, in quanto compatibili.

    [2] I creditori particolari del patrimonio destinato possono presentare domanda di insinuazione al passivo della procedura di liquidazione giudiziale aperta nei confronti della società nei casi di responsabilità sussidiaria o illimitata previsti dall’articolo 2447-quinquies, terzo e quarto comma, del codice civile.

    [3] Se risultano violate le regole di separatezza fra uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società e il patrimonio della società medesima, il curatore può proporre l’azione sociale di responsabilità e l’azione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2394 del codice civile nei confronti degli amministratori e dei componenti degli organi di controllo della società.

    A) Inquadramento funzionale:

    A)Inquadramento funzionale:

    I. La disciplina del patrimonio destinato ad uno specifico affare capiente - II. La disciplina del patrimonio destinato incapiente.

    I. La disciplina del patrimonio destinato ad uno specifico affare capiente

    I.La disciplina del patrimonio destinato ad uno specifico affare capiente

    1 Se il finanziamento destinato ad uno specifico affare (art. 2447-decies c.c.) è disciplinato dall’art. 176 CCII, trattato in quanto tale come rapporto pendente, tutt’altro è il discorso quando prendiamo in esame la figura del patrimonio destinato. La caratteristica essenziale del patrimonio destinato è costituita dalla separatezza patrimoniale rispetto alla società, tant’è che l’art. 263 CCII stabilisce che il patrimonio destinato che risulti incapiente nel contesto della liquidazione giudiziale della società deve essere liquidato.

    2 Quando viene assoggettata alla liquidazione giudiziale una società che ha deliberato la costituzione di un patrimonio destinato, una prima ipotesi da valutare riguarda il caso in cui il patrimonio destinato, in quanto oggetto di separata gestione, non sia a sua volta insolvente. La funzione di salvaguardia della natura produttiva del patrimonio spiega perché il curatore che ne rileva ne assume l’amministrazione; questa amministrazione dà luogo ad una gestione separata dal resto delle attività fallimentari ed è una sorta di esercizio provvisorio, ma non è vincolato ai rigidi schemi di cui all’art. 211 CCII. Il patrimonio separato è, come gli altri beni, oggetto di spossessamento ai sensi dell’art. 142 CCII, ma a questo spossessamento corrisponde una separatezza sia nella gestione che nella sorte della dismissione.

    3 Il curatore deve in primo luogo ricercare terzi interessati alla prosecuzione dell’affare e la prima scelta è la cessione del patrimonio destinato. Ove questo non sia possibile, il curatore deve liquidare il bene, non secondo le regole del concorso, ma in base alla disciplina civilistica stabilita per la liquidazione delle società.

    4 In ogni caso il corrispettivo ricavato dalla cessione o dalla liquidazione è destinato, attesa la separatezza patrimoniale, alla soddisfazione dei creditori particolari del patrimonio destinato. Così la separazione resiste anche nella fase patologica dell’insolvenza della società.

    5 Se, una volta soddisfatti i creditori particolari, vi sia un esubero di liquidità, questa è assorbita dal curatore della liquidazione giudiziale della società per poter essere destinata ai creditori sociali. Il meccanismo esposto nell’art. 262 CCII non è molto diverso da quello che regge l’acquisizione dei beni sopravvenuti.

    II. La disciplina del patrimonio destinato incapiente

    II.La disciplina del patrimonio destinato incapiente

    1 La liquidazione del patrimonio separato in quanto avviene fuori dal programma di liquidazione di cui all’art. 213 CCII, va autorizzata dal giudice delegato. L’intervento del giudice delegato non pare doversi fondare su un esame di convenienza della liquidazione, ma è dovuto alla valutazione di opportunità sulla scelta della liquidazione e dunque sulla c.d. capienza del patrimonio.

    2 I creditori particolari del patrimonio separato che non vengono interamente soddisfatti possono avanzare domanda di ammissione al passivo nella liquidazione giudiziale della società ma soltanto nei limiti stabiliti nell’art. 2447-quinquies c.c. e cioè (i) nella misura pari al patrimonio destinato, (ii) per le obbligazioni derivanti da fatto illecito e (iii) quando c’è violazione dell’obbligo di fare menzione della funzionalità di determinati atti al patrimonio destinato.

    3 Al contrario, ai creditori della società la legge concorsuale non accorda una specifica protezione (protezione che va quindi individuata nell’opposizione preventiva alla costituzione del patrimonio - art. 2447-quater c.c. - o nell’esperimento di una azione revocatoria ordinaria), limitandosi a prevedere che il curatore, fra i vari motivi sui quali può fondare una azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali, possa addurre come fatto lesivo anche la violazione delle regole di separazione fra patrimonio sociale e patrimonio destinato.

    B) Giurisprudenza:

    B)Giurisprudenza:

    I. Il principio della separatezza del patrimonio destinato.

    I. Il principio della separatezza del patrimonio destinato

    I.Il principio della separatezza del patrimonio destinato

    1 L’art. 155 l. fall. esclude l’acquisibilità al fallimento dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, confermando così il principio della non confondibilità di beni deputati al soddisfacimento di specifiche esigenze, secondo le modalità normativamente indicate, con gli altri beni dell’imprenditore fallito. Deve pertanto escludersi che i beni facenti parte del fondo patrimoniale, in quanto costituenti un patrimonio separato, siano compresi nel fallimento [C. I 22.1.2010, n. 1112, CT 2010, 566; T. Milano 16.1.2012, n. 449, DeJure].

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