[1] All’institore dell’imprenditore, dichiarato in liquidazione giudiziale, il quale nella gestione affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli articoli 322, 323, 325 e 327 si applicano le pene in questi stabilite.
A) Inquadramento funzionale:
A)Inquadramento funzionale:I. I reati delle persone diverse dal debitore
I.I reati delle persone diverse dal debitore1 Nell’ambito del capo dedicato ai reati commessi da persone diverse dal debitore, gli artt. 331 e 332 si pongono quali norme di raccordo che estendono la punibilità per fatti di ricorso abusivo al credito di cui all’art. 325 CCII e di denuncia di creditori inesistenti ed oltre inosservanze di cui all’art. 327 CCII a quanti abbiano ricoperto funzioni di rappresentanza organica o direttive all’interno della società. Amministratori, direttori generali e liquidatori di società risultano pertanto punibili, in virtù del rinvio operato dalle norme, per la commissione di fatti rientranti nelle fattispecie di cui agli artt. 325 e 327. Avute peraltro presenti le funzioni tipiche esplicate dai soggetti presi in considerazione dalle norme in commento, si deve dubitare che possa essere imputato ai direttori generali l’omesso deposito della contabilità e dei bilanci (art.), la cui tenuta incombe ex lege sui soli amministratori, o l’inosservanza dell’obbligo di residenza di cui al medesimo art. 327, stante la insussistenza di un rapporto organico con la società debitrice.
2 All’institore viene estesa dall’art. 333 la punibilità anche per fatti di bancarotta semplice e di bancarotta fraudolenta, oltre che per le ipotesi di ricorso abusivo al credito e di denunzia di creditori inesistenti. Ai fini della responsabilità penale dell’institore si ha riguardo alla effettività dell’esercizio di funzioni institorie, quali delineate dall’art. 2203 c.c., anche sulla base di una preposizione tacita ed a prescindere dalla eventuale mancata pubblicità della procura di cui all’art. 2206 c.c. Poiché la condotta dell’institore assume rilevanza, per testuale previsione dell’art. 333, nei soli limiti della gestione affidatagli e si esplica sul patrimonio proprio dell’imprenditore, gli eventuali fatti di bancarotta posti in essere si inquadrano nello schema della c.d. bancarotta impropria. Per l’analisi delle singole fattispecie penali considerate dalle norme in esame, si fa rinvio al commento agli artt. 322 ss.
B) Giurisprudenza:
B)Giurisprudenza:I. I reati delle persone diverse dal fallito
I.I reati delle persone diverse dal fallito1 Può rendersi colpevole di ricorso abusivo al credito anche l’imprenditore fallito, come si deduce dal rapporto fra l’art. 218 e gli artt. 225 e 227 l. fall., che per la punibilità degli amministratori o direttori generali richiedono espressamente la dichiarazione di fallimento in reazione al detto reato, mentre non appare concepibile che sia riservato un diverso trattamento allo stesso fatto se commesso dagli amministratori o dall’imprenditore [C. pen. III 20.11.1963, Corgier]. Il ricorso abusivo al credito rientra fra le “operazioni dolose” atte a rendere configurabile, qualora ne derivi il fallimento della società, non il reato di cui al combinato disposto degli artt. 218 e 225 l. fall., ma, in virtù della clausola di salvezza contenuta nel citato art. 218, quello di cui all’art. 223, c. 2, n. 2, seconda ipotesi, della legge fallimentare, posto che in tale ipotesi - a differenza che nell’altra, in cui l’evento costituito dal fallimento sia stato “cagionato con dolo” - non si richiede che l’elemento psicologico sia direttamente collegato con l’evento anzidetto ma solo che questo costituisca una possibilità prevedibile, rimanendo comunque assente, nella previsione normativa, la necessità che sussista anche lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto [C. pen. V 14.1.2004, n. 19101, CP 2005, 3104].
2 L’art. 227 l. fall., nel prevedere i reati fallimentari dell’institore, non fa distinzione alcuna tra institore preposto all’esercizio di tutta l’impresa commerciale, di cui al comma 1 dell’art. 2203 c.c. e institore la cui preposizione sia limitata all’esercizio di una sede secondaria o di un ramo particolare dell’impresa, di cui al comma 2 del medesimo articolo; anche questa più circoscritta preposizione institoria può quindi, per il principio che dove la legge non distingue non può distinguere l’interprete, dar luogo a responsabilità ai sensi dell’art. 227 l. fall. [C. pen. V 24.6.1992, n. 8705]. La responsabilità dell’institore per gli atti di bancarotta patrimoniale e documentale posti in essere durante la gestione affidatagli è subordinata alla sola condizione che l’imprenditore da cui egli abbia ricevuto la preposizione sia dichiarato fallito, non essendo invece necessario anche il fallimento personale dello stesso institore, atteso il disposto di cui all’art. 227 l. fall. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta l’affermazione di responsabilità per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale pronunciata nei confronti dell’institore nonostante la revoca del fallimento dichiarato a carico di quest’ultimo) [C. pen. V 14.5.2014, n. 29585, CED Cass. pen. 2014]. In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la responsabilità dell’amministratore non è esclusa per essere stata la documentazione contabile nella disponibilità di un institore, atteso che la responsabilità di questi si aggiunge a quella del primo, assumendo entrambi nell’ambito della impresa una posizione di garanzia rispetto alla corretta tenuta delle scritture contabili [C. pen. V 9.2.2015, n. 33243, CED Cass. pen. 2016].