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Rischio atmosfere esplosive ATEX

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Rischio atmosfere esplosive ATEX

    Capitolo 3

    Scenari incidentali di riferimento

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Marigo Marzio

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Sommario: 3.1 Tipologie di esplosione – 3.2 Le principali tipologie di incidente – 3.3 Esplosioni causate dal rilascio di gas e vapori infiammabili – 3.4 Alberi degli eventi per rilascio di liquidi e gas infiammabili – 3.5 Esplosioni confinate di gas e vapori infiammabili e polveri combustibili – 3.6 Alberi degli eventi per esplosioni confinate in impianti contenenti liquidi infiammabili o polveri combustibili – 3.7 Esempi applicativi ed approfondimenti

    Abstract: Nel Capitolo si provvede ad affinare il dettaglio descrittivo degli scenari di riferimento grazie ad un maggiore approfondimento delle singole tipologie incidentali.

    «I rischi e i pericoli di oggi si distinguono in modo essenziale per (…) la modernità delle loro cause. Sono rischi della modernizzazione. Sono un prodotto “tutto compreso” dell’industrializzazione, che nel corso del suo sviluppo comporta necessariamente un loro aggravamento.»

    Ulrich Beck1

    La definizione del fenomeno esplosivo è da sempre soggetta a formulazioni terminologiche differenti. Vediamone alcune:
    • rapida combustione con un evidente aumento di pressione (VDI 2263);

    • rottura di un contenimento dovuta allo sviluppo di una pressione interna derivante da una deflagrazione (NFPA 68);

    • rilascio di energia che causa una modifica transitoria della densità di gas, pressione e velocità dell’aria circostante alla zona di esplosione (AICHE/CCPS, 2000);

    • rilascio improvviso e violento di energia fisica e chimica (Lees, 2005);

    • rapida espansione di gas che causa una veloce modifica di pressione o onda d’urto. L’espansione può essere meccanica oppure derivare da una veloce reazione chimica (Crowl, Louvar, 2002);

    • brusca reazione di ossidazione che produce un incremento di temperatura, pressione o entrambe simultaneamente (BIA, 1997);

    • ogni fenomeno caratterizzato da sviluppo e/o espansione di gas o vapori che si verifichi in un intervallo di tempo molto breve e con caratteristiche tali da generare un campo di sovrappressione sufficientemente intenso da provocare danni a persone o cose (Pasquon, Pregaglia, 1996);

    • reazione rapida di ossidazione o decomposizione che produce un aumento della temperatura, della pressione o di entrambe simultaneamente (UNI EN 13237).

    Quella a nostro parere più aderente al campo applicativo del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/20082 e del D.Lgs. n. 85/20163, è indicata dal BIA tedesco che assumeremo, quindi, come riferimento nel seguito del presente lavoro. In genere l’ATEX dovuta a gas e vapori risulta tipicamente collegata ad un rilascio accidentale nell’atmosfera conseguente ad un cedimento del contenimento causato da:
    • usura di elementi di giunzione ed intercettazione che causa la classificazione dell’ambiente esterno (es. lesioni di tenute su flangiature, danneggiamenti di tenute d’albero, manutenzione carente, ecc.);

    • rilasci operativi che possono avvenire occasionalmente durante il normale esercizio dell’impianto o della lavorazione (es. azionamento di valvole di sicurezza poste a protezione di reattori chimici). Anche in questo caso la conseguenza è la classificazione delle zone;

    • errori di manovra, di progettazione o durante fasi manutentive che possano causare rilasci massivi di sostanza infiammabile. In questa ipotesi l’emissione è da considerarsi catastrofica e, come tale, non ricompresa nell’ambito di applicazione delle Norme sulla classificazione delle zone a rischio di esplosione (come vedremo più avanti).

    Le esplosioni causate da ATEX di vapori o nebbie hanno pertanto prevalentemente origine all’esterno dei contenimenti e possono coinvolgere parti di impianti e persone poste all’interno della sfera degli effetti dell’esplosione stessa (effetti domino). Non si escludono tuttavia possibili classificazione all’interno di impianti, condotte, ecc., qualora la sostanza infiammabile, in detti volumi, sia posta a contatto con aria a condizioni atmosferiche. Nel caso di esplosioni di ATEX spray o nebbie non è invece possibile procedere ad una distinzione netta, dato che tali forme di dispersione possono generarsi sia all’esterno che all’interno dei contenimenti. Il guasto alla tenuta di una tubazione a pressione contenente un liquido con alto punto di infiammabilità, è un esempio di classificazione esterna dovuta ad ATEX spray mentre il rapido raffreddamento di vapori ad alta temperatura in un reattore di processo, esemplifica il caso di ATEX dovuta a nebbie interne al contenimento.

    L’esplosione conseguente alle tipologie di rilascio spray illustrate appare molto simile alle dinamiche di combustione delle polveri, soprattutto per liquidi con punto di ebollizione alto. Esiste, peraltro, un unanime consenso nella letteratura scientifica internazionale (Hattwig et al., 2004; Crowl, 2003; Eckhoff, 2005) sul fatto di ritenere la combustione dovuta a spray e nebbie indipendente dal punto di ebollizione e dal punto di infiammabilità della sostanza. A questo proposito la III edizione della linea guida CEI 31-35 riportava la seguente indicazione (poi eliminata nella successiva edizione): “Quando un liquido combustibile è o può essere disperso nell’aria ad una temperatura minore della sua temperatura d’infiammabilità Ti, una sua emissione in pressione forma la nebbia e può creare o meno un’atmosfera esplosiva (un valore indicativo della pressione minima è 0,7 bar, attualmente in discussione in ambito IEC)”. Vedremo, nel Capitolo 4, che simulazioni più adeguate a descrivere la realtà del fenomeno si ottengono utilizzando equazioni basate sul numero di Ohnsorge.

    Infine, nel caso delle polveri combustibili, l’esplosione iniziale ha luogo in modo pressoché esclusivo all’interno dei contenimenti di processo. Tale esplosione viene convenzionalmente definita “primaria”. Le esplosioni iniziali che abbiano origine all’esterno di contenimenti risultano meno frequenti e non possono, tra l’altro, essere definibili primarie in senso stretto. All’esplosione primaria delle polveri seguono in genere una o più esplosioni secondarie indotte da:

    • polveri non combuste espulse dal contenimento durante la fase primaria;

    • presenza di strati di polvere accumulata posti in prossimità della zona di esplosione primaria;

    • propagazione interna dell’esplosione ad altre parti non isolate dell’impianto.

    In altri termini l’esplosione primaria genera un’onda di sovrappressione la quale, sollevando e diluendo pneumaticamente gli strati di polvere esterni al contenimento, rende questi ultimi vulnerabili all’innesco del fronte di fiamma che segue l’onda di pressione citata (esplosioni secondarie). Peraltro, se l’esplosione primaria ha luogo all’interno di un contenimento di deposito, le polveri espulse (e non ancora combuste), rarefacendosi ed entrando nel campo di esplosione contribuiscono esse stesse alle successive esplosioni secondarie.

    Nei seguenti paragrafi approfondiremo ulteriormente gli aspetti ora introdotti.

    3.1 Tipologie di esplosione

    L’esplosione, così come definita nel paragrafo precedente, può essere distinta in due fenomeni chimico/fisici tra loro distinti chiamati deflagrazione e detonazione.

    3.1.1 Deflagrazione e detonazione

    La propagazione della fiamma in un’ATEX gas/aria, in condizioni di calma di vento, è determinata principalmente dalla conduzione e dalla diffusione molecolare del calore all’interno della miscela. La Figura 3.1 mostra il cambiamento della temperatura attraverso una fiamma laminare avente lo spessore di circa un millimetro.

    Figura 3.1 – Distribuzione della temperatura attraverso la fiamma laminare

    Il calore è generato dalla reazione chimica esotermica che ha luogo nella zona di combustione. Tale energia termica viene trasmessa alla zona di preriscaldamento nella quale avviene l’incremento di temperatura che porterà l’ATEX all’accensione. Fino a che la diffusione molecolare risulta relativamente lenta, la velocità laminare di propagazione della fiamma si mantiene bassa. In particolare, la velocità di combustione laminare varia da 0,4 m/s, nel caso di alcani (es. metano, etano, ecc.), a circa 3,1 m/s nel caso dell’idrogeno.

    Il meccanismo che trasforma una combustione laminare in deflagrazione ed, eventualmente, in detonazione, risulta correlato sia alla turbolenza presente nell’ATEX sia all’espansione dei gas caldi combusti.

    In particolare, l’interazione tra la turbolenza e la zona di combustione gioca un ruolo chiave nello sviluppo di un’esplosione. Generalmente il fronte di fiamma risulta laminare nelle immediate vicinanze della zona di accensione ed evidenzia velocità che non si discostano dal valore teorico di laboratorio. L’espansione del fronte di fiamma tenderà, però, a comprimere gli strati adiacenti di ATEX non ancora combusti i quali, reagendo successivamente all’innesco, si espanderanno con energia via via crescente, in funzione del livello di precompressione subita4, creando una sorta di effetto pistone. La velocità del fronte di fiamma, nell’ipotesi di innesco centrale in una nube ATEX, sarà data dalla velocità di espansione sommata alla velocità di combustione (Figura 3.2).

    Figura 3.2 – Innesco centrale in un rilascio ATEX

    Fonte: Harris, 1983

    L’iniziale combustione a pressione costante accelererà, quindi, il fronte di fiamma secondo il meccanismo rappresentato in Figura 3.3. Questo processo, se ricorrono le necessarie condizioni (es. presenza di ostacoli, ostruzioni, confinamenti, ecc.) potrà determinare la formazione di un’onda di sovrappressione: il processo di combustione laminare si trasformerà quindi in deflagrazione5.

    Figura 3.3 – Accelerazione del fronte di fiamma che genera una deflagrazione

    Se la velocità del fronte di fiamma continua ad incrementare, le modalità di combustione potrebbero, ad un certo punto, modificarsi drasticamente, trasformando la deflagrazione in detonazione6. La zona di combustione, che in una deflagrazione si propaga a velocità inferiori rispetto all’onda di sovrappressione generata, nel caso di una detonazione raggiunge (e supera) la velocità del suono. In questa situazione l’accensione dell’ATEX incombusta avviene per compressione adiabatica e si genera un’onda d’urto che si propaga alla medesima velocità del fronte di reazione.

    Inoltre, il fronte di pressione risulta molto differente in una detonazione rispetto ad una deflagrazione. L’onda d’urto che accompagna una detonazione manifesta un brusco picco di pressione che può raggiungere i 10 ÷ 15 bar e durare non più di qualche millisecondo. Per contro, la sovrappressione che si genera in una deflagrazione dura molto di più (fino a centinaia di millisecondi) e manifesta gradienti di incremento molto inferiori raggiungendo picchi massimi compresi tra 1 e 2 bar (Figura 3.4).

    Figura 3.4 – Deflagrazione e detonazione

    Fonte: elaborazione da Crowl et al., 2002

    All’aumentare dell’energia di accensione della miscela incrementa la probabilità che la deflagrazione si trasformi in detonazione. Energie di innesco compatibili con fenomeni di deflagrazione risultano dell’ordine di 10-4 J mentre detonazioni native possono essere innescate da energie superiori a 106 J (es. acetilene-aria: 1,29·105 J, propano-aria: 2,5·109 J, metano-aria: 2,3·1011 J). La probabilità che avvengano inneschi a così elevata energia è tuttavia molto limitata nei luoghi di lavoro; la maggior parte delle esplosioni accidentali sono quindi di tipo deflagrante, all’esterno dei contenimenti e degli impianti, dato che le sorgenti di accensione più comuni presenti in ambito industriale sono a relativamente basso contenuto energetico. Tale considerazione non si può estendere all’interno degli impianti e contenimenti; in tubazioni contenenti ATEX, per esempio, è possibile la formazione di onde detonanti a partire da fenomeni di deflagrazione. Di questo fenomeno daremo conto nel prosieguo del presente Capitolo.

    3.2 Le principali tipologie di incidente

    In seguito ad un rilascio di gas/vapori/nebbie o di un confinamento di polveri combustibili è possibile prevedere la presenza di un’ampia gamma di scenari di incidente riassumibili nelle seguenti grandi categorie, come già indicato nel Capitolo 1:

    • incendi;

    • esplosioni;

    • rilasci tossici.

    Tali eventi possono essere indipendenti gli uni dagli altri, avvenire contemporaneamente oppure derivare l’uno dall’altro. A seconda delle sostanze coinvolte, è possibile riassumere le varie situazioni incidentali così come indicato in Tabella 3.1.

    Tabella 3.1 – Tipologie di incidenti in relazione alle sostanze coinvolte

    Tipologia di incidente Sostanze coinvolte
    Gas, vapori e nebbie Polveri
    Incendio Pool Fire (Incendio di pozza)
    Jet Fire (Incendio di getto)
    Fireball (Sfera di fuoco)
    Flash Fire (Incendio di nube)
    Combustione dovuta alla presenza di strati di polveri (confinato o meno)
    Esplosione Vapor Cloud Explosion (Esplosione di vapori, VCE)
    Unconfined Vapor Cloud Explosion (Esplosione non confinata di vapori, UVCE)
    Boiling Liquid Expanding Vapor Cloud Explosion (BLEVE)
    Esplosione fisica da sovrappressione (es. Reazioni fuggitive, incendio esterno che coinvolga reattori di processo)
    Guasti d’inertizzazione
    Esplosione primaria (Derivante dal contenimento di polveri)
    Esplosione secondaria (Derivante dagli strati attigui all’esplosione primaria)
    Esplosione secondaria (Derivante dall’espulsione di polveri incombuste dal contenimento)
    Esplosione secondaria (Derivante dalla propagazione dell’esplosione all’interno dell’impianto)
    Rilasci tossici e nocivi non controllati Prodotti tossici/nocivi derivanti dalla combustione di gas, vapori e nebbie
    Tossicità/Nocività intrinseca dei gas, vapori e nebbie non combuste
    Prodotti tossici/nocivi derivanti dalla combustione di polveri
    Tossicità/Nocività intrinseca delle polveri non combuste
    Rilascio di gas asfissianti Rilascio accidentale di gas asfissianti utilizzati per l’inertizzazione (ambienti di lavoro ed impianti) Rilascio accidentale di gas asfissianti utilizzati per l’inertizzazione (ambienti di lavoro ed impianti)

    Come è evidente, una parte rilevante degli incidenti presuppongono lo sviluppo di reazioni di combustione atmosferica non configurabili come esplosioni ricadenti nel campo di applicazione del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 (es. Pool Fire, Jet Fire). Il BLEVE inoltre, pur essendo strettamente classificabile come esplosione, ha luogo soprattutto in occasione di incendi che si sviluppano in prossimità di recipienti in pressione contenenti gas liquefatti7. Possono esistere, inoltre, esplosioni di tipo fisico che non presuppongono la presenza di reazioni di combustione atmosferiche oppure esplosioni di recipienti a pressione indotte dalle cosiddette reazioni fuggitive (runaway reaction). Viste le modalità con le quali ha luogo la reazione, il Flash Fire (tipicamente incluso negli incendi) si ritiene inquadrabile nel Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008, poiché la combustione è di tipo atmosferico e si propaga all’insieme della miscela incombusta (senza, tuttavia, generare rilevante sovrappressione).

    Infine i rilasci tossici e/o nocivi appaiono ascrivibili al Titolo IX, D.Lgs. n. 81/2008 relativo alla valutazione del rischio chimico negli ambienti di lavoro, soprattutto a causa della presenza di un rischio per la sicurezza dei lavoratori che richiede un’attenta valutazione8. Si riporta, in Tabella 3.2 un riepilogo di sintesi dei possibili scenari incidentali, solo alcuni dei quali ricompresi nel Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008, in relazione alle condizioni e al modello sorgente relativo9.

    Tabella 3.2 – Tipologie di incidenti in relazione alle condizioni ed al modello sorgente

    Evento iniziale Condizioni Modello sorgente
    Incendio Localizzato in aria In fase liquida Incendio da recipiente (Tank Fire)
    Incendio di pozza (Pool Fire)
    In fase gas/ vapore ad alta velocità Incendio di getto (Jet Fire)
    Incendio di nube (Flash Fire)
    In fase gas/vapore Sfera di fuoco (Fireball)
    Esplosione Confinata Reazione fuggitiva (Runaway Reaction)
    Miscela gas/vapori infiammabili
    Polveri combustibili
    Non confinata Miscela gas/vapori infiammabili (UVCE)
    Transizione rapida di fase Esplosione fisica

    Rilascio tossico In fase liquida In acqua Dispersione liquido/liquido (Fluidi solubili)
    Emulsioni liquido/liquido (Fluidi insolubili)
    Evaporazione da liquido (Fluidi insolubili)
    Dispersione da liquido (Fluidi insolubili)
    Sul suolo Dispersione
    Evaporazione da pozza
    In fase gas/ vapore Ad alta o bassa velocità di rilascio Dispersione per turbolenza (Densità della nube inferiore a quella dell’aria)
    Dispersione per gravità (Densità della nube superiore a quella dell’aria)

    Un rischio particolare, che ad una prima lettura non sembrerebbe ricompreso nel Titolo XI, è quello legato all’asfissia delle persone causata dal rilascio accidentale di gas inertizzanti (es. Azoto, CO2). Tale tipologia di incidente risulta infatti inclusa nel campo di applicazione del Titolo II (ambienti di lavoro) e del relativo Allegato IV. Tuttavia questo particolare aspetto si ritiene debba comunque essere valutato anche nell’ambito del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 per almeno due motivi:

    • l’obbligo primario posto in capo al datore di lavoro è quello di prevenire la formazione di ATEX (art. 289, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008). Tale operazione presuppone spesso il ricorso a gas inerti (cfr. Capitolo 5);

    • l’art. 294-bis, D.Lgs. n. 81/2008 impone che il datore di lavoro informi e formi i propri lavoratori in merito a: “(…) eventuali rischi connessi alla presenza di sistemi di prevenzione delle atmosfere esplosive, con particolare riferimento all’asfissia (…)”.

    Da quanto detto appare evidente che il rilascio e/o il contenimento di sostanze infiammabili e polveri combustibili induce una serie di ricadute (in termini di sicurezza) disseminate in tutto il D.Lgs. n. 81/2008 e solo una parte di tali eventi incidentali risulta integralmente riconducibile al Titolo XI del D.Lgs. n. 81/2008. Nella maggioranza delle attività produttive sarà pertanto necessario sviluppare la valutazione del rischio di esplosione in coordinamento con (almeno) le valutazioni di rischio incendio e chimico. Esula inoltre dallo scopo del presente lavoro la trattazione relativa alla prevenzione degli incidenti rilevanti ricadenti nella cosiddetta Direttiva Seveso (D.Lgs. n. 105/2015); per la valutazione di tale tipologia di rischio si rimanda ad approfondimenti specifici (Torretta, 2006).

    Nel seguito si descriveranno, pertanto, i soli scenari d’incidente rientranti nel Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008 rimandando il lettore all’Allegato D per una prima illustrazione degli altri fatti incidentali non rientranti direttamente nelle Direttive ATEX.

    La suddivisione delle tipologie di esplosione ricadenti nel Titolo XI del D.Lgs. n. 81/2008 non si presenta facile; in molte situazioni il discrimine tra esplosione fisica, incendio ed esplosione ATEX vera e propria risulta molto sottile. Tuttavia l’ipotesi di lavoro che assumeremo sarà quella di ricomprendere le esplosioni in due grandi categorie:

    • esplosioni derivanti dal rilascio di gas e vapori infiammabili;

    • esplosioni confinate di gas e vapori infiammabili e polveri combustibili.

    Tale articolazione, mutuata dall’Istituto Americano degli Ingegneri Chimici (AICHE, 2000)10, presenta il vantaggio di garantire un insieme omogeneo di strumenti utili alla determinazione degli effetti dell’esplosione, così come previsto dall’art. 290, comma 1, lett d), D.Lgs. n. 81/2008.

    3.3 Esplosioni causate dal rilascio di gas e vapori infiammabili

    Le principali tipologie di esplosioni di gas, vapori e nebbie che saranno studiate sono quelle causate da deflagrazioni indotte dall’innesco di rilasci di ATEX all’esterno dei sistemi di contenimento. Gli eventi che si possono generare sono le esplosioni di vapori infiammabili (VCE) e i Flash Fire (trascureremo le VCD primarie – Vapor Cloud Detonation – causate da inneschi ad alta energia). Questi inneschi si assume risultino pressoché assenti in ambito industriale. L’accelerazione o meno del fronte di fiamma differenzierà quindi il Flash Fire dal VCE come indicato in Figura 3.5.

    Figura 3.5 – Eventi collegabili all’innesco di un rilascio di ATEX

    3.3.1 Esplosione di vapori, VCE

    L’esplosione di vapori (Vapor Cloud Explosion, VCE) è una deflagrazione che si origina da un rilascio di ATEX innescato, nel quale la velocità della fiamma accelera fino a produrre un significativo effetto di sovrappressione. Affinché si possa generare una VCE è necessario che si verifichi una combinazione tra le quattro condizioni che andremo ad illustrare (AICHE, 1994):

    • presenza di un rilascio di sostanza in condizioni idonee di infiammabilità, temperatura e pressione. Queste sostanze comprendono gas infiammabili liquefacibili (es. propano, butano), liquidi rilasciati a temperature superiori alla temperatura di infiammabilità (es. acetone, cicloesano), gas infiammabili comprimibili (es. metano, etilene, idrogeno) e gas infiammabili disciolti (es. acetilene);

    • la nube deve raggiungere un sufficiente volume prima di essere innescata. Ritardi di accensione, dall’inizio del rilascio, compresi tra uno e cinque minuti sono sufficienti per generare una VCE anche se storicamente i maggiori incidenti sono avvenuti con ritardi d’innesco di almeno 30 minuti. FM Global suggerisce, per applicare il modello TNT equivalente, di calcolare la quantità di sostanza coinvolta nell’esplosione conseguente ad un rilascio continuativo di 600 s (10 min);

    • una sufficiente quantità della nube deve essere interna al campo di esplosione. Le zone di rilascio si possono infatti suddividere in tre regioni: zone ricche di miscela infiammabile in cui la percentuale di infiammabile è superiore al UFL, zone intermedie nelle quali la concentrazione risulta compresa tra LFL ed UFL e zone povere di miscela nelle quali la concentrazione di infiammabile è inferiore al LFL. Come vedremo nel Capitolo 4 relativo alla classificazione delle zone, queste distanze dipenderanno direttamente dalle pressioni presenti in prossimità del rilascio, dall’area del foro di guasto, dalle caratteristiche chimico fisiche delle sostanze infiammabili rilasciate, dalle dimensioni dell’eventuale pozza generata, dalla tensione di vapore del liquido, dal grado di confinamento della nube e dalla velocità locale dell’aria;

    • la sovrappressione generata varia notevolmente ed è strettamente dipendente dalla velocità di combustione. Una detonazione che abbia origine da un rilascio esterno risulta molto poco probabile e può essere generata solamente da inneschi esplosivi. A sua volta, la velocità di combustione risulta influenzata dalla turbolenza dell’ATEX soggetta alle seguenti variabili:
      • modalità di rilascio (es. rilascio a getto);

      • espansione dei gas che via via tenderanno a comprimere la miscela incombusta; – ostacoli alla propagazione della fiamma come pareti, strutture, impianti, ecc.;

      • turbolenze indotte da ventilatori, compressori, scambiatori di calore, ecc.

    In genere l’accadimento di una VCE è legato alla presenza di più fattori tra quelli precedentemente indicati. L’effetto atteso maggiormente significativo e distruttivo di una VCE è rappresentato dall’onda di sovrappressione generata dal processo di combustione accidentale, pur non essendo comunque trascurabili danni derivanti dalla radiazione termica e dalla proiezione di oggetti (Tabella 3.3).

    Tabella 3.3 – Effetti di una VCE

    Effetto della VCE Sì No Parziale
    Radiazione termica ☑ ☐ ☐
    Rilascio di gas tossici ☑ ☐ ☐
    Frammenti proiettati ☐ ☐ ☑
    Fiamme generate ☑ ☐ ☐
    Sovrappressione ☑ ☐ ☐
    Propagazione (interno impianti) ☐ ☐ ☑
    Flame Jet Ignition (interno impianti) ☐ ☐ ☑
    Pressure Piling (interno impianti) ☐ ☐ ☑

    3.3.2 Flash Fire

    Il Flash Fire è una deflagrazione che si origina da un rilascio di ATEX innescato nel quale non si verificano particolari accelerazioni del fronte di fiamma e che non produce significativi picchi di sovrappressione. Si genera tuttavia un’espansione dei gas combusti fino ad 8÷10 volte il volume di rilascio iniziale. I principali rischi associati al Flash Fire sono rappresentati dalle radiazioni termiche e dal diretto contatto con le fiamme. La dimensione della nube di ATEX determina il volume del possibile contatto diretto con le fiamme.

    Il fenomeno del Flash Fire generalmente anticipa gli scenari di incendio di infiammabili elencati in Tabella 3.1 e in Tabella 3.2. In particolare sia gli incendi di pozza, sia gli incendi a getto, sia le VCE hanno origine da un’iniziale Flash Fire della nube ATEX non ancora innescata.

    Si può asserire che la conversione di un Flash Fire in VCE si verificherà con maggiore probabilità se il volume della nube è rilevante e se essa risulta confinata e congestionata. In queste situazioni aumenta infatti la possibilità di un incremento progressivo della velocità del fronte di fiamma associata ad una sovrappressione. Inoltre, se l’innesco della nube avviene lontano dalla zona di rilascio, la combustione andrà ad interessare strati di miscela progressivamente più ricchi di infiammabile, aumentando quindi l’energia rilasciata e la probabilità di conversione in VCE.

    Si noti che le specie chimiche più reattive (idrogeno, acetilene) possono causare una transizione da Flash Fire a VCE già in presenza di pochi kg di rilascio (AICHE, 2000). Come approfondiremo nel Capitolo 8, discriminare tra una VCE o un Flash Fire risulta importante dato che la quantificazione delle distanze di danno (e quindi l’identificazione delle zone di sicurezza) seguirà percorsi analitici differenti nei due casi.

    I danni attesi associati ad un Flash Fire sono strettamente connessi alla generazione della radiazione termica derivante dal processo di combustione; i fenomeni di sovrappressione e proiezione di oggetti risultano tecnicamente trascurabili (Tabella 3.4).

    Tabella 3.4 – Effetti di un Flash Fire

    Effetto del Flash Fire Si No Parziale
    Radiazione termica ☑ ☐ ☐
    Rilascio di gas tossici ☑ ☐ ☐

    Effetto del Flash Fire Si No Parziale
    Frammenti proiettati ☐ ☐ ☑
    Fiamme generate ☑ ☐ ☐
    Sovrappressione ☐ ☐ ☑
    Propagazione (interno impianti) ☐ ☐ ☑
    Flame Jet Ignition (interno impianti) ☐ ☐ ☑
    Pressure Piling (interno impianti) ☐ ☐ ☑

    3.4 Alberi degli eventi per rilascio di liquidi e gas infiammabili

    Uno strumento qualitativo di estrema utilità per lo studio degli scenari incidentali è costituito dalla rappresentazione grafica denominata Albero degli Eventi (Event Tree Analysis)11. Attraverso tale analisi si possono caratterizzare gli eventi conseguenti ad un rilascio di ATEX.

    Gli alberi costruiti saranno finalizzati alla determinazione degli scenari incidentali di riferimento e possiederanno tutti un evento iniziatore indotto dal rilascio di liquido o gas infiammabile; non si comprenderanno nell’analisi guasti catastrofici quali la rottura netta (a ghigliottina) di tubazioni e contenimenti. Per tali incidenti, come per tutti gli eventi catastrofici cui può essere soggetta l’attività, dovranno essere approntate le misure di prevenzione e protezione necessarie ad evitarne tecnicamente l’accadimento12. Gli scenari di incidente si individuano sulla scorta di quanto indicato nella ex Guida CEI 31-35:2012 ora abrogata ma comunque utilizzabile come riferimento tecnico. Tale linea guida di classificazione delle zone suggerisce di analizzare le seguenti modalità di emissione:

    • gas in fase singola emesso a bassa ed alta velocità;

    • liquido che non evapora nell’emissione;

    • liquido che evapora nell’emissione (gas liquefatto o liquido surriscaldato).

    La ex Guida CEI 31-35:2012 indica ulteriori ipotesi di emissione13, utili per l’operazione di classificazione delle zone ma che poco aggiungono alle analisi di scenario che svilupperemo. Le valutazioni saranno realizzate tenendo in considerazione l’eventuale formazione di pozze di infiammabili, la presenza di sorgenti di accensione immediate o differite e lo sviluppo di una VCE o di un Flash Fire. Quest’ultima analisi deve essere implementata in funzione del grado di confinamento e congestione della nube.

    3.4.1 Scenari connessi al rilascio di gas infiammabili in fase singola

    La valutazione con albero degli eventi si svolge nell’ipotesi che sia rilasciato con continuità un gas infiammabile ed eventualmente tossico per l’uomo ma che, una volta combusto, non possieda particolari caratteristiche di nocività (quest’ultima ipotesi è semplificativa e può essere modificata in relazione alla concreta tipologia dello scenario valutato). Tale rilascio può avvenire a seguito dell’usura di elementi di tenuta (guarnizioni) poste a presidio di flange, tenute d’albero, ecc.

    Come risulta evidente dall’analisi, tra gli scenari possibili (Figura 3.6), si possono prevedere fuochi a getto nei casi di innesco immediato dell’ATEX. Nel caso di inneschi ritardati è possibile prevedere lo sviluppo di esplosioni (VCE o Flash Fire) che precederanno comunque il fuoco a getto. Nel caso non si preveda innesco si svilupperà un rilascio e dispersione di gas tossico.

    Lo studio degli effetti prevedibili, oltre all’approfondimento legato ai danni da esplosione, dovrà comprendere quindi gli eventuali effetti dell’incendio a getto verificando, in particolare, l’indebolimento strutturale sulle costruzioni connesso all’irradiazione termica (art. 46, D.Lgs. n. 81/2008) oppure, nel caso di rilascio non innescato, gli effetti chimici sulla sicurezza delle persone connessi al rilascio del tossico (Titolo IX, D.Lgs. n. 81/2008).

    Figura 3.6 – Albero degli eventi relativo ad un rilascio continuo di gas infiammabile e/o tossico

    3.4.2 Scenari connessi al rilascio di liquidi che non evaporano all’emissione

    In questo caso lo studio con albero degli eventi si concentra sulla valutazione dello scenario collegato all’emissione di un liquido infiammabile (eventualmente tossico se non combusto) che, fuoriuscendo dal guasto di progetto (es. usura di una tenuta), genera una pozza di liquido infiammabile. La sostanza, in questo caso, risulta relativamente altobollente per cui non è prevedibile una rilevante evaporazione all’emissione (es. acetone, benzina).

    Tra gli scenari prevedibili si individua un incendio di pozza nel caso di innesco immediato del rilascio. In caso di ritardo nell’accensione è possibile lo sviluppo di VCE o Flash Fire a cui seguirà comunque l’incendio della pozza. Anche in questo caso si prevede un semplice rilascio di tossico se non sono previste reazioni di combustione. Lo studio degli effetti dovrà quindi approfondire quantitativamente gli effetti della VCE o del Flash Fire (se prevedibili) e l’indebolimento delle strutture prossime all’incendio a causa del calore radiante (art. 46, D.Lgs. n. 81/2008) sviluppato nell’incendio di pozza. Il rilascio può determinare, se non innescato, rischi per la sicurezza chimica da approfondire nell’ambito del Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008.

    Figura 3.7 – Albero degli eventi relativo ad un rilascio continuo di liquido altobollente infiammabile e/o tossico

    3.4.3 Scenari connessi al rilascio di liquidi che evaporano all’emissione

    L’ipotesi di guasto considerata in questo caso è relativa ad un rilascio di liquido infiammabile che evapora durante il processo di emissione. L’emissione, come nei casi precedenti, è previsto sia generata a seguito di usura o guasto a tenute. Sostanze che possono generare una simile evenienza sono tutti i gas liquefatti (es. GPL, propano) oppure liquidi infiammabili surriscaldati.

    Lo studio degli eventi successivi al rilascio risulta maggiormente complesso rispetto a quello dei casi precedenti soprattutto a causa del primo discrimine che viene indicato (formazione o meno di pozza di infiammabile). A causa di tale assunzione gli scenari risultanti si articolano in ipotesi molto diverse tra loro, come è rappresentato in Figura 3.8.

    Figura 3.8 – Albero degli eventi relativo ad un rilascio continuo di liquido bassobollente infiammabile e/o tossico

    Un approfondimento degli aspetti più propriamente chimico-fisici dell’evento (es. Flashing, Rainout) è riportato nel successivo Capitolo 4 al quale si rimanda.

    Anche in questo caso l’esplosione può determinare effetti aggiuntivi (incendio e/o rilascio tossico) che sarà necessario valutare nell’ambito di valutazioni specifiche di rischio.

    3.5 Esplosioni confinate di gas e vapori infiammabili e polveri combustibili

    Per esplosione confinata si intende lo sviluppo di deflagrazioni causate dalla presenza di ATEX all’interno di impianti di contenimento a bassa resistenza non ricadenti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 93/2000 (Direttiva PED) e del D.M. n. 329/2004. L’ATEX in questo caso potrà essere generata o da gas e vapori infiammabili oppure da polveri combustibili. Non si considereranno fenomeni di incremento di pressione derivanti da decomposizione chimica o da reazioni fuggitive da studiare ed approfondire in altro ambito applicativo.

    Durante un fenomeno di esplosione interna ad un contenimento si generano pressioni che, nel caso di massima efficienza nella combustione, possono raggiungere gli 8 bar per i gas e vapori infiammabili e i 10 bar nel caso delle polveri combustibili. Appare quindi evidente che tali pressioni, nella maggior parte delle situazioni impiantistiche (sia per liquidi e vapori infiammabili, sia per polveri combustibili), superino la resistenza delle strutture. È pertanto prevedibile la frammentazione del contenimento oltre alla generazione di sovrappressioni e incendi. Come vedremo nel seguito, sia nel caso dei liquidi e vapori infiammabili, sia per le polveri combustibili ci si deve attendere che a seguito dell’esplosione iniziale o primaria ci sia una propagazione del fenomeno sia all’interno che all’esterno della rimanente parte dell’impianto (esplosione secondaria).

    3.5.1 Esplosioni confinate di gas e vapori infiammabili

    Se una miscela ATEX è contenuta in un volume resistente alle sollecitazioni indotte dall’esplosione, è possibile determinare la massima pressione sviluppata durante l’evento. Nota che sia la temperatura adiabatica di fiamma, la massima pressione può essere calcolata con l’ausilio della legge dei gas ideali (escludendo la genesi di detonazioni locali). Se assumiamo con l’indice “1” le condizioni ambiente e con l’indice “2” la miscela combusta, si può scrivere:

    Se ipotizziamo la presenza di iniziali condizioni atmosferiche (P1=1 bar, T1=298 K) e di trasformazione isocora (V1=V2), i parametri che permettono di determinare la massima pressione sviluppata durante l’esplosione, (P2), saranno la temperatura adiabatica di fiamma e il rapporto molare tra reagenti e prodotti di combustione (n2/n1). Nel caso del metano, per esempio, la quantità di moli reagenti e prodotte durante la combustione risulta circa uguale (n2/n1=1)14 e la temperatura adiabatica di fiamma è pari a 2250K15. La pressione sviluppata durante l’esplosione sarà pertanto calcolabile come di seguito indicato:

    Se la miscela brucia lontana dalla concentrazione stechiometrica la temperatura adiabatica risulterà inferiore, così come la pressione finale sviluppata.

    Inoltre, dall’equazione precedente, è possibile dedurre come esplosioni innescate a partire da basse temperature genereranno pressioni superiori a fenomeni che hanno avuto inizio da temperature maggiori (Babrauskas, 2003), nell’ipotesi si raggiunga la temperatura di combustione adiabatica, ovviamente.

    L’esplosione confinata, in impianti complessi e tra loro collegati, dovuta alla presenza di gas e vapori infiammabili si suddivide, ai fini dell’analisi, in due principali tipologie: esplosione primaria ed esplosione secondaria. L’esplosione primaria, come abbiamo già avuto modo di anticipare, è la deflagrazione che si origina dal primo contenimento di ATEX innescato mentre l’esplosione secondaria (singola o multipla) si genera a causa della presenza di tubazioni di collegamento con presenza di ATEX al proprio interno (es. recupero di vapori, sistemi di collegamento degli sfiati di reattori, ecc.). Non necessariamente l’esplosione secondaria risulta confinata; per esempio, nel caso delle tubazioni di aspirazione di vapori infiammabili esplosione primaria potrebbe essere generata nel sistema di depurazione (es. filtro a carboni attivi) e poi propagarsi fino allo sfogo nell’ambiente di lavoro. Oppure, ancora, l’esplosione secondaria potrebbe trasmettersi direttamente all’ambiente di lavoro a causa del cedimento del contenimento. Nella Figura 3.9 si riporta un riepilogo di quanto accennato rimandando per la descrizione approfondita ai successivi Capitoli.

    Figura 3.9 – Esplosioni primarie e secondarie dovute a gas e vapori infiammabili

    3.5.1.1 Esplosione primaria per gas e vapori infiammabili

    Le conseguenze di un’esplosione primaria che avvenga all’interno di confinamento di gas o vapori infiammabili (in condizioni atmosferiche) sono date dall’incapacità delle strutture di resistere alle sollecitazioni dovute alle sovrappressioni e sovratemperature generate dall’evento.

    È prevedibile che in queste situazioni il cedimento della struttura provochi, oltre alla generazione di onde di sovrappressione significative accompagnate da fiamme, anche la frammentazione dei recipienti non protetti dall’esplosione (Tabella 3.5).

    Tabella 3.5 – Effetti dell’esplosione primaria (gas e vapori infiammabili)

    Effetto dell’esplosione primaria (gas e vapori) Sì No Parziale
    Radiazione termica ☑ ☐ ☐
    Rilascio di gas tossici ☑ ☐ ☐
    Frammenti proiettati ☑ ☐ ☐
    Fiamme generate ☑ ☐ ☐
    Sovrappressione ☑ ☐ ☐
    Propagazione (interno impianti) ☑ ☐ ☐
    Flame Jet Ignition (interno impianti) ☑ ☐ ☐
    Pressure Piling (interno impianti) ☑ ☐ ☐

    L’esplosione primaria è possibile sia seguita, come già anticipato, da una o più esplosioni secondarie le quali hanno modo di propagarsi all’interno dell’impianto attraverso i collegamenti tra i contenimenti. Il collegamento, in questo caso come in quello delle polveri combustibili, può diventare una sorta di catalizzatore dell’esplosione, dato che si possono generare fenomeni di accumulo di pressione (Pressure Piling) e di innesco con fiamma a getto (Flame Jet Ignition).

    3.5.1.2 Esplosione secondaria per gas e vapori infiammabili

    I fenomeni di esplosione secondaria conseguenti all’esplosione primaria, nel caso di gas e vapori infiammabili, sono riassumibili nei seguenti:

    • accumulo di pressione (Pressure Piling, PP);

    • transizione Deflagrazione-Detonazione (Deflagration to Detonation Transition, DDT);

    • innesco con fiamma a getto (Flame Jet Ignition, FJI).

    L’accumulo di pressione, definito normalmente Pressure Piling, ha luogo in contenimenti interconnessi e non isolati; la deflagrazione ed il relativo aumento di pressione (7÷8 bar) e di temperatura che ha luogo nel primo contenimento si trasmetterà al secondo inducendo incrementi di pressione che possono raggiungere anche i 20÷30 bar. Nel caso di esplosioni di particolare violenza che hanno inizio da un contenimento di grande volume e sfogano in uno con minor capacità volumetrica, possono aver luogo anche fenomeni di detonazione dell’ATEX. L’effetto trova spiegazione nel fatto che l’esplosione secondaria, che avviene nel contenitore posto a valle del primo, ha luogo in un’ATEX già fortemente precompressa, surriscaldata e resa turbolenta dall’esplosione primaria del primo contenimento.

    Il Pressure Piling può generarsi anche nel caso in cui l’esplosione primaria si verifichi in contenimenti protetti (venting o soppressione chimica) ma non adeguatamente isolati dalle rimanenti parti di impianto.

    Particolare attenzione deve essere posta al secondo aspetto dell’esplosione secondaria definito transizione deflagrazione-detonazione (Deflagration Detonation, Transition, DDT). Le esperienze condotte in tubazioni chiuse ad un’estremità indicano che la deflagrazione, innescata in corrispondenza dell’estremità chiusa, propagandosi all’interno della tubazione precomprime progressivamente gli strati di ATEX non combusti presenti. Tali strati reagiscono, una volta innescati, con velocità del fronte di fiamma via via più elevate e turbolente a causa dell’effetto pistone già descritto precedentemente. In questa situazione il fronte di fiamma, dopo alcuni secondi, raggiunge l’onda di sovrappressione ed il fenomeno, inizialmente deflagrante si trasforma in detonante.

    La distanza in corrispondenza della quale ha luogo la DDT è detta distanza di run up o distanza di transizione ed è una funzione diretta del diametro della tubazione. Maggiore è il diametro, più elevata sarà la distanza di transizione, con l’eccezione dell’idrogeno che manifesta già con diametri pari o superiori di 20 cm una distanza di run up circa pari a 12 m (Tabella 3.6).

    Infine, un aspetto particolarmente significativo e delicato legato alla propagazione dell’esplosione da un contenimento ad un altro è rappresentato dal fenomeno dell’innesco con fiamma a getto (FJI). Infatti, l’innesco dell’esplosione secondaria con un FJI induce un notevole aumento dei parametri di esplosione Pmax e Kg come illustrato in Figura 3.10 nel caso del kerosene.

    Tale drastica modifica dei parametri di esplosione può compromettere per intero il dimensionamento dei sistemi di protezione contro le esplosioni (cfr. per esempio NFPA 68 e NFPA 69) ed invalidare, quindi, l’intera strategia di protezione dell’impianto.

    Tabella 3.6 – Distanze di transizione DDT in funzione del diametro

    Fonte: elaborazione da Hattwing et al., 2004 e Babrauskas, 2003

    Figura 3.10 – Modifica della pressione massima di esplosione del kerosene con inneschi a varia energia

    Fonte: Pascaud J.M. et al., 2005

    3.5.2 Esplosioni confinate di polveri combustibili

    I fenomeni di esplosione derivanti dalla presenza di polveri combustibili risultano nella maggioranza dei casi, generati dall’interno di un sistema di contenimento. Meno frequenti, ma comunque possibili, sono infatti le esplosioni primarie di polveri che hanno origine all’esterno degli impianti16.

    Come già fatto nel caso dei gas e vapori infiammabili confinati, si ricorrerà al termine esplosione primaria per identificare le deflagrazioni che hanno origine all’interno di un contenimento (silo, filtro, ciclone, ecc.) mentre con il termine esplosioni secondarie si considereranno le deflagrazioni conseguenti all’esplosione primaria che avranno ripercussioni sia all’esterno sia all’interno del contenimento. Le esplosioni secondarie, nel caso di polveri combustibili, possono essere correlate alla presenza di strati di polveri in deposito all’esterno della parte di impianto esplosa, all’espulsione di polveri incombuste dal contenimento dovute all’esplosione primaria e, infine, alla propagazione dell’esplosione nelle tubazioni di adduzione e trasporto.

    A fini operativi e di analisi si assumerà che le esplosioni secondarie avvengano solo successivamente all’esplosione primaria, come dimostra una buona maggioranza degli incidenti registrati in passato (Figura 3.11).

    Figura 3.11 – Esplosioni primarie e secondarie dovute a polveri combustibili

    3.5.2.1 L’esplosione primaria per polveri combustibili

    Affinché possa aver luogo un’esplosione primaria risulta indispensabile il soddisfacimento di almeno sei condizioni tra loro indipendenti:

    • la polvere deve essere combustibile. Le sostanze che possono generare ATEX sono le seguenti: a) sostanze organiche naturali come grano, zucchero, caffè, legno, ecc.; b) sostanze organiche sintetiche come plastiche, pigmenti organici, pesticidi, intermedi farmaceutici, ecc.; c) carbone e coke; d) metalli come alluminio, magnesio, zinco, ecc. Tali materiali, ridotti in polvere a causa dei processi industriali subiti, dovranno possedere frazioni granulometriche non trascurabili con diametri inferiori a circa 500 µm;

    • deve essere presente un comburente. Generalmente il comburente presente negli impianti di trattamento polveri è l’ossigeno dell’aria. La combustione può comunque avvenire anche a concentrazioni di ossigeno inferiori a quelle atmosferiche anche se superiori al LOC (cfr. Capitolo 2);

    • la polvere deve essere in sospensione. Tale condizione si verifica durante le operazioni di caricamento, immissione e pulizia maniche filtranti; in queste situazioni, infatti, le polveri manifesteranno la tendenza a rimanere in sospensione, anche dopo averne interrotto l’alimentazione, a causa della presenza di velocità residue di circolazione all’interno dello spazio confinato. In particolare, il tempo di persistenza dell’ATEX risulterà strettamente collegato alla granulometria. Polveri con densità in volume di circa 2 g/cm3 possiedono una velocità di sedimentazione pari a 1 m/s se di granulometria pari a 150 µm; tale velocità si riduce di 100 volte (1 cm/s) per le frazioni granulometriche inferiori a 10 µm (INERIS, 2000). Sarà pertanto sufficiente un minimo di circolazione di aria per mantenere in sospensione le polveri di granulometria più fine che risultano, tra l’altro, più facilmente innescabili rispetto alle frazioni granulometriche più grossolane;

    • la concentrazione della polvere deve essere interna al campo di esplosione. Le polveri evidenziano limiti inferiori di esplosione minimi (LEL) compresi tra 15 e 30 g/m3. Il valore di UEL per le polveri non viene di norma sottoposto a test ma è comunque pari a circa 2÷3 kg/m3. La regola pratica che consente di determinare in modo approssimato la concentrazione delle polveri presenti nel contenimento è la seguente: in un volume di polveri in sospensione caratterizzati da una concentrazione pari a 40 g/m3, la vista di una lampadina ad incandescenza della potenza di 25 W viene occultata completamente a 2 m di distanza (Eckhoff, 2003)17;

    • la polvere deve essere confinata. Il confinamento permette alle polveri di accrescere la loro concentrazione e, al contempo, ne permette il sostentamento per tempi lunghi;

    • deve essere presente una sorgente di accensione efficace. Naturalmente l’innesco della nube deve avvenire attraverso una sorgente di accensione che possieda un’energia sufficiente all’innesco. Vedremo nel Capitolo 6 che non tutte le sorgenti di accensione, pur magari presenti nel contenimento, risultano efficaci per accendere l’ATEX.

    Queste considerazioni si possono riassumere nell’esagono dell’esplosione (Figura 3.12) che rappresenta una sorta di evoluzione del triangolo del fuoco utilizzato per illustrare le problematiche di prevenzione incendi (INERIS, 2008).

    Figura 3.12 – Esagono dell’esplosione primaria

    Gli effetti dell’esplosione primaria dovuta a contenimenti di polveri combustibili è riportata in Tabella 3.7.

    Tabella 3.7 – Effetti dell’esplosione primaria (polveri combustibili)

    Effetto dell’esplosione primaria (polveri combustibili) Sì No Parziale
    Radiazione termica ☑ ☐ ☐
    Rilascio di gas tossici ☑ ☐ ☐
    Frammenti proiettati ☑ ☐ ☐
    Fiamme generate ☑ ☐ ☐
    Sovrappressione ☑ ☐ ☐
    Propagazione (interno impianti) ☑ ☐ ☐
    Flame Jet Ignition (interno impianti) ☑ ☐ ☐
    Pressure Piling (interno impianti) ☑ ☐ ☐
    3.5.2.2 L’esplosione secondaria per polveri combustibili

    Abbiamo già avuto modo di dire che una buona maggioranza delle esplosioni che coinvolgono polveri combustibili hanno origine, al contrario di gas e vapori infiammabili, dall’interno dei sistemi di contenimento (esplosioni primarie) ed eventualmente si propagheranno all’esterno o in altre parti dell’impianto con lo sviluppo di esplosioni secondarie. In genere le esplosioni che hanno origine all’interno dei sistemi di contenimento delle polveri sono deflagranti. Il fenomeno dell’esplosione secondaria nel caso di polveri combustibili è pertanto riassumibile nei seguenti scenari di incidente:

    • esplosione causata dalla dispersione e successivo innesco degli strati di polveri presenti in adiacenza del contenimento primario esploso;

    • esplosione causata dall’espulsione dal contenimento di polveri non combuste, accese a loro volta dalla fiamme generate dall’esplosione primaria;

    • accumulo di pressione (PP);

    • transizione Deflagrazione-Detonazione (DDT);

    • innesco con fiamma a getto (FJI).

    Il fenomeno di transizione tra deflagrazione e detonazione può avvenire lungo condotte di trasporto pneumatico non isolate con valori del rapporto L/D (Lunghezza/Diametro) sufficientemente alti e con polveri ad medio/alto Kst.

    Per quanto invece attiene la sola propagazione dell’esplosione nelle tubazioni, nel caso di diametri inferiori a 0,1 m e polveri con classe di esplodibilità St1, se l’accensione ha inizio da un contenimento correttamente protetto con venting (Pred ≤ 0,5 bar), la probabilità di propagazione dell’esplosione all’interno del trasporto pneumatico risulta verosimilmente bassa (Barton, 2002). Lo stesso autore citato ritiene in ogni caso molto improbabile tra propagazione dell’esplosione tra contenimenti collegati (e non protetti da sistemi di sfogo o soppressione) nel caso siano presenti diametri di collegamento inferiori a 0,1 m e polveri di classe St1 e St2. D’altro canto è provata la propagazione del fronte di fiamma all’interno di condotte aventi diametro compreso tra 0,2 e 0,6 m (NFPA 68), a partire da un innesco proveniente da un contenitore correttamente protetto con venting calcolato su una Pred ≤ 0,5 bar.

    Nel range di diametro compreso tra 0,1 e 0,2 m, risulta invece incerta la propagazione dell’esplosione all’interno della tubazione. In particolare trial di test realizzati in tubazioni aperte ai lati dimostrano che dimensioni inferiori a 0,15 m non propagano l’esplosione con polveri di classe St1 (Holbrow et al., 1997).

    In altre situazioni di esperimento (piping con chiusure all’uscita o all’ingresso), si evidenzia un sostentamento del fronte di fiamma fino a diametri di 0,1 m; tuttavia una riduzione del diametro di test da 0,2 a 0,1 m, diminuisce drasticamente la violenza dell’esplosione (Vogl, 1995; Lunn, 2001). In particolare si nota che la pressione sviluppata all’interno della tubazione in corrispondenza a diametri di 100 mm risulta trascurabile per le polveri con Kst inferiore a 114 bar·m/s testate nello studio (Figura 3.13).

    Figura 3.13 – Massima velocità del fronte di fiamma e massima pressione di una miscela polvere/aria misurata in tubazioni di trasporto pneumatico. Diametri: 100÷200 mm; Lunghezza: 48 m, velocità di convogliamento: 30 m/s

    Fonte: Vogl, 1995

    L’esplosione secondaria che si propaga da un contenimento ad un altro genera in quest’ultimo sovrappressioni di norma incompatibili con la resistenza delle strutture. Inoltre, queste situazioni di innesco, così come per i vapori e gas infiammabili già visti, rendono critico il dimensionamento dei sistemi di protezione basato sull’innesco a bassa energia.

    Nel caso di contenimento protetti con dispositivi di sfogo delle esplosioni sono ammessi sistemi di collegamento privi di dispositivi di isolamento nel caso in cui la tubazione abbia diametro inferiore a 300 mm e lunghezza minore di 6 m (art. 5.4.2, EN 14491). Devono inoltre essere rispettate le seguenti condizioni:

    • entrambi i contenimenti devono possedere la medesima dimensione (con oscillazioni del 10%) e devono essere protetti in conformità a quanto previsto dalla Norma tecnica EN 14491;

    • le superfici di sfogo devono essere dimensionate in relazione a sovrappressioni massime ridotte pari a pred,max ≤ 1 bar. La sovrappressione di progetto non deve essere inferiore a 2 bar. Se non fosse possibile sfogare il contenimento più piccolo, allora questo dovrà essere progettato per resistere alla massima sovrappressione di esplosione e l’area di sfogo del contenimento maggiore dovrà essere raddoppiata. L’utilizzo di sistemi di sfogo dell’esplosione sarà impossibile se il contenimento maggiore non potrà essere sfogato secondo queste modalità;

    • i dispositivi di sfogo devono essere progettati per una pressione di attivazione statica pari a pstat ≤ 0,2 bar.

    3.6 Alberi degli eventi per esplosioni confinate in impianti contenenti liquidi infiammabili o polveri combustibili

    Gli alberi degli eventi costruiti si riferiscono ai soli incidenti di impianti nei quali sono presenti liquidi infiammabili o polveri combustibili in condizioni atmosferiche. Saranno pertanto esclusi dall’analisi gli impianti contenenti gas infiammabili (tipicamente confinati a pressioni molto maggiori della pressione atmosferica) e liquidi infiammabili o polveri combustibili in condizioni non atmosferiche.

    Gli scenari di incidente saranno analizzati in dipendenza del tipo e dell’efficacia delle misure di protezione installate (venting, soppressione chimica, isolamento dall’esplosione). L’elenco degli acronimi utilizzati è il seguente:

    • Esplosione I: Esplosione primaria con presenza di frammentazione del contenimento;

    • Esplosione I sfogata: Esplosione primaria con assenza di frammentazione del contenimento;

    • Esplosione II: Esplosione secondaria trasmessa dai sistemi di collegamento presenti tra un contenimento e l’altro con presenza di frammentazione del contenimento a cui viene trasmessa l’esplosione. Nel caso di presenza di strati esterni o di polveri interne, l’esplosione secondaria di questo tipo si comporterà come un’esplosione primaria generando a sua volta esplosioni secondarie di strati e interne;

    • Esplosione II, strati: Esplosione secondaria dovuta alla presenza di strati di polvere esterni;

    • Esplosione II, interne: Esplosione secondaria dovuta all’espulsione di polveri incombuste interne al contenimento;

    • Soppressione chimica: Soppressione chimica ad alta densità di scarica HRD;

    • PP: Accumulo di pressione – Pressure Piling;

    • DDT: Transizione deflagrazione detonazione;

    • FJI: Accensione per fiamma a getto – Flame Jet Ignition;

    • PF: Incendio di pozza – Pool Fire.

    3.6.1 Scenari connessi ad impianti contenenti liquidi infiammabili con presenza o meno di venting ed isolamento

    La valutazione con albero degli eventi si svolge nell’ipotesi che all’interno dell’impianto sia presente un liquido infiammabile che possa essere innescato da cause interne all’impianto stesso (es. cariche elettrostatiche, inneschi elettrici dovuti ad apparecchi non ATEX, ecc.). La valutazione procederà a discriminare in casi in funzione dell’efficacia o meno dei sistemi di sfogo dell’esplosione e dei sistemi di isolamento (Figura 3.14).

    Figura 3.14 – Albero degli eventi relativo ad un impianto eventualmente protetto con venting ed isolato (ATEX dovuta a liquidi infiammabili)

    Lo studio degli scenari indica che anche nella situazione più conservativa (venting ed isolamento correttamente dimensionato ed installato) è prevedibile che si generi un’esplosione primaria sfogata.

    Nel caso in cui il sistema di isolamento sia scorrettamente progettato e/o installato non si può escludere che l’esplosione del primo contenimento possa successivamente propagarsi nel secondo. Tale propagazione non potrà che determinare effetti di accumulo di pressione (PP), transizioni deflagrazione-detonazione (DDT), e inneschi con fiamma a getto (FJI) che causeranno quindi esplosioni secondarie con possibili effetti di frammentazione. Il cedimento del secondo contenimento potrà causare a sua volta sversamenti di liquido infiammabile e quindi un incendio di pozza (PF).

    Nel terzo caso, risultando efficiente il solo isolamento, si determinerà un’esplosione primaria con lesione al contenimento e quindi sversamento di infiammabile e incendio di pozza conseguente.

    Il quarto scenario rappresenterà in assoluto l’ipotesi peggiore data la totale inefficienza del sistema di venting ed isolamento.

    Lo studio degli effetti prevedibili dovrà approfondire la sovrappressione generata dall’esplosione primaria e gli eventuali effetti dell’incendio di pozza.

    3.6.2 Scenari connessi ad impianti contenenti liquidi infiammabili con presenza o meno di soppressione chimica ed isolamento

    L’analisi in questo caso risulta analoga alla precedente con la sola differenza che la protezione dei contenimenti è realizzata con sistemi di soppressione chimica ad alta densità di scarica (High Rate Discharge, HRD) come indicato in Figura 3.15.

    Figura 3.15 – Albero degli eventi relativo ad un impianto eventualmente protetto con soppressione HRD ed isolato (ATEX dovuta a liquidi infiammabili)

    L’analisi delle ipotesi di incidente evidenzia che il contenimento correttamente protetto con soppressione chimica manifesta criticità minori rispetto ai sistemi di protezione con sfogo.

    Con questo tipo di protezione correttamente dimensionata ed installata, non sono attesi particolari effetti di trasmissione dell’esplosione (che non si può comunque escludere in assenza di un sistema di isolamento).

    I rimanenti due scenari risultano sovrapponibili a quelli analizzati in precedenza. Anche in questi casi, come per i precedenti, l’analisi dovrà tenere in considerazione la presenza di effetti di riscaldamento dovuti all’incendio oltre naturalmente agli effetti dell’esplosione primaria e secondaria.

    3.6.3 Scenari connessi ad impianti contenenti polveri combustibili con presenza o meno di venting ed isolamento

    L’analisi condotta in questo caso si differenzia dalle precedenti per la tipologia di ATEX presente (polveri combustibili in luogo di liquidi infiammabili) e per la valutazione di un’eventuale presenza all’esterno dei contenimenti di strati di polveri.

    Figura 3.16 – Albero degli eventi relativo ad un impianto eventualmente protetto con venting ed isolato (ATEX dovuta a polveri combustibili)

    La situazione di minor rischio rappresentata (installazione di venting e isolamento correttamente dimensionato, assenza di strati esterni) prevede comunque la presenza di un’esplosione di cui dovrà essere previsto lo sfogo in luogo sicuro (Figura 3.16).

    La situazione maggiormente a rischio è evidentemente quella che non prevede né la protezione con venting né l’isolamento dall’esplosione in presenza comunque di polveri esterne depositate in strato. In questa ipotesi si verranno a generare almeno un’esplosione con frammentazione che coinvolgerà tutti i contenitori tra loro collegati ed esplosioni secondarie causate dall’espulsione di polveri incombuste e dalla nebulizzazione degli strati di polveri circostanti i contenimenti. Si ritiene comunque prevedibile la presenza di incendi successivi all’esplosione.

    3.6.4 Scenari connessi ad impianti contenenti polveri combustibili con presenza o meno di soppressione chimica ed isolamento

    La valutazione viene ora sviluppata in impianti protetti contro l’esplosione da sistemi di soppressione chimica. Tale tipologia di protezione risulta maggiormente onerosa rispetto all’adozione di sfogo dell’esplosione. Come vedremo nel Capitolo 7, la soppressione chimica è indicata per la protezione di contenimenti posti in luoghi chiusi.

    La Figura 3.17 evidenzia che l’adozione di un sistema di protezione a soppressione chimica, correttamente dimensionato, installato e coordinato con un idoneo isolamento non determina particolari ricadute sull’ambiente esterno dato che l’esplosione nascente viene ad essere soppressa nelle prime fasi di innesco. Tale effetto risulta indipendente dalla presenza o meno di strati esterni di polveri combustibili. Lo scenario peggiore risulta allineato a quello previsto per l’impianto protetto con venting (illustrato nel paragrafo precedente).

    Figura 3.17 – Albero degli eventi relativo ad un impianto eventualmente protetto con soppressione chimica ed isolato (ATEX dovuta a polveri combustibili)

    3.6.5 Le misure di prevenzione e protezione

    La predisposizione di misure di prevenzione e protezione per far fronte agli scenari di incidente indicati risulta evidentemente indispensabile. Tali misure dovranno tuttavia risultare efficienti, efficaci ed adeguate all’attività da proteggere. La scelta di queste strategie di protezione contro le esplosioni sarà pertanto importantissima nella logica di gestione della sicurezza dei lavoratori, degli impianti, dei processi e dei cicli di produzione aziendali, soprattutto in considerazione del fatto che non esiste un’unica misura efficace e consigliabile in ogni situazione. Dato che l’obiettivo da raggiungere (=sicurezza dei lavoratori contro il rischio di esplosione) risulta ottenibile perseguendo scelte di protezione tra loro alternative, ben si comprende l’importanza della fase di pianificazione e progettazione preliminare di tali misure. In Tabella 3.8 si riporta un riepilogo delle più tipiche18 misure di protezione da adottare in funzione della sostanza infiammabile/combustibile generatrice dell’ATEX.

    Tabella 3.8 – Riepilogo (non esauriente) delle principali strategie di prevenzione e protezione contro il rischio di esplosione19

    Strategia Gas e vapori infiammabili Nebbie e spray Polveri combustibili
    Prevenzione dell’ATEX
    (art. 289, c. 1, D.Lgs. n. 81/2008; art. 6.2, UNI EN 1127-1)
    Contenimenti
    (Sostituzione sostanza infiammabile, inertizzazione in sovrappressione, inertizzazione sottovuoto, flussaggio, concentrazione esterna al campo di esplosione, saturazione dei vapori)
    Rilascio esterno
    (Sostituzione sostanza infiammabile, ventilazione generale, aspirazione localizzata, sistemi attivi di controllo dell’esplosione)
    Contenimenti
    (Sostituzione sostanza infiammabile, inertizzazione in sovrappressione, inertizzazione sottovuoto, flussaggio)
    Rilascio esterno
    (Copriflange)
    Contenimenti
    (Sostituzione polvere combustibile, inertizzazione in sovrappressione, inertizzazione sottovuoto, flussaggio)
    Strati esterni
    (Pulizia degli strati)
    Prevenzione delle sorgenti di accensione
    (art. 289, c. 2, lett. a, D.Lgs. n. 81/2008; art. 6.4, UNI EN 1127-1)
    Contenimenti e rilascio esterno
    (Sorgenti di accensione elettriche e non elettriche di categoria conforme alla classificazione della zona)
    Contenimenti e rilascio esterno
    (Sorgenti di accensione elettriche e non elettriche di categoria conforme alla classificazione della zona)
    Contenimenti, rilascio esterno e strati
    (Sorgenti di accensione elettriche e non elettriche di categoria conforme alla classificazione della zona)
    Protezione ed isolamento dall’esplosione
    (art. 289, c. 2, lett. b, D.Lgs. n. 81/2008; art. 6.5, UNI EN 1127-1)
    Contenimenti
    (Nella maggioranza delle situazioni non sono previsti sistemi di protezione contro le esplosioni19. L’isolamento è garan-tito dall’applicazione di barriere parafiamma. Determinazione delle distanze di danno)
    Rilascio esterno
    (Determinazione delle distanze di danno. Gestione dell’emergenza dovuta all’esplosione)
    Contenimenti
    (Nella maggioranza delle situazioni non sono previsti sistemi di protezione contro le esplosioni. L’isolamento è garantito dall’applicazione di barriere parafiamma. Determinazione delle distanze di danno)
    Rilascio esterno
    (Determinazione delle distanze di danno. Gestione dell’emergenza dovuta all’esplosione)
    Contenimenti
    (Contenimento EPR, EPSR. Venting. Soppressione HRD. Isolamento con rotocelle, valvole a ghigliottina, soppressione HRD. Determinazione delle distanze di danno)
    Rilascio esterno
    (Determinazione delle distanze di danno. Gestione dell’emergenza dovuta all’esplosione)
    Strati
    (Determinazione delle distanze di danno. Gestione dell’emergenza dovuta all’esplosione)

    3.7 Esempi applicativi ed approfondimenti

    3.7.1 Scenario prevedibile per rilascio di liquidi infiammabili

    Si vuole determinare lo scenario di incidente prevedibile dovuto al guasto ad una guarnizione di tenuta installata in una flangia di una tubazione trasportante acetone. Lo spandimento avviene all’aperto in assenza di confinamento. La zona sottostante la tubazione di trasporto presenta le seguenti caratteristiche:

    • è classificata di tipo 2;

    • non presenta sorgenti di accensione attive derivanti da lavori di manutenzione (es. fiamme libere, uso di flessibile, ecc.);

    • gli apparecchi elettrici e non elettrici installati non sono marcati CE-ATEX.

    Fatte queste premesse, si può escludere l’assenza di un innesco immediato ma non di un innesco ritardato dell’ATEX. Inoltre, dato che lo spandimento avviene in un luogo aperto in assenza di confinamento, si prevede che il fronte di fiamma non acceleri in modo rilevante.

    Lo scenario risultate dell’incidente sarà quindi un Flash Fire seguito da un incendio di pozza.

    Note a piè di pagina
    11
    Beck U., La società del rischio, Carocci, Roma, 2000.
    Beck U., La società del rischio, Carocci, Roma, 2000.
    22
    Atmosfera esplosiva (art. 288, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008): una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta.
    Atmosfera esplosiva (art. 288, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008): una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensi...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    33
    Atmosfera esplosiva (art. 1, comma 3, lett. d), D.Lgs. n. 85/2016): miscela contenente aria, a condizioni atmosferiche, sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri nella quale, dopo l’innesco, la combustione si propaga all’intera miscela non bruciata.
    Atmosfera esplosiva (art. 1, comma 3, lett. d), D.Lgs. n. 85/2016): miscela contenente aria, a condizioni atmosferiche, sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri nella quale, d...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    44
    In genere si assume un rapporto P/P0 pari a circa 8.
    In genere si assume un rapporto P/P0 pari a circa 8.
    55
    Deflagrazione: esplosione che si propaga a velocità subsonica (art. 3.15, UNI CEI EN 13237).
    Deflagrazione: esplosione che si propaga a velocità subsonica (art. 3.15, UNI CEI EN 13237).
    66
    Detonazione: esplosione che si propaga a velocità supersonica e caratterizzata dalla presenza di un’onda d’urto (art. 3.18, UNI CEI EN 13237).
    Detonazione: esplosione che si propaga a velocità supersonica e caratterizzata dalla presenza di un’onda d’urto (art. 3.18, UNI CEI EN 13237).
    77
    Altre cause di accadimento di un BLEVE possono derivare da: impatto meccanico, corrosione, pressione interna eccessiva, criticità metallurgiche.
    Altre cause di accadimento di un BLEVE possono derivare da: impatto meccanico, corrosione, pressione interna eccessiva, criticità metallurgiche.
    88
    L’art. 223 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che nell’ambito della valutazione del rischio chimico il D.d.l. debba procedere alla valutazione sia del rischio per la salute sia del rischio per la sicurezza dei lavoratori.
    L’art. 223 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che nell’ambito della valutazione del rischio chimico il D.d.l. debba procedere alla valutazione sia del rischio per la salute sia del rischio per la sicurezza...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    99
    Alcuni dei modelli sorgente indicati verranno studiati nel Capitolo 4.
    Alcuni dei modelli sorgente indicati verranno studiati nel Capitolo 4.
    1010
    L’AICHE propone tre grandi categorie di esplosione: 1) esplosioni fisiche, 2) esplosioni confinate, 3) esplosioni derivanti da rilasci del contenimento. La prima categoria non ricade, tuttavia, nel Titolo XI, D.Lgs. n. 81/2008.
    L’AICHE propone tre grandi categorie di esplosione: 1) esplosioni fisiche, 2) esplosioni confinate, 3) esplosioni derivanti da rilasci del contenimento. La prima categoria non ricade, tuttavia, nel Ti...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1111
    Un’illustrazione approfondita dell’analisi con albero degli eventi è reperibile in Torretta, 2006.
    Un’illustrazione approfondita dell’analisi con albero degli eventi è reperibile in Torretta, 2006.
    1212
    L’elenco delle misure di prevenzione e protezione utili ad escludere dall’analisi di rischio gli scenari di guasto catastrofico dovranno necessariamente essere riportate nel documento sulla protezione contro le esplosioni redatto ai sensi dell’art. 294, D.Lgs. n. 81/2008.
    L’elenco delle misure di prevenzione e protezione utili ad escludere dall’analisi di rischio gli scenari di guasto catastrofico dovranno necessariamente essere riportate nel documento sulla protezione...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    1313
    Cfr. GB.6 ex Guida CEI 31-35:2012 ora abrogata ma comunque utilizzabile come riferimento tecnico.
    Cfr. GB.6 ex Guida CEI 31-35:2012 ora abrogata ma comunque utilizzabile come riferimento tecnico.
    1414
    Tale considerazione è comunque sempre verificata per le combustioni atmosferiche dato che la rilevante presenza di azoto nell’aria fa sì che il rapporto tra le moli sia sempre (circa) unitario.
    Tale considerazione è comunque sempre verificata per le combustioni atmosferiche dato che la rilevante presenza di azoto nell’aria fa sì che il rapporto tra le moli sia sempre (circa) unitario.
    1515
    La temperatura adiabatica di fiamma per la maggior parte delle combustioni che coinvolgono sostanze organiche si colloca nell’intervallo 2200÷2300 K.
    La temperatura adiabatica di fiamma per la maggior parte delle combustioni che coinvolgono sostanze organiche si colloca nell’intervallo 2200÷2300 K.
    1616
    Si veda, a questo proposito, l’incidente con esplosione primaria non confinata avvenuto all’Hoeganaes Corporation ed investigato da CSB statunitense nel 2012.
    Si veda, a questo proposito, l’incidente con esplosione primaria non confinata avvenuto all’Hoeganaes Corporation ed investigato da CSB statunitense nel 2012.
    1717
    Naturalmente il sistema di illuminazione dovrà essere marcato CE-ATEX in categoria conforme alla zona... .
    Naturalmente il sistema di illuminazione dovrà essere marcato CE-ATEX in categoria conforme alla zona... .
    1818
    Le misure elencate sono indicative.
    Le misure elencate sono indicative.
    1919
    Non devono essere confuse le misure previste per la protezione del contenimento contro le sovrappressioni (es. dischi di rottura, valvole di sicurezza) dalle misure previste per la protezione contro le esplosioni.
    Non devono essere confuse le misure previste per la protezione del contenimento contro le sovrappressioni (es. dischi di rottura, valvole di sicurezza) dalle misure previste per la protezione contro l...Testo troncato, continua a leggere nel testo
    Fine capitolo
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