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ELEMENTI DI DIRITTO PENALE

Sezione III L’utilizzo o la somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti

Salvatore De Bonis

Sommario: 1. Premessa.2. Bene giuridico.3. Soggetto attivo.4. Le condotte tipiche.4.1. Le condotte di “eterodoping”.4.2. Le condotte di “autodoping”.4.3. Il commercio non autorizzato di sostanze dopanti.4.4. Il requisito della idoneità.5. Momento consumativo.6. Elemento soggettivo.7. Le circostanze aggravanti.8. Cenni in tema di concorso di reati.9. Pene ed altri aspetti sanzionatori.

1. Premessa.

1.Premessa.

La prima regolamentazione penale del fenomeno del doping risale alla legge 26 ottobre 1971, n. 1099 («Tutela sanitaria delle attività sportive»), i cui artt. 3 e 4 punivano, con la pena dell’ammenda, le condotte consistenti nell’impiego, nella somministrazione e, comunque, nel possesso di sostanze nocive per la salute (individuate con decreto del Ministro per la sanità), e che avessero il fine di modificare artificialmente le energie naturali degli atleti.

Tali condotte sono state, poi, depenalizzate dall’art. 32 della legge 24 novembre 1981, n. 689 («Modifiche al sistema penale»), che ha sostituito la pena dell’ammenda con la sanzione amministrativa.

Soltanto a distanza di anni, a fronte del crescente sviluppo del fenomeno del doping e dei preoccupanti rischi per la salute individuale e collettiva derivanti dall’utilizzo delle sostanze dopanti, il legislatore, in esecuzione degli impegni convenzionali assunti con la firma della Convenzione contro il doping, fatta a Strasburgo il 16 novembre 1989, ratificata con legge 29 novembre 1995, n. 522, ha adottato la legge n. 376 del 2000 («Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping»).

In particolare, l’art. 9 della citata legge 376/2000 (poi abrogato dall’art. 7, comma 1, lettera n), del d.lgs. n. 21 del 2018) prevedeva e puniva fattispecie delittuose analoghe a quelle di cui all’attuale art. 586-bis c.p.

Ciò posto, si evidenzia che il delitto di «utilizzo o somministrazione di farmaci o altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» (art. 586-bis c.p.) è stato inserito, nel codice penale, dall’art. 2, comma 1, lettera d), del d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 (recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q, della legge 23 giugno 2017, n. 103»).

In altre parole, parallelamente all’abrogazione dell’art. 9 della legge n. 376/2000, il Legislatore, in applicazione del principio della «riserva di codice» (art. 3-bis c.p.), ha inserito le disposizioni già contenute nel citato art. 9 nel nuovo art. 586-bis c.p.

Segnatamente, a norma dell’art. 586-bis c.p.: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze.

La pena di cui al primo comma si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.

La pena di cui al primo e secondo comma è aumentata:

a) se dal fatto deriva un danno per la salute;

b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;

c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.

Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l’interdizione temporanea dall’esercizio della professione.

Nel caso previsto dal terzo comma, lettera c), alla condanna consegue l’interdizione permanente dagli uffici direttivi del Comitato olimpico nazionale italiano, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.

Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato.

Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi indicate dalla legge, che siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero idonei a modificare i risultati dei controlli sull’uso di tali farmaci o sostanze, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468».

Le fattispecie previste dall’art. 586-bis c.p.

Si tratta di una norma a più fattispecie ai sensi della quale rileva: 1) purché non sia integrato un più grave reato, il procurare, il somministrare o il favorire l’utilizzo di sostanze dopanti (c.d. «eterodoping»); 2) purché non sia integrato un reato più grave, l’assunzione di sostanze dopanti o il sottoporsi a pratiche mediche dopanti (c.d. «autodoping»); 3) il commercio di sostanze dopanti (art. 586-bis, comma 7, c.p.).

Per concludere, si precisa che il Legislatore del 2018, nell’inserire nel codice penale le disposizioni dell’abrogato art. 9 della legge n. 376/2000, aveva arricchito il settimo comma dell’art. 586-bis c.p. con l’introduzione del dolo specifico del «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» (non previsto nel settimo comma dell’art. 9 cit.); in tal modo riducendo sensibilmente la portata della fattispecie penale del commercio di sostanze dopanti (art. 586-bis, comma 7, c.p.).

La Corte Costituzionale, però, con la sentenza n. 105 del 9 marzo – 22 aprile 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del settimo comma dell’art. 586-bis c.p., limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti», per violazione dell’art. 76 Cost., in quanto la legge delega di cui all’art. 1, comma 85, lettera q), della legge n. 103/2017 non attribuiva al Governo il potere di modificare le fattispecie incriminatrici già vigenti.

2. Bene giuridico.

2.Bene giuridico.

In tema di bene giuridico tutelato dalle diverse fattispecie di cui all’art. 586-bis c.p. appare opportuno premettere che la legge n. 376/2000 (dettata in tema di «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping») consta di varie disposizioni le quali, ad eccezione dell’indicato art. 9, non sono state oggetto di abrogazione e sono, pertanto, tuttora vigenti.

Per quanto qui di interesse, la ratio complessiva sottesa a detta legge è ricavabile dall’art. 1, comma 1, secondo cui «l’attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei princìpi etici e dei valori educativi richiamati dalla Convenzione contro il doping (…)». In altre parole, la citata norma indica un duplice obiettivo di tutela: la promozione della salute individuale e collettiva, da un lato; il rispetto dei principi etici e dei valori educativi cui si conforma la pratica sportiva, dall’altro.

Ciò posto, per individuare correttamente il bene giuridico tutelato sembra opportuno differenziare tra le fattispecie di c.d. «eterodoping» (che ricomprendono i casi di doping c.d. «per mano altrui», laddove la «mano» allude a una condizione di signoria finalistica sull’accadimento) e quelle di c.d. «autodoping» (che ricomprendono i casi in cui sia l’atleta ad assumere, spontaneamente, sostanze dopanti o a sottoporsi a pratiche mediche vietate) (sul tema si veda meglio infra par. 4).

Bene giuridico tutelato dalle fattispecie di c.d. «eterodoping» e dalla fattispecie di «commercio di sostanze dopanti»

Il bene giuridico tutelato dalle fattispecie di «eterodoping», al pari di quello tutelato dalla fattispecie di commercio di sostanze dopanti (art. 586-bis, comma 7, c.p.), può certamente essere individuato in quello, di rango primario, della salute e dell’incolumità fisica dello sportivo (art. 32, comma 1, Cost.) (Palermo Fabris).

Bene giuridico tutelato dalle fattispecie di c.d. «autodoping»

Con riferimento alle fattispecie di c.d. «autodoping» vi è, invece, una diversità di vedute. Secondo un primo più risalente orientamento, è da individuarsi nella salute degli sportivi anche il bene giuridico tutelato da dette fattispecie. Viceversa, secondo un diverso orientamento, considerato che nelle fattispecie in analisi è l’atleta a scegliere spontaneamente di assumere sostanze dopanti, è da escludersi che il bene giuridico tutelato sia ravvisabile nella salute dell’atleta stesso (M. Mantovani); piuttosto, è da individuarsi nell’interesse alla leale collaborazione sportiva e alla regolarità delle competizioni (leso dall’alterazione chimica delle performance). Interesse, quest’ultimo, che sottende la protezione di un variegato raggio di interessi economico-patrimoniali, di tangibile consistenza, che vanno dai premi destinati ai vincitori delle competizioni sportive, alle scommesse sulle competizioni stesse, sino a giungere ai ritorni pubblicitari e/o ai diritti televisivi destinati alle società sportive e, last but not least, a tutti gli interessi economici degli atleti corretti (quale, ad esempio, la possibilità di ottenere, in caso di vittorie, futuri ingaggi più vantaggiosi) (Bonini).

3. Soggetto attivo.

3.Soggetto attivo.

Reati comuni

Soggetto attivo delle fattispecie di «eterodoping» (art. 586-bis, comma 1, c.p.) e di commercio di sostanze dopanti (art. 586-bis, comma 7, c.p.) può essere «chiunque»; si tratta, quindi, di reati comuni.

Soggetto attivo delle fattispecie di «autodoping» può essere, invece, esclusivamente colui che assume sostanze dopanti o si sottopone a pratiche mediche vietate «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» ovvero per «modificare i risultati dei controlli» antidoping.

Reati propri

In altre parole, soggetto attivo di dette ultime fattispecie può essere esclusivamente l’atleta tesserato con una delle diverse federazioni sportive o con uno degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e/o, comunque, appartenete alle indicate federazioni o enti di promozione sportiva. Difatti, il richiesto dolo specifico contribuisce a delineare la tipicità del fatto (Gargani; Aprile), con la conseguenza che non appaiono idonee ad integrare il reato in parola le condotte di «autodoping» poste in essere in ambito non professionale o, quantomeno, al di fuori di competizioni o manifestazioni sportive ufficialmente organizzate dalle diverse federazioni o dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI. In entrambi i casi, quindi, si tratta di reati propri.

4. Le condotte tipiche.

4.Le condotte tipiche.

La definizione legislativa di «doping»

Per individuare correttamente le condotte rilevanti appare opportuno soffermarsi, preliminarmente, sulla definizione legislativa di «doping»: per doping deve intendersi «la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» (art. 1, comma 2, della legge n. 376/2000) o «finalizzate e comunque idonee a modificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, delle sostanze e delle pratiche indicati nel comma 2». (art. 1, comma 3, della legge n. 376/2000). Duplice definizione, questa, che trova, poi, una ulteriore e più specifica perimetrazione e articolazione nell’art. 2 della legge n. 376/2000, rubricato «Classi delle sostanze dopanti», che attribuisce al Ministro della sanità, d’intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali, il compito di individuare e di dividere in classi «i farmaci, le sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e le pratiche mediche, il cui impiego è considerato doping».

Ciò detto, si ribadisce che l’art. 586-bis c.p. è una norma a più fattispecie, in quanto prevede e punisce condotte di «eterodoping», condotte di «autodoping» ed il commercio non autorizzato di sostanze dopanti.

Clausola di riserva

Sia il primo che il secondo comma dell’art. 586-bis c.p. contengono una clausola di riserva che subordina la configurabilità delle fattispecie delittuose ivi p. e p. alla non riconducibilità del fatto ad un «più grave reato». Conseguentemente, nel caso di integrazione del delitto di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti» (art. 586-bis, comma 7, c.p.) non sarà configurabile il reato, meno grave, di «somministrazione» di tali sostanze (art. 586-bis, comma 1, c.p.).

4.1. Le condotte di “eterodoping”.

4.1.Le condotte di “eterodoping”.

Le condotte di «eterodoping» possono consistere: nel procacciamento, nella somministrazione o nel favoreggiamento dell’uso di sostanze dopanti (art. 586-bis, comma 1, c.p.), nonché nell’adozione di pratiche mediche vietate (art. 586-bis, comma 2, c.p.).

La condotta di «procacciamento di sostanze dopanti»

Per «procacciamento» deve intendersi qualsiasi comportamento di materiale ottenimento della sostanza dopante o di mediazione, con successiva messa a disposizione dello sportivo della sostanza stessa.

La condotta di «somministrazione di sostanze dopanti»

La «somministrazione» include ogni forma di consegna, spaccio o distribuzione, anche gratuita, per un consumo immediato o in vista di un prossimo impiego.

La condotta di «favoreggiamento dell’uso di sostanze dopanti»

Sono, invece, da ricondurre alla nozione di «favoreggiamento dell’uso di sostanze dopanti» le sole ipotesi di adozione di «rischi non consentiti»; si pensi, ad esempio, al caso del medico di una società sportiva che metta a disposizione di un atleta, non avente necessità di cure mediche, la chiave di un armadietto nel quale sono custoditi farmaci, aventi principi attivi vietati, da assumere esclusivamente per la cura di condizioni patologiche (Bonini). Viceversa, non appaiono idonei ad integrare la condotta di «favoreggiamento» i contributi puramente psicologici, quali ad esempio l’istigazione, l’apologia dei benefici della sostanza dopante, o la semplice rassicurazione circa l’assenza di controindicazioni rispetto all’uso di sostanze dopanti.

La condotta di «adozione di pratiche mediche vietate»

Per «adozione di pratiche mediche vietate» deve, infine, intendersi la condotta di manipolazione farmacologica volta al superamento dei controlli antidoping; si pensi alla condotta del medico che effettui all’atleta una flebo contenente acqua e sostanze coprenti per consentirgli di occultare l’assunzione di eritropoietina (EPO) o, ancora, alla condotta del chimico che abbia approntato sostanze in grado di cancellare e/o occultare le tracce di sostanze proibite.

4.2. Le condotte di “autodoping”.

4.2.Le condotte di “autodoping”.

Con le due fattispecie di «autodoping» si punisce, invece, l’atleta che assume sostanze dopanti (art. 586-bis, comma 1, c.p.) o che si sottopone a pratiche mediche vietate (art. 586-bis, comma 2, c.p.).

La condotta di «sottoposizione a pratiche mediche vietate»

La condotta di «sottoposizione a pratiche mediche vietate» ricomprende ogni comportamento con cui lo sportivo acconsenta all’esecuzione di cure mediche vietate o di altri trattamenti classificati come proibiti, nella consapevolezza che gli stessi non soddisfano una sua necessità terapeutica (Botto).

La condotta di «assunzione di sostanze dopanti»

Per ovvie ragioni, non necessita di particolari chiarimenti la locuzione «assunzione di sostanze dopanti»; sul tema, occorre solo evidenziare che detto concetto non ricomprende i comportamenti di mera detenzione di sostanze dopanti.

4.3. Il commercio non autorizzato di sostanze dopanti.

4.3.Il commercio non autorizzato di sostanze dopanti.

Il «commercio non autorizzato di farmaci e/o sostanze farmacologicamente o biologicamente attive»

Per «commercio non autorizzato di farmaci e/o sostanze farmacologicamente o biologicamente attive» (art. 586-bis, comma 7, c.p.) deve intendersi quell’attività che, anche al di là del rigore di cui agli artt. 2082 e 2195 c.c., sia caratterizzata da «continuità», «patrimonialità» e «professionalità»; con la precisazione che la fattispecie in parola ricomprende anche i casi di organizzazione minima dell’attività, purché caratterizzati dalla prospettiva di un’offerta destinata a durare nel tempo e dalla finalità del profitto. Secondo gli insegnamenti della S.C. integra la fattispecie in parola «qualsivoglia attività di intermediazione nella circolazione di sostanze dopanti che sia esercitata al di fuori delle farmacie aperte al pubblico e delle farmacie ospedaliere e risulti connotata dal carattere della continuità, oltre che da una, sia pur elementare, organizzazione» (Cass., 28 febbraio 2017, n. 19198).

Non rientrano in tale nozione le condotte di singola cessione, consegna o procacciamento della sostanza dopante volte ad un suo consumo immediato da parte del terzo; condotte, queste, astrattamente riconducibili, in presenza di tutti gli elementi del reato, alle fattispecie p. e p. dal primo comma dell’art. 586-bis c.p., al pari di tutti i casi caratterizzati da «gratuità» (chi pratica commercio persegue il profitto).

4.4. Il requisito della idoneità.

4.4.Il requisito della idoneità.

Le sostanze, oggetto materiale della condotta, devono essere idonee «a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti» ovvero idonee «a modificare i risultati dei controlli» antidoping.

Reati di pericolo

Elemento, questo, che sembra interpretabile come presupposto contrassegnante l’anticipazione della tutela dei beni giuridici individuati al par. 2 allo stadio del pericolo.

Ciò posto, si precisa che l’effettiva produzione del pericolo – in sostanza un vero e proprio evento di pericolo – deve essere accertata nell’ambito dei reati di pericolo concreto (quali le fattispecie di «autodoping» o «doping dell’atleta»); diversamente avviene con riguardo ai reati di pericolo astratto (quali le fattispecie di «eterodoping» o «doping del somministratore»), nell’ambito dei quali il pericolo per il bene giuridico è presunto nella realizzazione del fatto tipico.

5. Momento consumativo.

5.Momento consumativo.

Momento consumativo

Dal punto di vista strutturale, sia le fattispecie di «eterodoping» che quelle di «autodoping» configurano un reato di pura condotta, non essendo richiesta la verificazione di uno specifico evento.

Tuttavia, con riferimento all’ipotesi dell’assunzione di sostanze dopanti, la dottrina si è interrogata circa l’individuazione del momento consumativo, se dovesse cioè farsi riferimento al momento dell’assunzione della sostanza o al diverso momento in cui tale sostanza si attiva nell’organismo del soggetto che la ha assunta. Ebbene, si è giunti a ritenere che il reato in parola ha natura istantanea con effetti permanenti, per cui si perfeziona nel momento dell’assunzione della sostanza vietata, essendo irrilevante l’eventuale perdurante pericolo dell’alterazione delle prestazioni agonistiche. Orientamento, questo, confermato anche dalla S.C. (Cass., 22 giugno 2021, n. 24884; Cass., 22 giugno 2017, n. 39482).

6. Elemento soggettivo.

6.Elemento soggettivo.

Quanto all’elemento soggettivo, è necessario innanzitutto che il soggetto attivo agisca con la coscienza e volontà di realizzare tutti gli elementi oggettivi del fatto tipico; deve, quindi, avere consapevolezza della natura dopante della sostanza (sul concetto di doping si veda supra par. 4).

Le fattispecie di «eterodoping» e «autodoping»: dolo specifico

Nel caso delle fattispecie di «eterodoping» e «autodoping» (art. 586-bis, commi 1 e 2, c.p.) il soggetto attivo deve altresì agire «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti», ovvero al fine di «modificare i risultati dei controlli» antidoping: in questa prospettiva il dolo è specifico, in quanto l’autore deve mirare soggettivamente al conseguimento di uno dei suddetti fini (Bonini). In buona sostanza, le condotte caratterizzate da finalità differenti rispetto a quella di influire sulla qualità delle performance dell’atleta non appaiono sussumibili nelle fattispecie di reato in parola, ma eventualmente nelle sole ipotesi di illecito sportivo di cui alla normativa disciplinare di settore.

Affinché si consumino i reati in parola è indifferente che il fine perseguito dall’agente si realizzi in maniera compiuta nella realtà.

Il «commercio non autorizzato di sostanze dopanti»: dolo generico

Con riferimento alla fattispecie di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti», come già evidenziato in premessa, il Legislatore del 2018, nel dare attuazione al principio della «riserva di codice» (e, quindi, nell’inserire nel codice penale le disposizioni dell’abrogato art. 9 della legge n. 376/2000), aveva arricchito il settimo comma dell’art. 586-bis c.p. con l’introduzione del dolo specifico del «fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti»; così riducendo sensibilmente la portata della fattispecie penale in parola, la quale, antecedentemente alla novella del 2018, era punita a titolo di dolo generico. La Corte Costituzionale, però, con la sentenza n. 105 del 9 marzo – 22 aprile 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del settimo comma dell’art. 586-bis c.p., limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti», per violazione dell’art. 76 Cost.

7. Le circostanze aggravanti.

7.Le circostanze aggravanti.

Sono previste tre differenti circostanze aggravanti ad efficacia comune (comportanti, quindi, un incremento sanzionatorio fino ad un terzo della pena): «a) se dal fatto deriva un danno per la salute; b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne; c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano» (art. 586-bis, comma 3, c.p.).

Le circostanze aggravanti in parola possono concorrere tra loro; in tal caso opererà la regola generale del concorso omogeneo di più circostanze (art. 63, comma 2, c.p.).

8. Cenni in tema di concorso di reati.

8.Cenni in tema di concorso di reati.

Come detto in precedenza (si v. supra par. 4), sia il primo che il secondo comma dell’art. 586-bis c.p. contengono una clausola di riserva che subordina la configurabilità delle fattispecie di «eterodoping» e «autodoping» alla non riconducibilità del fatto ad un «più grave reato».

Clausola, questa, non contenuta nel settimo comma della norma in analisi, che prevede e punisce la fattispecie di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti».

Rapporto tra il delitto di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti» e altre fattispecie di reato: ricettazione, esercizio abusivo di una professione

Ciò detto, proprio con riferimento all’indicata ultima fattispecie, la S.C. ha ritenuto ipotizzabile il concorso formale di reati con il delitto di «ricettazione» (art. 648 c.p.), «in considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie – essendo il reato previsto dalla legge speciale (N.d.R. ora art. 586-bis c.p., a seguito dell’abrogazione dell’art. 9 della legge 376/2000) integrabile anche con condotte acquisitive non ricollegabili ad un delitto – e della non omogeneità del bene giuridico protetto, poiché la ricettazione è posta a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il reato di commercio abusivo di sostanze dopanti è finalizzato alla tutela della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive» (Cass., Sez. Un., 29 novembre 2006, n. 3087). Viceversa, si è riconosciuto l’assorbimento nel «commercio non autorizzato di sostanze dopanti» del delitto di «esercizio abusivo di una professione» (art. 348 c.p.).

Rapporto tra la fattispecie di «somministrazione di sostanze dopanti» e quella di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti»

Quanto al rapporto tra la fattispecie di «somministrazione di sostanze dopanti» (art. 586-bis, comma 1, c.p.) e quella di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti» (art. 586-bis, comma 7, c.p.), nel rispetto della clausola di riserva contenuta nel primo comma della norma in analisi, sembra corretto affermare che tra le stesse non vi possa essere concorso formale di reati: in caso di integrazione del delitto di «commercio non autorizzato di sostanze dopanti» non sarà configurabile il primo reato, meno grave.

9. Pene ed altri aspetti sanzionatori.

9.Pene ed altri aspetti sanzionatori.

Pene principali per le fattispecie di «eterodoping» e «autodoping»

Le fattispecie delittuose di «eterodoping» e «autodoping» (art. 586-bis, commi 1 e 2, c.p.), nell’ipotesi base, sono punite con la «reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645». Il secondo comma della norma in analisi, infatti, contiene un rinvio quoad poenam al primo comma dell’art. 586-bis c.p.

Pene principali per la fattispecie di «commercio non autorizzato di farmaci e sostanze dopanti»

La fattispecie di «commercio non autorizzato di farmaci e sostanze dopanti» (art. 586-bis, comma 7, c.p.), invece, è punita con «con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468».

Pene accessorie

La condanna, o l’applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.), irrogata nei confronti di un esercente una professione sanitaria, comporta la pena accessoria dell’interdizione temporanea dall’esercizio della professione (art. 586-bis, comma 4, c.p.).

Il ventaglio sanzionatorio previsto dall’art. 586-bis c.p. è arricchito, infine, da un’ulteriore pena accessoria, consistente nella «interdizione permanente dagli uffici direttivi del Comitato olimpico nazionale italiano, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano», da irrogarsi nel caso di condanna disposta nei confronti di un componente o di un dipendente del CONI ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal CONI (art. 586-bis, comma 5, c.p.).

La previsione tout court della interdizione in perpetuo dai suddetti uffici direttivi pare di dubbia legittimità costituzionale, soprattutto nella prospettiva dell’art. 27 Cost.

Con la sentenza di condanna, inoltre, è «sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato» (art. 586-bis, comma 6, c.p.).

Note bibliografiche

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