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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

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    Autore:

    Alberto Cadoppi, Paolo Veneziani

    Editore:

    CEDAM

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    ELEMENTI DI DIRITTO PENALE

    Sezione I

    L’omicidio stradale (o nautico) e le lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime

    Mostra tutte le note

    Paolo Veneziani

    Sommario: 1. Profili introduttivi. – 1.1. L’omicidio e le lesioni personali stradali (o nautici) come ipotesi paradigmatiche della “settorializzazione” della colpa nelle fattispecie causalmente orientate. – 1.2. Brevi cenni sull’evoluzione della disciplina codicistica della circolazione stradale. – 2. Le fattispecie base e i profili generali della disciplina attuale. – 2.1. Il primo comma degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.: l’omicidio stradale (o nautico) e le lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime come fattispecie autonome. – 2.2. I soggetti attivi. – 2.3. L’alternativa tra colpa generica e colpa specifica riguardo al fatto-base tipico colposo. – 2.4. Cenni ai nessi normativi tra colpa ed evento. – 2.5. Cenni al principio di affidamento. – 2.6. Profili di colpevolezza colposa. – 3. Le circostanze aggravanti dell’omicidio stradale (o nautico) e delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime: profili generali. – 3.1. Le singole circostanze aggravanti basate sulla guida di un veicolo a motore (o di un’unità da diporto) in stato di ebbrezza o di alterazione da stupefacenti. – 3.2. Le ulteriori circostanze aggravanti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. – 3.3. La fuga del conducente. – 4. La circostanza attenuante del contributo concausale alla verificazione dell’evento non ascrivibile all’autore. – 5. L’ipotesi di concorso formale di reati di cui all’ottavo comma degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. – 6. La successiva aggiunta di un nono comma all’art. 590-bis c.p.: la procedibilità delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime. – 7. La disposizione definitoria dell’art. 590-quinquies c.p.

    1. Profili introduttivi.

    1.Profili introduttivi.

    1.1. L’omicidio e le lesioni personali stradali (o nautici) come ipotesi paradigmatiche della “settorializzazione” della colpa nelle fattispecie causalmente orientate.

    1.1.L’omicidio e le lesioni personali stradali (o nautici) come ipotesi paradigmatiche della “settorializzazione” della colpa nelle fattispecie causalmente orientate.

    La settorializzazione della responsabilità penale colposa

    Con la legge 23 marzo 2016, n. 41, il legislatore ha provveduto a un’articolata tipizzazione, nel codice penale, delle figure dell’omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi o gravissime, fornendo un nuovo esempio di una tendenza che ormai da tempo (Marinucci; Patalano; Veneziani) vede la responsabilità colposa non più come un fenomeno unitario: l’interprete non ha più a che fare con la “colpa” come istituto compatto, ma si imbatte nelle “colpe”, e cioè in diverse tipologie di colpa ricostruite in base alle differenti caratteristiche che la violazione della regola cautelare assume nei vari contesti che vengono in rilievo (Fiandaca-Musco; Giunta).

    Un’analisi separata di tali settori, diretta innanzitutto a fare affiorare le caratteristiche delle norme extrapenali di riferimento per ciascuno di essi, ha evidenziato “volti” disegnati in modo diverso, a seconda che la fattispecie colposa causalmente orientata si calasse nel contesto medico, ovvero in quello della sicurezza del lavoro, o della circolazione stradale, ecc. Ciò non soltanto come conseguenza del differente contenuto oggettivo delle regole cautelari (positivizzate e non), di certo fondamentali nel delineare il quadro complessivo della tutela penale nel relativo ambito, ma anche dell’interpretazione giudiziale, a sua volta influenzata da fattori strettamente legati ai differenti contesti di attività, nonché alle diverse tipologie di soggetti che ne siano protagonisti o potenziali vittime (Veneziani).

    L’estensione della disciplina stradale al contesto nautico

    Gli interventi settoriali del legislatore, per molti anni in passato limitati alle circostanze aggravanti, diversificate a seconda della violazione (violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ecc.), si sono recentemente spinti sino a delineare un’apposita causa di non punibilità (art. 590-sexies, comma 2, c.p.) per l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose commessi nell’esercizio della professione sanitaria, ovvero a configurare titoli autonomi di reato, speciali rispetto ai modelli dell’omicidio colposo e delle lesioni personali colpose “comuni”: è il caso, appunto, dei delitti di omicidio stradale (art. 589-bis c.p.) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.), la cui disciplina, da ultimo (l. 26 settembre 2023, n. 138), è stata estesa al contesto nautico (Demuro), nella prospettiva di supplire a un supposto vuoto di tutela, avvertito in maniera crescente, in particolare dopo alcuni incidenti a cui gli organi di cronaca hanno dato ampio risalto.

    Attualmente, i predetti artt. 589-bis e 590-bis c.p. si riferiscono quindi, rispettivamente, all’«Omicidio stradale o nautico» e alle «Lesioni personali stradali o nautiche gravi o gravissime». In questa sede si intende privilegiare la declinazione stradale dell’omicidio colposo e delle lesioni personali colpose (gravi o gravissime), la cui regolamentazione, nella sostanza, non è stata in alcun modo ritoccata in occasione dell’ultimo intervento legislativo: in definitiva, si è operata una pura mutuazione di quanto già previsto, disponendone cioè l’applicazione, per quanto compatibile, anche alla nautica da diporto in acque marittime o interne.

    La divaricazione del trattamento che consegue rispetto ai modelli generali impone un vaglio critico delle scelte operate dal legislatore, tenuto conto anche di come il quadro legale si atteggi nella dimensione in action (Cadoppi).

    Disvalore di condotta e disvalore d’evento

    Le pene previste in particolare per l’omicidio stradale interrogano già in premessa sui delicati equilibri tra disvalore della condotta e disvalore d’evento. La morte di una persona “cagionata per colpa”, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, assume una rilevanza diversa a seconda del tipo di regola cautelare violata, assurgendo a fattispecie autonoma, ovvero a modello circostanziato ancor più severamente punito, in ragione del “peso” della condotta inosservante.

    Peculiarità dell’elemento soggettivo

    Nell’ambito stradale (e ora anche in quello nautico), il legislatore, pur avendo strutturato un modello colposo, ha tipizzato, nelle ipotesi aggravate, una serie di condotte contraddistinte da grave sconsideratezza ovvero da consapevole assunzione di rischi macroscopici. In altre parole, tipologie comportamentali che spesso sollevano problemi assai delicati in sede di accertamento dell’elemento soggettivo in termini di dolo (eventuale) o di colpa, ovvero che si collocano in una zona grigia intermedia, non vengono formalmente ricondotte dalla legge ad un tertium genus di responsabilità colpevole (sulla falsariga della recklessness o della mise en danger), ma inserite in un modello “ibrido”, in cui il fatto, tipizzato come colposo, viene sostanzialmente punito come se fosse “ben più che colposo” (o “quasi doloso”) (Paliero), in forza di una valenza eccessiva assegnata al disvalore della condotta.

    In ciò è stato colto un aspetto positivo, nel senso che l’operazione del legislatore si presterebbe ad escludere, ancorché solo tendenzialmente, la configurabilità dell’omicidio volontario (e delle lesioni personali volontarie) con dolo eventuale in presenza di talune condotte che, in passato, erano state oggetto di siffatta qualificazione, non senza forzature della relativa categoria dogmatica (Ambrosetti).

    Diritto penale d’autore

    Ma sembrano preponderanti, invero, gli inconvenienti – talora odiosi – che questa tecnica di legiferare comporta: essa infatti, da un lato, finisce per “contrabbandare” come “tipo colposo” un “tipo quasi-doloso” (Piergallini), che esonda nella sostanza dai confini oggettivi e soggettivi propri del Tatbestand legale prescelto; e, d’altro lato, comporta la degenerazione verso scenari di un vero e proprio diritto penale d’autore.

    Breve è il passo dal disvalore della condotta alla riprovazione dell’autore tout court: il conducente “ubriaco” o “drogato”, il “pirata della strada” (ora anche quello delle acque), il “criminale stradale” sono additati dal legislatore – secondo una facile sintonia con la pubblica opinione – come “nemici” da combattere, e la “lotta” contro questi soggetti giustifica le pene esemplari già a livello di comminatoria edittale e la particolare disciplina delle circostanze aggravanti (speciali per lo più ad effetto speciale), in larga misura sottratte al giudizio di bilanciamento (v. infra), in funzione dell’obiettivo dell’effettiva carcerazione come conseguenza (in particolare) dell’omicidio stradale.

    Per una sorta di eterogenesi dei fini, il cittadino che sia anche automobilista o che possa comunque incappare nel rigore punitivo della riforma concepita nel 2016, dovrebbe nutrire più di un motivo di preoccupazione, perché l’arsenale sanzionatorio, con la minaccia del carcere, è puntato nei confronti di chiunque, e non solo delle bieche figure d’autore populisticamente additate come il nemico da sconfiggere (Veneziani). Nel vasto e a tratti cervellotico panorama delle violazioni che fondano le aggravanti dell’omicidio e delle lesioni stradali, si trovano infatti pure condotte colpose in cui disgraziatamente potrebbe incorrere anche un soggetto incline al rispetto delle regole, che tuttavia per stanchezza o sbadataggine o goffaggine commetta un grave errore mentre è alla guida. Ebbene, quel grave errore, siccome realizzato in violazione di determinate regole che presidiano la sicurezza stradale, può essere punito, nel caso in cui si realizzino gli estremi dei reati stradali in commento, in maniera molto più severa di quanto avvenga in altri settori di attività: per esempio, di un altrettanto grave errore che provochi un infortunio mortale o lesivo sul lavoro. Col che, quella pluralità di fenomenologie colpose cui si è fatto cenno in apertura, entro certi limiti fisiologica, tende oggi a mostrare – alla luce del paradigma offerto (in particolare) dall’omicidio stradale – segni di involuzione di stampo patologico, sollevando più di un dubbio nella prospettiva dei principi costituzionali di proporzione e di colpevolezza.

    1.2. Brevi cenni sull’evoluzione della disciplina codicistica della circolazione stradale.

    1.2.Brevi cenni sull’evoluzione della disciplina codicistica della circolazione stradale.

    L’assetto originario del codice Rocco

    Quanto in particolare al delitto di omicidio colposo, nel codice Rocco, originariamente, la previsione incriminatrice non era né corredata da aggravanti speciali, né accompagnata da ipotesi autonome differenziate.

    L. 11 maggio 1966, n. 296

    Solo con la l. 11 maggio 1966, n. 296 il legislatore è intervenuto per la prima volta sul testo dell’art. 589 c.p. (nonché, simmetricamente, dell’art. 590 c.p.), aggiungendo un nuovo secondo comma – riferito ai fatti commessi con violazione delle norme riguardanti la disciplina della circolazione stradale o di quelle concernenti la prevenzione degli infortuni sul lavoro – e prevedendo la pena della reclusione da uno a cinque anni. In pratica, si è inserita una circostanza aggravante, caratterizzata da un minimo più elevato rispetto alla fattispecie-base (un anno di reclusione in luogo di mesi sei).

    Ha preso avvio così, in maniera inizialmente molto blanda, la tendenza volta a un progressivo inasprimento della legge penale con riguardo (anche) al delitto di omicidio colposo nel settore della disciplina stradale.

    L. 21 febbraio 2006, n. 102

    Ulteriore tappa di quel trend è stata segnata dalla l. 21 febbraio 2006, n. 102, che ha inasprito la pena dettata dall’art. 589, comma 2, c.p. (con l’innalzamento del minimo da uno a due anni).

    L. 23 maggio 2008, n. 92

    Successivamente, il d.l. 23 maggio 2008, n. 92 (convertito, con modificazioni, dalla l. 24 luglio 2008, n. 125) ha elevato la pena massima prevista dall’art. 589, comma 2, c.p., da cinque a sette anni di reclusione ed ha aggiunto in tale articolo un nuovo terzo comma, con la previsione della pena della reclusione da tre a dieci anni per i fatti commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da soggetti in stato di ebbrezza alcolica (ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lett. c, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, «Nuovo codice della strada», nel prosieguo anche solo “codice della strada” o “c.d.s.”) ovvero sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Si è riveduto, inoltre, il limite massimo per il cumulo giuridico delle pene per la particolare ipotesi di concorso di reati in caso di morte di più persone (ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone), elevandolo da dodici a quindici anni di reclusione. Infine, si è inserito nel codice penale un nuovo art. 590-bis (oggi dedicato all’articolata disciplina delle lesioni personali colpose stradali gravi o gravissime) con l’obiettivo di prevedere una rigorosa regolamentazione del concorso eterogeneo di circostanze.

    Al crescente rigore che ha caratterizzato l’evoluzione legislativa si è accompagnata altresì un’opera di rivisitazione dei confini tra dolo e colpa da parte della giurisprudenza, che proprio con riferimento al settore della circolazione stradale ha fatto segnare una dilatazione del perimetro del dolo eventuale (si vedano, in particolare, Viganò, Fiandaca, Pisa). Si tratta di un fenomeno di cui non è possibile dar conto in questa sede, ma al quale non pare aliena la percezione di una vera e propria “criminalità stradale”, che si traduce talora in comportamenti abnormi, tali da creare pericoli difficilmente valutabili alla stregua dei normali parametri della colpa ovvero da realizzare condizioni di rischio che già sul piano oggettivo rappresentano il sostrato per un’imputazione soggettiva dolosa (sia ragionando in termini di accettazione del rischio, sia volendo utilizzare la c.d. Formula di Frank, per come recepita ed intesa dalla nostra giurisprudenza (in particolare nella nota sentenza delle Sezioni Unite sul caso ThyssenKrupp: Cass., Sez. Un., 24 aprile 2014, n. 38343): così collocando sotto l’egida del dolo quel che, almeno in parte, si presterebbe forse ad essere meglio ricompreso all’interno di categorie intermedie quali la recklessness o la mise en danger.

    Il dibattito sul criterio di imputazione colpevole più pertinente si è sviluppato in parallelo ad una crescente insoddisfazione dell’opinione pubblica, che percepiva sovente l’intervento penale come inefficace, in particolare laddove all’incidente stradale mortale non seguisse l’arresto ovvero la “prigione” per il “pirata della strada”, in un contesto normativo che non consentiva l’applicazione di misure restrittive della libertà personale in caso di qualificazione colposa del fatto di omicidio: sicché, anche sotto questo aspetto, il ricorso alla categoria del dolo eventuale poteva assicurare una reazione ritenuta adeguata di fronte agli episodi più eclatanti di “criminalità stradale” (Losappio; Lattanzi).

    L. 23 marzo 2016, n. 41

    In questo clima, ed anche a seguito di proposte di iniziativa popolare, il legislatore ha deciso di intervenire di nuovo, sicché dopo un iter parlamentare articolato e non proprio rapido (Menghini), si è giunti all’approvazione della l. 23 marzo 2016, n. 41 («Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274»), che, pur mantenendo la disciplina nel tradizionale alveo della responsabilità colposa, ha introdotto una normativa di carattere marcatamente afflittivo, in particolare tratteggiando nel codice penale gli artt. 589-bis e 590-bis, rubricati rispettivamente «Omicidio stradale» e «Lesioni personali stradali gravi o gravissime», divenuti, da ultimo, «Omicidio stradale o nautico» e «Lesioni personali stradali o nautiche gravi o gravissime».

    La struttura degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    La struttura dei due articoli è affine nei primi otto commi, nel senso che le condotte prese in considerazione sono le medesime, mutando semplicemente l’evento tipico – nell’art. 589-bis c.p. la morte e nell’art. 590-bis c.p. le lesioni personali gravi o gravissime – e quindi anche il quantum di pena. Solo l’art. 590-bis c.p. consta di un nono comma, aggiunto più di recente per chiarire il regime di procedibilità per le lesioni personali colpose gravi o gravissime verificatesi in ambito stradale o nautico.

    Le analogie tra i commi corrispondenti dei due articoli codicistici menzionati suggeriscono di procedere di seguito a una trattazione congiunta di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime, menzionando, di volta in volta, con brevi cenni i termini della recente estensione della disciplina al settore nautico.

    2. Le fattispecie base e i profili generali della disciplina attuale.

    2.Le fattispecie base e i profili generali della disciplina attuale.

    2.1. Il primo comma degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.: l’omicidio stradale (o nautico) e le lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime come fattispecie autonome.

    2.1.Il primo comma degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.: l’omicidio stradale (o nautico) e le lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime come fattispecie autonome.

    Fattispecie autonome

    L’art. 589-bis, comma 1, c.p. prevede il fatto di chi «cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o della navigazione marittima o interna», punendolo con la reclusione da due a sette anni.

    Come già accennato, la struttura del comma 1 dell’art. 590-bis c.p. è perfettamente simmetrica, poggiando il disvalore di condotta sulla medesima indefinita «violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o della navigazione marittima o interna». In caso di lesioni gravi la pena è la reclusione da tre mesi a un anno; in caso di lesioni gravissime da uno a tre anni.

    Ci si è chiesti, innanzitutto, se tali previsioni contemplino ipotesi autonome di reato oppure circostanze aggravanti rispettivamente dell’omicidio colposo e delle lesioni colpose.

    Nella dottrina pressoché unanime risulta recepita la prima soluzione, che poggia in effetti su argomenti condivisibili. In estrema sintesi: si evidenzia come l’estromissione dagli articoli 589 e 590 c.p. delle condotte in violazione delle norme sulla circolazione stradale e la loro collocazione in disposizioni ad hoc manifesti appunto l’intenzione del legislatore di creare nuovi ed autonomi titoli delittuosi. Inoltre, si osserva come anche la previsione di ulteriori circostanze aggravanti nel testo degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. (nei commi successivi al primo) deponga nel senso della natura di fattispecie di reato autonome delle ipotesi-base di cui al primo comma delle rispettive disposizioni: diversamente opinando, si avrebbe l’incongrua previsione di aggravanti rispetto ad altre aggravanti. Un ulteriore argomento è dato, poi, dalla formulazione dell’art. 590-quater c.p., che sottrae al meccanismo del bilanciamento ex art. 69 c.p. le «circostanze aggravanti» (espressamente definite tali) contemplate dai commi dal secondo al sesto degli artt. 589-bis e 590-bis, nonché quelle di cui agli artt. 589-ter e 590-ter c.p. Ebbene, gli artt. 589-bis, comma 1, e 590-bis, comma 1, c.p. non risultano compresi dall’elenco, proprio perché contemplano autonome fattispecie-base, e non circostanze aggravanti.

    Che si tratti di fattispecie autonome è opinione ormai già consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, con riferimento all’omicidio stradale, ha osservato che depongono in tal senso «la introduzione di un nuovo titolo di reato e di una previsione normativa distinta da quella che contempla l’omicidio colposo (art. 589 c.p.)», nonché «la circostanza che la nuova figura di reato presenti, come pena base, un trattamento sanzionatorio del tutto corrispondente a quello originariamente previsto per l’omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, così da delineare il nuovo ambito della previsione e da delimitare la piattaforma sanzionatoria per una fattispecie interamente dedicata a tutelare il bene giuridico della vita», nel settore della circolazione stradale. Anche i Giudici di legittimità, infine, hanno ritenuto che sia per il delitto di cui all’art. 589-bis c.p., sia per quello di cui all’art. 590-bis c.p., siano previste «una congerie di ipotesi aggravate, nonché una ipotesi attenuata, che risulterebbero giustificate solo qualora si ritenesse che la ipotesi base, disciplinata al primo comma delle disposizioni predette, costituisca una (nuova) ipotesi autonoma di reato e non una fattispecie circostanziale del reato di omicidio colposo» (ad esempio, Cass., 1° marzo 2017, n. 29721; Cass., 7 aprile 2021, n. 16693).

    2.2. I soggetti attivi.

    2.2.I soggetti attivi.

    Reati comuni

    I delitti di omicidio stradale (o nautico) e lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime appartengono al novero dei reati comuni, potendo essere «chiunque» autore del reato, ex artt. 589-bis e 590-bis, comma 1, c.p. Si dirà più avanti delle fattispecie circostanziate, in cui le aggravanti postulano che il soggetto attivo sia circoscritto al conducente di un veicolo a motore.

    Sul piano del soggetto attivo, sembra evidenziarsi un rapporto di sostanziale continuità normativa tra le circostanze oggettive ad effetto speciale previste dagli artt. 589 e 590 c.p. (formalmente abrogate dalla l. 23 marzo 2016, n. 41) e le autonome fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 589-bis e 590-bis c.p. (che riproducono pedissequamente, quale elemento costitutivo, le predette circostanze aggravanti).

    Garanti

    Sulla scorta di tale continuità normativa, mantiene validità l’impostazione, formatasi in costanza della disciplina previgente, per la quale il soggetto attivo non va individuato solo nell’utente della strada alla guida del veicolo ed in fase di circolazione, ma, più in generale, chiunque abbia violato un obbligo di garanzia orientato alla tutela della sicurezza stradale (Cass., 3 ottobre 2014, n. 44811; Cass., 19 aprile 2016, n. 19167; inoltre Cass., 3 maggio 2012, n. 23152).

    In merito, si è proposto di intendere in senso “atecnico” l’utilizzo dell’espressione “garante” della circolazione stradale, elaborato dalla giurisprudenza con riferimento al previgente art. 589, comma 2, c.p., così da ricomprendere tra i soggetti attivi – a titolo esemplificativo – anche i pedoni, i conducenti di biciclette, gli apicali della società concessionaria del servizio autostradale, il guidatore impegnato in manovre di parcheggio o nell’uscita dal veicolo: «in breve, (…) tutti i destinatari delle norme di comportamento di cui al codice della strada» (Di Lello Finuoli).

    Un rilevante banco di prova per la fattispecie di omicidio stradale, in primis quanto all’individuazione dei soggetti attivi, sarà rappresentato dal processo per il crollo del ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018. Come divulgato dalla stampa, dopo aver chiuso le indagini ad aprile, nel giugno 2021 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha infatti chiesto il rinvio a giudizio di numerose persone, imputate a vario titolo, tra cui ex dirigenti e top manager della Società concessionaria, di una sua controllata e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e fra le accuse un rilievo centrale riveste proprio quella di omicidio stradale.

    Anche la giurisprudenza di legittimità successiva all’entrata in vigore della riforma del 2016, nell’individuare i destinatari delle ipotesi aggravate, ha riconosciuto come il reato-base del primo comma si rivolga ad una platea assai ampia di destinatari. Più precisamente, si è osservato come la formulazione della novella abbia ricondotto solo le ipotesi aggravate al momento della «guida» (individuando esplicitamente, come agente, chiunque si ponga «alla guida di un veicolo a motore»); ciò, peraltro, a differenza dell’ipotesi-base (art. 589-bis c.p., comma 1 e art. 590-bis c.p., comma 1, c.p.), per le quali il destinatario del precetto è «chiunque» cagioni per colpa la morte di una persona ovvero le lesioni personali con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (Cass., 15 dicembre 2016, n. 2403; Cass., 11 aprile 2019, n. 18802).

    Pedone

    In dottrina, si è dubitato della possibilità di includere i pedoni tra i soggetti attivi del reato, fermo restando che talune circostanze aggravanti in ogni caso non possono essere applicate a costoro in quanto presuppongono la guida di un veicolo, ovvero riguardano la sussistenza di requisiti – possesso della patente e dell’assicurazione obbligatoria, nel caso del quarto comma – chiaramente non concernenti la figura del pedone.

    Passeggero

    Quanto al passeggero, ci si chiede se possa essere chiamato o meno a rispondere di omicidio stradale, quale destinatario di doveri di diligenza volti a evitare perniciose interferenze sul conducente. Nelle costellazioni di ipotesi in cui la condotta del passeggero sia tale addirittura da incidere sulla guida (ad esempio: il soggetto trasportato tira il freno a mano), o consista in atti violenti sul conducente (non essendo invocabile l’art. 46 c.p., incompatibile con i reati colposi), non si ravvisa difficoltà a ricondurre l’ipotesi nell’alveo degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. (sussistendone gli ulteriori presupposti). Viceversa, se il passeggero interferisce sulla condotta del conducente, senza però intervenire direttamente sull’attività di guida, si ritiene che tali condotte siano originariamente atipiche ai sensi dei predetti articoli, ma possano assumere rilevanza se poste «in connessione di rischio» con la condotta principale tipica del conducente (Pistilli).

    2.3. L’alternativa tra colpa generica e colpa specifica riguardo al fatto-base tipico colposo.

    2.3.L’alternativa tra colpa generica e colpa specifica riguardo al fatto-base tipico colposo.

    Come già considerato, le ipotesi base di cui al comma 1 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. fanno riferimento a chiunque cagioni «per colpa» uno degli eventi tipici «con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o della navigazione marittima o interna».

    Ci si chiede, al riguardo, se la formulazione letterale della disposizione in oggetto possa comprendere anche la colpa generica, oppure se il riferimento alla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (ora anche a quelle della navigazione marittima o interna) restringa il rinvio normativo alle sole ipotesi di colpa specifica.

    Sembra il caso di ricordare, in proposito, come il settore della circolazione stradale – ma ciò vale anche per quello nautico, regolamentato, ad esempio, dal codice della navigazione del 1942 e dal codice della nautica da diporto: d.lgs. 18 luglio 2005, n. 171 (Demuro) – sia governato da numerosissime regole cautelari positivizzate, dettate dal codice della strada e dal relativo regolamento di esecuzione e di attuazione (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), sicché è difficile immaginare ipotesi di omicidio nell’ambito della circolazione stradale che non siano riconducibili ad inosservanze per colpa specifica.

    Regole cautelari c.d. “elastiche”

    Peraltro, nel settore in considerazione si possono rinvenire non solo regole c.d. “rigide”, che descrivono, con assoluta puntualità, lo schema comportamentale al quale il destinatario del precetto si deve attenere, ma anche molteplici regole cautelari c.d. “elastiche”, che richiedono, ai fini della loro applicazione, un riferimento alle circostanze del caso concreto (Forti; Marinucci; Veneziani): si può citare come esempio l’art. 141 c.d.s. in tema di velocità («È obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione»).

    La questione è resa più complessa dal dato per cui molte di tali regole positivizzate hanno un contenuto precettivo amplissimo, come per esempio l’art. 140, comma 1, c.d.s., che prescrive agli utenti della strada di «comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale»: secondo una diffusa opinione (ad esempio, F. Mantovani), regole così ampie e generali non potrebbero comunque fondare una colpa specifica.

    Orbene, nel diritto vivente, prima dell’entrata in vigore della riforma del 2016 in tema di omicidio stradale, si è andata consolidando (anche nelle indicazioni operative di varie Procure della Repubblica) la conclusione per cui la “colpa stradale” può fondarsi anche sulla violazione di disposizioni assolutamente generiche come quella dettata dall’art. 140, comma 1, c.d.s., o comunque a prescindere dall’inosservanza di specifiche regole cautelari scritte, valorizzando il ricorso del legislatore all’espressione «per colpa», che sarebbe tale da comprendere sia la colpa specifica che quella generica.

    A ben vedere, sembra eccessivo identificare la violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale richiamate dal comma 1 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. con la “vera” colpa specifica. Quest’ultima è una species all’interno del più ampio genus della disciplina della circolazione stradale; e tale disciplina, nel suo complesso, contiene anche norme prive di finalità cautelare o troppo “generiche” per fondare una colpa “specifica”.

    D’altra parte, tuttavia, la colpa riconducibile alla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale va oggi a fondare, in primis, la tipicità oggettiva degli autonomi delitti di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi o gravissime; tipicità oggettiva che a sua volta deve risultare in linea con il disvalore di azione sotteso alla violazione di quelle norme e che risulta enfatizzato mediante la creazione di due reati a sé, speciali rispetto ai delitti di cui agli artt. 589 e 590 c.p. e più severamente puniti.

    Tenuto conto della nuova fisionomia di delitto autonomo dell’omicidio stradale (o nautico) e delle lesioni personali stradali (o nautiche), il requisito della violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (o della navigazione) sembra tale da escludere la rilevanza di comportamenti negligenti, imprudenti, imperiti che non siano comunque riconducibili alla violazione di norme positivizzate in materia (per quanto generali e inidonee a fondare una colpa specifica propriamente intesa), con ciò incidendo anche sulla corretta individuazione dei soggetti investiti di una posizione di garanzia, con i connessi obblighi di impedimento dell’evento.

    L’importanza dell’inciso «per colpa»

    In ogni caso, l’inciso secondo cui l’evento deve essere cagionato «per colpa» è opportuno, sia per ribadire l’irrilevanza di norme del codice della strada (o di disciplina della navigazione) che non si caratterizzino come cautelari, sia per valorizzare i nessi normativi tra condotta colposa ed evento (sui quali v. infra).

    È importante in ogni caso considerare che le violazioni rientranti nel fatto-base possono essere individuate per esclusione rispetto a quelle contemplate dai successivi commi, dedicati alla disciplina di numerose circostanze aggravanti, che si basano su trasgressioni più significative (Mattheudakis).

    2.4. Cenni ai nessi normativi tra colpa ed evento.

    2.4.Cenni ai nessi normativi tra colpa ed evento.

    Causalità della colpa

    L’indagine sui reati colposi in considerazione richiede di misurarsi anche con il tema della “causalità della colpa”, ovvero dei nessi normativi tra violazione cautelare ed evento (Veneziani; Summerer). Si ripropone cioè la questione controversa del grado di evitabilità dell’evento: basta che il comportamento alternativo lecito sia accreditato di mere chances di successo, oppure occorre qualche cosa in più? Per ritenere integrata la tipicità del fatto colposo d’evento, è necessaria addirittura la verifica che, in ipotesi di comportamento osservante delle regole di diligenza, l’evento sarebbe stato scongiurato con una probabilità “vicina a 100”?

    Senza particolari esitazioni, l’evento può dirsi “cagionato per colpa” laddove – accertata la causalità sul piano naturalistico – il comportamento alternativo lecito sarebbe stato certamente idoneo ed evitare l’evento; così come, viceversa, la responsabilità sarebbe da escludere qualora risulti con certezza – o con probabilità con essa confinante – che l’evento si sarebbe ugualmente verificato, anche se l’agente si fosse perfettamente conformato alla regola cautelare (in realtà violata) (M. Romano).

    È invece notoriamente controversa la soluzione, laddove il comportamento alternativo lecito sia “probabilmente efficace” (ovvero “probabilmente inefficace”). Al riguardo l’impostazione preferibile è quella per cui l’efficacia del comportamento alternativo lecito andrebbe valutata in maniera diversa nelle ipotesi commissive ed in quelle omissive.

    Ipotesi commissive

    Sul versante commissivo, cioè nelle ipotesi in cui il soggetto agente crea il rischio con la propria azione, sembra francamente eccessivo pretendere (così invece Stella; Eusebi), ai fini dell’integrazione del fatto tipico colposo, che il comportamento alternativo lecito debba essere accreditato di un’efficacia vicina al 100%: ciò assume una particolare valenza nel settore della circolazione stradale, ove il più delle volte è il conducente a creare il rischio che poi si concretizza nell’evento lesivo. In altre parole, pare condivisibile la conclusione per cui, qualora la condotta abbia causato l’evento hic et nunc, tale evento possa essere imputato anche a prescindere dalla certezza o quasi che il comportamento alternativo lecito avrebbe evitato quel risultato lesivo (Donini; Giunta; Veneziani).

    Proprio il settore della circolazione stradale offre più di un esempio (non di rado immaginabile anche nel contesto nautico) del meccanismo per cui talune ipotesi di incerta efficacia impeditiva dell’evento del comportamento alternativo lecito possono essere rilette in chiave di probabilità confinante con la certezza, grazie all’individuazione di una regola cautelare più rigorosa, cui in concreto il soggetto agente avrebbe dovuto uniformarsi. Invero, in caso di investimento di un pedone, il quesito se l’evento avrebbe potuto essere evitato, qualora l’automobilista avesse rispettato il limite di velocità dei 50 km/h, anziché procedere a 75 km/h ben potrebbe lasciare un margine di incertezza sulla reale efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito. Ma il dubbio può essere fugato, applicando la regola cautelare che impone non già il rigido rispetto del limite massimo di velocità, ma di ridurre ulteriormente la velocità stessa in presenza di date circostanze, in modo che sia evitato ogni pericolo (art. 141 c.d.s.) (Veneziani).

    Ipotesi omissive

    Viceversa, nelle ipotesi di causalità omissiva, occorre che ci sia un legame normativo forte tra condotta colposa omissiva ed evento colposo. In questa prospettiva, infatti, manca per definizione un qualsivoglia nesso naturalistico che “leghi” la condotta del garante all’evento hic et nunc, e dunque si deve richiedere un alto grado di probabilità razionale, che dia sufficiente sicurezza circa la conclusione per cui l’evento si sarebbe davvero evitato in ipotesi di condotta osservante. Solo così la clausola di equivalenza ex art. 40 cpv. c.p. può rappresentare un vero equivalente della causalità. In altri termini, nei modelli omissivi impropri pare giustificato richiedere un più elevato grado di evitabilità dell’evento mediante il comportamento alternativo lecito, tale da confinare con una ragionevole certezza: solo una regola cautelare “propria” esprime un comportamento alternativo lecito idoneo nella normalità dei casi a scongiurare l’evento in caso di condotta omissiva (Veneziani).

    Nel settore della circolazione stradale, ancora marginale risulta invece la sfera di operatività della clausola di cui all’art. 40 cpv. c.p., e quindi della possibile rilevanza di condotte omissive di “garanti” a vario titolo della sicurezza (Veneziani): tema peraltro riproposto in tutta la sua drammatica attualità dalla tragedia del crollo del ponte Morandi (v. supra).

    Quanto alla law in action, va infine ricordato come il tema dei nessi tra colpa ed evento si trovi recepito anche con specifico riferimento al settore della circolazione stradale (Giugni). Invero, un rigoroso accertamento dei medesimi – di cui la giurisprudenza più attenta offre significativi esempi (Cass., 18 gennaio 2018, n. 10378; Cass., 10 novembre 2020, n. 34344; v. altresì Cass., 16 giugno 2010, n. 32126) – si impone come un passaggio fondamentale in sede di ricostruzione dei profili di responsabilità penale, a maggior ragione nella prospettiva dell’omicidio stradale, in cui pene così severe per il modello-base e soprattutto per le fattispecie aggravate risulterebbero oltremodo sproporzionate qualora nel diritto vivente si tollerassero verifiche atomistiche della colpa e della causalità (oltre che delle condizioni psico-fisiche soggettive del conducente, ove rilevanti), senza valorizzare i necessari collegamenti tra i relativi estremi.

    2.5. Cenni al principio di affidamento.

    2.5.Cenni al principio di affidamento.

    Nozione e funzione del principio di affidamento

    Ai fini della ricostruzione della responsabilità colposa nell’ambito della circolazione stradale (con considerazioni ampiamente valide anche per il settore nautico), va altresì ricordato il tema del principio di affidamento (M. Mantovani).

    Teorizzato inizialmente dalla dottrina tedesca con precipuo riferimento proprio all’ambito della circolazione stradale, il Vertrauensgrundsatz si riferisce a contesti nei quali più soggetti sono tenuti al rispetto di regole cautelari, le quali finiscono in certo modo per condizionarsi vicendevolmente quanto a contenuto e perimetro.

    La possibilità di fare affidamento, appunto, sul rispetto, da parte degli altri soggetti, delle regole cautelari su questi ultimi gravanti consente di attrarre una serie di pericoli nell’ambito del rischio consentito, mirando ad evitare gli effetti potenzialmente paralizzanti che, invece, la necessità di agire prospettandosi tutte le possibili infrazioni altrui alle regole di cautela porterebbe con sé.

    Il problematico riconoscimento giurisprudenziale

    Se è vero che la giurisprudenza di legittimità richiama sovente il principio, riconoscendone un’incidenza in questo senso, occorre però evidenziare che, al contempo, la reale operatività dello stesso viene per lo più sterilizzata, soprattutto con riferimento alla materia della circolazione stradale. È infatti affermazione assai ricorrente quella per cui il principio di affidamento incontra un limite laddove il contegno imprudente altrui, se prevedibile, non esime l’utente della strada da responsabilità (per un’analisi critica, Di Giovine; Mattheudakis).

    Di recente, si è in questo senso affermato che «In tema di reati commessi con violazione di norme sulla circolazione stradale e sul codice della strada, il “principio di affidamento” (che costituisce applicazione di quello del rischio consentito ed è teso a evitare “l’effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze” e viene meno “allorché l’agente sia gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi, o quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività”) trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente messo in atto da altri, purché questo rientri nel limite della prevedibilità. Infatti, proprio con riferimento all’ambito della circolazione stradale, vi è la tendenza a escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull’altrui correttezza, che trova spiegazione nella circostanza che il contesto della circolazione stradale è meno definito rispetto, per esempio, a quello di équipe proprio della responsabilità derivante dall’esercizio delle professioni sanitarie, ma anche nel rilievo che alcune norme del codice della strada in sostanza sembrano estendere al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, sino a ricomprendervi il dovere dell’agente di prospettarsi le altrui condotte irregolari» (Cass., 23 ottobre 2018, n. 54001).

    Volgendo lo sguardo al dato pratico, tale impostazione si è ad esempio tradotta nell’assunto – spesso ripreso anche dalla successiva giurisprudenza di legittimità – per il quale «l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa» (Cass., 27 aprile 2017, n. 25552; conforme, ad esempio, Cass., 4 maggio 2021, n. 20403).

    Tali approdi trovano peraltro applicazione anche in relazione alla classica casistica dell’investimento del pedone (Cass., 10 maggio 2017, n. 27513), terreno sul quale la giurisprudenza si mostra assai severa (ad esempio, Cass., 12 giugno 2019, n. 29277), talora applicando un rigore eccessivo, che suscita fondate perplessità: «il Leitmotiv è sostanzialmente invariato: essendo il pedone per definizione mobile, si reputa possibile prevedere l’eventualità che si sposti, attraversi repentinamente la carreggiata, e che ciò faccia anche fuori delle strisce pedonali, in strade trafficate, al buio e, in genere, in contesti sfavorevoli (anche a sé) sul piano della visibilità. Poi, a ritroso, sulle caratteristiche dell’evento concreto viene ricostruito il contenuto della camaleontica regola cautelare» (Di Giovine; in argomento, inoltre, Cappellini, Marino, Mattheudakis).

    2.6. Profili di colpevolezza colposa.

    2.6.Profili di colpevolezza colposa.

    L’argomento della colpevolezza colposa può essere qui affrontato in estrema sintesi, per la semplice ragione che il nostro diritto vivente riserva uno spazio davvero minimo alla misura soggettiva della colpa, in specie nel settore della circolazione stradale. In effetti, anche la dottrina che più da vicino si è occupata in tempi recenti di imputazione soggettiva della colpa ha constatato come nel settore della circolazione stradale le sentenze italiane si dedichino pressoché esclusivamente alle questioni concernenti la dimensione oggettiva della colpa, con alcune aperture alla rimproverabilità soggettiva, soprattutto mediante la valorizzazione del concetto di prevedibilità in concreto, che consente di ampliare la base di giudizio tenendo conto delle difficoltà in cui può versare il soggetto inosservante della regola cautelare (Canepa; Grotto; Castronuovo; in giurisprudenza, Cass., 7 febbraio 2008, n. 12361).

    Sarebbe indubbiamente auspicabile una rivitalizzazione dei profili che attengono alla personalizzazione del rimprovero penale, con specifico riguardo al tema dell’omicidio e delle lesioni stradali, ancorché il momento storico – per le ragioni già accennate – non sia certo tra i più favorevoli.

    Peraltro, proprio il notevole rigore dal punto di vista dei criteri normativi di imputazione, sul versante della misura oggettiva della colpa, in uno con la maggior severità dell’apparato sanzionatorio, ben potrebbero consigliare un approccio più attento al versante della colpevolezza colposa e alle problematiche che ruotano intorno al concetto di inesigibilità.

    3. Le circostanze aggravanti dell’omicidio stradale (o nautico) e delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime: profili generali.

    3.Le circostanze aggravanti dell’omicidio stradale (o nautico) e delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime: profili generali.

    Dal comma secondo al sesto, gli artt. 589-bis e 590-bis c.p. contemplano una serie di circostanze aggravanti (nel senso che si tratti invece di altrettante fattispecie autonome F. Mantovani), che assumono alla propria base violazioni del codice della strada sia di rilievo penale (artt. 186 e 187 c.d.s.) che amministrativo (artt. 140 ss. c.d.s.) e ora anche l’inosservanza di norme di disciplina della navigazione marittima o interna.

    Un’ulteriore circostanza aggravante (speciale e ad effetto speciale) dell’omicidio stradale (o nautico) è prevista dall’art. 589-ter c.p., nel caso in cui il conducente si dia alla fuga: «la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a cinque anni»; ipotesi speculare è prevista anche in questo caso per le lesioni stradali (o nautiche) all’art. 590-ter c.p.: «se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a tre anni».

    I soggetti attivi delle ipotesi aggravate

    Va osservato che tutte le circostanze si riferiscono a chi si pone alla guida di un veicolo a motore (nelle ipotesi ex artt. 589-bis e 590-bis c.p., che ora menzionano anche la guida «di una delle unità da diporto di cui all’articolo 3 del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171») ovvero al conducente tout court (artt. 589-ter e 590-ter c.p.), dovendosi quindi fare riferimento al codice della strada (ed alle norme eventualmente ad esso collegate, come a quelle relative alle tipologie di navigazione interessate) per la necessaria integrazione delle disposizioni penali. Per esempio, al conducente di un monopattino dotato di motore elettrico (mezzo che non rientra però nel novero dei “veicoli a motore”, cosi come una bicicletta con pedalata assistita, e altri simili mezzi di mobilità c.d. smart), potrà essere addebitata l’aggravante della fuga in caso di omicidio stradale o lesioni personali stradali, ma non una delle aggravanti dettate dagli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    In merito alle circostanze aggravanti incentrate sulla guida in stato di ebbrezza e sotto l’influsso di sostanze stupefacenti, si è osservato che le soglie alcolemiche previste dall’art. 186, comma 2, c.d.s. (riproposte anche in ambito nautico) segnano una progressione dell’inasprimento sanzionatorio, mentre in caso di alterazione conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope trova sempre applicazione la cornice edittale per la fattispecie circostanziata che va dagli otto ai dodici anni in caso di omicidio, dai tre ai cinque anni in caso di lesioni gravi e dai quattro ai sette anni in caso di lesioni gravissime. La differenza viene giustificata tenuto conto del fatto che l’assunzione di sostanze stupefacenti non rileva in quanto tale, ma solo qualora ne consegua lo stato di alterazione, con le relative difficoltà sul piano probatorio (Massaro).

    I rapporti tra le incriminazioni del codice penale e quelle del codice della strada: reato complesso

    A tale riguardo, occorre altresì segnalare che, fin dall’entrata in vigore delle disposizioni introdotte dalla l. n. 41/2016, si è riproposto il tema, a lungo dibattuto, circa la possibilità di ricostruire i rapporti tra l’omicidio cagionato da soggetti in stato di ebbrezza o di alterazione da assunzione di stupefacenti e le figure contravvenzionali di cui agli artt. 186 e 187 c.d.s. in termini di concorso di reati ovvero di reato complesso.

    Nella vigenza della disciplina anteriore a quella introdotta dalla l. n. 41/2016, la dottrina propendeva, per lo più, per la seconda soluzione (ad esempio, Antonini; De Francesco; Giacona; Ruga Riva; Gatta), mentre la giurisprudenza risultava saldamente ancorata ad una ricostruzione dei rapporti tra le richiamate fattispecie secondo lo schema del concorso di reati (tra le molte, Cass., 29 ottobre 2009, n. 3559; Cass., 3 ottobre 2012, n. 46441; appena prima della riforma del 2016, Cass., 19 novembre 2015, n. 1880).

    Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, in letteratura si è rilevato come l’impostazione accolta dal legislatore abbia attribuito maggior forza alla tesi del reato complesso (Piccioni; D’Auria).

    A ben vedere, è la stessa Corte di Cassazione che ha mutato atteggiamento, affermando il seguente principio di diritto: «Nel caso in cui si contesti all’imputato di essersi, dopo il 25 marzo 2016 (data di entrata in vigore della legge n. 41 del 2016), posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza e di avere in tale stato cagionato, per colpa, la morte di una o più persone – ovvero lesioni gravi o gravissime alle stesse – dovrà prendersi atto che la condotta di guida in stato di ebbrezza alcoolica viene a perdere la propria autonomia, in quanto circostanza aggravante dei reati di cui agli artt. 589-bis, comma 1, e 590-bis, comma 1, cod. pen., con conseguente necessaria applicazione della disciplina sul reato complesso ai sensi dell’art. 84, comma l, cod. pen., ed esclusione invece dell’applicabilità di quella generale sul concorso di reati. La stessa soluzione dovrà, naturalmente, valere nel caso di guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanza stupefacenti o psicotrope (artt. 589-bis, comma 2, e 590-bis, comma 2, cod. pen.)» (Cass., 29 maggio 2018, n. 26857; orientamento poi consolidatosi).

    La peculiarità del contesto nautico

    La questione si pone in termini differenti con riferimento al settore nautico, posto che la guida di mezzi da diporto in condizioni di alterazione per l’assunzione di alcolici – le soglie quantitative sono comunque le medesime previste per la circolazione stradale – o stupefacenti non ha di per sé rilevanza penale, ma integra “soltanto” un illecito amministrativo (Demuro).

    Deroga al regime generale di bilanciamento delle circostanze

    Va considerato che – in deroga rispetto alla disciplina generale di cui all’art. 69 c.p. in tema di concorso eterogeneo di circostanze – le aggravanti in parola risultano “rinforzate” ovvero “blindate” (in continuità con il previgente art. 590-bis c.p.: Pavich; Piergallini) dalle limitazioni previste dall’art. 590-quater c.p. al giudizio di bilanciamento con circostanze di segno opposto (fatte salve le circostanze attenuanti di cui agli artt. 98 e 114 c.p.). Quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto degli artt. 589-bis e 590-bis e degli artt. 589-ter e 590-ter c.p., «le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti».

    Sembra opportuno segnalare che la Corte costituzionale (Corte cost., 17 aprile 2019, n. 88) ha respinto le questioni di legittimità sollevate con riferimento all’art. 590-quater c.p., per contrasto con gli artt. 3, 25, comma 2, e 27, comma 3, Cost., e fondate sulla censura del quadro irragionevole e sproporzionato che ne deriva (non solo all’interno del settore della disciplina stradale, ma anche nel confronto con le previsioni colpose in ambito medico ovvero in materia di infortuni sul lavoro), con i relativi riflessi sul versante del principio di colpevolezza e della funzione rieducativa della pena. La Consulta ha infatti ritenuto che la disciplina censurata sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, che – con una scelta politica non sindacabile – ha inteso contrastare condotte gravemente lesive dell’incolumità delle persone, che hanno creato diffuso allarme sociale.

    3.1. Le singole circostanze aggravanti basate sulla guida di un veicolo a motore (o di un’unità da diporto) in stato di ebbrezza o di alterazione da stupefacenti.

    3.1.Le singole circostanze aggravanti basate sulla guida di un veicolo a motore (o di un’unità da diporto) in stato di ebbrezza o di alterazione da stupefacenti.

    Le circostanze aggravanti speciali dettate dai commi secondo, terzo e quarto degli art. 589-bis e 590-bis c.p. presentano un denominatore comune: occorre infatti che il soggetto abbia cagionato la morte di una persona o lesioni personali gravi o gravissime essendosi posto «alla guida di un veicolo a motore» (in giurisprudenza, Cass., 15 dicembre 2016, n. 2403) («o di una delle unità da diporto di cui all’articolo 3 del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171»), trovandosi in una delle condizioni psico-fisiche (stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope) meglio specificate per ogni singola circostanza da ciascuno dei commi in esame. Si tratta di aggravanti ad effetto speciale, sottratte, come già visto, al giudizio di bilanciamento, nei limiti posti dall’art. 590-quater c.p.

    Il comma 2 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    In base all’art. 589-bis, comma 2, c.p. è punito con la reclusione da otto a dodici anni chiunque, «ponendosi alla guida di un veicolo a motore o di una delle unità da diporto di cui all’articolo 3 del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché degli articoli 53-bis, comma 2, lettera c), e 53-quater del codice della nautica da diporto, di cui al decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, cagioni per colpa la morte di una persona». L’art. 186, comma 2, lett. c, c.d.s. fa riferimento all’ipotesi in cui «sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l)»; l’art. 187 c.d.s. si riferisce alla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. Per il contesto nautico, i richiami normativi hanno il medesimo significato.

    Le pene previste dall’art. 590-bis c.p. per le corrispondenti ipotesi di lesioni personali sono la reclusione da tre a cinque anni (lesioni gravi) e da quattro a sette anni (lesioni gravissime).

    La giurisprudenza di legittimità, di recente, ha escluso che lo stato di ebbrezza debba essere causa del sinistro: esso è stato ricondotto a mero presupposto di applicazione dell’aggravante in oggetto. Tale conclusione sarebbe avvalorata dalla scelta legislativa di introdurre, con la fattispecie autonoma di omicidio stradale, un reato complesso in cui la contravvenzione di cui all’art. 186 c.d.s. perde la propria autonomia (Cass., 21 novembre 2019, n. 4882).

    Secondo la dottrina maggioritaria, invece, non è bastevole una qualunque condotta colposa del conducente che si trovi nelle condizioni fisio-psichiche descritte dal legislatore, ma occorrerebbe che tali condizioni abbiano effettivamente inciso sulla produzione dell’evento, risultando altrimenti difficile giustificare il previsto aggravamento di pena, se non in base a logiche ispirate al versari in re illicita, collidenti con il principio di colpevolezza (ad esempio, con varie sfumature, Losappio; Mattheudakis; Notaro; in senso analogo, con riferimento alla disciplina previgente, Reccia; Dies).

    Il comma 3 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    In forza delle circostanze aggravanti del comma 3 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p., le stesse pene previste dal comma precedente dei medesimi articoli si applicano «al conducente di un veicolo a motore di cui all’articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, o di un’unità da diporto di cui all’articolo 53-ter, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e 53-bis, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, cagioni per colpa la morte di una persona».

    L’art. 186, comma 2, lett. b, c.d.s. fa riferimento, a sua volta, all’ipotesi in cui «sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l)» (sostanzialmente corrispondente è il rinvio operato alla disciplina del settore nautico), mentre l’art. 186-bis, comma 1, lett. b, c e d, c.d.s. stabilisce che «È vietato guidare dopo aver assunto bevande alcoliche e sotto l’influenza di queste per: (…); b) i conducenti che esercitano l’attività di trasporto di persone, di cui agli articoli 85, 86 e 87; c) i conducenti che esercitano l’attività di trasporto di cose, di cui agli articoli 88, 89 e 90; d) i conducenti di autoveicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, di autoveicoli trainanti un rimorchio che comporti una massa complessiva totale a pieno carico dei due veicoli superiore a 3,5 t, di autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto, nonché di autoarticolati e di autosnodati». Per il contesto nautico, il riferimento alla disciplina di settore mira ad estendere l’aggravante agli utilizzatori a fini commerciali delle unità da diporto.

    La disposizione – innovativa, così come le successive ipotesi, nel panorama delle aggravanti in subiecta materia – si rivolge, dunque, ai medesimi guidatori c.d. professionisti, per i quali la l. 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), aveva previsto un divieto assoluto di porsi alla guida dopo aver assunto sostanze alcoliche e sotto l’influenza delle stesse. Tale disposizione escludeva i conducenti di età inferiore ai ventuno anni ed i conducenti nei primi tre anni dal conseguimento della patente di guida di categoria B: ossia le medesime categorie indicate dall’art. 186-bis, comma 1, lett. a, del codice della strada (in senso critico, Menghini).

    Il legislatore ha ritenuto, ricorrendo ad una presunzione iuris et de iure, che il minor grado di ebbrezza alcolica possa ritenersi compensato dal maggior pericolo creato mettendosi alla guida di mezzi pesanti ovvero nell’esercizio di un’attività di trasporto di persone o cose, ma anche in questo caso si paventa un avallo del paradigma della colpa d’autore (Roiati).

    Per altro verso, si è rimarcato come la scelta di ricorrere al medesimo trattamento sanzionatorio previsto dal comma secondo sollevi perplessità nell’ottica del principio di ragionevolezza, trattandosi di un’equiparazione piuttosto arbitraria di situazioni che in realtà presentano profili di gravità valutabili su piani differenti (Mattheudakis).

    Il comma 4 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    Giungendo al comma 4 dell’art. 589-bis c.p., esso prevede la pena della reclusione da cinque a dieci anni, «salvo quanto previsto dal terzo comma», per chi «ponendosi alla guida di un veicolo a motore o di una delle unità da diporto di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e 53-bis, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, cagioni per colpa la morte di una persona». Le pene previste dall’art. 590-bis c.p. per le corrispondenti ipotesi di lesioni personali sono la reclusione da un anno e sei mesi a tre anni (lesioni gravi) e da due a quattro anni (lesioni gravissime).

    Si conferma quindi il ricorso a un approccio casistico che diversifica in maniera alquanto analitica il trattamento sanzionatorio, utilizzando la tecnica del richiamo ad una serie di disposizioni del codice della strada (e del codice della nautica da diporto): in questo caso, rinviando alla contravvenzione di cui all’art. 186, comma 2, lett. b, punita con l’ammenda da euro 800 a euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (e all’illecito amministrativo corrispondente previsto in ambito nautico). La fattispecie contravvenzionale (così come quella amministrativa del settore nautico) di pericolo viene pertanto inglobata nel modello circostanziato del delitto di danno ed anche in questo caso contribuisce in modo determinante a plasmare il disvalore della condotta, ritenuto tale da giustificare la pena della reclusione da cinque a dieci anni. Circa i destinatari, la clausola di riserva («salvo quanto previsto dal terzo comma») mira ad escludere i guidatori professionali nell’esercizio della loro attività dalla sfera di operatività di questo modello circostanziato, caratterizzato da una cornice sanzionatoria meno severa rispetto ai precedenti in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica ed allineato invece alle ipotesi successive in tema di eccesso di velocità, passaggio con il rosso, circolazione contromano, ed altre gravi infrazioni al codice della strada (e non anche della disciplina nautica).

    3.2. Le ulteriori circostanze aggravanti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    3.2.Le ulteriori circostanze aggravanti di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    Il comma 5 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    Il comma 5 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. (che è l’unico che si riferisce soltanto al contesto stradale e non anche a quello nautico) stabilisce che le medesime pene di cui al quarto comma di tali articoli (reclusione da cinque a dieci anni, in caso di morte; reclusione da un anno e sei mesi a tre anni, in caso di lesioni gravi; reclusione da due a quattro anni, in caso di lesioni gravissime) si applicano, inoltre: «1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona/a taluno lesioni personali gravi o gravissime; 2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un’intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona/a taluno lesioni personali gravi o gravissime; 3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona/a taluno lesioni personali gravi o gravissime».

    Secondo taluno, la disposizione offre una elencazione che «sembra arbitraria, approssimativa, non esaustiva delle condotte che determinano con maggiore frequenza le lesioni o la morte altrui»: si propone l’esempio dell’uso del telefono cellulare alla guida (si vedano Di Lello Finuoli; D’Amico).

    Si rileva altresì che talune condotte richiamate dalla disposizione in esame si sovrappongono a quelle che, negli ultimi anni, avevano indotto alla qualificazione del fatto come omicidio volontario con dolo eventuale (Menghini).

    Ciò non pare, di per sé, rappresentare un inconveniente, proprio perché, da un lato, la moltiplicazione delle contestazioni ex art. 575 c.p. ha fatto registrare anche talune forzature del dolo eventuale, che potrebbero così essere evitate, e, d’altro lato, laddove effettivamente ricorrano gli estremi soggettivi del dolo, la disposizione in esame non pone preclusioni rispetto ad una più severa contestazione (v. Ambrosetti; Demuro).

    Vero è che nella previsione in esame si comprendono condotte alquanto eterogenee, e che quindi – all’estremo opposto – la circostanza si presta ad essere applicata anche a comportamenti connotati da mera disattenzione (ad esempio, Schirò).

    Il comma 6 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    Il comma 6 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. prevede l’unica aggravante speciale ad effetto comune (e non ad effetto speciale, come le altre) contemplata dalla disciplina in esame: «Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o, ad eccezione delle ipotesi di cui al quinto comma, di patente nautica, ove prescritta, o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore o l’unità da diporto sia di proprietà dell’autore del fatto e tale veicolo o unità da diporto sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria».

    Si è osservato come il richiamo all’«autore del fatto», secondo una terminologia non certo sconosciuta al lessico penalistico ma non comune nel codice penale, sembri riferirsi ad una (estensione di) responsabilità del proprietario del veicolo (oggi anche dell’unità da diporto) che, tuttavia, non ne fosse alla guida. In tal senso si sostiene che costui sarebbe chiamato a rispondere del delitto, ai sensi degli artt. 40, comma 2, c.p., o 113 c.p. nei casi di: (i) incauto affidamento (ad es., il conducente è un minore o è solito guidare ebbro); (ii) omesso impedimento della guida del conducente ebbro o che “si comporta in modo gravemente e vistosamente imprudente”; (iii) istigazione, rivolta al conducente, a tenere un comportamento imprudente ovvero di accordo, in vista di un obiettivo comune, di agire in trasgressione delle regole del codice della strada (Losappio) (oggi anche di quelle di disciplina della navigazione).

    A parte i casi in cui risulti applicabile l’art. 40 cpv. c.p. in funzione estensiva dell’area di penale rilevanza, con il coinvolgimento di uno o più garanti in aggiunta al conducente del veicolo, ovvero le ipotesi di cooperazione colposa e di concorso di cause colpose fra loro indipendenti, l’aggravante in parola si riferisce ai casi in cui il soggetto attivo sia persona priva di valida patente ovvero sia il proprietario del veicolo a motore (o dell’unità da diporto) sprovvisto di assicurazione obbligatoria; dunque, di per sé non pare idonea ad allargare il novero dei soggetti attivi.

    Ancora, secondo alcuni la previsione sembrerebbe basarsi su di una presunzione per la quale il titolo di proprietario comporterebbe un «controllo totale sul veicolo e, quindi, la piena conoscenza della sua eventuale copertura assicurativa» (Squillaci): fermi i dubbi circa la fondatezza di una simile presunzione, si sottolinea come appaia in quest’ottica incomprensibile la scelta di non far valere detta presunzione anche nei confronti del possessore del veicolo (o dell’unità da diporto).

    Un ulteriore profilo di irragionevolezza viene individuato nella scelta di accomunare situazioni eterogenee: se chi è sprovvisto di patente di guida, o ha la patente sospesa, può essere ritenuto pericoloso per l’incolumità degli utenti della strada (e delle acque) e per la sicurezza della circolazione (e della navigazione), non altrettanto si può dire per il guidatore sprovvisto di assicurazione obbligatoria. Il “pericolo”, nel secondo caso, si rivolge di per sé al solo patrimonio dei partecipanti al traffico, a fronte dell’incapacità del guidatore di risarcire il danno (circostanza rispetto alla quale, tuttavia, va anche tenuto presente il possibile intervento del fondo di garanzia per le vittime della strada) (Mattheudakis).

    Inoltre, si è evidenziato un atteggiamento contraddittorio del legislatore, che prima dell’introduzione dell’aggravante in oggetto, oltretutto connotata in senso spiccatamente formalistico, aveva depenalizzato l’illecito contravvenzionale di guida senza patente ex art. 116, comma 15, c.d.s. (ad esempio, Massaro).

    Altra questione sollevata concerne la possibile inclusione, tra i destinatari del precetto, di chi, pur avendo conseguito la patente di guida, non ne sia semplicemente munito al momento del fatto, e di chi circoli con la patente scaduta. Ad entrambi i quesiti si tende a dare risposta negativa, nel secondo caso invocando in particolare il divieto di analogia in malam partem (conferma anche la giurisprudenza: Cass., 18 giugno 2021, n. 25767).

    Si fa rilevare, infine, che l’assenza del titolo abilitativo alla guida – pur rappresentando un indice del livello di pericolosità sociale del conducente – non può esimere dall’individuazione della regola cautelare che si assume violata e dalla verifica della causalità della colpa (Losappio).

    3.3. La fuga del conducente.

    3.3.La fuga del conducente.

    Gli artt. 589-ter e 590-ter c.p.

    Tra gli inasprimenti del trattamento sanzionatorio vi sono quelli previsti dagli artt. 589-ter e 590-ter c.p., qualora, in caso di omicidio stradale (o nautico) e lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime, il conducente si dia alla fuga.

    In forza di queste circostanze aggravanti ad effetto speciale, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a cinque anni (ovviamente di reclusione, ancorché la disposizione non lo specifichi) in caso di morte, e non inferiore a tre anni in caso di lesioni personali.

    In deroga alla regola di cui all’art. 59, comma 2, c.p., per la quale l’imputazione della circostanza aggravante può avvenire indifferentemente a titolo di dolo o di colpa, l’ipotesi di cui all’art. 589-ter c.p. presuppone un atteggiamento necessariamente doloso dell’agente, mal conciliandosi l’elemento del darsi alla fuga con un coefficiente soggettivo colposo (Mattheudakis; Amato; diversamente, Pavich-Sturlese; Menghini).

    Posto che l’art. 189, comma 1, c.d.s. pone in via generale in capo all’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, sia l’obbligo di fermarsi, sia quello di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona, problematico è il rapporto tra l’omicidio stradale – ma lo stesso vale anche per le lesioni stradali – aggravato dalla fuga del conducente e i delitti di inottemperanza all’obbligo di fermarsi in caso di incidente con danno alle persone (art. 189, comma 6, c.d.s.) e di omessa prestazione di assistenza alle persone ferite (art. 189, comma 7, c.d.s.).

    Premesso che i due citati delitti contemplati dal codice della strada sono appunto autonomi e distinti, in giurisprudenza si è ritenuto che soltanto la condotta di fuga dopo un incidente stradale sia assorbita nella fattispecie complessa di cui al combinato disposto degli artt. 589-bis e 589-ter c.p. e che invece il reato di omicidio stradale aggravato dalla fuga possa concorrere con il delitto di inottemperanza all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite (Cass., 15 marzo 2019, n. 25842).

    4. La circostanza attenuante del contributo concausale alla verificazione dell’evento non ascrivibile all’autore.

    4.La circostanza attenuante del contributo concausale alla verificazione dell’evento non ascrivibile all’autore.

    Il comma 7 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    Il comma 7 dell’art. 589-bis ha identico contenuto rispetto al comma 7 dell’art. 590-bis c.p. Vi si trova la previsione di un’apposita circostanza attenuante ad effetto speciale: «nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà».

    Inizialmente si era ipotizzata una formulazione dell’attenuante limitata al solo contributo colposo della vittima; in particolare, il testo approvato in prima battuta alla Camera dei Deputati si riferiva all’evento come «conseguenza anche di una condotta colposa della vittima».

    La vigente disposizione ha invece una portata più ampia, potendosi riferire sia al contributo di altri soggetti (tra cui la stessa vittima), sia a condizioni esterne diverse da un comportamento umano (Cass., 21 dicembre 2018, n. 13103; inoltre, ad esempio, Cass., 7 novembre 2018, n. 54576), così attribuendo rilevanza a fattori concausali che comunque si innestino nel rapporto di derivazione causale innescato dalla condotta del soggetto attivo (in argomento, con sensibilità diverse, Pistilli; Dovere; Piccioni; Losappio). Con formulazione per così dire rovesciata, il medesimo concetto risulta ribadito, laddove si esclude l’applicabilità della circostanza attenuante in oggetto nel caso in cui sia stato accertato un comportamento della vittima perfettamente lecito e completamente estraneo al decorso causale dell’evento colposo (Cass., 26 febbraio 2019, n. 13587).

    La ratio dell’attenuante viene ravvisata nella minore gravità oggettiva dell’ipotesi in cui la verificazione dell’evento non sia riconducibile in via esclusiva alla condotta del reo, bensì derivi da una pluralità di fattori ovvero di concause.

    Nel contesto delle condotte umane rilevanti ai sensi della disposizione in oggetto, la condotta della vittima pone un problema di coordinamento con il disposto dell’art. 62, comma 5, c.p. (per il quale attenua il reato «l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa»).

    L’attenuante del comma 7 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. non richiede un particolare coefficiente psicologico in capo alla persona offesa, quindi anche il fatto doloso della stessa, che rappresenti una concausa dell’evento, può rilevare ai fini della configurabilità dell’attenuante speciale (e ad effetto speciale).

    Condivisibile pare l’osservazione secondo cui, nel contesto del rigore sanzionatorio che complessivamente caratterizza, in genere, la disciplina dell’omicidio stradale (o nautico) e delle lesioni personali stradali (o nautiche), la previsione della circostanza attenuante de qua si riveli particolarmente opportuna, consentendo di arginare il rischio di esiti troppo severi (Roiati).

    5. L’ipotesi di concorso formale di reati di cui all’ottavo comma degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    5.L’ipotesi di concorso formale di reati di cui all’ottavo comma degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    Il comma 8 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p.

    In base all’art. 589-bis, comma 8, c.p., nelle ipotesi di cui ai commi precedenti «si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto». Identico incremento è previsto dal comma 8 dell’art. 590-bis c.p., il quale prevede, «qualora il conducente cagioni lesioni a più persone», un tetto di sette anni di reclusione.

    Dal punto di vista strutturale, sono evidenti le analogie con le previsioni del comma 4 dell’art. 589 c.p. (ove si stabilisce un limite di pena massimo di anni quindici) e del comma 5 dell’art. 590 c.p. (ove il massimo è fissato in anni cinque).

    È noto come, secondo tesi minoritarie, quest’ultima disposizione contemplerebbe un’ipotesi di reato complesso, oppure avrebbe natura circostanziale. Nel diritto vivente risulta peraltro recepita la diversa e prevalente opinione, secondo cui l’art. 589, ultimo comma, c.p., disciplina un’ipotesi particolare di concorso formale di reati (sia consentito il rinvio a Veneziani; inoltre, F. Mantovani; in giurisprudenza, Cass., 7 marzo 2017, n. 20340; Cass., 26 novembre 2020, n. 6490).

    La medesima conclusione pare doversi trarre anche con riferimento all’ultimo comma dell’art. 589-bis c.p. (ad esempio, D. Bianchi).

    6. La successiva aggiunta di un nono comma all’art. 590-bis c.p.: la procedibilità delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime.

    6.La successiva aggiunta di un nono comma all’art. 590-bis c.p.: la procedibilità delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime.

    Il comma 9 dell’art. 590-bis c.p.

    Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (che ha dato attuazione alla c.d. riforma Cartabia) ha inserito nell’art. 590-bis c.p. un comma nove, con il quale trova ora disciplina espressa il regime di procedibilità delle lesioni personali stradali (o nautiche) gravi o gravissime: «Il delitto è punibile a querela della persona offesa se non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dal presente articolo». Pertanto, in assenza di una violazione “qualificata” del c.d.s. (o della disciplina della navigazione), la punibilità del soggetto agente del reato diventa una strada percorribile a condizione che vi sia una volontà in tal senso da parte della persona offesa. Per le lesioni personali lievi o lievissime, a prescindere dal fatto che maturino nell’ambito della circolazione stradale (o in quello nautico), non è invece mai stato messo in discussione il regime di procedibilità a querela della persona offesa.

    Quella del legislatore è una presa di posizione resasi necessaria per poter superare un orientamento giurisprudenziale che si era ormai consolidato in sede di legittimità (ad esempio, Cass., 1° marzo 2017, n. 29721; Cass., 4 dicembre 2019, n. 10680; in senso contrario G.I.P. Trib. Milano, 4 maggio 2017) e che aveva ricevuto avalli persino dalla Corte costituzionale (Corte cost., 25 settembre 2019, n. 223; Corte cost., 4 novembre 2020, n. 248), per cui il delitto dell’art. 590-bis c.p. doveva considerarsi procedibile d’ufficio. La stessa Consulta aveva in ogni caso sollecitato il Parlamento a rivedere tale rigoroso (e destinato a sovraccaricare gli uffici giudiziari) assetto, in particolare per le ipotesi non aggravate.

    Disciplina transitoria

    Il legislatore ha raccolto tali sollecitazioni prevedendo peraltro una disciplina transitoria, applicabile alle vicende ancora pendenti al momento di entrata in vigore della nuova normativa. Lo stesso d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (modificato sul punto dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito in l. 30 dicembre 2022, n. 162) ha disposto che per i reati resisi perseguibili a querela della persona offesa e commessi prima del 30 dicembre 2022, il termine per la presentazione della condizione di procedibilità decorra dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.

    Termine per proporre querela

    In assenza di un diverso termine rispetto a quello ordinario, per le ipotesi del comma 1 dell’art. 590-bis c.p. trova applicazione la disposizione generale dell’art. 124 c.p., in base a cui «il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato».

    7. La disposizione definitoria dell’art. 590-quinquies c.p.

    7.La disposizione definitoria dell’art. 590-quinquies c.p.

    L’art. 590-quinquies c.p.

    La riforma del 2016 ha introdotto nel codice penale anche un nuovo art. 590-quinquies, rubricato «definizione di strade urbane e extraurbane»: «Ai fini degli articoli 589-bis e 590-bis si intendono per strade extraurbane le strade di cui alle lettere a, b e c del comma 2 dell’articolo 2 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e per strade di un centro urbano le strade di cui alle lettere d, e, f e f-bis del medesimo comma 2».

    Si è evidentemente in presenza di una disposizione definitoria che mira a conferire tassatività soprattutto alle ipotesi del comma 5 degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. Per effetto del rinvio operato al c.d.s., sono da ritenersi strade «extraurbane»: a) le auto-strade; b) le strade extraurbane principali; c) le strade extraurbane secondarie; mentre le strade da considerarsi «di un centro urbano» sono: d) le strade urbane di scorrimento; e) le strade urbane di quartiere; f) le strade locali; f-bis) gli itinerari ciclopedonali.

    Note bibliografiche

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