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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:

    a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;

    b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

    c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

    d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

    e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;

    f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;

    g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: 1. Obblighi e responsabilità del preposto - 2. Il preposto di fatto - 3. Il preposto come creditore di sicurezza - 4. Responsabilità del preposto di fatto che accetti le funzioni malgrado la mancata formazione - 5. Il vice-preposto .

    Nella versione originaria, l'art. 19, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008 prevedeva l'obbligo del preposto di ``sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti''. Nella versione modificata dalla Legge n. 215/2021, continua a dire che i preposti devono ``sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione''. Peraltro, non stabilisce più che ``in caso di persistenza della inosservanza'', i preposti debbano ``informare i loro superiori diretti'', ma che essi devono:

    • ``in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza'';

    • ``in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell'inosservanza, interrompere l'attività del lavoratore e informare i superiori diretti''.

    L'obbligo d'interruzione dell'attività torna nella nuova lettera f-bis inserita sempre all'interno dell'art. 19, ove si prevede che i preposti devono ``in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate''.

    Nel confermare la condanna a due anni di reclusione del preposto di una s.n.c. per l'infortunio mortale occorso a un dipendente, la Sez. IV prende atto che l'imputato ``aveva ricevuto una lettera dai responsabili della s.n.c., nella quale si specificavano le sue mansioni di controllore di produzione, con il compito di supervisionare la produzione di tutto il reparto produttivo, coordinando le varie attività tra le maestranze e l'espletamento del lavoro altrui'', e ne desume che ``egli rivestiva la qualifica formale di preposto ai sensi dell'art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 incaricato di sovrintendere e controllare i lavoratori in tema di sicurezza durante l'esecuzione della prestazione lavorativa''. Riporta integralmente il testo dell'art. 19, comma 1, senza peraltro precisare che si tratta del testo modificato dalla L. n. 215/2021. E ne desume che, alla stregua dell'art. 19, comma 1, l'imputato, ``non solo non avrebbe dovuto adibire il lavoratore a mansioni diverse da quelle stabilite in contratto, ma avrebbe dovuto impedire che venisse utilizzato il macchinario con micro-interruttore di sicurezza non funzionante'', Dove sembra assumere rilievo centrale proprio quell'art. 19, comma 1, lettera f-bis, introdotto dalla Legge n. 215/2021, che, ``in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza'', impone al preposto, ``se necessario'', di ``interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate''. (Delle due l'una: in questa sentenza relativa a un infortunio occorso nel 2014, la Sez. IV o non si è accorta di aver utilizzato il testo dell'art. 19 D.Lgs. n. 81/2008 sugli obblighi del preposto nella versione modificata dalla Legge n. 215/2021, o, meno persuasivamente, ha per implicito ritenuto tale testo applicabile in via retroattiva).

    Il caso riguarda un preposto condannato per il reato di cui all'art. 590 c.p., ``per avere, in cooperazione colposa con il responsabile della sicurezza, cagionato lesioni personali gravi a una lavoratrice, la quale operava su un elevatore, azionato da una pulsantiera, il cui difettoso funzionamento, consentiva la correzione manuale del convogliamento della tramoggia, caricata manualmente delle compresse in lavorazione, sul tramoggino, per agevolare l'adesione dello scarico della tramoggia con l'apertura posta al di sopra, sicché a causa dell'involontario azionamento del pulsante di discesa dell'elevatore e dell'operazione manuale di correzione in corso di esecuzione da parte della lavoratrice, questa subiva lo schiacciamento del primo dito della mano destra''. Nel confermare la condanna, la Sez. IV premette che ``il preposto, ai sensi della previsione di cui all'art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 81/2008, è colui che `in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa'''. Ne desume che ``le competenze normativamente attribuitegli, che delineano l'area di rischio rispetto alla quale egli riveste la posizione di garante, derivano dalla situazione di prossimità alle lavorazioni ed all'opera svolta dai dipendenti'', e che ``proprio in forza di detta condizione l'art. 19 D.Lgs. n. 81/2008 assegna al preposto il compito di controllo immediato e diretto sull'esecuzione dell'attività da parte dei lavoratori, così come quello sull'eventuale instaurarsi di prassi comportamentali incaute e quello su anomalie di funzionamento di macchinari cui gli operatori siano addetti''. Osserva che quest'ultimo obbligo, specificamente sancito dalla lett. f), impone di ``segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta'', e che tale obbligo ``non può risolversi nell'attesa di segnalazioni da parte di terzi - e nella specie degli lavoratori - di anomalie di funzionamento dei macchinari utilizzati o della modifica operativa da parte degli addetti di schemi lavorativi apprestati per l'utilizzo di apparecchiature, posto che ciò comporterebbe un vero e proprio svuotamento del dovere di vigilanza e di sovraintendenza delle lavorazioni, che costituisce l'essenza stessa delle sue attribuzioni''. Con riguardo al caso di specie, la Sez. IV prende atto che ``il malfunzionamento della macchina su cui la persona offesa si infortunò, era noto a tutti nel reparto'', e che proprio ``in relazione all'omissione di vigilanza si è ascritta la responsabilità ai preposto, cui si imputa di non avere verificato il mal funzionamento del macchinario ed il suo utilizzo con modalità incongrua, siffatto controllo rientrando nell'esercizio dei compiti propri della figura di garanzia e ad esso conseguendo il dovere di segnalazione al datore di lavoro''. Nega, pertanto, quanto sostenuto dall'imputato, e, cioè, che ``il fatto sia addebitato in forza dell'elemento materiale del reato, cioè del solo verificarsi dell'evento, ed a titolo di responsabilità oggettiva, in forza della posizione ricoperta, perché la condotta colposa è precisamente individuata e non viene posta in dubbio la sua natura di condizione dell'evento'', e anzi nota che ``anche la contestazione introdotta dall'imputato sull'imprevedibilità dell'evento, in assenza di informazioni circa il problema manifestatosi nell'uso dell'elevatore, perde consistenza, perché essa viene formulata sulla base dell'assenza di un obbligo diretto e continuativo di sorveglianza sui mezzi e sulle lavorazioni, che invece è prescritto al preposto dall'art. 19 D.Lgs. n. 81/2008''. Aggiunge che ``potrebbe configurarsi l'esenzione di responsabilità del preposto solo ed esclusivamente se il problema verificatosi sul macchinario, e l'incauta modalità di lavoro posta in essere per ovviarvi, fossero così recenti rispetto al momento in cui l'infortunio si è verificato da potersi immaginare che entrambi avessero potuto sfuggire al controllo continuativo, proprio perché appena manifestatisi''. Là dove irrilevanti sono ritenuti ``l'assenza di altri infortuni sul macchinario e la mancata segnalazione di anomalie, ciò non incidendo direttamente sulla violazione dell'obbligo di vigilanza da parte del preposto''.

    Per l'infortunio subito dal dipendente di una s.p.a. intento ad installare cartelli di segnalazione e caduto da un carrello elevatore, furono condannati due preposti, l'uno responsabile progetti, l'altro responsabile produzione. La Sez. IV rileva: ``La qualifica di preposto non necessita di essere dimostrata attraverso prove documentali attestanti la formale investitura, ben potendo essere desunta da circostanze di fatto, in base al principio di effettività''. A dire del preposto responsabile produzione, ``le mansioni svolte dal lavoratore all'atto dell'infortunio, fuori dal ristretto ambito del reparto di produzione, costituivano ragione di esonero dai compiti di controllo e vigilanza cui era tenuto l'imputato. La censura non coglie nel segno. Il preposto ha la funzione di verificare e garantire il rispetto delle regole di cautela nell'esecuzione delle prestazioni lavorative e la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile. Pertanto il limite esogeno delle responsabilità collegate all'esercizio della funzione di preposto deve essere individuato nella abnormità ed eccezionalità della condotta del lavoratore, non essendo ipotizzabile una dismissione della posizione di garanzia in rapporto ad un'attività che è stata comunque svolta dal lavoratore nell'ambito dell'azienda sulla base di direttive impartire dal datore di lavoro o da chi abbia assunto di fatto tale veste''. A dire del preposto responsabile progetti, ``non rientrava nelle competenze dell'imputato la vigilanza sull'attività dell'infortunato''. Ma l'imputato ``era responsabile della funzione nel reparto produzione a cui era addetto il lavoratore e aveva provveduto a realizzare corsi di formazione nell'ambito del reparto, riguardanti l'uso della cesta per le lavorazioni in quota. A ciò deve aggiungersi il lavoro di sostituzione della cartellonistica fu da lui commissionato al dipendente, sia pure in una forma implicita''. (Sulla responsabilità del preposto v. anche Cass. 8 giugno 2021 n. 22271; Cass. 8 giugno 2021 n. 22262; nonché Cass. 23 novembre 2022 n. 44545, sub art. 90, paragrafo 7).

    ``Il `preposto' è una delle tre figure cui, secondo la nostra legislazione antinfortunistica e secondo la giurisprudenza formatasi al riguardo, competono, nell'ambito dell'impresa, specifiche posizioni di garanzia autonomamente previste. Il preposto, come il datore di lavoro e il dirigente, è individuato direttamente dalla legge e dalla giurisprudenza come soggetto cui competono poteri originari e specifici, differenziati tra loro e collegati alle funzioni a essi demandati, la cui inosservanza comporta la diretta responsabilità del soggetto `iure proprio'. Il preposto non è chiamato a rispondere in quanto delegato dal datore di lavoro, ma bensì a titolo diretto e personale per l'inosservanza di obblighi che allo stesso direttamente fanno capo. Prima della emanazione del D.Lgs. n. 81/2008 che, all'art. 2, fornisce una precisa definizione di `preposto, l'individuazione dei caratteri tipici di tale figura e dei suoi compiti sono stati elaborati dalla giurisprudenza di legittimità che ha fatto riferimento al quadro normativo dell'epoca (D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 4, poi ripreso dal D.Lgs. n. 626/1994, art. 1, comma 4 bis) che indicava il preposto come colui che `sovrintende' alle attività dei lavoratori da lui dipendenti nell'ambito delle proprie attribuzioni e competenze. Con pronunce assai risalenti nel tempo ma che esprimono principi sempre validi ed attuali, si è in primo luogo affermato che preposto è colui che, nel suo settore, prende decisioni e sovrintende al lavoro eseguito da altri, pur potendo, ove occorra, contribuire alla realizzazione dello stesso, in tal modo individuando la caratteristica essenziale nell'attribuzione al medesimo di poteri, sia pur limitati, di sovraordinazione e controllo di altri lavoratori. Si è poi chiarito che nella concreta attribuzione di t:ale qualifica deve farsi riferimento al criterio della effettività, atteso che la qualifica e le responsabilità del preposto non competono soltanto ai soggetti forniti di titoli professionali o di formati investiture, ma a chiunque si trovi in una posizione di supremazia sia pure embrionale, tale cioè da porlo in condizione di dirigere l'attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini Si è quindi specificato che grava sul preposto uno specifico dovere di sorveglianza e controllo dell'attività svolta dagli altri lavoratori ed un precipuo dovere di segnalare al datore di lavoro eventuali pericoli o carenze nei sistemi di protezione''. (V. anche Cass. 22 luglio 2019, n. 32490; Cass. 19 aprile 2019, n. 17202).

    ``Deve respingersi la pur suggestiva tesi che vorrebbe il preposto esonerato dagli obblighi di garanzia, non trattandosi di situazione di rischio accidentalmente sopravvenuta, da segnalare alla dirigenza e al datore di lavoro. Invero, qui non si è in presenza di un'inadeguatezza attinente al corredo strumentale d'azienda, già preventivamente nota al datore di lavoro, ma di una modalità di lavorazione, manifestamente in dispregio delle norme cautelari minime, che si rinnovava quotidianamente con la scelta di non proteggere le pareti degli scavi, via via aperti. Non si tratta, in definitiva, della decisione, presa una volta per tutte dal datore di lavoro o dalla dirigenza di impiegare un certo macchinario, ma del rinnovare ogni giorno una prassi lavorativa altamente rischiosa. Situazione, questa, che avrebbe imposto di segnalare ogni giorno (ammesso che la prassi lavorativa non dipenda dallo stesso preposto) la condizione di pericolo elettivo. A prescindere dalla violazione del dovere di segnalazione (art. 19, lett. f, del citato T.U.), risulta pienamente integrata la violazione del precetto che impone di avvisare i lavoratori esposti, del `pericolo grave ed immediato' e delle `disposizioni prese o da prendere in materia di sicurezza' (art. cit., lett. d). Il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti''. (V. anche Cass. 22 luglio 2019, n. 32494; Cass. 4 luglio 2017, n. 32105; Cass. 19 maggio 2017, n. 24948, con specifico riguardo al capo cantiere, tenuto a “segnalare situazioni di pericolo per l'incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem”).

    Per l'infortunio subito dal dipendente di una s.p.a. durante un'operazione di smontaggio, pulitura e rimontaggio di un atomizzatore, furono chiamati a rispondere di lesione personale colposa, oltre al RSPP dello stabilimento, il preposto al reparto macinazione, ``per aver sottostimato i rischi di caduta di materiale dall'interno dell'apparecchiatura e per avere omesso di dare all'infortunato informazioni sulle regole di prevenzione e protezione da osservare, in violazione dell'art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008''. La Sez. IV conferma la condanna: il preposto non ha (mentre era impegnato accanto all'infortunato nell'esecuzione della manovra) effettuato il controllo delle pareti interne con la dovuta diligenza, posto che l'evento poi verificatosi testimonia che egli, ove mai avesse effettuato il detto controllo, vi avrebbe provveduto in modo negligente e dunque non rispondente alle regole cautelari, come tale caratterizzato quanto meno da colpa generica. Qualora il controllo fosse stato eseguito in modo diligente, il preposto avrebbe visto la presenza del blocco di materiale e avrebbe potuto quindi evitare che essa, cadendo, provocasse l'incidente'' (per un caso di assoluzione del preposto v. Cass. 15 dicembre 2015, n. 49361).

    ``Pur in mancanza di un'investitura formale, il preposto di fatto é colui che esercita in concreto gli stessi poteri di un preposto assumendo di conseguenza la relativa posizione di garanzia dovendo assicurare la sicurezza del lavoro e sovraintendere alle attività, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando quindi le direttive ricevute dal datore di lavoro. Nella specie, l'imputato ricopriva tale ruolo, ed oltre ad essere presente in cantiere, era tenuto a vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori, assicurandosi dell'utilizzo dei dispositivi antinfortunistici, a maggior ragione a fronte di una manovra oggettivamente pericolosa, quale era quella di togliere un chiodo da un muro utilizzando uno strumento del tutto inappropriato, per il potenziale distacco di schegge con pericolo di offesa agli occhi, dovendo in assenza delle dovute cautele ordinare la sospensione dei lavori. Vigilanza che nella specie si rendeva tanto più esigibile e pregnante proprio in ragione della coesistenza di più ditte nello stesso cantiere e di un contesto in cui si incrociavano e si sovrapponevano le mansioni ed i ruoli ed in cui la specifica lavorazione sembrava dover essere ultimata con urgenza. Proprio detta situazione richiedeva, pertanto, una maggiore vigilanza sul corretto utilizzo dei presidi infortunistici (occhiali antinfortunistici), tanto più se l'infortunato li teneva sopra l'elmetto, essendo esigibile da parte del preposto, anche per la sua vicinanza alle fonti di rischio, una costante vigilanza sull'operato dei lavoratori presenti nel cantiere''.

    ``La sfera di responsabilità del preposto è modellata sui poteri di gestione e di controllo di cui concretamente dispone, atteso che, ai sensi dell'art. 299 D.Lgs. n. 81/2008 la posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati. L'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni effettivamente esercitate e sui poteri di cui si dispone, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale''.

    La Sez. III riconosce all'imputato ``il ruolo di preposto di fatto in applicazione dell'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto. Sull'imputato incombevano, pertanto, gli obblighi di verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico e di informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione (art. 19, comma 1, lett. b e lett. d, D.Lgs. n. 81/2008) e di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva (art. 26 D.Lgs. n. 81/2008)''.

    ``La doglianza, incentrata sulla esclusione della posizione di garanzia del datore di lavoro per l'autonomia decisionale che contrassegnava il ruolo di `preposto' svolto in concreto dal lavoratore deceduto è manifestamente infondata. La tesi difensiva non tiene conto del consolidato principio affermato da questa Corte, secondo il quale, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l'obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all'art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro''.

    Quanto alla questione relativa alla presenza di un preposto individuato dall'imputato nella stessa vittima di un infortunio, la Sez. IV ribatte che ``colui che in concreto aveva assunto tale qualifica non aveva una specifica formazione, né una specifica esperienza nella conduzione di impianti del tipo di quello utilizzato il giorno dell'incidente, né tanto meno una conoscenza dei rischi connessi a simili operazioni, e non poteva quindi assumere una posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, e perciò non poteva comunque assimilarsi a un preposto, neppure in via di fatto''.

    ``La previsione della figura del preposto è diretta ad affiancare a quella del datore di lavoro altra posizione di garanzia con compiti di più stretta e diretta vigilanza, da valere nei confronti degli altri lavoratori, ma non ad esonerare il datore dagli obblighi su di esso gravanti di vigilanza - sia pure meno assidua e stringente, e quindi ad un livello sopra-ordinato, ove ciò sia reso necessario dalle dimensioni dell'azienda - sulla corretta osservanza, anche da parte del preposto ed anche a salvaguardia della sua stessa sicurezza, delle misure e dei protocolli di sicurezza, né tanto meno da quelli su di lui gravanti - e che nel caso di specie vengono in rilievo - di formazione, informazione, attenta analisi dei rischi, predisposizione di adeguate misure di sicurezza''.

    Per un infortunio mortale occorso al dipendente di una s.r.l., oltre all'amministratore delegato, viene condannato il ``preposto di fatto e componente anziano dell'ufficio tecnico dell'impresa, nonché delegato ai sopralluoghi per verifica della fattibilità dei progetti'', per aver consentito e comunque non impedito che ``il dipendente, dopo essersi portato sul tetto di una costruzione, mediante il carrello elevatore, vi scendesse e sostasse, senza alcun presidio anticaduta, spostandosi sullo stesso e precipitando al suolo, a seguito del cedimento di una lastra''. A sua discolpa, lamenta che ``egli non aveva ricevuto alcuna adeguata formazione e non era titolare di alcuna posizione di sovraordinazione gerarchica rispetto agli altri colleghi, i quali operavano tutti in totale autonomia'', e che ``la persona deceduta aveva conoscenze tecnico-scientifiche ben superiori a quelle dell'imputato, che è soltanto un perito industriale e non un ingegnere''. La Sez. IV replica che, ``nel momento in cui l'imputato, di fatto, assunse il compito di organizzare e dirigere il sopralluogo, per conto del datore di lavoro, assunse anche l'obbligo di garantire la sicurezza dei partecipi; e, d'altronde, I'omissione di ogni pur minima cautela, prima di consentire ai colleghi di accedere al tetto, rende irrilevante, ai fini della sussistenza del reato, il fatto che l'imputato stesso non avesse ricevuto alcuna specifica formazione in merito ai rischi inerenti alle operazioni da svolgere''. Spiega che ``tale asserto si inserisce perfettamente nell'ottica delineata dall'art. 299 D.Lgs. n. 81/2008, che estende le responsabilità inerenti alla posizione di garanzia relativa al preposto, a norma dell'art. 2 D.Lgs. citato, ai soggetti che, pur sprovvisti di regolare investitura, esercitino in concreto i poteri giuridici inerenti a quest'ultima figura''. Insegna che, ``ove l'imputato non si fosse sentito preparato a svolgere tali funzioni, proprio perché non specificamente formato, non avrebbe dovuto assumerle''. Spiega che, ``in tali casi, l'addebito di colpa consiste proprio nell'aver intrapreso un'attività che non si è in grado di svolgere adeguatamente, non avendo le conoscenze o le capacità necessarie (c.d. colpa per assunzione)'', che ``l'esplicare le mansioni inerenti a un determinato ruolo, nel contesto dell'attività lavorativa, comporta la capacità di saper riconoscere ed affrontare i rischi e i problemi inerenti a quelle mansioni, secondo lo standard di diligenza, di capacità, di esperienza, di preparazione tecnica richiesto per il corretto svolgimento di quel determinato ruolo, con la correlativa assunzione di responsabilità'' e che ``chi, non essendo all'altezza del compito assunto, esplichi una certa funzione senza farsi carico di procurarsi tutti i dati tecnici e le conoscenze necessarie per esercitarla adeguatamente, nel caso in cui ne derivino dei danni, risponde di questi ultimi''. (Dove si avverte l'eco degli insegnamenti impartiti dalla celebre Cass. 29 aprile 1991, Bonetti e altri, in Guariniello, Sicurezza del lavoro e Corte di Cassazione, Il Repertorio, Milano, 1994, 65).

    Il dipendente di una s.r.l. appaltatrice di lavori di manutenzione all'interno di una centrale elettrica - sprovvisto di maschera antigas e di cintura di sicurezza pur prescritte dal P.O.S. - precipita a terra da un riscaldatore d'aria a causa di un malore per mancanza d'aria. Condannato per omicidio colposo, il preposto lamenta che egli risultava sostituito dal vice, in possesso delle sue stesse competenze tecniche, e che, a dire dei magistrati di appello, ``l'assenza rilevante ai fini del subentro del vice-preposto sarebbe soltanto quella derivante da congedo o da ferie o comunque di durata significativa, come in caso di malattia od altro, mentre sarebbe irrilevante quella momentanea, poiché in ipotesi foriera di incertezze nella individuazione del soggetto responsabile''. La Sez. IV conferma la condanna: ``i dispositivi di sicurezza venivano forniti ai lavoratori dal vice-preposto, che a sua volta riceveva le istruzioni e le disposizioni dal preposto, il quale non aveva fornito al vice, considerato ulteriore preposto ma subordinato al preposto, le opportune direttive onde verificare, prima dell'inizio dell'attività lavorativa del riscaldatore, che all'interno vi fosse sufficiente areazione ed ossigenazione, come previsto non solo dalla legge ma anche espressamente dal P.O.S.'' (Non conforme al sistema creato dal nuovo art. 18, comma 1, lettera b-bis, D.Lgs. n. 81/2008 la presenza di un vice-preposto non individuato dal datore di lavoro e dal dirigente).

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