1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Il diritto di resistenza dei lavoratori .
L'art. 44, D.Lgs. n. 81/2008 - erede dell'art. 14, D.Lgs. n. 626/1994 - contempla il c.d. diritto di resistenza o autotutela del lavoratore sotto un duplice aspetto: come diritto di allontanarsi e come diritto di prendere misure (utili in ordine a tale diritto sono le indicazioni date dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione: v., in particolare, n. 24162 del 13 novembre 2006; n. 11664 del 18 maggio 2006; n. 21479 del 7 novembre 2005). E trova corrispondenza in obblighi previsti a carico di datore di lavoro, dirigenti, preposti (v. artt. 18, comma 1, lettere h ed m; 19, comma 1, lettere c, d, e; 43, comma 1, lettera d). In proposito, v., sub art. 43, la sentenza Grifagni; nonché, per un riferimento al c.d. ius resistantiae Cass. 10 aprile 2017 n. 18099. Interessante è anche l'ipotesi considerata da:
Condannato per truffa aggravata in danno di ente pubblico, un dipendente dell'agenzia delle dogane deduce a sua discolpa, anzitutto, che si trattava di «un unico fatto di entità irrisoria sotto il profilo del tempo e del danno economico», e, inoltre, che non era stata riconosciuta «la causa di non punibilità consistente nello stato di necessità in cui versava l'imputato, il quale, dovendosi difendere dai gravi rischi correlati all'inalazione passiva del fumo di sigaretta, si era allontanato dall'ufficio portandosi nel piazzale portuale adiacente all'ufficio doganale».
Al primo riguardo, la Sez. II replica che «l'attestazione da parte del dipendente, su di un apposito registro delle presenze del personale, della propria presenza continuativa è atto giuridicamente rilevante, in quanto il dipendente pubblico è tenuto ad uniformarsi ai principi di correttezza, anche nella fase esecutiva del contratto, e, pertanto, ha l'obbligo giuridico di portare a conoscenza della controparte del rapporto di lavoro non soltanto l'orario di ingresso e quello di uscita, ma anche quello relativo ad eventuali allontanamenti intermedi sempre che questi, conglobati nell'arco del periodo retributivo, siano economicamente apprezzabili, in quanto non ogni violazione del citato obbligo di correttezza contrattuale concreta il reato di truffa». Rileva che, «nella fattispecie, l'attestazione da parte dell'imputato della propria presenza continuativa in ufficio entro una fascia oraria di ore 2,15 integra il reato in questione, essendo ravvisabile, nella condotta dell'imputato, l'estremo costitutivo del raggiro, in considerazione dell'apparenza dell'adempimento in contrasto con la realtà», e che «l'ingiustificato protrarsi della assenza dell'imputato dal posto di lavoro, realizzando una sospensione di fatto del rapporto di impiego per oltre due ore, ha necessariamente prodotto un danno patrimoniale (di modesta entità ma comunque apprezzabile) per l'ente, chiamato a retribuire una `frazione' della prestazione giornaliera non effettuata». (Circa gli allontanamenti arbitrari del dipendente pubblico v., da ultimo, Cass. 11 dicembre 2020, n. 35447 in Dir.prat.lav, 2021, 9, 507; Cass. 19 dicembre 2019, n. 51183, ibid., 2020, 7, 452; Cass. 7 giugno 2019, n. 24234, in ibid., 2019, 25, 1572; Cass. 12 aprile 2019, n. 16087, ibid., 2019, 22, 1367).
Quanto poi all'esimente dello stato di necessità, la Sez. II sottolinea che, ai fini di tale esimente, «occorre che l'azione delittuosa sia commessa per evitare un pericolo che abbia il carattere dell'attualità», e che «questo requisito postula anzitutto che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce e che sia imminente il danno che ne possa derivare, e cioè che si tratti di un pericolo delineato nel suo contenuto e oggetto, nonché nei suoi effetti». Ne desume che «non è sufficiente che l'azione delittuosa venga attuata nell'aspettativa che possano essere evitati pericoli che non abbiano i suddetti connotati e che siano invece meramente eventuali e futuri, possibili o anche probabili». E prende atto che, nella fattispecie, non è stata riconosciuta la scriminante invocata, poiché «non potevasi ravvisare, in relazione alle surriferite circostanze relative alla prospettata insalubrità dell'ambiente dell'ufficio, alcun rischio immediato e rilevante per la personale incolumità del soggetto».
(Per un'ipotesi di allontanamento arbitrario del videoterminalista v. Cass. n. 13146 del 17 marzo 2017, sub art. 175, al paragrafo 1).