Vai al contenuto principale
La Mia Biblioteca

Accedi

Menu
  • Home
  • Cerca
  • Libreria
    • Indice degli argomenti
    • Libro

Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

Indici

Torna all'inizio

Footer

La Mia Biblioteca

  • Accedi
  • Informazioni
  • A chi si rivolge
  • Richiedi una prova
  • Guarda il video
  • Certificazione di qualità

CONTENUTI E OPERE

  • CEDAM
  • il fisco
  • IPSOA
  • UTET Giuridica
  • Wolters Kluwer

NETWORK

  • One
  • ilQG – Il Quotidiano Giuridico
  • IPSOA Quotidiano
  • Quotidiano HSE+
  • ShopWKI

HELP

  • Come utilizzarla
  • Scarica il manuale d'uso
  • Contatti
  • Note legali
  • Privacy
    • Linkedin
    • X
    • Facebook

© 2025 Wolters Kluwer Italia Srl - Tutti diritti riservati. UTET Giuridica © è un marchio registrato e concesso in licenza da De Agostini Editore S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.

Briciole di navigazione

Indietro

    Informazione

    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

    Open
      • Stampa
      • Condividi via email
      • Visualizza PDF
      • Vai a pagina

    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

    Mostra tutte le note

    1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV.

    2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori disabili.

    3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi alle medesime, le docce, i gabinetti ed i posi di lavoro utilizzati da lavoratori disabili.3

    4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

    5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.

    6.4

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: 1. La conformità ai requisiti dell'Allegato IV - 2. I pavimenti dei luoghi di lavoro - 3. Esalazioni, polveri, vie e uscite di emergenza, spogliatoi - 4. Misure contro l'incendio e l'esplosione .

    ``Se è vero che il ballatoio dal quale il dipendente cadde dava accesso all'intera palazzina e pertanto - ai sensi dell'allegato IV, punto 1.7.3. - era un posto di passaggio sopraelevato e doveva essere provvisto, `su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalente'; è pur vero che, sulla base delle dichiarazioni rese dallo stesso infortunato, nel momento e nel luogo in cui l'infortunio si verificò, erano in corso operazioni di carico e scarico che venivano eseguite attraverso una piattaforma di sollevamento. L'allegato IV, al punto 1.7.3., stabilisce che la protezione costituita da parapetti normali con arresto al piede o difese equivalenti `non è richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m. 2,00'. Sarebbe stato dunque necessario approfondire se, quando l'infortunio si verificò, il ballatoio - la cui altezza era inferiore a due metri - fungeva da luogo di passaggio o esclusivamente da piano di caricamento. In questa prospettiva avrebbero dovuto essere valutate anche le dichiarazioni dell'infortunato che ha sostenuto di essere caduto mentre stava aspettando l'arrivo di un carrello da portare all'interno dell'edificio''.

    ``Un dipendente, all'interno del piazzale di una ditta di autotrasporti, alla guida di un'autogru aveva agganciato il container alloggiato sul cassone del camion guidato da altro lavoratore, appena rientrato in sede, per trasferirlo nell'area stoccaggio: iniziata la manovra di marcia indietro, aveva investito il conducente del campion, nel frattempo disceso dal mezzo e in transito proprio dietro a tale mezzo. L'addebito di colpa nei confronti del titolare della ditta è stato individuato nella violazione delle norme per la prevenzione infortuni sul lavoro, ed in particolare degli artt. 63, n. 1, 64 lett. a), 162, all. IV, punti 1.4. e 1.8, D.Lgs. n. 81/2008, per non aver predisposto, nel piazzale della ditta, adeguata segnaletica verticale e orizzontale, né altre misure o dispositivi idonei a garantire il transito e il movimento in sicurezza di mezzi e persone''. ``Nel caso di specie, l'obbligo di predisporre la segnaletica volta a delimitare le zone per il transito dei pedoni da quelle per il transito dei mezzi era funzionale ad evitare eventi quale quello verificatosi, ovvero gli urti e le collisioni fra mezzi e lavoratori, anche a fronte di eventuali condotte imprudenti delle persone addette all'area''. (Con riguardo agli artt. 63 e 64, nonché all'all. IV, punti 1.4.1, 1.4.10, D.Lgs. n. 81/2008 per la mancata adozione di misure di prevenzione specifiche relative alla protezione delle aree di transito pedonale all'interno dei locali aziendali v. anche Cass. 20 marzo 2023 n. 11513).

    ``A norma degli artt. 64, comma 1, lett. a), 63 comma 1 e allegato IV 1.4. D.Lgs. n. 81/2008, nelle zone ove si verifica una compresenza di pedoni e mezzi meccanici, deve essere predisposta una segnaletica che delimiti le aree di transito dei mezzi rispetto a quella di pedoni. Il semplice uso del clacson non poteva ritenersi misura idonea a prevenire eventi quale quello verificatosi, tanto che il legislatore ha previsto l'obbligo di delimitare le vie di transito tramite apposita segnaletica; nel caso di specie, la presenza della segnaletica avrebbe consentito al mulettista di seguire il suo percorso, osservando lateralmente le linee da terra; la condotta del carrellista non aveva avuto efficacia causale esclusiva rispetto all'evento in quanto la ridotta visibilità di cui disponeva nella marcia era connessa alla operazione che si apprestava a compiere, ovvero il deposito degli scatoloni; la ricostruzione difensiva tale per cui la lavoratrice aveva travalicato la propria zona di lavoro contribuendo alla causazione del sinistro, non aveva trovato riscontro in alcuna emergenza processuale ed in ogni caso la funzione della segnaletica orizzontale era proprio quella di tracciare percorsi e suddividere le zone in ragione delle diverse aree di lavoro, così da garantire a ciascuno degli operatori un delimitato ambito spaziale di operatività''.

    Addebitata al datore di lavoro di uno studio radiologico la violazione dell'art. 63 D.Lgs. n. 81/2008 per avere omesso di conformare i pavimenti dei luoghi di lavoro alle prescrizioni di cui all'all. IV, punti 1.3.2, con riferimento a caratteristiche antisdrucciolevoli, e, comunque, per avere omesso di munire i luoghi di passaggio, che si mantenevano bagnati, di palchetti o di graticolato (all. IV, punto 1.3.4.). La Sez. IV non è d'accordo: ``La disposizione, dettata nell'allegato IV, punto 1.3.4., D.Lgs. n. 81/2008, è propriamente riferibile ad ambiti lavorativi differenti da quelli di un centro medico''.

    Condanna del presidente del Consiglio di Amministrazione di una s.p.a. per l'infortunio a un dipendente intento a transitare a piedi all'interno dello stabilimento e investito da un carrello elevatore condotto da altro dipendente, con violazione dell'art. 63, comma 1, in relazione all'allegato IV - punti 1.4.1 e 1.4.5 - D.Lgs. n. 81/2008: ``L'omessa apposizione della segnaletica orizzontale ha avuto sicuro rilievo causale nel prodursi dell'evento, non rilevando a contrario la consapevolezza dei due dipendenti del fatto di trovarsi in una zona di transito ove potevano essere compresenti lavoratori a piedi e mezzi di trasporto (consapevolezza che, certamente, non è risultata salvifica, ciò che dimostra l'inidoneità, quanto meno nello specifico caso, della formazione e dell'informazione che l'imputato assume di avere fornito)''.

    Infortunio su una motonave per colpa consistita nel ``non avere previsto il rischio di caduta dentro la condotta di ventilazione e non avere adottato le misure necessarie contro tale rischio, in particolare avere omesso di collocare segnali di pericolo o adeguate barriere di protezione contro le cadute nella condotta (violazione dell'art. 63, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008, e dei punti 1.4.6. e 1.4.7. dell'allegato IV allo stesso)''.

    ``Il vice-presidente del consiglio di amministrazione di una s.r.l., con specifica delega in tema di sicurezza ed igiene sul lavoro, non aveva provveduto a dotare la zona in cui è avvenuto l'infortunio di uno specchio convesso idoneo ad assicurare la visuale sia ai pedoni che ai carrellisti e soprattutto a delimitare la corsia per i pedoni con ostacolo fisso, sì da impedire ai carrelli di passare da una corsia all'altra. L'art. 63 del D.Lgs. n. 81/2008 dispone, al primo comma, che i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV. L'art. 64, comma 1, lett. a), dispone che è obbligo del datore di lavoro di provvedere a che i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3. Per quel che qui interessa, il richiamo operato all'allegato IV (disciplinante i requisiti dei luoghi di lavoro) è riferito specificamente ai punti 1.4.1. e 1.8.1.''.

    Il D.Lgs. n. 81/2008 prescrive all'art. 63, quanto ai requisiti di salute e di sicurezza dei luoghi di lavoro, che questi devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV; prescrizione poi sanzionata dal successivo art. 68.

    Il legale rappresentante e datore di lavoro di una s.p.a. esercente un impianto di depurazione fu accusato del reato di cui agli artt. 8, comma 1, e 389, lettera c), D.P.R. n. 547/1955, per aver omesso di dotare i camminamenti e le piattaforme degli impianti di ossidazione di idonee protezioni, quali parapetti, ringhiere, catenelle onde scongiurare rischi di infortunio per i lavoratori operanti nelle vicinanze».

    Il Tribunale assolve l'imputato per non essere il fatto più previsto quale reato, sul presupposto che «la normativa contestata era stata totalmente abrogata dal vigente art. 304 D.Lgs. n. 81/2008». Nel ricorrere per cassazione, il P.M. osserva che, «in effetti, l'art. 304, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008 ha abrogato integralmente il D.P.R. n. 547/1955», e che, «tuttavia, il precetto contenuto nell'art. 8, comma 1, D.P.R. n. 547/1955 risulta integralmente trasfuso nella nuova norma precettiva contenuta nell'Allegato IV, al punto 1.4.1 del D.Lgs. n. 81/2008». E aggiunge che «tale norma precettiva, identica al testo dell'art. 8, comma 1, D.P.R. n. 547/1955, è ora sanzionata dall'art. 68, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008, che, attraverso il meccanismo dei richiami a catena (artt. 64, lettera a), 63, comma 1, D.Lgs n. 81/2008), rinvia al contenuto dell'Allegato IV, punto 1.4.1, del D.Lgs. n. 81/2008», con la conseguenza che, «essendo gli elementi strutturali delle due fattispecie incriminatrici identici, sussiste continuità normativa tra le norme incriminatrici succedutesi nel tempo con conseguente applicazione dell'art. 2, comma 4, c.p.». La Sez. III accoglie il ricorso. Premette che «l'art. 8 D.P.R.. 27 aprile 1955, n. 547 (recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) prescriveva che i pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non dovessero presentare buche o sporgenze pericolose e dovessero essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto, e, inoltre, che i pavimenti ed i passaggi non dovevano essere ingombrati da materiali che ostacolassero la normale circolazione». Rileva che «un'analoga prescrizione diretta a conformare i luoghi di lavoro a prescrizioni di prevenzione al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori è ora contenuta negli artt. 63 e 64 D.Lgs. n. 81/2008», poiché «l'art. 63 prescrive in generale che i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell'allegato IV». Precisa che «la Tabella IV, al punto 1.4.1., prescrive che le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio». Aggiunge che «il successivo art. 64 poi fa obbligo al datore di lavoro di provvedere a che i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 63, commi 1, 2 e 3; che le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza; che i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; che i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate; che gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento». La conclusione è che «la nuova normativa (D.Lgs. n. 81/2008) pone tuttora delle prescrizioni -anzi più dettagliate- quanto alla sicurezza dei luoghi di lavoro, sanzionate penalmente; e tanto basta per ritenere la continuità normativa che vale ad escludere l'abolitio criminis».

    «Le violazioni ascritte all'imputato trovano tutte testuale rispondenza nelle previsioni del D.Lgs. n. 81/2008, e precisamente:

    - la violazione dell'art. 20 D.P.R. n. 303/1956 nel disposto dell'art. 64, comma 1, lettera a), in relazione all'art. 63, comma 1, che rinvia all'Allegato IV, punti 2.1.5. e 2.1.8.;

    - la violazione dell'art. 21 D.P.R. n. 303/1956 nel disposto dell'art. 64, comma 1, lettera a), in relazione all'art. 63, comma 1, che rinvia all'Allegato IV, punti 2.2.1. e seguenti;

    - la violazione dell'art. 40 D.P.R. n. 303/1956 nel disposto dell'art. 64, comma 1, lettera a), in relazione all'art. 63, comma 1, che rinvia all'Allegato IV, punti 1.12. e seguenti;

    - la violazione dell'art. 13, comma 10, D.P.R. n. 547/1955 nel disposto dell'art. 64, comma 1, lettera a), in relazione all'art. 63, comma 1, che rinvia all'Allegato IV, punto 1.5.10.».

    «Le sanzioni sono previste dall'art. 68, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008, sicché vi è piena continuità normativa tra la previsione delle fattispecie penali abrogate e quelle attualmente vigenti».

    Il socio amministratore di una s.n.c. esercente l'attività di distributore di carburanti e lubrificanti, nonché di rivendita di combustibile per uso domestico, viene condannato per il reato di cui agli artt. 36, 37 e 389 D.P.R. n. 547/1955, «perché deteneva una quantità di gpl superiore a quella indicata nel certificato di prevenzione incendi rilasciato dal comando vigili del fuoco».

    Nel confermare la condanna, la Sez. III prende atto che «presso il distributore di carburante erano stoccati kg 1300 di gpl per uso combustibile», e che «il certificato di prevenzione incendi rilasciato dal comando provinciale dei vigili del fuoco riguardava un deposito massimo di 500 kg di gpl». Afferma che «è configurabile il reato di cui al combinato disposto degli artt. 36, 37 e 389 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, in relazione all'art. 4 della legge 26 luglio 1965 n. 966 ed al n. 4 della tabella A allegata al D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689, nel caso di accertata presenza, in un deposito autorizzato di gas di petrolio liquefatti in bombole, di un quantitativo di bombole superiore a quello stabilito nell'autorizzazione». Spiega come «il certificato di prevenzione incendi, rilasciato in relazione ad un determinato quantitativo di gpl, non possa autorizzare minimamente la detenzione di un quantitativo maggiore», poiché «ad una maggiore quantità di gpl da custodirsi devono corrispondere maggiori ed adeguate misure di sicurezza, nel caso in esame neppure considerate dai VVFF». Precisa che, «nel rilasciare il certificato antincendi, i VVFF considerarono che gli ambienti in cui dovevano essere depositate le bombole di gpl fossero idonei a contenere un quantitativo di 500 Kg.», e, quindi, che «il quantitativo superiore a quello autorizzato veniva detenuto senza certificato di prevenzione». Da ultimo, la Sez. III insegna che «l'avvenuta abrogazione del D.P.R. n. 547/1955 da parte del D.Lgs. n. 81/2008 (art. 304) non incide sulla configurabilità del reato in ordine al quale è stata pronunciata condanna, che continua ad essere previsto come reato dagli artt. 64-63, comma 1, e 68, lettera b)».

    Nel confermare la condanna dei soci di una società semplice per il reato di cui all'art. 34, lettera c), D.P.R. n. 547/1955, per non avere predisposto idonei mezzi di estinzione a protezione del deposito di paglia di loro proprietà, la Sez. III osserva che «l'avvenuta abrogazione del D.P.R. n. 547/1955 da parte del D.Lgs. n. 81/2008 (art. 304) non incide sulla configurabilità del reato, che continua ad essere previsto come reato dagli artt. 64-63, comma 1, All. IV, punto 4.1.3-68, lettera b)».

    Il legale rappresentante di una s.r.I. fu condannato per il reato di cui all'art. 37 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, per avere istallato in un'area aziendale un impianto di distribuzione carburanti per uso privato senza avere richiesto la preventiva visita di collaudo ai Vigili del Fuoco, sul presupposto che «l'azienda rientrasse tra le aziende tenute a sottoporre a visita di collaudo l'impianto de quo ai sensi degli artt. 36 e 37 del D.P.R. n. 547/1955 e della tabella A allegata al D.P.R. n. 689/1959». La Sez. III conferma la condanna. Premette che, «in materia di prevenzione incendi erano assoggettate al rilascio del certificato di prevenzione incendi, in difetto del quale era configurabile il reato previsto dagli artt. 36 e 37 del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, le aziende e le lavorazioni indicate nelle tabelle A e B approvate con il D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689 [Determinazione delle aziende e lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando dei vigili del fuoco]». Rileva che, «con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008 il sopraindicato decreto è stato abrogato ma la fattispecie criminosa è oggi prevista dall'art. 16 del D.Lgs. 8 marzo 2006 n. 139, richiamato dall'art. 46 [Prevenzione incendi] del D.Lgs. n. 81/2008, per ribadire la sua perdurante vigenza anche a seguito dell'abrogazione del D.P.R. n. 547/1955». Ne desume che «sussiste continuità normativa tra la fattispecie criminosa abrogata e quella inserita nel vigente D.Lgs. n. 139/2006, stante che per entrambe opera la disposizione, in tema di lavorazioni pericolose, che ritiene sufficiente per l'assoggettamento al controllo dei vigili del fuoco che nell'azienda o lavorazione si detengano o si impieghino prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti»; e che, «in applicazione di tale assetto normativo, correttamente è stata affermata la configurabilità del reato de quo rientrando l'azienda [di cui l'imputato era legale rappresentante e nel cui ambito era stato istallato un impianto di distribuzione carburanti a uso privato costituito da una colonnina e da un serbatoio metallico della capacità di circa 5.650 litri, contenente circa 1.000 litri di gasolio per autotrazione] tra quelle assoggettate, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco ai sensi del D.P.R. n. 689/1959, che include al n. 11 della tabella A `depositi, magazzini e rivendite di benzina, petrolio, oli minerali e altri prodotti idrocarburanti infiammabili o combustibili, per quantità superiori a 500 kg'». Infine, considera irrilevante, ai fini della configurabilità del reato, la tipologia dell'attività [edile, nella specie] svolta dall'impresa il cui legale rappresentante è tenuto al rispetto della normativa sulla prevenzione incendi in relazione alla detenzione di prodotti infiammabili».

    Per un quadro della non sempre concordante giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia v. i precedenti richiamati sub Allegato IV.

    Sempre più fanno spicco nella giurisprudenza i rischi lavorativi associati alle attività di immagazzinaggio svolte in molteplici aziende, dalla grande distribuzione alla logistica (In argomento v. Guariniello, Sicurezza del lavoro: magazzino e responsabilità penali, in Dir.prat.lav., 2019, 1, 9 s.).

    Fu dichiarato colpevole del reato di lesioni personali colpose in danno di un dipendente il datore di lavoro di una s.r.l. appaltatrice dell'attività di logistica nei magazzini di proprietà della società committente. Si accertò che ``in un magazzino di proprietà della committente, per favorire lo scarico delle merci, era presente un piano di caricamento sopraelevato di circa 110 cm rispetto al piano di lavoro, piano rialzato denominato anche `ribalta' in virtù della sua funzione di asservimento alla movimentazione delle merci'' e che ``sul tale piano rialzato il personale effettuava operazioni di caricamento e la differenza in altezza era necessaria per agevolare le operazioni di carico da e per i camion che venivano a caricare/scaricare il materiale''. L'infortunato ``si trovava all'interno del piano di caricamento (ossia la ribalta) quando inciampava e nel tentativo di riprendersi cadeva rovinosamente dal dislivello riportando lesioni''. Colpa addebitata al datore di lavoro quella di ``non avere provveduto, in violazione degli artt. 63 e 64 D.Lgs. n. 81/2008, a dotare di parapetti o altre difese il posto di lavoro sopraelevato rappresentato dal suddetto piano rialzato nel quale venivano solitamente compiute operazioni di carico e scarico di materiale''. A propria discolpa, l'imputato deduce che ``il datore di lavoro non aveva alcun obbligo di predisposizione dei parapetti in quanto il sito ove è avvenuto l'infortunio non era una postazione di lavoro, bensì un piano di caricamento asservito alla movimentazione delle merci'', e che ``in quel luogo venivano caricate le merci e pertanto quello, indipendentemente dalle operazioni effettuate dall'infortunato, era un piano di caricamento, per necessità di utilizzo privo di parapetti cosi come stabilito dal punto 1.7.3 dell'allegato IV del D.Lgs. n. 61/2008''. La Sez. IV non aderisce a questa argomentazione. Prende atto che ``il piano rialzato in questione, oltre ad essere utilizzato normalmente come passaggio per accedere agli uffici posti al suo margine interno, era normalmente utilizzato per eseguire l'imballaggio delle merci''. E pertanto conclude che ``il piano rialzato in esame era anche un luogo di lavoro e come tale non era dotato di provvidenze atte a contrastare il pericolo di caduta, e la difficoltà di porre transenne atte a tale scopo avrebbe dovuto indurre il datore di lavoro ad organizzare le operazioni di imballaggio in luoghi appropriati''.

    Note a piè di pagina
    3
    Comma sostituito dall'art. 39, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma sostituito dall'art. 39, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    4
    Comma abrogato dall'art. 39, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma abrogato dall'art. 39, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Fine capitolo
    Precedente 62 Definizioni
    Successivo 64 Obblighi del datore di lavoro