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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto.

    2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V.

    3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del Decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

    4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro funzioni ispettive in materia di salute e sicurezza sul lavoro, constatino che un'attrezzatura di lavoro, messa a disposizione dei lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in servizio conformemente alla legislazione nazionale di recepimento delle direttive comunitarie ad essa applicabili ed utilizzata conformemente alle indicazioni del fabbricante, presenti una situazione di rischio riconducibile al mancato rispetto di uno o più requisiti essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, ne informano immediatamente l'autorità nazionale di sorveglianza del mercato competente per tipo di prodotto. In tale caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:

    a) dall'organo di vigilanza che ha accertato in sede di utilizzo la situazione di rischio, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore dell'esemplare di attrezzatura, mediante apposita prescrizione a rimuovere tale situazione nel caso in cui sia stata accertata una contravvenzione, oppure mediante idonea disposizione in ordine alle modalità di uso in sicurezza dell'attrezzatura di lavoro ove non sia stata accertata una contravvenzione;

    b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente rispettivamente, nei confronti del fabbricante ovvero dei soggetti della catena della distribuzione, qualora, alla conclusione dell'accertamento tecnico effettuato dall'autorità nazionale per la sorveglianza del mercato, risulti la non conformità dell'attrezzatura ad uno o più requisiti essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1 dell'articolo 70.3

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: 1. La sicurezza delle macchine tra TUSL e norme comunitarie - 2. L'Allegato V - 3. Riduzione al minimo dei rischi .

    ``L'obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori macchinari provvisti di blocco automatico atto a impedire di entrare in contatto con le parti in movimento è configurabile anche in relazione alle attrezzature acquistate prima dell'entrata in vigore della `Direttiva Macchine' del 1996, in base al combinato disposto di cui agli artt. 70, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008 e 6.3. dell'allegato V al predetto decreto legislativo, atteso che quest'ultima disposizione richiama testualmente quella enunciata dall'art. 72 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, la quale costituisce applicazione del principio generale affermato dalla disposizione di cui all'art. 68 del medesimo testo normativo, che trova applicazione in tutti i casi in cui vengono usate macchine pericolose, e che non è stata superata dal D.P.R. 24 luglio 1996 n. 459. Anche l'ulteriore argomento difensivo - volto a sostenere che l'utilizzo di una macchina in regola non poteva cessare prima del decorso della sua `naturale durata', a meno di non ipotizzare un obbligo di potenziamento dell'attrezzatura a carico dell'impresa - è stato puntualmente confutato dal Tribunale. Si è infatti osservato che l'utilizzo dell'escavatore ben poteva proseguire per lavori non connotati da pericolo di ribaltamento, come del resto esplicitamente confermato dalla testimonianza di uno degli impiegati dell'azienda, il quale aveva riferito della disponibilità di altri escavatori dello stesso tipo, impiegati non già in cave di pietra, ma in lavori stradali o comunque privi di pericoli di ribaltamento''. (Conforme Cass. pen. 15 settembre 2022 n. 33969).

    ``La Direttiva Macchine 89/392 è stata modificata da successive Direttive. Mentre la normativa previgente era improntata prevalentemente alla libera circolazione nel mercato interno di presidii antinfortunistici `nella ricerca di un ambiente di lavoro più sicuro', la nuova normativa ha aperto una diversa prospettiva, al duplice scopo di consentire la libera circolazione delle macchine nel mercato interno e, al contempo, di garantire un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza, non solo dei lavoratori ma anche dei consumatori, ampliando altresì la responsabilità del produttore all'omessa previsione di presìdi antinfortunistici atti ad ovviare all'uso scorretto della macchina da parte dell'utilizzatore. Dal raccordo di tale normativa con ii sistema prevenzionistico già in vigore, si è desunta un'anticipazione della tutela antinfortunistica al momento della costruzione, vendita, noleggio e concessione in uso delle macchine, parti di macchine o apparecchi in genere, coinvolgendosi nella responsabilità per la mancata rispondenza dei prodotti alle normative di sicurezza tutti gli operatori ai quali siano imputabili dette attività. Si è, in sostanza, introdotto un `minimum tecnologico obbligato comune' che, da un lato, ha esteso ad altri operatori l'obbligo di controllo della regolarità della macchina o del pezzo prima che gli stessi vengano messi a disposizione del lavoratore; d'altro canto, si è attribuito tale obbligo a soggetti individuati come `costruttori in senso giuridico' del macchinario quando, ad esempio, pur risultando il macchinario composto di pezzi prodotti da altre ditte, l'obbligo di controllare la regolarità del macchinario nel suo complesso al fine di ottenere la certificazione necessaria per immetterlo sul mercato spettasse ad una impresa in particolare, in ipotesi incaricata di assemblare tutte le componenti. La Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che le disposizioni che hanno dato attuazione alle Direttive macchine dell'Unione Europea, pur indicando le prescrizioni di sicurezza necessarie per ottenere il certificato di conformità e il marchio CE richiesti per immettere il prodotto nel mercato, non escludono ulteriori profili in cui si possa sostanziare il complessivo dovere di garanzia di coloro che pongono in uso il macchinario nei confronti dei lavoratori, che sono i diretti utilizzatori delle macchine stesse, non potendo costituire motivo di esonero della responsabilità del costruttore quello di aver ottenuto la certificazione e di aver rispettato le prescrizioni a tal fine necessarie. Ne deriva, pertanto, che in tema di dotazione dei macchinari è necessario progettare e costruire gli elementi mobili delle macchine in modo da evitare il possibile contatto con gli arti dei lavoratori o, qualora ciò non sia possibile, il datore di lavoro deve prevedere dei ripari o dei dispositivi di protezione funzionali al tipo di rischio non rilevando, al fine di escludere la responsabilità del produttore e del datore di lavoro, la circostanza che i macchinari siano dotati della certificazione di conformità CE''.

    ``L'obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori macchinari provvisti di blocco automatico atto a impedire di entrare in contatto con le parti in movimento è configurabile anche in relazione alle attrezzature acquistate prima dell'entrata in vigore della `Direttiva Macchine' del 1996, in base al combinato disposto di cui agli artt. 70, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008 e 6.3. dell'allegato V al predetto decreto legislativo, atteso che quest'ultima disposizione richiama testualmente quella enunciata dall'art. 72 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, la quale costituisce applicazione del principio generale affermato dalla disposizione di cui all'art. 68 del medesimo testo normativo, che trova applicazione in tutti i casi in cui vengono usate macchine pericolose, e che non è stata superata dal D.P.R. 24 luglio 1996, n. 459''.

    Per l'infortunio occorso su una macchina stiratrice e piegatrice, sono condannati gli amministratori della società produttrice. L'infortunata, ``avvedutasi che un capo di vestiario era rimasto incastrato tra le fasce dei rulli della parte inferiore della macchina, senza spegnerla, girava la piccola farfalla di chiusura ed alzata la griglia di protezione con la mano sinistra cercava di rimuovere il capo, rimanendo incastrata fra i rulli con la mano destra, che veniva esposta ad una temperatura di oltre cento gradi''. La Sez. IV ne trae spunto per fornire più chiarimenti. Anzitutto, a dire degli imputati, ``in assenza di provvedimento amministrativo di ritiro dal mercato o di divieto di immissioni, assunto ai sensi dell'art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 17/2010, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, il giudice non potrebbe ritenere non conforme il macchinario''. La Sez. IV non è d'accordo. Ed efficacemente osserva che, ``sebbene la valutazione sulla sicurezza della macchina oggetto del controllo da parte dell'organo amministrativo possa ritenersi sovrapponibile a quella che il giudice deve formulare nel processo, nondimeno, si tratta di due giudizi distinti, aventi finalità differenti, il cui esito è autonomo e non vincolante, non essendo in alcun modo previsto dal legislatore che l'accertamento giudiziale - cui si deve pervenire nel contraddittorio processuale - sia condizionato a quello amministrativo, o viceversa''. Inoltre, a propria discolpa, gli imputati richiamano ``le disposizioni della Direttiva Macchine, come recepita dal D.Lgs. n. 17/2010, pretendendo di evincere dalle regole fissate sull'arresto di emergenza (punto 1.2.4.3. dell'Allegato I), sui ripari fissi (punto 1.4.2.1 dell'Allegato I) e sul contenuto del manuale d'uso (punto 1.7.4.2), non tanto la conformità del macchinario, quanto l'esenzione dagli obblighi fissati''. Spiegano che ``il macchinario era dotato di doppi comandi di arresto, correttamente posizionati, il che lo rendeva conforme alla previsione'', e che ``la disposizione sui ripari fissi che impone che i medesimi non restino al loro posto in mancanza dei mezzi di fissaggio, è condizionata dalla `possibilità', con la conseguenza che essa è rimessa al costruttore''. Neanche in proposito la Sez. IV è d'accordo. Rileva che ``la condotta ascritta riguarda non la presenza o l'assenza di comandi di arresto di facile utilizzo, ma la possibilità di raggiungere la parte rotante del meccanismo, semplicemente svitando un dado ad alette, senza che il sollevamento della griglia di accesso blocchi il movimento''. Addebita agli imputati ``una lettura parziale del testo normativo, il cui significato va colto nello spirito della legge, che non è affatto quello di rimettere al costruttore l'adempimento all'obbligo di cautela, ma quello di adattare le precauzioni alla conformazione dei diversi macchinari''. Aggiunge che ``in questo senso va interpretata la premessa `se possibile' di cui al terzo alinea del punto 1.4.2.1. dell'Allegato I''. Sottolinea che gli imputati ``neppure allegano l'impossibilità di rispettare il disposto normativo in relazione alla conformazione e funzionalità dell'apparecchiatura, né danno conto di un diverso sistema sostitutivo atto ad impedire l'apertura della griglia''. Considera ``avulsa dallo spirito legislativo è la pretesa di attribuire al semplice divieto, contenuto nel manuale d'uso, esaustivo significato esplicativo dell'utilizzo di un macchinario, quando la dettagliata previsione del capo 1.7 al punto 1.7.4.2., chiarisce alla lett. q) che deve essere indicato `il metodo operativo da rispettare in caso di infortunio o avaria; se si può verificare un blocco, il metodo operativo da rispettare per permettere di sbloccare la macchina in condizioni di sicurezza', informazione questa pacificamente mancante''). Ultima notazione: ``la responsabilità colposa del costruttore, che deriva dall'inosservanza delle cautele infortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina, cioè dalla mancata predisposizione dei sistemi di sicurezza previsti dalla normativa di settore e da quelli che, in relazione alla singola apparecchiatura, si rivelino idonei ad evitare che l'uso del macchinario costituisca pericolo per colui che lo utilizza, può essere esclusa solo quando si provi che l'utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura e di entità tale da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, o quando il macchinario sia utilizzato in modo del tutto improprio, tale da poter essere considerato, a sua volta, causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento''. Con l'avvertenza che ``ciò non accade mai quando il macchinario viene usato per lo scopo che gli è proprio e per il quale è stato prodotto, perché lo strumento, il mezzo o l'apparecchiatura debbono consentire l'utilizzo in sicurezza da parte dell'utente, attraverso l'adozione degli accorgimenti che la tecnologia offre al fine di evitare il prodursi di un evento avverso, derivante dal meccanismo di funzionamento, e ciò indipendentemente dal fatto che colui che lo usa erri nell'utilizzo, o manchi di adottare le cautele previste, o sinanco cerchi di aggirarle, salvo che per farlo non modifichi significativamente la sua struttura, in modo non preventivabile dal costruttore''.

    ``Il fatto che il macchinario fosse stato acquistato in epoca antecedente l'entrata in vigore della `Direttiva macchine' non assume rilevanza. In primo luogo, la disposizione di cui all'allegato V, prima parte, n. 6.3, richiama testualmente quella enunciata dall'art. 72 del D.P.R. n. 547/1955; tale disposizione costituisce applicazione del principio generale di cui all'art. 68 dello stesso decreto, il quale stabilisce che gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure provvisti di dispositivo di sicurezza; e la disposizione di cui all'art. 68, che fissa le misure protettive per le macchine con riguardo alle zone di operazione in cui si compiono le normali attività durante le quali gli operai possono venire accidentalmente a contatto con gli organi lavoratori delle macchine, non è stata superata dalla previsione di cui al D.P.R. 24 luglio 1996 n. 459 (regolamento per l'attuazione delle direttive comunitarie concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativamente alle macchine operatrici), atteso che detta un principio di carattere generale che trova applicazione in tutti i casi nei quali vengono usate macchine pericolose. Nella specie, il rischio non era stato adeguatamente fronteggiato, atteso che non veniva scongiurato il pericolo che il lavoratore, nell'operare all'interno del macchinario per eseguirne la pulitura, potesse avvicinarsi agli ingranaggi in movimento, essendone eventualmente trascinato in caso di incaglio. L'unico modo per evitare detto rischio era quello di approntare un dispositivo di protezione da applicarsi allo stesso macchinario, in modo da impedire sul nascere l'avvicinamento alle parti in movimento, e non affidare solo a uno specifico obbligo di attivarsi del lavoratore e alla protezione di uno schermo agevolmente rimovibile o sollevabile il funzionamento in sicurezza. Emerge oltretutto che l'imputato, in seguito all'accaduto, provvide a dotare l'apparecchiatura di un dispositivo conforme alla normativa, accorgimento che però fu introdotto però solo dopo l'incidente, a riprova del fatto che era possibile attivarsi per consentire una volta per tutte l'impiego in sicurezza del macchinario. Alla luce di quanto precede, deve ragionevolmente escludersi che, se esso fosse stato già applicato sul macchinario in uso alla infortunata, l'incidente si sarebbe ugualmente verificato''.

    ``L'art. 71 D.Lgs. n. 81/2008 pone in capo al datore di lavoro, tra gli altri, anche l'obbligo di dotazione di attrezzature lavorative conformi ai requisiti di sicurezza di cui al precedente art. 70. Tale ultima norma - a sua volta - stabilisce che la conformità delle attrezzature va riferita alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie. Nel caso di specie, il D.Lgs. n. 17/2010, di attuazione della Direttiva 2006/42/CE, relativa alle macchine, al punto 1.4.2. dell'allegato 1, disciplina i requisiti particolari per i ripari e al punto 1.4.2.1. quelli per i ripari fissi. Questi devono essere fissati con sistemi che richiedono l'uso di utensili per la loro apertura o smontaggio. Inoltre, i sistemi di fissaggio devono rimanere attaccati ai ripari o alla macchina quando i primi sono rimossi. Per quanto in questa sede di maggiore interesse, infine, i ripari non devono poter rimanere al loro posto in mancanza dei loro mezzi di fissaggio. In caso di norma cautelare descrittiva e a contenuto non generico, spetta al giudice procedere alla sua interpretazione secondo i canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, non ponendosi alcun problema di definizione degli esatti confini di essa, proprio delle cc.dd. norme elastiche. Si è tenuto conto del dato letterale della norma, procedendo a una lettura unitaria di essa, peraltro coerente con la sua ratio che è, per l'appunto, quella di garantire il fissaggio del riparo in termini tali da impedirne la facile amozione. Se il rischio che la norma intende prevenire è quello di evitare la facile rimozione dei ripari fissi, anche la parziale rimozione dei sistemi di fissaggio può facilitare tale operazione e concretizzare perciò il rischio che la norma è intesa a prevenire. La Guida all'applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CEE precisa che la norma di cui al punto 1.4.2.1. (Ripari fissi) dell'All. 1 del D.Lgs. n. 17/2010 ha lo scopo di limitare la rimozione di ripari fissi a persone competenti o autorizzate, che i ripari fissi possono essere fissati, ad esempio, con bulloni, viti o altri dispositivi di fissaggio che possono essere rimossi soltanto utilizzando utensili come chiavi di vario genere e che la scelta di un dispositivo e di utensili di fissaggio deve essere considerata alla luce della valutazione dei rischi. Conseguentemente, non devono essere utilizzati dispositivi di fissaggio allentabili o rimovibili rapidamente come, ad esempio, dadi a galletto o dispositivi a sgancio rapido. Pertanto, la portata prevenzionale della norma cautelare attinge anche il rischio che la barriera, con i sistemi di fissaggio parzialmente rimossi o neutralizzati, possa essere facilmente eludibile''.

    L'intera normativa comunitaria sulle macchine ``è stata riformata mediante rifusione in una nuova Direttiva, la n. 2006/42/CE, attuata nell'ordinamento italiano mediante D. Lgs. 27 gennaio 2010, n. 17, in vigore dal 6 marzo 2010''. ``Mentre la normativa previgente era improntata prevalentemente alla libera circolazione nel mercato interno di presidii antinfortunistici `nella ricerca di un ambiente di lavoro più sicuro', la nuova normativa ha aperto una diversa prospettiva, al duplice scopo di consentire la libera circolazione delle macchine nel mercato interno e, al contempo, di garantire un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza, non solo dei lavoratori ma anche dei consumatori, ampliando altresì la responsabilità del produttore all'omessa previsione di presidi antinfortunistici atti ad ovviare all'uso scorretto della macchina da parte dell'utilizzatore. Dal raccordo di tale normativa con il sistema prevenzionistico già in vigore, si è desunta un'anticipazione della tutela antinfortunistica al momento della costruzione, vendita, noleggio e concessione in uso delle macchine, parti di macchine o apparecchi in genere, coinvolgendosi nella responsabilità per la mancata rispondenza dei prodotti alle normative di sicurezza tutti gli operatori ai quali siano imputabili dette attività. Si è, in sostanza, introdotto un `minimum tecnologico obbligato comune' che, da un lato, ha esteso ad altri operatori l'obbligo di controllo della regolarità della macchina o del pezzo prima che gli stessi vengano messi a disposizione del lavoratore; d'altro canto, si è attribuito tale obbligo a soggetti individuati come `costruttori in senso giuridico' del macchinario quando, ad esempio, pur risultando il macchinario composto di pezzi prodotti da altre ditte, l'obbligo di controllare la regolarità del macchinario nel suo complesso al fine di ottenere la certificazione necessaria per immetterlo sul mercato spettasse ad una impresa in particolare, in ipotesi incaricata di assemblare tutte le componenti. Le disposizioni che hanno dato attuazione alle `Direttive macchine' dell'Unione Europea, pur indicando le prescrizioni di sicurezza necessarie per ottenere il certificato di conformità e il marchio CE richiesti per immettere il prodotto nel mercato, non escludono ulteriori profili in cui si possa sostanziare il complessivo dovere di garanzia di coloro che pongono in uso il macchinario nei confronti dei lavoratori, che sono i diretti utilizzatori delle macchine stesse, non potendo costituire motivo di esonero delta responsabilità del costruttore quello di aver ottenuto la certificazione e di aver rispettato le prescrizioni a tal fine necessarie. L'obbligo di aggiornamento previsto a carico del datore di lavoro dall'art. 18, comma 1, lett. z), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 va valutato in relazione al generale obbligo incombente sul datore di lavoro di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori; quest'ultimo è, infatti, un obbligo assoluto che non consente, anche in considerazione del rigoroso sistema prevenzionistico introdotto dal citato decreto legislativo, la permanenza di macchinari pericolosi per la sicurezza e la salute dei lavoratori''.

    (Circa il D.M. 22 gennaio 2008, n. 37, relativo agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d'uso, collocati all'interno degli stessi o delle relative pertinenze, v. sub art. 1, paragrafo 6; per un'applicazione a una giostra ristorante Cass. pen. 9 agosto 2022 n. 30850 sub art. 61, paragrafo 12).

    ``L'infortunio si è verificato perché il lavoratore è stato messo nelle condizioni di raggiungere con la mano la zona pericolosa del macchinario, entrando in contatto diretto con i cilindri proprio per la mancata dotazione della macchina dei presidi di cui all'art. 70, comma, 2, D.Lgs n. 81/2008 ed in particolare di quegli accorgimenti che prescrivevano `il movimento della macchina doveva risultare segregato e perciò inaccessibile anche in modo accidentale all'operatore'''.

    ``L'art. 71, D.Lgs. n. 81/2008, coordinato con il precedente art. 70, evidenzia i requisiti di sicurezza delle macchine che possono evincersi dall'AIIegato V al D.Lgs. n. 81/2008, qualora si tratti di attrezzature costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto (art. 70, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008), ovvero da queste ultime disposizioni negli altri casi''.

    (V. anche sub art. 23, paragrafo 3, Cass. 29 settembre 2022 n. 36788; sub art. 71, al paragrafo 1, e sub Allegato VI, al paragrafo 1, nonché Cass. 3 dicembre 2020, n. 34348; Cass. 4 agosto 2020, n. 23506).

    ``Le disposizioni di cui all'art. 70, D.Lgs. n. 81/2008 chiedono in ogni caso d'essere lette e integrate in chiave sistematica con la norma di cui all'art. 71, D.Lgs. cit., nella parte in cui impone in ogni caso al datore di lavoro di adottare adeguate misure tecniche e organizzative, proprio al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro''.

    Note a piè di pagina
    3
    Comma sostituito dall'art. 43 del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma sostituito dall'art. 43 del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
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