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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    1. Il committente o il responsabile dei lavori, nelle fasi di progettazione dell'opera, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 15, in particolare:

    a) al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente;

    b) all'atto della previsione della durata di realizzazione di questi vari lavori o fasi di lavoro.9

    1-bis. Per i lavori pubblici l'attuazione di quanto previsto al comma 1 avviene nel rispetto dei compiti attribuiti al responsabile del procedimento e al progettista.10

    2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione dell'opera, prende in considerazione i documenti di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).11

    3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.12

    4. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98.13

    5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese.

    6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facoltà di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

    7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese affidatarie, alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.14

    8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facoltà di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4.

    9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa o ad un lavoratore autonomo:15

    a) verifica l'idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'allegato XVII. Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all'allegato XI, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte dell'impresa e dei lavoratori autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio, Industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;16

    b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonché una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti. Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all'allegato XI, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del documento unico di regolarità contributiva, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dell'autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;17

    c) trasmette all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, copia della notifica preliminare di cui all'articolo 99, il documento unico di regolarità contributiva delle imprese e dei lavoratori autonomi, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e una dichiarazione attestante l'avvenuta verifica della ulteriore documentazione di cui alle lettere a) e b).18

    10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all'articolo 99, quando prevista, oppure in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi è sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L'organo di vigilanza comunica l'inadempienza all'amministrazione concedente.19

    11. La disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori.20

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: 1. Centralità del committente - 2. Cantieri sottoposti all'obbligo di designazione dei coordinatori - 3. Omessa nomina dei coordinatori e infortunio sul lavoro - 4. Poteri inibitori o sostitutivi del committente nei confronti dell'appaltatore - 5. I piccoli cantieri o cantieri sotto-soglia - 6. La posizione del collaudatore - 7. Verifica dell'idoneità tecnico-professionale - 8. Comportamento colposo del subappaltatore infortunato e imprevedibilità dei rischi - 9. Disastro colposo e responsabilità del committente - 10. Omessa trasmissione del DURC - 11. Omessa esibizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio e del DURC - 12. Omessa comunicazione dei nominativi delle imprese esecutrici ai coordinatori - 13. Contraffazione del DURC - 14. Il committente come responsabile civile - 15. Lavori privati non soggetti a permesso di costruire - 16. Rischi specifici dell'appaltatore - 17. Il richiamo all’art. 15 D.Lgs. n. 81/2008 .

    Nei cantieri temporanei o mobili, la posizione di garanzia del committente ha assunto un peso determinante, sia sotto il profilo attinente alla vigilanza sull'operato dei coordinatori (a norma dell'art. 93, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008), vuoi sotto il profilo attinente a una diretta vigilanza in cantiere:

    ``Il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, oc-correndo verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo''.

    La Sez. IV nega che ``il committente (sia) un mero spettatore dell'esecuzione dei lavori commissionati''. Spiega che ``basta leggere le disposizioni previste dagli artt. 26 e 90 del D.Lgs. n. 81/2008 per comprendere come la legge lo disegni invece, come un protagonista dell'attuazione delle norme di sicurezza con funzioni di stimolo e controllo''. Insegna che, ``al committente ed al responsabile dei lavori è attribuita dalla legge una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l'esecuzione di controlli non formali ma sostanziali ed incisivi in materia di prevenzione, di sicurezza del luogo di lavoro e di tutela della salute del lavoratore, sicché ai medesimi spetta pure accertare che i coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione dell'opera adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia''. Precisa che ``il dovere di sicurezza gravante sul committente, non può essere costituito da un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori; con la conseguenza che ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo''. Con riguardo al caso di specie, rileva che, ``non avendo l'imputato nominato un coordinatore, ritenendo che non vi fosse l'obbligo di farlo (valutazione questa condivisa dal giudice di merito), spettava a lui in prima persona valutare la presenza del POS redatto dall'appaltatore e la sua adeguatezza rispetto allo specifico rischio di caduta da un tetto che l'imputato stesso ha ammesso di sapere non essere sufficientemente resistente''. Aggiunge che l'imputato, ``violando gli obblighi di sicurezza in capo a lui gravanti, ha consentito che i lavori iniziassero in presenza di un Piano operativo di sicurezza del tutto generico, preconfezionato e buono per qualsiasi tipo di lavoro, che non prevedeva le specifiche misure di prevenzione da adottare nel caso concreto, in presenza di un capannone con un tetto alto metri dieci e con evidente rischio caduta, considerato che per gran parte era sovrastato da fragili cupole e le travi su cui camminare erano larghe 40 cm. e dopo il montaggio dei pannelli fotovoltaici, divenivano inaccessibili''. Nota, altresì, che ``a fronte di ciò il POS non aveva previsto alcuna specifica misura di sicurezza, nonostante la evidenza della pericolosità della zona dove sarebbero stati impegnati più operai contemporaneamente''. Conclude che ``tale controllo rientrava nei compiti del committente ed era una condotta esigile, soprattutto a fronte di un rischio evidente e del quale l'imputato aveva piena consapevolezza''.

    ``L'obbligo per il committente di nominare il coordinatore per la sicurezza, di cui all'art. 90 D.Lgs. n. 81/2008 è connesso già solo alla previsione che più imprese lavorino nello stesso cantiere, anche non in contemporanea, e non alta verifica successiva di tale situazione. Il compito di eseguire lavori in una porzione di edificio che sapeva interessata all'attività di altre imprese era dunque sufficiente a far sì che egli fosse obbligato a nominare un coordinatore per la sicurezza al fine di evitare il sorgere di un rischio interferenziale come quello che in concreto si verificò''.

    ``L'obbligo di nomina del coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori sorge anche quando il coinvolgimento di altre imprese sia successivo all'affidamento dei lavori a una sola impresa iniziale. La Corte d'Appello ha correttamente spostato la valutazione sul piano della prova della consapevolezza, in capo al committente, della compresenza di più imprese durante la esecuzione dei lavori di che trattasi, ritenendola dimostrata alla stregua di alcuni dati: nel POS redatto dall'appaltatore era espressamente prevista la possibilità della compresenza di più imprese e ditte artigiane, con conseguente necessità di redigere altri POS e di nominare la figura di garante che ha per l'appunto il compito di coordinare tali previsioni in materia di sicurezza; il giorno dell'incidente in cantiere vi erano certamente più imprese operanti; il contratto di appalto prevedeva lavorazioni che richiedevano necessariamente l'impiego di imprese diverse da quella appaltatrice (tra queste, come si evince a pag. 21 della sentenza appellata, la realizzazione di opere di fondazione, delle pareti e dei solai dei fabbricati, con necessità di approvvigionamento del cantiere di materiali da parte di imprese specializzate nel trasporto e fornitura di essi); il committente, contestualmente all'incarico di progettazione, aveva designato un coordinatore per la sicurezza nella fase della progettazione, nomina che presupponeva, per l'appunto, la compresenza di più imprese in quel cantiere o, in alternativa, l'affidamento della esecuzione dei lavori o di parte di essi a una o più imprese diverse dall'appaltatrice''.

    ``L'obbligo per il committente di nominare il coordinatore per la sicurezza di cui all'art. 90 D.Lgs. n. n. 81/2008 è connesso già solo alla previsione che più imprese lavorino nello stesso cantiere, anche non in contemporanea, e non alla verifica successiva di tale situazione. Soprattutto risulta dirimente il fatto che il lavoratore era caduto da una porzione residua di un ponteggio precedentemente installato da titolare di subappalto nello stesso cantiere. Senza contare che il committente, che aveva nominato un coordinatore per la sicurezza in relazione a precedente concessione edilizia scaduta, successivamente aveva omesso di nominare il coordinatore, provvedendovi soltanto dopo l'evento mortale, su prescrizione degli ispettori del lavoro''.

    ``Gli obblighi del committente sono diversamente declinati a seconda che si versi in ipotesi di cantieri cc.dd. sotto-soglia (art. 90, comma 9, D.Lgs. n. 81/2008) o nel caso in cui nel cantiere si trovino ad operare, anche non contemporaneamente, più imprese (art. 90, commi 3 e 4, dello stesso decreto). Nel primo caso, egli è tenuto alla verifica della idoneità tecnico-professionale dell'impresa affidataria, mediante richiesta della documentazione di cui alla lett. b) del comma 9 dell'art. 90, ferma restando la sua responsabilità in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, essendo tuttavia esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica che richiedono una specifica competenza tecnica. Nel secondo caso, invece, l'obbligo per il committente di nominare il coordinatore per la sicurezza, di cui all'art. 90 è effettivamente connesso già solo alla previsione che più imprese lavorino nello stesso cantiere, anche non in contemporanea, e non alla verifica successiva di tale situazione. L'accertamento in ordine alla previsione - in base agli accordi tra committente e appaltatore - che più imprese, oltre a quella cui sono appaltati i lavori, lavorino nel medesimo cantiere resta quaestio facti da cui derivano in capo al committente dell'opera obblighi diversamente declinati dal legislatore''.

    ``L'art. 90 del D.Lgs. n. 81/2008 non pone alcuna condizione o limite all'obbligo di nominare un coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori''.

    ``La sicurezza nel cantiere deve essere garantita anche per i semplici sopralluoghi, svolti anche da ditte esterne cui devono poi subappaltarsi dei lavori''. ``L'art. 90, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 81/2008 àncora l'obbligo di nomina alla mera previsione e non alla verifica successiva che, di fatto, più imprese effettivamente lavorino'', e che, pertanto, ``l'obbligo di nomina del coordinatore della sicurezza sorgeva dunque, in capo al committente, già in dipendenza della previsione contrattuale, essendo la presenza di più imprese in cantiere eventualità contemplata dalle parti e calata in una specifica clausola contrattuale'', con la conseguenza che ``il fatto che poi alla previsione astratta sia seguita la realizzazione in concreto delta presenza effettiva di più imprese in cantiere è un quid pluris che nulla aggiunge al già esistente obbligo per il committente di nominare il coordinatore per la sicurezza'' e non senza contare che ``l'art. 90 D.Lgs. n. 81/2008 sancisce anche che la presenza può essere anche non contemporanea''.

    ``L'assunto secondo il quale sarebbe obbligatoria la figura del coordinatore della sicurezza soltanto una volta conclusa la fase di progettazione contrasta con la differente dizione testuale della norma secondo cui `durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione redige il piano di sicurezza e di coordinamento', ai sensi dell'art. 91, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008. `Durante' che evidentemente presuppone la scansione fisiologica in cui progettazione e redazione del piano precedono la concreta esecuzione dell'avvio dei lavori ma che è stata sovvertita nella concreta vicenda in esame, in cui si è agito a prescindere dalla progettazione e della redazione del piano di sicurezza''. ``Quanto agli indici concreti rivelatori della stipulazione, non scritta, di un contratto di committenza, i giudici di merito hanno stimato significativi nel senso dell'esistenza di tale rapporto due documenti, entrambi provenienti dagli imputati: la richiesta, con autorizzazione in pari data, con cui l'amministratore unico della s.r.l. affidataria dei lavori di edificazione di un fabbricato di civile abitazione domanda alla ditta proprietaria dell'area di cantiere e committente dei lavori di edificazione di poter depositare una gru sul terreno in questione; e la `comunicazione di approntamento di cantiere' depositata al Comune da parte della stessa ditta committente''.

    D'altra parte, è evidente che, nei cantieri in cui sia presente un'unica impresa, non sussista l'obbligo di designazione dei coordinatori:

    «Non sussiste alcun obbligo di nominare il coordinatore dei lavori se non si danno le condizioni previste dall'art. 3, D.Lgs. n. 494/1996 [e ora art. 90, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 81/2008]»;

    - neppure esiste un obbligo di nominare il direttore dei lavori per l'ipotesi che il committente voglia sottrarsi agli obblighi che gli pone in capo la legge, in quanto in realtà è previsto e possibile (e non è un obbligo) che il committente nomini un 'responsabile dei lavori', soggetto che ove munito di reali poteri e autonomia gestionale è effettivamente in grado di schermare da eventuali responsabilità il committente (che si sia strettamente attenuto a tale ruolo)», là dove «il direttore dei lavori, per contro, è figura sconosciuta alla disciplina prevenzionistica» e «trova collocazione nella materia delle costruzioni, quale soggetto preposto nell'interesse del committente al controllo della corretta esecuzione dei lavori da parte della impresa esecutrice», sicché «per una sua rilevanza sul piano prevenzionistico occorrerà esaminare in concreto se esso ha assunto poteri che lo qualificano come dirigente o mansioni che lo riconducono alla figura del preposto;

    - se non ricorrono le condizioni per la nomina del coordinatore, neppure può imputarsi al committente di non aver, tramite questi, adottato un piano di sicurezza, che altro non può essere che il già menzionato piano di coordinamento;

    - parimenti errata è l'affermazione di una colpa derivante dalla mancata nomina del coordinatore per la progettazione, posto che non si dà conto dell'affidamento dei lavori a più imprese»;

    - «sotto altro profilo, posto l'obbligo di prevedere la durata dei lavori e le fasi del lavoro, non si è esplicato quale rilevanza causale abbia avuto tale inadempimento rispetto all'evento verificatosi»;

    - «quanto all'omesso rispetto dei principi e delle misure generali di tutela di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 626/1994 [e ora art. 15, D.Lgs. n. 81/2008] nella fase di progettazione dell'opera, la norma persegue l'obiettivo di far adottare scelte progettuali più sicure, e non può confondersi con l'adozione di misure 'speciali', quali la dotazione dei ponteggi di tavole fermapiede e di parapetti».

    (È da notare che l'obbligo di designazione dei coordinatori sorge nell'ambito di un cantiere, e non è limitato ai singoli lavori, magari distinti e tuttavia svolti all'interno del medesimo cantiere seppure non contemporaneamente: sull'argomento persuasiva appare l'impostazione accolta da Cass. 27 gennaio 2015, Cominotti, riportata ampiamente sub art. 89, al par. 1).

    Quanto all'ipotesi prevista dall'art. 90, comma 5, D.Lgs. n. 81/2008 («la disposizione di cui al comma 4» -dunque, l'obbligo di designazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori- «si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese»), v., per un riferimento, Cass. 12 novembre 2008 n. 42131, Guerriero e altri. Nel senso che il committente avrebbe l'obbligo di redigere il piano di sicurezza per l'esecuzione ed il coordinamento, avendo coinvolto più soggetti autonomi Cass. 24 agosto 2015, n. 35336.

    Nei procedimenti penali aventi per oggetto infortuni sul lavoro accaduti in cantieri sottoposti all'obbligo di designazione dei coordinatori, torna frequentemente un interrogativo cruciale: l'omessa nomina dei coordinatori può di per sé assurgere al rango di causa (o concausa) dell'infortunio? Preziosa è l'analisi contenuta in queste sentenze (v. anche Cass. n. 18102 del 10 aprile 2017, sub art. 93, al paragrafo 2):

    In un cantiere, il dipendente di un'impresa esecutrice entra in un cavedio e a causa del cedimento della struttura in cartongesso precipita nel locale sottostante. La Sez. IV conferma la condanna del committente: ``Non è noto se nel caso in esame i lavori fossero soggetti a permesso di costruire o di importo superiore a 100.000 euro, nel qual caso avrebbe trovato applicazione il comma 10 dell'art. 90 D.Lgs. n. 81/2008 e il committente sarebbe stato tenuto solo alla nomina del coordinatore per l'esecuzione che avrebbe dovuto svolgere anche le funzioni del coordinatore per la progettazione. Nell'uno e nell'altro caso, comunque, il coordinatore avrebbe dovuto verificare l'idoneità dei POS delle singole imprese e richiederne l'aggiornamento in relazione all'evoluzione dei lavori e all'individuazione di nuove fonti di pericolo. Avrebbe inoltre dovuto organizzare la cooperazione tra i datori di lavoro, il coordinamento delle loro attività, nonché `la loro reciproca informazione' (art. 92 D.Lgs. n. 81/2008). Avrebbe così potuto assicurarsi: che tutti i datori di lavoro fossero informati del pericolo costituito dalla particolare conformazione del pavimento del cavedio e ne informassero i rispettivi dipendenti; che le opere provvisionali predisposte per consentire ai lavoratori di accedere al cavedio non fossero rimosse; che, prima della predisposizione di tali opere provvisionali o dopo la loro rimozione, la porta di accesso fosse chiusa a chiave e solo una persona edotta della situazione di pericolo potesse averne la disponibilità. Alla luce di questo giudizio controfattuale, il nesso causale esistente tra la mancata nomina di coordinatori per la sicurezza e l'infortunio concretamente verificatosi appare evidente. Non vale obiettare che il coordinatore per l'esecuzione non è tenuto ad essere costantemente presente in cantiere. Si tratta, invero, di una funzione di `alta vigilanza' preposta a adottare misure di prevenzione che hanno carattere strutturale e organizzativo al fine di evitare situazioni di pericolo derivanti da possibili interferenze tra le attività delle diverse imprese operanti nel medesimo cantiere e proprio questa attività organizzativa (idonea ad impedire l'evento) difettò nel caso di specie''. (V., altresì, Cass. 31 maggio 2022 n. 21072, sub art. 89, paragrafo 11).

    ``Già l'omessa nomina del coordinatore è da sola sufficiente a giustificare l'affermata responsabilità degli imputati, atteso che l'evento letale ha costituito la concretizzazione del rischio interferenziale connesso alla presenza di due imprese nel cantiere, essendosi verificato per le condizioni di pericolo ingenerate dalle lavorazioni sull'impianto elettrico, da parte di una delle due imprese, ignorate o, comunque, non adeguatamente valutate dall'altra impresa. Ne consegue che l'adempimento dell'obbligo prescritto dalla legge di nominare il coordinatore avrebbe potuto evitare l'evento, in quanto tale tecnico avrebbe provveduto ad un'adeguata informativa e ad adottare misure di sicurezza adeguate''.

    ``Il quadro normativo vigente prevede, oltre alle ipotesi di responsabilità del committente qualora questi abbia impartito direttive ai lavoratori, uno specifico e autonomo dovere in tema di sicurezza per il caso di subappalto con presenza di più imprese anche non contemporaneamente in cantiere''. ``Il collegamento causale tra omissione ed evento va verificato in riferimento a quella specifica condotta assunta dalla disciplina legislativa quale dovere in capo al committente''. ``La mancanza della figura professionale del coordinatore, normativamente prevista proprio al fine di coordinare le attività lavorative di più imprese operanti nel medesimo cantiere, ha inciso in misura determinante sulla mancata predisposizione di un sistema di protezione idoneo a scongiurare l'evento lesivo''. ``Secondo un giudizio di prevedibilità ex ante è la normativa di settore a prevedere la necessità del coordinamento, asseverando in termini generali e non derogabili che, qualora sia prevista la presenza di più imprese in cantiere, le peculiari esigenze di coordinamento tra esse impongano la nomina di una figura di riferimento quale è il coordinatore per l'esecuzione dei lavori'', e ``la mancanza di tale soggetto, nel caso concreto, non ha consentito l'adozione di sistemi di sicurezza che, se presenti, avrebbero, con elevata probabilità logica, impedito l'infortunio mortale''.

    Non collimante ma isolata:

    La Sez. IV s'interroga circa ``il nesso causale tra la condotta omissiva ascritta al dirigente della s.p.a. committente e l'evento lesivo''. Prende le mosse dal ``principio in base al quale, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo''. Afferma che ``non vi è necessariamente un'equazione fra la condotta omissiva del committente rispetto agli obblighi stabiliti a suo carico dalla normativa antinfortunistica e l'addebito riferito al verificarsi dell'evento lesivo a carico del lavoratore della ditta esecutrice'', e che ``occorre verificare puntualmente se l'evento è scaturito sul piano causale da detta condotta omissiva, avuto appunto riguardo, da un lato, alla specificità operativa e organizzativa dei lavori in corso di esecuzione, nel cui ambito l'evento si è verificato, e, dall'altro, all'incidenza concreta che la ridetta condotta omissiva ha avuto sul prodursi di esso''. Sostiene che, ``nella specie, pur a fronte delle carenze nell'adozione delle misure di coordinamento prescritte e nella verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa affidataria dei lavori, la sentenza impugnata non va esente da censure sotto il profilo del vizio di motivazione, non avendo esplicitato quale specifica incidenza eziologica abbiano avuto le condotte omissive contestate all'imputato sul verificarsi dell'infortunio (in specie le carenze nella verifica dell'idoneità tecnica della ditta esecutrice)''. Aggiunge che ``all'imputato, a titolo di esempio, è ascritto fra l'altro di avere omesso di nominare un coordinatore per l'esecuzione dei lavori, laddove è noto che tale figura ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative''. Asserisce che ``non può affermarsi in modo certo e univoco che la designazione di un coordinatore per la progettazione avrebbe ex se avuto efficacia impeditiva dell'infortunio''. ``Quanto, poi, alla mancata verifica dell'idoneità tecnica dell'impresa esecutrice'', la Sez. IV ammette che ``non fu redatto, per la specifica operazione, un piano operativo di sicurezza'', ma subito segnala, ``da un lato, che i pregressi rapporti tra la s.p.a. e la s.r.l. fornivano alla società committente elementi generali di affidamento circa le capacità organizzative e la disponibilità di idonee attrezzature della ditta esecutrice, anche con riferimento a lavori del tipo di quello in corso di esecuzione al momento dell'infortunio; e, dall'altro, che il capitolato dà conto di un'ampia autonomia organizzativa conferita alla s.r.l. esecutrice, sebbene nell'ambito di lavorazioni alle quali partecipavano più ditte diverse''. Di qui l'annullamento con rinvio della condanna del dirigente della s.p.a. committente.

    Per quel che concerne gli obblighi del committente o del responsabile dei lavori disciplinati nell'art. 90, D.Lgs. n. 81/2008, utili indicazioni si traggono da:

    I committenti non hanno provveduto ad un'adeguata supervisione e controllo dei lavori e non sono, quindi, intervenuti per sospendere i lavori, nonostante i rischi di natura elettrica presenti in cantiere fossero così evidenti da risultare immediatamente individuabili e percepibili anche ad occhio non esperto. Il committente è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa, sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, essendo tuttavia esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica che richiedono una specifica competenza tecnica.

    ``I committenti erano titolari di una posizione di garanzia autonoma rispetto a quella del datore di lavoro, seppure ad essa subalterna in materia antinfortunistica, idonea a fondare la loro responsabilità per episodio infortunistico occorso al lavoratore in caso di omesso controllo dell'adozione da parte dell'imprenditore, delle misure generali della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, ai sensi dell'art. 15 D.Lgs. n. 81/2008), per non avere segnalato al datore di lavoro le fonti di pericolo, ovvero per non avere preteso la loro eliminazione, attivando in difetto poteri inibitori o sostitutivi comunque dovuti. Ammessa la responsabilità del committente per eventi infortunistici determinati dalla inosservanza della disciplina antinfortunistica, che fa carico primariamente al datore di lavoro, la stessa può essere estesa al committente laddove l'evento possa ritenersi causalmente collegato ad una omissione colposa, specificamente determinata, che risulti imputabile alla sfera di controllo dello stesso committente, specie nel caso in cui la mancata adozione o la inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. La committente era gravata da obblighi di programmazione e di vigilanza sulla corretta adozione di misure di sicurezza, pure previsti dalla legge, che nel caso in specie non erano stati delegati a terze figure di garanzia, che le imponevano, a fronte della insipienza organizzativa e della eclatante evanescenza applicativa di basilari regole prevenzionali (impalcature prive di parapetti, tavole fermapiedi e in certi punti anche incomplete nel piano di appoggio) rilevabili ictu oculi, l'obbligo di richiamare l'appaltatore al rispetto della disciplina antinfortunistica, pretendendone l'applicazione e, se del caso, adoperarsi per la eliminazione delle fonti di rischio anche mediante i poteri inibitori nascenti dalla posizione contrattuale di cui era titolare, in tale inerzia risolvendosi la condotta colposa ad essa attribuita''.

    Circa i poteri inibitori del committente v. pure Cass. 8 marzo 2018, n. 10544.

    In forza dell'art. 3, comma 1, primo periodo, D.Lgs. n. 494/1996, ripreso nell'art. 90, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il committente o il responsabile dei lavori si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 626/1994» (ora 15, D.Lgs. n. 81/2008). In proposito, la Corte Suprema conduce un'analisi circa la responsabilità del committente in caso d'infortunio in «piccoli cantieri» “cantieri sotto-soglia” per colpa consistita nella violazione delle suddette norme (v. anche Cass. n. 55180 del 29 dicembre 2016, sub art. 89, paragrafo 2):

    “Il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere “sotto-soglia”), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica- sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro”.

    Nei cantieri sotto soglia, ``il committente risponde in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro''.

    La comproprietaria di un immobile affidò l'incarico di ripararne la pluviale a persona non idonea a svolgere l'attività commissionata, non essendo dotato dei necessari requisiti tecnico-professionali; non verificò che la parte del solaio che l'incaricato doveva calpestare per effettuare un sopralluogo finalizzato ad eseguire il lavoro affidatogli fosse resistente al suo peso; non gli diede dispositivi di anticaduta e non impedì che questi, dopo esser salito nella parte superiore dell'appartamento, onde compiere un preventivo sopralluogo finalizzato a verificare quale fosse la causa della perdita della pluviale ed aver utilizzato come passarella tavole di legno che aveva appoggiato sulle tegole esistenti, cadesse rovinosamente a terra al piano inferiore, a causa del cedimento del sottostante tetto di plexiglas sul quale le tegole erano appoggiate. La Sez. IV ravvisa a carico della comproprietaria dell'immobile la violazione degli ''specifici doveri imposti al committente privato nei cantieri temporanei sotto soglia, relativi non solo all'obbligo di verifica dell'idoneità dell'impresa ma anche all'obbligo di controllare l'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, così come l'obbligo di inibirne l'attività per le inadempienze riscontrate, soprattutto alla luce del rischio specifico che derivava dal tetto di plexiglass su cui erano poggiate le tegole che hanno ceduto sotto il peso dell'infortunato''.

    ``Il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, essendo esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine. Tuttavia, la titolarità della posizione di garanzia del committente non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire, sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso''.

    ``Il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere `sotto-soglia'), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa, sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro''. (Conforme Cass. 3 dicembre 2018, n. 54010).

    ``Il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere `sotto-soglia'), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa, sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro''.

    ``Il committente è titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell'infortunio subito dal lavoratore qualora l'evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. Il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere `sotto-soglia'), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica - sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro''.

    Due committenti di un'opera edile furono condannati per omicidio colposo per l'infortunio subito da un pensionato caduto dall'alto nel corso di attività lavorativa prestata occasionalmente per la ditta appaltatrice. Invece, il rappresentante legale di tale ditta patteggiò.

    A) La Sez. IV conferma la condanna di uno soltanto degli imputati. Prende atto che, nel cantiere, ``era impegnata una sola ditta (cantiere c.d. sotto soglia), senza obbligo, quindi, per il committente di nominare un coordinatore per la progettazione e un coordinatore per la esecuzione dei lavori''. Osserva che l'art. 90, comma 9, lettera a), secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2008, ``prevede, in adempimento dell'obbligo di verifica da parte del committente, la presentazione, da parte del datore di lavoro, del certificato d'iscrizione alla Camera di Commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato però dalla autocertificazione sul possesso degli altri requisiti di cui all'allegato XVII'', e che tale allegato ``riguarda, per l'appunto, l'idoneità tecnico professionale dell'impresa e contiene un espresso richiamo alla documentazione minima che il datore di lavoro deve esibire al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato''. Nota efficacemente che ``l'obbligo di verifica documentale circa l'idoneità tecnico professionale della ditta prescelta non esaurisce i doveri di controllo cui è chiamato il committente rispetto al datore di lavoro''. Sottolinea ``la condotta colposa di uno dei committenti, sia con riferimento alla scelta della ditta appaltatrice, tenuto conto degli obblighi di verifica imposti, che sulla scorta dell'omesso controllo dell'adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nel caso di specie totalmente omesse''. Spiega che ``tali misure non devono essere approntate dal committente, rientrando certamente nel novero degli obblighi propri del datore di lavoro, ma la loro concreta adozione da parte di costui deve essere verificata e, in caso di accertata omissione, pretesa dal committente''. Constata che, nel caso di specie, ``le capacità tecniche ed organizzative della ditta appaltatrice apparivano del tutto inadeguate alla tipologia dei lavori commissionati'', poiché ``la ditta era sottodimensionata rispetto all'entità dell'opera che prevedeva la `tompagnatura' di una struttura già eretta di ben tre piani di altezza'', e che ``la ditta appaltatrice, al momento del decesso, stava impiegando la quasi totalità di operai in nero e l'opera richiedeva l'impiego di una forza lavoro superiore rispetto a quella formalmente indicata, il cantiere era del tutto privo dei minimi presidi di sicurezza e la ditta non aveva neppure adottato il documento di valutazione dei rischi e il P.O.S.'', ``circostanze immediatamente percepibili dal committente, in quanto soggetto solito frequentare giornalmente il cantiere e che, soprattutto, aveva sollecitato e negoziato l'esecuzione dei lavori oggetto del secondo accordo verbale''. Ricorda ancora che ``neppure era stato adempiuto l'obbligo, sempre stabilito dall'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 494/1996 [trasfuso nell'art. 90, comma 1, lettere a) e b), D.Lgs. n. 81/2008] a carico di tutti i committenti, di prevedere nel progetto la durata dei lavori e delle varie fasi di essi, obbligo che, proprio per le modalità che in concreto hanno caratterizzato la presente fattispecie - con la suddivisione dei lavori in due fasi distinte - ha assunto una evidente efficacia causale rispetto all'evento''. Pone in risalto che ``la riscontrata inadeguatezza dimensionale dell'impresa con impiego di lavoratori irregolari, a fronte della entità e tipologia dell'opera in esecuzione, in uno con le macroscopiche irregolarità del cantiere, palesemente ed immediatamente evidenti, imponevano l'esercizio dei poteri di inibizione propri del committente, la cui attivazione avrebbe pertanto scongiurato l'evento verificatosi proprio a causa di tali inadeguatezze ed inadempienze''. Quanto alla ``mancata adozione del P.O.S. e alla mancata predisposizione delle opere provvisionali e di qualsivoglia dotazione di sicurezza'', afferma che ``il committente deve prendere in considerazione l'adozione di tali misure sin dalla fase di progettazione dell'opera, soprattutto ove si consideri la natura del rischio all'esame, quello cioè della caduta dall'alto, immediatamente percepibile e oggetto di un potere di controllo del tutto generico e, quindi, tanto più esigibile da un committente presente in cantiere che neppure ha inteso nominare un responsabile dei lavori''. La conclusione è che, ``così inteso, l'obbligo di verifica riconducibile al committente non si è tradotto in un inammissibile dovere di controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, che la legge non individua, né in un rimprovero per la violazione di obblighi che fanno capo ad altra figura di garante legale'', ma ``è stato delimitato e calibrato in base alla capacità di governo della fonte di pericolo da parte del soggetto portatore dell'interesse primario alla realizzazione dell'opera, che ha messo cioè in moto l'attività in cui si è concretizzata l'esposizione a rischio della vittima''.

    Per contro, la Sez. IV annulla senza rinvio per non aver commesso il fatto la coimputata, e ciò in assenza di ``elementi e circostanze di fatto che la ricolleghino al cantiere e all'attività che vi si svolgeva, diversi dalla formale committenza e dalla titolarità dell'erigendo edificio''.

    «Se il direttore dei lavori ed il collaudatore avessero sottoposto il progetto a verifica, evidenziandone gli errori di calcolo, non sarebbe stata disposta la prova di carico, o la si sarebbe disposta all'esito di rimedi agli errori progettuali, e non sarebbe stata, neppure, effettuata la prova di carico in anticipo rispetto al momento fissato. Non essendo stato, il collaudatore, colui che aveva progettato o modificato il nuovo ponte o che aveva scelto i materiali da utilizzare, si chiede quale sia il precetto da lui violato nella sua attività di collaudatore, atteso che mai egli aveva ricevuto formalmente il nuovo progetto dal RUP che ne era obbligato ai sensi dell'art. 190, D.P.R. 21 dicembre 1999. Quello indicato costituisce il quesito di maggior rilievo sull'individuazione della colpa del ricorrente, ovvio essendo che se l'accertamento in questione fosse ritenuto esulare dai suoi compiti o dalle sue conoscenze specifiche non sarebbe ravvisabile nei suoi confronti alcuna violazione di norme o di regole di comportamento. Però, i suoi compiti non erano limitati al collaudo finale dell'opera sulla base del progetto formalmente trasmessogli dal RUP (cioè quello originario), perché egli era stato nominato collaudatore in corso d'opera e non solo finale, con l'obbligo di verificare la corrispondenza dei lavori in esecuzione con i dati del progetto, ed allora se l'imputato avesse sorvegliato l'esecuzione dei lavori, recandosi in cantiere durante le fasi principali, non avrebbe potuto non accorgersi che il ponte che si stava realizzando era totalmente difforme dal progetto originario, in suo possesso, ed avrebbe dovuto chiederne contezza e verificare, in ragione del suo precipuo obbligo, indipendentemente dalla trasmissione ufficiale della variante di progetto, se questa era adeguata. Se può condividersi la tesi che tende ad escludere una conseguente ed automatica responsabilità del collaudatore nel caso di errori progettuali o di costruzione - non potendo il verificatore interferire sulle scelte tecniche adottate dal progettista e dal costruttore del ponte, tanto più se il ponte sia soggetto, per essere utilizzato da una comunità indistinta di persone, a controlli e collaudi di natura pubblicistica - questa regola incontra però un limite nei casi in cui l'errore di progettazione o di costruzione appaia evidente ed evidenti siano i rischi derivanti da tale errore, intendendosi il concetto di evidenza in senso relativo, nel senso cioè che tale debba apparire a chi, per le sue competenze e per le cognizioni tecniche che ha o dovrebbe avere, sia destinatario di funzioni di verifica di idoneità e sia in grado di avvertire la presenza di anomalie tali da rendere non sicura la struttura della costruzione. In questo caso la persona che esegue il collaudo ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnica del progetto e, comunque, quello di segnalare in ogni caso al committente ed all'esecutore dell'opera le caratteristiche che possono renderne instabile la struttura e, quindi, pericolosa per la pubblica incolumità. Si tratta, in questo caso, di adempiere ad ordinarie regole di prudenza e diligenza, mentre nel caso in cui, malgrado l'evidenza dell'anomalia, il verificatore non se ne renda conto, la violazione si concretizza in un'imperizia parimenti fondante l'elemento soggettivo del reato. Se non adempie a questi obblighi risponde degli eventi dannosi verificatisi secondo le regole ordinarie sulla causalità omissiva (art. 40, comma 2, c.p.) incombendo sul collaudatore l'obbligo di impedire l'evento essendo i collaudi diretti, anche contrattualmente, proprio a questo scopo di prevenzione. Sotto un diverso profilo, il sistema delle cautele è da ritenersi improntato al criterio della prevedibilità dell'evento (oltre che della prevenibilità) e il collaudatore risponde soltanto se l'evento era caratterizzato in questo senso e se egli era in grado di accertare la presenza delle anomalie che rendevano anche soltanto possibile il verificarsi dell'evento e, ciò nonostante, abbia omesso di porre in atto le condotte descritte. Si deve verificare che l'anomalia, a posteriori rilevata e ritenuta causa dell'evento, fosse riscontrabile al momento della verifica secondo usuali criteri di competenza tecnica. Nel caso in esame, la verifica era stata distratta e superficiale perché il collaudatore non aveva prestato alcuna attenzione alla modifica apportata alla struttura del ponte, benché di fatto ne fosse venuto a conoscenza, che avrebbe dovuto porlo in allarme. Sarebbe bastato che l'imputato avesse portato la sua attenzione su questo punto per rendersi conto del grave errore progettuale».

    Nel prendere in esame un'ipotesi di omicidio colposo dovuto al crollo di un muro costruito nell'ambito di opere di edilizia scolastica, la Sez. IV insegna che, «in tema di violazione della legge 5 novembre 1971 n. 1086, sulla disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, al fine di affermare la responsabilità di un soggetto, occorre verificare che questi abbia assunto una delle qualità proprie prese in considerazione dalla norma incriminatrice, ovvero di committente, costruttore, direttore dei lavori o collaudatore, atteso che alla semplice qualità di proprietario non può connettersi un generale dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale prescindendo dalla concreta situazione in cui viene svolta l'attività incriminata». E con riguardo al caso di specie, osserva che «la omessa rilevazione da parte dell'ingegnere collaudatore della difettosa costruzione dell'opera ha determinato, in una alla condotta del costruttore, il crollo della stessa».

    In base all'art. 90, comma 9, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008, il committente o il responsabile dei lavori è tenuto a verificare l'idoneità tecnico-professionale delle imprese e dei lavoratori autonomi.

    ``Non può esimere il committente dalla responsabilità in ordine alla scelta dell'impresa appaltatrice il fatto che le previsioni dell'allegato XVII del D.Lgs. n. 81/2008, richiamato dall'art. 90, relativo alla verifica della idoneità tecnico professionale, richiedono, nei cantieri di entità presunta minore di 200 uomini giorno, soltanto la verifica della iscrizione alla Camera di commercio, eseguita da parte del committente''. ``In caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo''. ``Detto controllo formale non può esonerare il committente dalla verifica della concreta capacità della impresa prescelta ad eseguire la tipologia delle lavorazioni appaltate, specie nella ipotesi di attività intrinsecamente pericolose quali i lavori in quota''.

    Intento ad eseguire un intervento manutentivo sul tetto del locale deposito in un'area agricola, un operaio edile utilizza una scala inidonea e precipita al suolo. Condannato per omicidio colposo, oltre al datore di lavoro di fatto in assenza di un formale contratto di lavoro, il proprietario dell'area agricola in qualità di committente e responsabile dei lavori con l'addebito di violazione dell'art. 90, comma 9, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008. Nel confermare la condanna, la Sez. IV rileva che ``la responsabilità del committente per gli infortuni verificatisi in occasione dei lavori commissionati non è esclusa sulla base del mero rilievo formale per cui il destinatario degli obblighi antinfortunistici è il datore di lavoro''. Spiega che ``occorre verificare, in concreto, quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d l opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo''. Prende atto che l'infortunato ``era addetto a svolgere un'attività di lavoro alle dipendenze di fatto di un'impresa del tutto disorganizzata sotto il profilo antinfortunistico, logicamente attribuendo la responsabilità per cooperazione colposa anche al committente, venuto meno agli obblighi di controllo posti a suo carico dalla normativa''. (Dove ai fini dell'applicazione del Titolo IV, Capo I, anziché dell'art. 26, si presuppone - ma non viene espressamente affermato - che il proprietario dell'area agricola non rivesta in tale area il ruolo di datore di lavoro).

    ``La lavorazione da cui è derivato l'infortunio mortale è stata autonomamente eseguita da operai di una impresa appaltatrice specificamente specializzata in pulizie industriali, sicché neanche si può sostenere che il soggetto committente abbia violato l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, dovendosi, peraltro, escludere che la non idoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell'avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell'impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice''.

    L'amministratore unico della s.p.a. affidataria di opera pubblica per la realizzazione di lavori di ricostruzione, difesa e manutenzione ``deliberò scientemente di non avvalersi di imprese specializzate nel trasporto di tubi metallici del peso di circa 6 tonnellate ciascuno'', e il preposto al cantiere ``si uniformò acriticamente a questa scelta imprenditoriale, affidando l'intera operazione a impresa di cui era dipendente l'infortunato, per di più assentandosi dal cantiere senza nominare un sostituto che vigilasse ed intervenisse ad impedire che fossero attuate prassi di scaricamento improprie e lasciando all'iniziativa di personale non specializzato di scegliere le modalità di scaricamento''. Si rimprovera al preposto di non avere segnalato la situazione di incompetenza tecnica ad operare dell'impresa alla quale erano stati di fatto subappaltati i lavori di scarico oltre a quelli di movimentazione a terra dei tubi, e di essersi mostrato quiescente rispetto alla scelta tecnica e giuridica operata dal datore di lavoro di avvalersi, per la delicata fase di scarico dei materiali, di una ditta non specializzata. Se il lavoro fosse stato compiuto da dipendenti specializzati in materia di scarico, con ragionevole probabilità, l'evento non si sarebbe verificato. L'atteggiamento inerte ed omissivo del preposto rispetto all'affidamento in subappalto dei lavori di scarico delle tubazioni ad un'impresa non specializzata, rappresenta la manifestazione concreta, a valle, della delibera adottata dall'amministratore dell'impresa appaltatrice, che aveva affidato, di fatto, contro ogni criterio di competenza e di ragionevolezza, i lavori di scarico alla predetta impresa, anziché alle ditte specializzate alle quali erano stati formalmente subappaltati i lavori di trasporto e scarico della tubazioni. Di qui la condanna di entrambi per omicidio colposo.

    ``Il proprietario di un'abitazione affida lavori di ristrutturazione a una s.r.l. che a sua volta li subappalta senza autorizzazione del committente a un'impresa individuale. Per l'infortunio occorso a un dipendente dell'impresa individuale, la Sez. IV annulla per prescrizione la condanna di committente, appaltatore e subappaltatore ma ne rigetta i ricorsi agli effetti civili. E mette in luce l'obbligo di verificare l'idoneità tecnica della impresa a cui affidare l'esecuzione delle opere da intraprendere nell'appalto'': ``Viene in considerazione l'ipotesi di un cantiere la cui entità è inferiore a 200 uomini-giorno. In questo caso, ai sensi dell'art. 90, comma 9, Iett. a), D.Lgs. n. 81/2008, il requisito della verifica dell'idoneità tecnica si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII. In base all'allegato XVII, ai fini della verifica dell'idoneità tecnico-professionale, le imprese esecutrici nonché le imprese affidatarie, ove utilizzino anche proprio personale, macchine o attrezzature per l'esecuzione dell'opera appaltata, dovranno esibire al committente o al responsabile dei lavori almeno: a) l'iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell'appalto; b) il documento di valutazione dei rischi di cui all'art. 17, comma 1, lettera a) o autocertificazione di cui all'articolo 29, comma 5; c) il documento unico di regolarità contributiva di cui al Decreto Ministeriale 24 ottobre 2007; d) la dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti di sospensione o interdittivi di cui all'art. 14 del presente decreto legislativo. Sebbene non risulti dal testo della legge che il committente debba consultare il libro matricola, oltre al certificato d'iscrizione alla camera di commercio, ai fini della valutazione della idoneità dell'impresa, era necessario che il committente avesse cognizione del DURC e dell'autocertificazione dell'impresa in ordine alla valutazione dei rischi. L'imputato non poteva avere preso visione del DURC, poiché la s.r.l. appaltatrice era sprovvista di dipendenti. Gli adempimenti amministrativi omessi (verifica dell'autocertificazione dell'impresa) hanno avuto incidenza sull'eziologia dell'evento, non essendosi realizzata la condizione della verifica della idoneità tecnica della impresa affidataria dei lavori. L'accertata mancata verifica del DURC non risponde soltanto ad esigenze di carattere formale. Ed invero dalla mancanza del DURC - inesistente in capo alla s.r.l. per mancanza di dipendenti - è derivata la consapevolezza, da parte della committenza, che i lavori di ristrutturazione avrebbero dovuto essere necessariamente concessi in subappalto''. Conclusione: ``Il committente, nei fatti, non ha adempiuto all'obbligo di verifica dell'idoneità tecnica dell'ICRI, la quale, sebbene nel suo oggetto sociale ricomprendesse `l'attività di costruzione in genere', non possedeva una propria capacità per provvedervi, data l'assenza di lavoratori alle proprie dipendenze. Rimane fermo anche il mancato adempimento dell'ulteriore obbligo di prendere cognizione del documento di valutazione rischi o dell'equipollente autocertificazione proveniente dall'impresa: alla luce di quanto risulta previsto dalla normativa, non è bastevole per il committente esaminare soltanto il certificato d'iscrizione e il DURC''. (Circa il DURC v. pure Cass. 14 marzo 2022 n. 8462).

    ``Infortunio sul lavoro nel quale ha perso la vita un operaio alle dipendenze della ditta individuale incaricata dell'allestimento del servizio di luminarie per la festa patronale del comune, rimasto folgorato per contatto con cavi elettrici alimentati e a causa del malfunzionamento dell'interruttore magnetotermico dell'impianto, allorché stava effettuando un riallaccio elettrico di un tratto delle luminarie, precedentemente staccato per consentire il passaggio del `giglio'''. La Sez. IV conferma la condanna del datore di lavoro e del presidente del comitato dei festeggiamenti committente dei lavori, nonché del comune al risarcimento dei danni: ``si contesta al committente di non aver verificato in concreto l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa esecutrice secondo i parametri di cui all'all. XVII del D.Lgs. n. 81/2008 e, in particolare, la disponibilità di mezzi adeguati ai lavori da svolgere. il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere `sotto-soglia'), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica - sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori; ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo. Ai fini della configurabilità di una responsabilità del committente per culpa in eligendo nella verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa affidataria di lavori, non è neppure necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, essendo sufficiente che nella fase di progettazione dell'opera, intervengano accordi per una mera prestazione d'opera, atteso il carattere negoziale degli stessi''. (Conforme su questo punto Cass. 30 aprile 2020, n. 13475).

    Condanna del committente per il reato di lesioni personali colpose in danno di un dipendente della ditta appaltatrice, con l'addebito di aver affidato l'esecuzione di interventi edili consistenti nel consolidamento statico di un fabbricato, e in particolare nella demolizione e ristrutturazione dell'intero tetto, senza ``verificare le capacità organizzative, le dotazioni e la forza lavoro occupata della impresa incaricata, laddove il tetto era vecchio e pericolante, il lavoro doveva svolgersi in quota e richiedeva la movimentazione di carichi di notevole massa e dimensioni e necessitava di mezzi e forza lavoro adeguati''. Rileva, infatti, a carico del committente ``la colpevole selezione, che solo ad esso competeva, di una impresa artigiana per un lavoro non minimale, ma che necessitava di una organizzazione di persone e mezzi non trascurabile per procedere alla demolizione di un tetto pericolante, alla messa in sicurezza dell'area e della copertura ed alla distribuzione dei compiti lavorativi in modo da salvaguardare la stabilità della costruzione e la sicurezza dei lavoratori''. E così prosegue: ``Le inadeguate dimensioni artigianali dell'azienda, non adusa ad impegni di tale consistenza, laddove il titolare era sostanzialmente un artigiano esperto in lavori di ristrutturazione interna, quali la posa di pavimenti, rivestimenti, piastrelle e piccola carpenteria in legno, a nulla rilevando a giustificazione dell'errore del committente nella scelta dell'impresa che il direttore dei lavori non avesse obiettato alcunché, non risultando che la impresa dell'appaltatore gli fosse stata segnalata dai professionisti di cui il committente si era avvalso per la progettazione e la direzione dei lavori''. ``La giurisprudenza di legittimità è pacifica nel riconoscere la responsabilità del committente, quale titolare ex lege di una autonoma posizione di garanzia, idonea a fondare la responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica - sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, poiché l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo''. ``La responsabilità del committente per la scelta dell'impresa non è esclusa dalla concorrente responsabilità dell'imprenditore per le scelte gestionali, atteso che la posizione di garanzia del committente viene in considerazione a monte, e cioè al momento in cui viene scelto il soggetto incaricato dell'esecuzione dell'opera e non viene esclusa o limitata dall'insipienza o dalla incapacità organizzativa o tecnica dell'imprenditore, che al contrario rappresentano la conferma dell'errore di scelta del committente''.

    ``Il committente di lavori dati in appalto deve adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza e pertanto deve scegliere l'appaltatore, e più in generale il soggetto al quale affida l'incarico, accertandosi che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa. Ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati. Dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, occorrendo verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo. Con riguardo al caso di specie, la Sez. IV esclude che, ``attraverso la verifica che la ditta appaltatrice fosse iscritta alla camera di commercio, peraltro non avendo operai alle proprie dipendenze, i committenti imputati si siano accertati che la stessa fosse munita di tutti i titoli di idoneità prescritti dalla legge, nonché della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa''. E aggiunge che ``la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali era immediatamente percepibile senza particolari indagini, perché tali misure erano del tutto assenti in relazione ad un operaio che lavorava in uno spazio angusto e ingombro di oggetti, in cui era difficile muoversi, senza un parapetto sul perimetro del tetto e senza un sistema di ancoraggio che gli consentisse di lavorare in sicurezza, evitando di cadere nell'apertura della cucina dove si stava installando il lucernaio''.

    ``In caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, è, comunque, obbligato a verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati. Il rispetto di tale obbligo non può ridursi al controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo, ma esige la verifica, da parte del committente, della struttura organizzativa dell'impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata - in particolare, in caso di lavori in quota, il committente deve assicurarsi dell'effettiva disponibilità, da parte dell'appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza. Nel caso in esame, l'art. 90, comma 9, lett. a, D.Lgs. n. 81/2008 è stato, pertanto, correttamente applicato dai giudici di merito. Difatti, nella scelta della ditta da incaricare di un lavoro particolarmente pericoloso l'imputato ha individuato un artigiano, privo di specifiche competenze tecniche in ordine al lavoro in concreto da svolgere, relativo alla riparazione di lastre in eternit, dopo averlo incaricato inizialmente della diversa attività di ricerca di una perdita d'acqua nel bagno, a conferma della totale assenza di una valutazione del rischio della specifica attività richiesta e della mancanza dei relativi presidi anti-infortunistici e della mancata valutazione circa la necessità di incaricare del lavoro una ditta specializzata''. (Cfr., altresì, Cass., Sez. Lav., 28 maggio 2021, n. 14991).

    ``L'art. 90, comma 9, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 non attiene alla nomina del direttore dei lavori, ma riguarda la verifica della idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie dei lavori da parte del committente (o del responsabile dei lavori). Nel caso di specie, la posizione di responsabilità viene desunta sulla base di un profilo meramente formale, come si ricava dal passaggio argomentativo della sentenza impugnata ove si sostiene che la condotta dell'imputata sarebbe stata incensurabile, se la avesse acquisito il documento di valutazione dei rischi e lo avesse, diligentemente, valutato positivamente. Il che equivale a dire che l'imputata si sarebbe potuta limitare ad acquisire il DVR, e per il resto avrebbe potuto confidare nella professionalità dell'appaltatore, senza alcuna necessità di compiere la necessaria verifica prescritta per legge. Conclusione chiaramente frutto di una interpretazione eccessivamente formalistica della lettera delle legge. Ciò che conta, ai fini che qui rilevano, è che, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, dovendosi, peraltro, escludere che la non idoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell'avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell'impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice. Per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio sul lavoro, occorre verificare in concreto l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo''.

    ``Il committente di lavori dati in appalto deve scegliere l'appaltatore e più in genere il soggetto al quale affida l'incarico, accertando che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa. Egli ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati''.

    Il Presidente del C.d.A. di una s.r.I., impresa committente ed esecutrice principale delle opere edili, fu condannato per l'infortunio occorso a un manovale dipendente irregolare di un'impresa subappaltatrice, ``per non aver verificato l'idoneità tecnico-professionale del lavoratore in relazione alle funzioni e ai lavori da affidargli con le modalità di cui all'allegato XVII del D.Lgs. n. 81/2008; e per non aver verificato l'idoneità delle attrezzature utilizzate''. A dire della corte d'appello, l'imputato avrebbe avuto ``l'onere di assicurarsi, non soltanto prima, ma anche durante lo svolgimento dei lavori, del rispetto delle norme di sicurezza da parte di tutti coloro che operavano all'interno dello stesso, ivi compresi i lavoratori alle dipendenze delle ditte subappaltatrici, ancorché non regolarmente assunti da quest'ultime'', e ``l'onere di informazione nei confronti degli operai si impone a maggior ragione rispetto ai dipendenti di altre ditte che utilizzino o possano anche solo accedere a macchinari della società committente''. Nel confermare la condanna, la Sez. IV prende atto che l'imputato non aveva nominato un coordinatore per l'esecuzione dei lavori, a norma dell'art. 90, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008, pur trattandosi di cantiere nel quale era prevista la presenza contemporanea di più imprese esecutrici. E ne ricava che ``egli aveva lo specifico onere di procedere alle verifiche di cui all'art. 90, comma 9; stesso D.Lgs., e, tra queste, quella concernente proprio la idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, di quelle esecutrici e dei lavoratori autonomi, in relazione alle funzioni e ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'allegato XVII''.

    Un amministratore di condominio e il titolare di un'impresa artigiana furono condannati per un incendio che ``aveva interessato il piano mansardato ed il tetto dell'edificio condominiale e da cui erano derivati imponenti danni anche a diverse unità abitative poste ai piani sottostanti''. Addebito di colpa mosso all'amministratore di condominio committente di opere di impermeabilizzazione: ``aver conferito l'incarico senza verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa artigiana in violazione dell'art. 90, comma 9, lett. a), e dell'Allegato XVII del D.Lgs. n. 81/2008'', ``non avendo acquisito documentazione relativa alla conformità alla normativa antinfortunistica delle attrezzature usate e dei dispositivi di protezione in dotazione, né attestati inerenti la formazione dell'appaltatore e neppure il documento di regolarità contributiva (c.d. DURC)''. A sua discolpa, l'amministratore di condominio sostiene che ``al momento in cui insorse l'incendio l'artigiano stava eseguendo lavori commissionatigli dai singoli condomini e non dal condominio, per il quale doveva limitarsi alla posa in opera di malta cementizia, come documentato dal preventivo, lavoro che non comportava l'utilizzo di materiale bituminoso infiammabile né l'uso del cannello a GPL''. Nel confermare invece la condanna anche dell'amministratore di condominio, la Sez. IV prende atto che, ``in relazione ai lavori da eseguire sul tetto dell'edificio in questione, dopo la stesura del preventivo, era stato fatto un secondo sopralluogo in una mansarda non abitata ed adibita a locale di sgombero, soprastante l'appartamento del quarto piano del condomino, che lamentava copiose infiltrazioni'', e che ``tale soffitta, adiacente al locale ascensore, era risultata piena di acqua proveniente da una canna fumaria e quella mattina era stata riparata con l'apposizione di guaina bituminosa''. Ne desume che, ``anche se in modo non formale, all'artigiano era stato affidato l'incarico di risolvere il problema di natura condominiale, e ciò l'artigiano aveva fatto con le stesse modalità con cui stava procedendo alla impermeabilizzazione del tetto in corrispondenza delle mansarde di proprietà privata''; e che l'imputato, ``consapevole che l'artigiano era chiamato ad eseguire, sia per conto del condominio sia per conto dei singoli condomini, opere che richiedevano l'uso di un cannello a fiamma libera a GPL, avrebbe dovuto - in qualità di amministratore e di committente - verificare che il soggetto da lui stesso individuato fosse effettivamente dotato della necessaria capacità di realizzare i lavori affidati e munito delle attrezzature idonee, anche in relazione ai dispositivi di sicurezza e prevenzione incendi, data la infiammabilità del materiale utilizzato''. Rileva che, per contro, l'imputato ``aveva omesso di verificare la idoneità professionale dell'artigiano, verifica che, ove compiuta, gli avrebbe consentito di acclararne la inadeguatezza professionale oltre che l'assenza degli opportuni sistemi e presidi di prevenzione ed antincendio, e di effettuare quindi una differente scelta in ordine all'artigiano da incaricare dei lavori condominiali e da indicare ai condomini''. Insegna che ``l'amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell'interesse del condominio è tenuto, quale committente, all'osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale dell'impresa appaltatrice, essendo titolare di un obbligo di garanzia, quanto alla conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio condominiale, ai sensi dell'art. 1130 c.c.''. Considera irrilevante che l'incendio ``si sia sviluppato su una parte comune dell'edificio condominiale ovvero su un bene appartenente al singolo condomino, accessibile dalla parte comune''. E conclude che l'imputato, ``ben consapevole che i lavori da eseguire comportavano l'utilizzo di materiale infiammabile, avrebbe dovuto attivarsi a tutela delle parti comuni esposte a pericolo, assicurandosi della capacità della persona incaricata'', e, pertanto, ``la sua colpevole inerzia ebbe un ruolo causalmente incidente sulla produzione dell'evento''.

    Un amministratore di condominio fu condannato per omicidio colposo in danno di lavoratore precipitato al suolo ``dal terrazzo di immobile condominiale a causa del mancato allestimento di opere provvisionali per la prevenzione della caduta dall'alto e per il mancato impiego di cintura di sicurezza con apposita fune di trattenuta''. Due i profili di colpa contestati: ``omessa verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'infortunato in relazione ai lavori commissionati ed affidatigli, ed omessa predisposizione in fase di progettazione di un documento di valutazione dei rischi indicante le misure adottate per eliminarli''. Al riguardo, la Sez. IV prende atto che ``l'incarico era stato affidato informalmente a due operai in stato di disoccupazione (per quanto potesse trattarsi di manovali esperti) e non ad un'impresa regolarmente registrata nel registro delle imprese della camera di commercio''. Rileva che, a dire della corte d'appello, ``incombeva sull'imputato l'obbligo di cui all'art. 90, comma 9, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008'', e ``inoltre sullo stesso imputato, sempre quale datore di lavoro committente, incombeva ai sensi dell'art. 26, comma 3 D.Lgs. cit. l'obbligo di elaborare in fase di progettazione un documento per la valutazione dei rischi indicanti le misure adottate per eliminarli''. E afferma che, ``in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nell'esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico- professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi scelti in relazione ai lavori affidati''.

    Non senza stupore si legge:

    ``Nell'ipotesi di conferimento di appalto `domestico', non può, in generale, ritenersi che il committente non professionale sia tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, ché altrimenti ne deriverebbe una paralisi dei lavori di manutenzione domestica, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall'ordinamento, che la pretende nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o comunque di soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni. Ciò che la legge pone a carico del committente privato per lavori di tipo domestico, al contrario, è l'obbligo di `scegliere' adeguatamente l'impresa, quest'onere consistendo nel verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A, dimostri di essere dotata del documento di valutazione dei rischi e di non essere destinataria di provvedimenti di sospensione od interdittivi, ai sensi dell'art. 14 D.Lgs. n. 81/2008. Allorquando l'azienda sia scelta secondo siffatti criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la `mala electio' da parte del committente non professionale, ciò esonerandolo da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori, che potrebbero sinanco condurlo ad assumere una `responsabilità per ingerenza'. Se, tuttavia, la scelta dell'impresa non avviene con questi criteri il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza posto che l'assenza del conferimento dell'incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto `adeguato' non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti a quelle opere, i quali debbono comunque essere garantiti. Dunque, la `mala electio' dell'impresa esecutrice si trasforma, in sostanza, nell'ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di `insicurezza'. Con la conseguenza dell'assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente''. (Nel caso di specie, un committente domestico si rivolse ad un operaio in pensione, che cadde scivolando dal tetto, ricoperto da una sottile lastra di ghiaccio, non essendosi ancorato ad un punto fisso con apposita imbragatura, e non essendo stato dotato l'edificio di impalcature o ponteggi idonei ad impedire la precipitazione al suolo). (Conforme Cass. 7 novembre 2023 n. 44625, riportata ampiamente sub art. 89, paragrafo 11).

    (Non convince la tesi per cui ``non può, in generale, ritenersi che il committente non professionale sia tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, ché altrimenti ne deriverebbe una paralisi dei lavori di manutenzione domestica''. Per la semplice ragione che, a prescindere dalla temuta paralisi dei lavori di manutenzione domestica, siffatto committente - privato o domestico o non professionale che dir si voglia - ove sia all'oscuro delle disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale, ha la facoltà di designare il responsabile dei lavori: sul punto v. sub art. 93, al paragrafo 1). Più persuasiva:

    Il committente dei lavori di scavo su un'area di sua proprietà viene condannato per omicidio colposo in danno di un imprenditore individuale incaricato di lavori di messa in sicurezza del proprio fondo e sepolto dal crollo di un muro in pessimo stato di conservazione. Addebito di colpa: avere commissionato i lavori a persona priva delle necessarie competenze tecnico-professionali e in difetto delle cautele volte ad impedire il crollo. Nel confermare la condanna, la Sez. IV considera ``pacifico nella giurisprudenza di legittimità il riconoscimento in capo al committente di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità, sia in relazione alla scelta dell'impresa, sia in relazione al mancato controllo dell'adozione da parte dell'appaltatore delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro''. Precisa che ``il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati''. Rileva che, ``nel caso di specie, il contratto di appalto si era perfezionato, sicché l'infortunato aveva effettuato i lavori di scavo, non già di propria iniziativa ed in autonomia, ma in quanto incaricato dall'imputato'', che ``la vittima era imprenditore individuale specializzato in rivestimenti di muri e pavimenti e, per quanto vantasse esperienza pluriennale nel settore dell'edilizia, non era dotato delle competenze tecniche per operare in una area caratterizzata da un elevatissimo rischio di crollo per la presenza di un edificio fatiscente e pericolante'', e che ``di tale rischio l'imputato era a conoscenza, posto che i lavori commissionati erano volti proprio a rafforzare il muro di confine in previsione di un possibile crollo''. Sottolinea ``la mancata presentazione da parte dell'imputato della segnalazione al Comune di inizio dei lavori, che avrebbe dovuto essere corredata da elaborati progettuali a firma di professionista abilitato e da una relazione asseverante il rispetto delle norme di sicurezza''. E richiama, altresì, ``gli ulteriori profili degli obblighi correlati alla posizione di garanzia assunta dall'imputato, ovvero quello della verifica dell'adozione da parte del soggetto incaricato delle cautele volte a garantire lo svolgimento del lavoro in sicurezza e quello della effettuazione dei lavori sulla base di un progetto redatto da un professionista qualificato''. (Da notare che, in questo caso, il committente fu invece assolto dal delitto di cui all'art. 449 c.p. in relazione al crollo del muro, ``non essendo stata raggiunta la prova, stante la impossibilità di misurare il detensionamento del terreno cagionato dallo scavo, che fosse stato proprio lo scavo a determinare il crollo (piuttosto che, in via esclusiva, le piogge e il sisma del giorno precedente o anche solo lo stato di usura dalla costruzione), detto crollo non poteva essere addebitato alla condotta dell'imputato'', per contro responsabile per la morte dell'infortunato a titolo di colpa ``consistita non già nell'avere determinato le condizioni per il crollo del muro, bensì nell'avere dato incarico alla vittima di eseguire lavori in un'area soggetta ad un rischio di crollo, prevedibile'').

    A sua volta:

    ``Non può ravvisarsi una culpa in eligendo, essendosi il committente, privato proprietario dell'immobile, privo di cognizioni tecniche, rivolto ad impresa provvista di adeguate competenze tecniche ed in regola e che ha redatto il piano operativo di sicurezza ed avendo incaricato dello svolgimento dell'attività di coordinatore in fase di progettazione e di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione il geometra in possesso dei requisiti professionali''. (V., altresì, Cass. 15 settembre 2023 n. 37802, riportata per esteso sub art. 89, paragrafo 11).

    Per un infortunio mortale occorso a un artigiano subappaltatore, l'amministratore e il direttore dei lavori della s.p.a. committente così come i titolari della s.n.c. appaltatrice subappaltante, furono condannati in primo grado, ma assolti per insussistenza del fatto in appello. Questo il fatto: «La s.p.a. aveva dato in appalto alla s.n.c., nell'ambito di lavori edili presso un capannone, l'esecuzione degli impianti delle tubature di acqua potabile, aria compressa e gas metano; la s.n.c. aveva subappaltato a due artigiani rispettivamente l'esecuzione di lavori edili e di installazione di tubi. Nell'ambito di tale attività uno degli artigiani, avendo necessità di svolgere dei lavori ad altezza di circa sei metri ed essendo il regolare mezzo di sollevamento già impegnato, posizionava, con l'aiuto dell'altro artigiano, un cestello sopra le forche di un muletto, facendosi sollevare verso il luogo di lavoro, ma a causa della instabilità del cesto, che si ribaltava, cadeva da un'altezza di circa cinque metri, battendo il capo in terra». A dire della Corte d'Appello, «in cantiere era presente un regolare carrello elevatore; la vittima si era determinato ad utilizzare un mezzo improprio per lavorare in altezza in ragione della personale fretta che aveva a terminare il lavoro; l'iniziativa di adattare un muletto a cui era ancorato, non in modo stabile, un cestello, era stata presa dall'infortunato con cui aveva collaborato l'altro artigiano; tale condotta, connotata da assoluta imprudenza ed imprevedibilità, era da qualificarsi una fattore causale eccezionale ed anomalo che escludeva la efficienza eziologica delle condotte degli imputati degradate a meri irrilevanti antecedenti; l'unico responsabile andava individuato nell'altro artigiano, che coscientemente aveva aiutato la vittima a porre in atto modalità pericolose di lavoro, pur potendo rifiutare la collaborazione e denunciare l'imprudenza» (in effetti, quest'altro artigiano fu prosciolto per prescrizione del reato). In seguito a ricorso delle parti civili, la Sez. IV si chiede «se la condotta tenuta dalla vittima fosse o meno prevedibile per i titolari delle imprese coinvolte nell'attività di lavoro, sì da attribuire efficacia causale a loro eventuali omissioni». In particolare, in ordine ai legali rappresentanti della società appaltatrice per cui lavorava la vittima, prende atto che «costoro avevano fornito al lavoratore normali mezzi per sollevare le persone ad altezza del piano di lavoro; infatti in cantiere era presente un sollevatore marca idoneo alla lavorazione che doveva essere fatta dall'infortunato ad altezza di cinque metri», e che «la scelta della vittima e del suo compagno di lavoro, per accelerare i tempi di lavorazione, visto il momentaneo utilizzo del sollevatore da parte di altri, di usare in modo improprio il carrello elevatore, doveva essere considerata un'iniziativa del tutto autonoma, abnorme e fuori da alcuna prevedibilità». Afferma che «tali conclusioni non contraddicono la consolidata giurisprudenza che individua nella condotta imprudente del lavoratore una mera concausa del suo infortunio». Spiega che «tale giurisprudenza parte dalla considerazione che la violazione di norme di sicurezza da parte dei dipendenti, che si siano assuefatti alle lavorazioni da svolgere, può indurre a cali di attenzione ed a confidenze nello svolgimento delle loro attività tali da esporli a rischio di infortunio», ma che «tali condotte sono del tutto prevedibili e pertanto le misure di prevenzione ed i controlli devono necessariamente prendere i considerazione la possibilità che siano tenute, durante le attività lavorative, condotte in violazione delle disposizioni di sicurezza: la prevedibilità del rischio determina, quindi, l'esigibilità di una condotta atta a prevenirlo e di conseguenza, in caso di omissione, la responsabilità». Tuttavia, con riguardo a un caso come quello di specie, nota che «la condotta tenuta dai due lavoratori è del tutto imprevedibile, il rischio che determina non è governabile, tanto da conferire forza eziologica esclusiva alla condotta imprudente dei due lavoratori (tra cui la vittima)». Aggiunge che «analoghe considerazioni devono essere svolte in relazione all'amministratore della committente ed al direttore dei lavori per conto della committente, in quanto «se il rischio non era prevedibile per i titolari dell'azienda per cui l'infortunato lavorava, a maggior ragione non lo era per il direttore dei lavori e per il titolare dell'azienda del committente».

    La normativa dettata nel Capo I del Titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008 denota una forza espansiva tale da travalicare i confini della sicurezza sul lavoro: v. sul punto sub art. 88, paragrafo 2.

    L'art. 90, comma 9, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che «il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa o ad un lavoratore autonomo, trasmette all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività», in particolare, «il documento unico di regolarità contributiva delle imprese e dei lavoratori autonomi, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2». Dal suo canto, l'art. 157, comma 1, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008 punisce la violazione di tale obbligo con una sanzione amministrativa pecuniaria.

    Al riguardo, la Sez. III osserva che «il DURC [documento unico di regolarità contributiva, disciplinato attualmente, per le opere edilizie, dall'art. 90 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro) come modificato dal D.Lgs. n. 106/2009] è un certificato che attesta la regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento»; che «esso, ai sensi dello stesso art. 90, comma 9, lettera c), del D.Lgs. n. 81/2008, deve essere trasmesso dal committente o dal responsabile dei lavori all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività»; e che «la normativa nazionale in materia di regolarità contributiva è spesso integrata da leggi regionali che individuano ulteriori fasi o particolari motivazioni che rendano necessario acquisire il DURC (ad es.: richiesta del certificato, nei casi di lavori privati in edilizia, anche alla fine dei lavori)». Ne desume che «il DURC rappresenta un utile strumento per l'osservazione delle dinamiche del lavoro ed una forma di contrasto al lavoro sommerso e consente il monitoraggio dei dati e delle attività delle imprese affidatane di appalti», e che «tutto ciò non ha nulla in comune con il governo del territorio (anche nella sua accezione più ampia) e la previsione dell'art. 90, comma 10, del D.Lgs. n. 81/2008 - secondo la quale `in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi, è sospesa l'efficacia del titolo abilitativo' - ha carattere di sanzione amministrativa ulteriore rispetto alla sanzione amministrativa pecuniaria comminata, per la violazione dell'art. 90, comma 9, lettera c), dall'art. 157, lettera c), del medesimo D.Lgs. in esame». La conclusione è che «il legislatore non ha inteso prevedere sanzioni penali per le omissioni riferite alla trasmissione del DURC» e che «sanzioni siffatte non possono essere surrettiziamente introdotte facendo ricorso alla previsione dell'art. 44, comma 1, lettera a), del T.U. n. 380/2001».

    A quest'ultimo proposito, la Sez. III precisa che «una norma residuale in materia di reati edilizi ed urbanistici - quale è pacificamente considerata quella di cui all'art. 44, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 380/2001 - risponde all'esigenza di evitare che vadano esenti da pena condotte di aggressione al territorio che si traducono nella violazione sostanziale delle norme che prescrivono le modalità con cui possono concretamente essere effettuate le trasformazioni del suolo». Spiega che «l'art. 44, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 380/2001 sanziona attualmente «l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire», e che «inosservanze siffatte devono pur sempre riguardare la condotta di trasformazione urbanistica o edilizia del territorio».

    Il committente di lavori edili fu dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 4, comma 7, legge n. 628/1961, «perché, richiestone dall'Ufficio del Lavoro, non aveva inviato, senza giustificato motivo, le notizie e la documentazione relative alla ditta appaltatrice, e specificamente il certificato di iscrizione alla camera di commercio e il DURC». La Sez. III annulla con rinvio la sentenza di condanna: «Se il soggetto richiesto non fornisce le notizie o le fornisce incomplete o false, allora si configurerà il reato di cui all'art. 4, comma 7, legge 22 luglio 1961, n. 628. Se invece fornisce esattamente, puntualmente e dettagliatamente, le notizie (in modo tale da consentire alla PA di acquisire d'ufficio la documentazione richiesta) e poi non esibisce (e quindi non dà la prova di esserne in possesso) il certificato di iscrizione alla CCIAA e il DURC della ditta esecutrice dei lavori, allora, ricorrendone le altre condizioni, si configurerà semmai il diverso (e più grave) reato di cui all'art. 157, lettera b), del D.Lgs. n. 81/2008 (come sostituito dall'art. 86, comma 1, del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106). E difatti, l'art. 90, comma 9, lett. a), del citato D.Lgs. n, 81/2008 (come modificato dall'art. 59, comma 1, lettera h ed i, del D.Lgs. n. 106/2009) dispone che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un lavoratore autonomo, nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all'allegato XI, devono farsi consegnare dalle imprese o dai lavoratori autonomi il certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII. Il successivo art. 157, lettera b), punisce poi con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da € 1.000,00 ad € 4.000,00 il committente o il responsabile dei lavori per la violazione, tra gli altri, dell'art. 90, comma 9, lettera a)».

    ``Tra gli obblighi incombenti sul committente vi è anche l'obbligo di cooperazione, discendente dall'art. 7, D.Lgs. n. 626/1994 (ed oggi dall'art. 26, D.Lgs. n. 81/2008), che si concreta anche nella comunicazione al coordinatore per la progettazione e al coordinatore per l'esecuzione, seconde le evenienze, dei nominativi delle imprese alle quali si appaltano i lavori, onde permettere a questi di adempiere ai compiti loro assegnati dalla legge (artt. 4 e 5, D.Lgs. n. 494/1996; 91 e 92, D.Lgs. n. 81/2008)''.

    «Tra gli obblighi incombenti sul committente, vi è anche l'obbligo di cooperazione, che si concreta anche nella comunicazione al coordinatore per la progettazione e al coordinatore per l'esecuzione, seconde le evenienze, dei nominativi delle imprese alle quali si appaltano i lavori, onde permettere a questi di adempiere ai compiti loro assegnati dalla legge (artt. 91 e 92, D.Lgs. n. 81/2008). Nel caso di specie, la qualità di committente imponeva al committente di comunicare al coordinatore per l'esecuzione e al responsabile dei lavori la cessazione del rapporto con la precedente ditta e l'assegnazione dell'appalto per i lavori di montaggio del ponteggio a una nuova ditta, in tal modo ad essi impedendo di svolgere le loro funzioni, e, in particolare, di adeguare il piano di sicurezza alle nuove circostanze, vigilare sul rispetto del piano e sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni», nonché «non valutare l'idoneità tecnica e la competenza della nuova ditta ad allestire ponteggi».

    V. anche, sub paragrafo 7, Cassazione penale, 31 gennaio 2014, n. 4993.

    Il rappresentante legale di una s.a.s. -condannato per il reato di delitto di falsità materiale in certificato amministrativo di cui agli artt. 477 e 482 c.p., ``per avere contraffatto due certificati amministrativi denominati DURC, consegnandoli a una s.r.l. per ottenere indebitamente la commissione di lavori in subappalto''- nega ``la natura di atto pubblico del DURC, documentazione proveniente da un ente privato, la Cassa Edile, la cui falsificazione sarebbe punibile solo ai sensi dell'art. 485 c.p.''. La Sez. V prende atto che ``l'imputato aveva stipulato due contratti di subappalto con la s.r.l., trasmettendo a mezzo fax i certificati attestanti la regolarità contributiva, certificati ideologicamente falsi, essendo la società gravata da pendenze contributive''. Afferma che ``il Documento Unico di Regolarità Contributiva è un certificato unico che attesta la regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi, nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento'', e che ``le imprese inoltrano un'unica richiesta di rilascio della regolarità contributiva ad uno degli enti citati, anziché tre richieste (ciascuna per ogni ente), come avveniva in passato''. Rileva che, ``secondo la definizione di cui agli artt. 4 del D.M. 24 ottobre 2007 e 6, comma 1, D.P.R. n. 207/2010, il DURC è il certificato che attesta contestualmente la regolarità dell'operatore economico per quanto concerne gli adempimenti INPS, INAIL, nonché Cassa edile per i lavori, verificati sulla base della rispettiva normativa di riferimento''. Insegna che ``integra il delitto di falsità materiale in certificato amministrativo, previsto dagli artt. 477-482 c.p., la falsificazione del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), stante la natura giuridica di tale atto, che ha valore di attestazione della regolarità di un'impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi dovuti agli enti di riferimento''.

    La Sez. V conferma la condanna per il reato di cui agli artt. 482 e 477 c.p. in relazione alla contraffazione del Documento Unico di Regolarità Contributiva, formato nella sua qualità di titolare di ditta edile al fine di poter partecipare a lavori di ristrutturazione di fabbricati''.

    (In passato, Cass. 14 giugno 2017, in Dir.prat.lav., 2017, 31, 1982, esaminò un'ipotesi in cui il legale rappresentante di una s.a.s -condannato per ``più reati di falso e truffa, perché inoltrava all'ente gestore di un aeroporto una dichiarazione che attestava il rispetto degli obblighi contributivi, trasmettendo anche la relativa documentazione (DURC), aggiudicandosi così l'appalto e stipulando il relativo contratto, dichiarando anche all'Enac, che doveva autorizzare il subappalto, la regolarità contributiva'' - dedusse a propria discolpa, ``in relazione all'art. 483 c.p.'', che ``la certificazione in questione (documento unico di regolarità contributiva DURC) non è documento idoneo a dimostrare la regolarità contributiva che non può essere oggetto di autocertificazione, né il possesso (o meno) dei requisiti per accedere all'appalto. può essere oggetto di autocertificazione, di qui l'irrilevanza del falso per inidoneità dell'azione''. La Sez. II replicò che, nel caso di specie, ``attraverso i (falsi) DURC e le relazioni in ordine al possesso di determinati requisiti non corrispondenti a verità, l'imputato ha attestato di avere una regolare posizione contributiva, circostanza espressamente presa in considerazione dalla normativa di settore (artt. 4,11,13 D.Lgs. n. 18/1999) sia per l'individuazione dei soggetti aggiudicatari dell'appalto per la prestazione di servizi di assistenza a terra dell'aeroporto, sia per ottenere l'autorizzazione dell'ente Enac al subappalto, sia per il rinnovo del certificato di idoneità e la liquidazione delle fatture relative ai servizi resi''. Ne ricavò che ``appare evidente l'idoneità dell'atto ad ingannare la fede pubblica, consistente nell'attestare il possesso da parte del soggetto richiedente dei requisiti previsti dalla legge per partecipare alle procedure di affidamento dell'appalto tacendo, al tempo stesso, l'esistenza di una specifica causa di esclusione normativamente prevista dalla disciplina in materia''. Per la configurabilità del reato di falsità materiale di cui agli artt. 477 e 482 c.p. con riguardo alla falsificazione del DURC v. Cass. 25 gennaio 2017, n. 3811.).

    Il titolare di un'impresa edile fu dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p., perché ``concorreva alla contraffazione del DURC (Documento Unico della Regolarità Contributiva) imbastendo un'operazione di collage comportante la sostituzione dell'originale del documento con, in più, la firma apocrifa del funzionario addetto al rilascio''. La Sez. V conferma la condanna.

    ``In tema di responsabilità civile, l'appaltatore (o subappaltatore) è, di regola, l'unico responsabile dei danni derivanti a terzi dall'esecuzione dell'opera, salva la corresponsabilità del committente in presenza di specifiche violazioni di regole di cautela ex art. 2043 cod. civ., ovvero se l'evento è riferibile allo stesso committente, per essere stata l'opera affidata a chi palesemente difettava delle necessarie capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione senza arrecare danno a terzi, od infine in caso di sue ingerenze nell'attività dell'appaltatore. Pertanto, risulta incensurabile l'affermazione della responsabilità civile della s.p.a. committente relativamente alla posizione del coordinatore per l'esecuzione dei lavorii: il committente dei lavori, sul quale incombe il dovere di vigilanza sull'operato del coordinatore per la sicurezza nominato, è civilmente responsabile per le violazioni commesse da quest'ultimo ed è, pertanto, tenuto al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite in giudizio''.

    Per il reato di omicidio colposo in danno di un lavoratore di un'impresa subappaltatrice, quale responsabile civile fu condannata al risarcimento del danno in favore delle parti civili, in solido con gli imputati, la fondazione committente proprietaria dell'edificio crollato. La fondazione committente nega la propria responsabilità, non essendo il coordinatore per l'esecuzione dei lavori proprio dipendente. La Sez. IV non è d'accordo: ``La responsabilità della fondazione trae origine dal rapporto istitutorio tra committente (la stessa fondazione) ed il coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva con la conseguente applicabilità dell'art. 2049 c.c. Malgrado non esistesse un rapporto di subordinazione il coordinatore era comunque legato alla fondazione committente da un rapporto istitutorio impegnandosi ad assicurare la sua opera professionale.

    D'altronde, i presupposti della responsabilità di cui all'art. 2049 c.c.: il rapporto di preposizione, che non richiede necessariamente un vincolo di dipendenza, ma è configurabile anche nel caso di mera collaborazione o ausiliarietà del preposto, nel quadro dell'organizzazione e delle finalità dell'impresa gestita dal preponente; l'esercizio di attività di impresa, ed il fine di lucro, su cui si fonda la conseguente responsabilità per i danni a terzi: responsabilità che prescinde dalla colpa del preponente e che è imputabile anche a titolo oggettivo, avendo come suo presupposto la consapevole accettazione dei rischi insiti in quella particolare scelta imprenditoriale. Al riguardo, occorre aggiungere che, in base all'art. 93, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008, la designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, non esonera il committente o il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli artt. 91, comma 1, e 92, comma 1, lett. a), b), c) d) ed e). Dunque, la fondazione, anche in considerazione del dovere di vigilanza che su di essa gravava in relazione all'operato del coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva nel corso dei lavori commissionati, è da ritenersi civilmente responsabile per le violazioni commesse dal coordinatore da essa nominato e, in quanto tale, è tenuta al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili che hanno partecipato al giudizio penale''.

    (Circa la culpa in eligendo del committente come fonte di responsabilità civile anche verso i terzi v. Cass. n. 26335 del 12 luglio 2021. Cfr., inoltre, nella prospettiva dell'art. 26, il paragrafo 16).

    Per un riferimento all'art. 90, comma 11, D Lgs. n. 81/2008 v. Cass. 29 dicembre 2016 n. 55166.

    ``Qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine, escludendo che possa andare esente da responsabilità il committente che abbia omesso di attivarsi per prevenire il rischio, non specifico, di caduta dall'alto di un operaio operante su un lucernaio. Risulta, dunque, corretta, nel caso di specie, la qualificazione del rischio di caduta dall'alto come generico e non specifico, in quanto relativo alla realizzazione delle opere di copertura del fabbricato, a prescindere dalle specifiche procedure di lavorazione da adottare e da particolari competenze tecniche''. (Conforme Cass. 11 febbraio 2019, n. 6403).

    ``Qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine''.

    ``Qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine''.

    Per una non collimante ricostruzione del concetto di “rischi specifici” v., peraltro, pur se isolatamente, Cass. 29 gennaio 2017, n. 3288, ampiamente riportata sub art. 92, paragrafo 1.

    La Sez. IV rileva che “il committente aveva integralmente assunto su di sé l’onere di adeguata conformazione dell’ambiente di lavoro, non avendo adempiuto agli specifici obblighi in punto di adeguata scelta e valutazione del soggetto appaltatore”, e “non aveva correttamente adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dall’art. 15 del D.Lgs. n. 81/2008 (applicabili al committente in virtù del rinvio compiuto nell’art. 90), con specifico riferimento a quello riguardante l’eliminazione dei rischi, avendo lo stesso fornito attrezzatture, con specifico riferimento alla scala utilizzata nell’esecuzione dei lavori, non idonee rispetto alle esigenze di sicurezza derivanti dalla lavorazione medesima”.

    Note a piè di pagina
    9
    Comma sostituito dall'art. 59, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma sostituito dall'art. 59, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    10
    Comma aggiunto dall'art. 59, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma aggiunto dall'art. 59, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    11
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    12
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. d) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. d) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    13
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    14
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    15
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    16
    Lettera così modificata dall'art. 59, comma 1, lett. h) e i), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Lettera così modificata dall'art. 59, comma 1, lett. h) e i), D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    17
    Lettera così modificata dall'art. 59, comma 1, lett. l) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Lettera così modificata dall'art. 59, comma 1, lett. l) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    18
    Lettera sostituita dall'art. 59, comma 1, lett. m) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Lettera sostituita dall'art. 59, comma 1, lett. m) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    19
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. n) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    Comma così modificato dall'art. 59, comma 1, lett. n) del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
    20
    Comma così modificato dall'art. 39 della Legge 7 luglio 2009, n. 88.
    Comma così modificato dall'art. 39 della Legge 7 luglio 2009, n. 88.
    Fine capitolo
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