1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente Capo si intende per:
a) lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Altezza superiore a due metri .
``Afferma erroneamente il Tribunale che nella specie non ricorreva ipotesi di lavoro in quota in quanto, tenuto conto dell'altezza in cui il cantiniere infortunato presso un'azienda vitivinicola si trovava ad operare (sommità del serbatoio contenente mosto in fermentazione) e della statura del lavoratore, il dislivello tra piano di calpestio e `la base su cui il lavoratore poggia i piedi' doveva ritenersi inferiore ai due metri, altezza richiesta dalla disciplina di riferimento per l'adozione di speciali cautele antinfortunistiche. Il ragionamento operato dal Tribunale, oltre ad essere del tutto congetturale e privo di riferimenti obiettivi (dal momento che la quota limite viene fatta dipendere da un fattore variabile come la statura del lavoratore), si pone in contrasto con la interpretazione costantemente offerta dalla giurisprudenza di legittimità per stabilire come vada calcolata l'altezza superiore a due metri dal suolo di cui all'art.107 D.Lgs. n. 81/2008 in tema di precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e cose, e cioè in riferimento all'altezza alla quale il lavoro viene eseguito rispetto al terreno sottostante e non al piano di calpestio del lavoratore, pure se il lavoratore operi su superfici piane''. (V., altresì, Cass. 4 febbraio 2022 n. 5128; Cass. 15 aprile 2019 n. 16221).