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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.

    2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali o di persone, un lato del parapetto può essere costituito da una barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo necessario al passaggio.

    3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a m 0,50 devono essere munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone.

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: 1. Soggetti obbligati alla difesa delle aperture - 2. Difesa dalle aperture .

    In forza dell'art. 68, comma 1, dell'abrogato D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164 [ripreso dall'art. 146, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008], «le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio».

    «La rimozione, sia pure per breve tempo, della copertura posta a protezione dell'apertura sita sul pavimento aveva creato le condizioni di rischio per possibili cadute dall'alto che l'art. 68 D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164 [ripreso dall'art. 146, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008] tende ad evitare, disponendo che le aperture dei solai devono esser poste in sicurezza attraverso la realizzazione, per tutto il perimetro, di parapetti e di tavole ferma piedi, ovvero di idonee coperture».

    Condannato per la violazione dell'art. 68, comma 1, dell'abrogato D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164 [ripreso dall'art. 146, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008] «per non avere adottato idonee precauzioni atte ad evitare la caduta accidentale delle persone da vani aperti in due edifici», un datore di lavoro lamenta che «le aperture erano state praticate da altre ditte che lavoravano sul posto e, segnatamente, da quelle degli elettricisti». La Sez. III replica che, «dal tenore della formulazione» dell' «art. 68 D.P.R. n. 164/1956, testualmente riprodotto nell'art. 146, D.Lgs. n. 81/2008 - che ha abrogato il primo decreto - si rende evidente che la finalità della disposizione in esame è quella di evitare che la mancanza dei necessari elementi di protezione determini la caduta accidentale di chiunque si trovi ad operare in cantiere», e che «ciò che rileva è dunque l'oggettiva necessità che le aperture siano adeguatamente protette per scongiurare il rischio di cadute accidentali». Ritiene «evidente che la disposizione si rivolge anzitutto a chi pratica l'apertura ma altresì evidente che ove non si sia in precedenza provveduto a predisporre le misure di prevenzione, a prescindere dalla responsabilità di chi ha in precedenza agito, l'onere di predisporre le opportune cautele si debba estendere anche alla ditta i cui dipendenti operino comunque nel cantiere venendo altrimenti meno la funzione preventiva della norma in questione».

    Oltre a Cass. 2 luglio 2019, n. 28770, v.:

    Condannato per il reato di cui all'art. 146, comma 3, del D.Lgs. n. 81/ 2008 ``per avere omesso di dotare le aperture nei muri e nei vani aventi profondità superiore a 50 cm di normali parapetti e di tavole fermapiede'', il socio accomandatario di una s.a.s. sostiene che ``la norma sarebbe applicabile solo ai cosiddetti lavori in quota, intendendosi per tali solo quelli che espongono il lavoratore a rischi di cadute da almeno 2 metri rispetto al pieno di lavoro''. La Sez. III replica: ``La disposizione non ha come esclusivo ambito di applicazione le operazioni che si svolgono `in quota' secondo la definizione che di esse fornisce l'art. 107, D.Lgs. n. 81/2008. Invero, come chiarisce la stessa norma, essa impone la predisposizione di mezzi di contenimento atti ad impedire la caduta delle persone, costituiti da parapetti, tavole fermapiedi o, comunque, idonei sbarramenti per tutte le aperture nei muri prospicienti il vuoto ovvero vani aventi una profondità superiore a 50 cm. Tale diversa indicazione metrica, al di là della assenza nella norma violata di qualsivoglia indicazione che induca a ritenere l'esclusivo suo riferimento ai `lavori in quota' come definiti dall'art. 107 del D.Lgs. n. 81/2008, rende evidente che la tutela che la disposizione appresta alla sicurezza dei lavoratori è volta a prevenire il rischio di loro cadute da altezze superiori ai 50 cm.''.

    Il legale rappresentante di una società di costruzioni - condannato per il reato di cui all'art. 68, D.P.R. n. 164/1956, per avere omesso di proteggere in un cantiere, con parapetto e tavola fermapiede, le aperture prospicienti il vuoto esistenti in vari punti dei fabbricati in corso di costruzione - lamenta che l'art. 68, D.P.R. n. 164/1956 «dovrebbe essere interpretato nel senso che esso si applica solo ad impalcature che si trovano ad altezza superiore a metri 0,50 da terra», e che comunque tale reato sarebbe stato abrogato dall'art. 304, D.Lgs. n. 81/2008. La Sez. III replica: «il richiamato art. 68 non contiene alcun riferimento all'altezza delle impalcature, limitandosi a prevedere che le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a metri 0,50 devono essere messe in sicurezza»; «la fattispecie è riprodotta, con identica formulazione, negli artt. 146 e 159 di tale ultimo decreto legislativo.

    La presente sentenza prende il considerazione l'art. 68 D.P.R. n. 164/1956 [trasfuso nell'art. 146, D.Lgs. n. 81/2008], intitolato «difesa delle aperture» («Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali o di persone, un lato del parapetto può essere costituito da una barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo necessario al passaggio. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a m. 0,50 devono essere munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone»). Al riguardo, la Sez. ritiene che «l'art. 68 D.P.R. n. 164/1956 impone che le aperture lasciate in un qualunque piano di lavoro, sia esso solaio, tetto, copertura, piattaforma, che si trovi, come nel caso di specie, a notevole altezza dal suolo, siano munite delle opere prevenzionali colà specificamente indicate». Considera «improprio il richiamo all'art. 70 dello stesso D.P.R. n. 164/1956 [trasfuso nell'art. 148, D.Lgs. n. 81/2008], che prende in esame e disciplina una diversa situazione di rischio, caratterizzata non - come nell'art. 68 - dalla presenza di aperture su coperture sicuramente stabili (come il tetto di un capannone), bensì da scarsa resistenza e dall'incapacità di sostenere il peso di operai e materiali». Ne desume «diversità di situazioni che vengono diversamente disciplinate sotto il profilo della sicurezza poiché, mentre la presenza di aperture su tetti e coperture stabili impone la realizzazione di parapetti e tavole fermapiede, per evitare il rischio di cadute nel vuoto (art. 68), la presenza di coperture fragili e poco resistenti richiede il ricorso alle cinture di sicurezza o ad altri strumenti idonei a garantire l'incolumità dei lavoratori (art. 70)».

    V. pure sull'art. 146, Cass. 29 febbraio 2012, n. 7885, Paun.; v. anche sub art. 147.

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