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Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    Informazione

    Questo volume non è incluso nella tua sottoscrizione. Il primo capitolo è comunque interamente consultabile.

    Informazioni sul volume

    Autore:

    Raffaele Guariniello

    Editore:

    Wolters Kluwer

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    Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giurisprudenza

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    1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi.

    2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione del rischio.

    3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.

    GIURISPRUDENZA COMMENTATA

    Sommario: 1. Valutazione dei rischi .

    Condannato per non aver provveduto alla valutazione del rumore durante il lavoro, l'amministratore unico di una s.r.l. esercente la produzione di manufatti in legno deduce a propria discolpa che ``il mancato superamento del limite degli 80 dB fa venir meno l'obbligo di effettuare la valutazione del rischio rumore'' e che ``l'obbligo di effettuare nuove misurazioni del rumore è giustificato solo nel caso di mutamenti della lavorazioni atti ad incidere in modo sostanziale sul rumore prodotto, circostanza da escludersi nel caso in esame, in quanto i macchinari aziendali erano rimasti immutati nel corso degli ultimi 16 anni, ed, in ogni caso, venivano impiegati per meno di un'ora nella giornata lavorativa, attesa la natura prevalentemente artigianale delle lavorazioni effettuate''. Sostiene, altresì, che, ``difetterebbe in ogni caso l'elemento psicologico del reato, attesa la sua assoluta buona fede, avendo agito nell'erroneo convincimento di non essere tenuto ad effettuare nuove misurazioni del rumore'', e che ``egli sarebbe stato indotto nella convinzione della liceità del proprio comportamento dalla circostanza dell'immutabilità dei macchinari utilizzati e dalla natura artigianale dell'attività lavorativa esercitata''. La Sez. III non accoglie queste argomentazioni difensive: ``La norma violata (oggi l'art. 181, D.Lgs. n. 81/2008, che peraltro si pone in rapporto di continuità normativa con la previgente disposizione), obbliga il datore di lavoro a eseguire la valutazione del rischio rumore nell'ambiente di lavoro. L'art. 40, D.Lgs. n. 277/1991 affermava chiaramente al comma 1 che `il datore di lavoro procede alla valutazione del rumore durante il lavoro, al fine di identificare i lavoratori ed i luoghi di lavoro considerati dai successivi articoli e di attuare le misure preventive e protettive ivi previste', e l'art. 181, D.Lgs. n. 81/2008, disposizione generale contenuta nel Titolo VIII, applicabile a tutti i rischi derivanti dall'esposizione ad `agenti fisici' (tra cui, appunto, il rischio rumore negli ambienti di lavoro), prevede espressamente che `nell'ambito della valutazione di cui all'art. 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi. Sia la previgente che la nuova disposizione prevedono come obbligatoria per il datore di lavoro la valutazione di detto rischio, cui questi non può pertanto sottrarsi. Il comma 2 dell'art. 190, riguardante specificamente la valutazione del rischio `rumore', puntualizza che `se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, può fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione, principio che era già contenuto nella previgente disciplina (art. 40, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 277/1991). L'obbligo della valutazione del rischio rumore discendeva dal comma 6 dell'art. 40 che obbligava il datore di lavoro a redigere e tenere a disposizione dell'organo di vigilanza un rapporto nel quale fossero indicati i criteri e le modalità di effettuazione delle valutazioni, obbligo che oggi è stato ulteriormente specificato dal comma 3 dell'art. 181 D.Lgs. n. 81/2008 che, inequivocamente, chiarisce come `la valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all'art. 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata', imponendo cioè al datore di lavoro l'obbligo di eseguire comunque la valutazione del rischio (nella specie, rumore), salva la possibilità per lo stesso di giustificare una più dettagliata valutazione, il che, in altri termini, significa che una valutazione, sia pure generica di detto rischio, debba essere eseguita. Una cosa è la valutazione del rischio rumore, che va eseguita obbligatoriamente, altro è la misurazione (e l'adozione della misura finalizzate ad eliminare o ridurre il rischio) ce può anche non seguire la valutazione ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 190, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008. È irrilevante la circostanza che il consulente tecnico abbia affermato che se non si superano gli 80 dB non debbano essere assunti provvedimenti, in quanto la circostanza che non si `dovessero assumere provvedimenti' non escludeva che venisse svolta, anzitutto, la valutazione del rischio rumore, e che, quindi, eventualmente, si procedesse alla misurazione. Nel caso di specie, il datore di lavoro (nella cui azienda venivano svolte attività di lavorazione e produzione di manufatti in legno, con presenza di impianti e macchinari rumorosi, comportanti l'obbligo di valutare l'entità del rischio) non aveva mai eseguito la valutazione di detto rischio, donde la fattispecie penale risulta assolutamente integrata nei suoi elementi oggettivi''.

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