1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
GIURISPRUDENZA COMMENTATA
Sommario: 1. Il Covid-19 .
Il Covid-19 è entrato nella giurisprudenza della Corte Suprema:
Il tribunale del riesame annulla il sequestro preventivo di una casa di riposo disposto dal GIP in relazione al reato di epidemia colposa (artt. 438-452 c.p.) a carico del legale rappresentante della società cooperativa sociale esercente la casa di riposo. Nel respingere il ricorso presentato dal P.M., la Sez. IV rileva: ``in tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l'art. 438 c.p., con la locuzione `mediante la diffusione di germi patogeni', richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell'art. 40, comma 2, c.p., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera. Anche a voler aderire all'orientamento minoritario della dottrina e della giurisprudenza che qualificano il reato di epidemia colposa nella categoria dei c.d. `reati a mezzo vincolato' e come tali compatibili di essere convertiti, mediante la clausola di equivalenza di cui all'art. 40, comma 2, c.p., in illeciti omissivi impropri'', nel caso di specie, a fondamento del sequestro preventivo, non vengono dedotti né illustrati gli elementi e le ragioni logico-giuridiche in base ai quali la condotta omissiva ascritta all'indagato sia causalmente collegabile alla successiva diffusione del virus da Covid-19 tra i pazienti ed il personale dalla casa di riposo, e, in applicazione della teoria condizionalistica orientata secondo il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, in assenza di qualsivoglia accertamento circa l'eventuale connessione tra l'omissione contestata all'indagato e la seguente diffusione del virus non sia possibile ravvisare, nel caso de quo, la sussistenza del nesso di causalità tra detta omissione e la diffusione del virus all'interno della casa di riposo. Alla stregua del giudizio controfattuale, ipotizzando come realizzata la condotta doverosa ed omessa dall'indagato, non è possibile desumere `con alto grado di credibilità logica o credibilità razionale' che la diffusione/contrazione del virus Covid-19 nei pazienti e nei dipendenti della casa di riposo sarebbe venuta meno. Non è da escludere che qualora l'indagato avesse integrato il documento di valutazione dei rischi e valutato il rischio biologico, ex art. 271 D.Lgs. n. 81/2008, la propagazione del virus sarebbe comunque avvenuta per fattori causali alternativi (come ad esempio per la mancata osservanza delle prescrizioni impartite nel DPCM per le case di riposo quali di indossare le mascherine protettive, del distanziamento o dell'isolamento dei pazienti già affetti da Covid, ovvero a causa del ritardo negli esiti de/ tampone). Quanto accertato non è sufficiente a far ritenere, in termini di qualificata probabilità richiesta in questa sede, la ricorrenza del fumus della fattispecie di epidemia colposa''.
Agevole è desumerne che, in linea con il tribunale del riesame, la Corte Suprema ravvisa una condotta omissiva del datore di lavoro nella mancata valutazione del rischio Covid-19 ex art. 271, D.Lgs. n. 81/2008, e si limita ad escludere la ravvisabilità del delitto di epidemia colposa in presenza di una condotta meramente omissiva, ovvero in subordine a sottolineare l'esigenza di accertare con alto grado di credibilità logica o credibilità razionale la connessione tra tale condotta omissiva e la diffusione del virus. (In argomento, v. Guariniello, Decalogo Covid-19 per le imprese: dalla valutazione del rischio alla vaccinazione, in Dir.prat.lav., 2021, 8, 481; La sicurezza sul lavoro al tempo del coronavirus, 2020, Wolters Kluwer Italia, e-book; Il Covid-19 tra TU sicurezza, codice penale e giurisprudenza della Cassazione-Nuove prospettive dopo la Direttiva UE 739, 3 giugno 2020, 2020, Wolters Kluwer Italia e-book). In argomento cfr. i paragrafi 8 sub art. 1, e 44 sub art. 28.
Il P.M., chiede, ma non ottiene, la misura cautelare interdittiva nei confronti del dirigente dell'unità operativa di otorinolaringoiatria di un ospedale per i reati di cui agli artt. 452, comma 1, n. 2, 438, e 61 n. 9 c.p., ``per avere, per colpa, disattendendo le norme deontologiche e contrattuali, non comunicando il 25 marzo 2020 alla direzione medica del nosocomio il suo rientro dalla Thailandia (paese considerato a rischio epidemico dall'Organizzazione Mondiale della Sanità); comunicando, il giorno successivo, alla dirigente del Servizio igiene e sanità pubblica della competente ULSS, contrariamente al vero, di non avere effettuato tour turistici e di non essersi trovato in luoghi affollati, così da essere autorizzato alla permanenza in servizio; omettendo di comunicare al Dipartimento di malattie infettive della competente ULSS l'insorgenza, a partire dal 3 marzo, di sintomi compatibili con il Covid-19, senza pertanto porsi in isolamento (come previsto dalle circolari del Ministero della salute e della Regione Veneto), e continuando ad esercitare la professione medica fino al 9 marzo effettuando visite che lo ponevano a stretto contatto con i pazienti, senza l'utilizzo della mascherina; così cagionando, avendo contratto il virus, la diffusione del medesimo, contagiando direttamente quattro persone (due pazienti e due medici) che, a loro volta, trasmettevano il virus ad altri''. La misura interdittiva fu negata, altresì, nei riguardi di altri due indagati - il presidente e un componente dell'ufficio procedimenti disciplinari della ULSS competente - per avere, ``agendo nel procedimento intentato nei confronti del primo indagato a seguito dei fatti ricordati, per la violazione degli artt. 110, 61 n. 2 e 479, in relazione all'art. 476 c.p., al fine di commettere il delitto di favoreggiamento, falsamente attestato, nel verbale della commissione del 1° aprile, il fatto che il dirigente dell'unità operativa di otorinolaringoiatria era rientrato in servizio il 26 febbraio 2020 (e non il 25), così da poter concludere per la tempestività della sopra ricordata comunicazione (peraltro di per sé decettiva) fatta alla Dirigente del servizio igiene della ULSS''. Nel dichiarare inammissibile il ricorso del P.M. ``per il difetto di interesse all'accoglimento del medesimo'', la Sez. V rileva che, ``proprio per la particolarità della vicenda delle condotte consumate nella fase iniziale della pandemia da Covid-19, particolarmente delicato era il tema dell'attualità delle esigenze di cautela in considerazione del tempo trascorso da allora, non tanto e non solo in senso cronologico, ma, soprattutto, in relazione al radicale evolversi dell'evento pandemico che, dai primi focolai epidemici di allora, concentrati in alcuni Paesi, era divenuto, appunto, un contagio esteso a quasi tutte le Nazioni e ad una quota ben maggiore di cittadini, mutando così, interamente, il quadro di riferimento, fattuale e logico, in cui le misure richieste avrebbero dovuto essere eseguite''.
``Il GIP rigetta la richiesta di incidente probatorio a seguito di riserva formulata dalla difesa degli indagati in sede di accertamento tecnico irripetibile promosso dal P.M. ex art. 360 c.p.p. e consistente nell'esame autoptico di 18 salme previa estumulazione in relazione a decessi intervenuti tra il 1° febbraio e l'11 aprile 2020. Il GIP formula un quesito al perito volto a comprendere se, tenendo conto del tempo trascorso dalla sepoltura, l'accertamento autoptico consentisse di rilevare l'eventuale esistenza all'epoca del decesso del virus SARS COV2 o della malattia Covid-19 e di fornire indicazioni medico-legali ulteriori ed univocamente interpretabili dal punto di vista tecnico scientifico rispetto a quanto già emergente dalle cartelle cliniche. Posto che il perito aveva affermato di non poter fornire risposta precisa in merito alla possibilità di ottenere dall'esame autoptico un risultato utile, sia per la mancanza di una legge scientifica di copertura in merito ad indagini su cadaveri a distanza di mesi dalla loro inumazione, sia per la non esatta conoscenza di una serie di dati fattuali come lo stato di decomposizione, l'ambiente di sepoltura, la profondità dell'inumazione, la temperatura, l'umidità, gli effetti climatici delle stagioni trascorse, il giudice ritiene che i rischi per la salute degli operatori e per la collettività legati alla estumulazione, il costo considerevole di tali operazioni, il rischio di prolungare i tempi di un'indagine con atti che si prospettino incapaci di fornire elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio, rendessero concreto il rischio che l'estumulazione dei corpi finalizzata all'esame autoptico non avrebbe condotto ad alcun tipo di risultato utile. Ritiene, inoltre, che, in ogni caso, fosse dubbio che l'accertamento richiesto potesse essere utile e concludente in relazione alla responsabilità penale degli indagati, sia per il difficoltoso accertamento della riferibilità causale dell'evento morte delle persone offese all'infezione da Covid-19 secondo una legge scientifica di copertura di natura universale o solo probabilistica in senso statistico, sia per la difficoltà di sostenere che l'infezione fosse da attribuire alla condotta degli indagati, sia con riguardo al giudizio inerente alla evitabilità dell'evento sia, infine, con riguardo al complesso accertamento del profilo soggettivo della colpa, considerata la condizione di emergenza in cui era l'intero sistema sanitario italiano a fronte di un'epidemia che si sarebbe trasformata in pandemia''. La Sez. IV esclude l'abnormità del provvedimento del GIP sostenuta dal P.M., e ne dichiara inammissibile il ricorso.