9.1. Definizione e composizione - 9.1.1. Aspetti generali - 9.1.2. Composizione - 9.2. Capitale sociale - 9.2.1. Conferimento iniziale - 9.2.2. Aumenti successivi - 9.2.3. Riduzioni - 9.3. Riserva da sovrapprezzo delle azioni - 9.4. Riserve di rivalutazione - 9.4.1. Riserve per rivalutazioni monetarie - 9.4.2. Riserve per rivalutazioni economiche - 9.5. Riserve obbligatorie e riserve facoltative - 9.6. Riserva legale e riserve statutarie - 9.7. Altre riserve - 9.7.1. Riserve per versamenti di soci - 9.7.2. Riserva per utili netti su cambi non realizzati - 9.7.3. Riserva da rivalutazione delle partecipazioni - 9.8. Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi - 9.9. Utile (perdita) dell’esercizio - 9.9.1. Distribuzione degli utili - 9.9.2. Trattamento della perdita - 9.10. Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio - 9.11. Patrimoni destinati - 9.11.1. Caratteri generali - 9.11.2. Contabilità e rendiconto - 9.11.3. Riflessi nel bilancio d’esercizio della società - 9.11.4. Deficit del patrimonio destinato - 9.11.5. Apporti dei terzi - 9.11.6. Chiusura dell’affare
9.1. Definizione e composizione
9.1.Definizione e composizione9.1.1. Aspetti generali
9.1.1.Aspetti generaliIl patrimonio netto comprende le fonti riconducibili ai proprietari dell’azienda e costituisce nel suo
assieme la macro-classe A del passivo patrimoniale. Secondo lo schema civilistico (art. 2424 c.c.) i componenti della macro-classe sono:
-
Capitale;
-
Riserva da sovrapprezzo delle azioni;
-
Riserve di rivalutazione;
-
Riserva legale;
-
Riserve statutarie;
-
Altre riserve, distintamente indicate;
-
Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi;
-
Utili (perdite) portati a nuovo;
-
Utile (perdita) dell’esercizio;
-
Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio.
Non sono interessate voci del Conto economico se non per quanto concerne l’utile (perdita) dell’esercizio, il cui saldo è poi “trasportato” nello Stato patrimoniale.
Relazione sulla gestione
Nella Relazione sulla gestione (art. 2428, c. 3, n. 3 e n. 4, c.c.) gli amministratori devono indicare il numero e il valore nominale:
-
sia delle azioni proprie e delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente;
-
sia delle azioni proprie e delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate nel corso dell’esercizio, con l’indicazione della corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni.
Sono esonerate dalla redazione della Relazione sulla gestione:
-
le società che redigono il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) purché le informazioni relative alle azioni e alle quote siano fornite in Nota integrativa;
-
le micro-imprese (art. 2435-ter c.c.) purché le informazioni relative alle azioni e alle quote siano fornite in calce allo Stato patrimoniale.
Nota integrativa
La Nota integrativa delle società che redigono il bilancio in forma ordinaria deve contenere molteplici
informazioni riconducibili al patrimonio netto (art. 2427, c. 1, c.c.):
-
i criteri applicati nella valutazione delle voci del patrimonio netto (art. 2427, c. 1, n. 1, c.c.);
-
le variazioni intervenute nella consistenza delle voci del patrimonio netto, in particolare la formazione e le utilizzazioni delle stesse nell’esercizio (art. 2427, c. 1, n. 4, c.c.);
-
la composizione della voce che contiene le c.d. altre riserve (art. 2427, c. 1, n. 4, c.c.);
-
l’analitica indicazione delle voci di patrimonio netto, con la presentazione di appositi prospetti che contengano la specificazione della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, oltreché della loro utilizzazione eventualmente avvenuta nei precedenti esercizi (art. 2427, c. 1, n. 7-bis, c.c.); detti prospetti devono ad esempio specificare:
-
per la riserva sovrapprezzo azioni, trattandosi per sua stessa natura di una riserva di capitale, che l’intero ammontare della medesima è formato con apporti (e non con utili), distinguendo, ove necessario, tra parte relativa a emissione di azioni e parte relativa a conversione di obbligazioni;
-
per la riserva legale, la suddivisione tra parte formata con utili e - se presente - parte formata con apporti, nonché il vincolo di utilizzazione esclusivamente a copertura delle perdite;
-
-
determinate informazioni relative a ciascuna categoria di azioni della società e a eventuali nuove sottoscrizioni di azioni nel corso dell’esercizio (art. 2427, c. 1, n. 17, c.c.);
-
determinate informazioni relative a specificate tipologie di strumenti finanziari che siano stati emessi dalla società, costituiti da azioni di godimento, obbligazioni convertibili in azioni, warrants, opzioni e titoli o valori similari (art. 2427, c. 1, n. 18, c.c.), ivi compresa (a partire dai bilanci che iniziano a decorrere dal 1° gennaio 2018) l’informativa sul fair value dei warrant per i quali la determinazione del numero di azioni assegnate ai possessori avviene solo al momento dell’effettivo esercizio dell’opzione (OIC 28, par. 41A);
-
determinate informazioni relative agli altri strumenti finanziari che siano stati emessi dalla società (art. 2427, c. 1, n. 19, c.c.);
-
la proposta di destinazione degli utili o di copertura delle perdite d’esercizio (art. 2427, c. 1, n. 22-septies, c.c.);
-
una tabella che indichi i movimenti delle riserve di fair value che siano avvenuti nell’esercizio (art. 2427-bis, c. 1, n. 1, lett. b-quater).
La gran parte di queste informazioni non è richiesta nel bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.): le società, infatti, devono essenzialmente fornire le informazioni sui criteri applicati nella valutazione delle voci che compongono il patrimonio netto, nonché una tabella con i movimenti delle riserve di fair value avvenuti nell’esercizio.
Micro-imprese
Le micro-imprese (art. 2435-ter c.c.) sono esonerate dalla redazione della Nota integrativa se in calce allo Stato patrimoniale risultano determinate informazioni su (art. 2427, c. 1, nn. 9 e 16, c.c.):
-
l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo Stato patrimoniale, con specificazione della natura delle garanzie reali prestate e con separata indicazione degli impegni esistenti in materia di trattamento di quiescenza e simili, e degli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate, nonché controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime;
-
l’ammontare dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti spettanti agli amministratori ed ai sindaci, fornendo informazioni sul tasso d’interesse, le principali condizioni e gli importi eventualmente rimborsati, cancellati ovvero oggetto di rinuncia, nonché sugli impegni assunti per loro conto per effetto di garanzie prestate.
9.1.2. Composizione
9.1.2.ComposizioneIl patrimonio netto è tradizionalmente definito come differenza tra attività e passività di bilancio.
Il Principio contabile sul patrimonio netto (OIC 28 “Patrimonio netto”) interpreta il contenuto di ciascuna delle 10 voci di cui si compone la classe A del passivo patrimoniale secondo lo schema civilistico (OIC 28, parr. 8-18).
I. Capitale
Il capitale corrisponde al valore nominale dei conferimenti sottoscritti dai soci e delle riserve girate a capitale nel corso del tempo.
L’eventuale credito verso soci per versamenti ancora dovuti è iscritto nell’attivo nella voce “A - Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti”
con separata indicazione della parte già richiamata.
Nelle società azionarie (società per azioni, società in accomandita per azioni) la suddivisione del capitale tra diverse categorie di azioni va segnalata non con diversi conti ma in Nota integrativa (art. 2427, c. 1, n. 17, c.c.).
II. Riserva sopraprezzo azioni
Include la differenza tra valore di emissione delle azioni ed il loro valore nominale, oltre alle differenze positive che sorgono, in occasione della conversione di prestiti obbligazionari convertibili tra il valore delle nuove azioni emesse ed il valore nominale delle obbligazioni annullate.
III. Riserve di rivalutazione
Accolgono le rivalutazioni permesse da apposite leggi di rivalutazione monetaria (Leggi n. 342/2000 e n. 232/2016).
Non sono da includersi le riserve derivanti da altri tipi di rivalutazione, le quali
invece vanno riepilogate nella voce A.VI “Altre riserve, distintamente indicate” (9.4.1.).
IV. Riserva legale
Accoglie gli utili accantonati (art. 2430 c.c.).
In essa deve confluire almeno il 5% dell’utile netto di bilancio finché il saldo della riserva non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale. Fino a tale limite, la riserva legale può essere utilizzata riducendone l’importo solo per copertura di perdite dopo che siano state impiegate tutte le altre riserve eventualmente presenti. Oltre tale limite, ossia per la parte eventualmente eccedente il 20% del capitale sociale, si ritiene che la stessa costituisca riserva disponibile anche per altri scopi (aumento gratuito del capitale sociale, distribuzione ai soci, ecc.).
Ulteriori disposizioni sono previste in caso di emissione di prestito obbligazionario e di successiva riduzione del capitale sociale (artt. 2412 e 2413 c.c.), nonché con riferimento alle società a responsabilità limitata con capitale sociale inferiore a 10.000 euro (art. 2463, c. 4, c.c.).
V. Riserve statutarie
Comprendono le riserve costituite in forza di specifiche disposizioni previste dallo statuto societario, che ne disciplina le modalità di formazione ed utilizzo.
VI. Altre riserve, distintamente indicate
Nella voce “altre riserve” possono confluire molteplici conti, la cui specifica e distinta indicazione deve comparire in Stato patrimoniale e deve comunque essere fornita nella Nota integrativa (art. 2427, c. 1, n. 7, c.c.).
Nei bilanci redatti in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.), nonché nei bilanci redatti dalle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.), le riserve che compongono la voce A.VI “altre riserve” non sono separatamente indicate nel corrispondente schema di Stato patrimoniale.
Rientrano, a titolo esemplificativo, nella voce “Altre riserve”:
-
riserva straordinaria, riserva facoltativa, riserva per rinnovamento impianti e macchinari: sono tutte riserve da accantonamento di utili non imposte dalla legge o dallo statuto, ma deliberate dall’assemblea sociale e finalizzate o meno verso scopi specifici, che possono peraltro essere variati dallo stesso organo societario; può altresì sussistere la riserva perequazione (o integrazione) dividendi, avente lo scopo di incrementare i dividendi per gli azionisti negli anni in cui siano scarsi i redditi di esercizio per garantire un dividendo in linea con gli obiettivi gestionali;
-
riserva per acquisto azioni (o quote) della società controllante: si tratta di riserva obbligatoria (art. 2359-bis c.c.), da costituirsi utilizzando altre riserve disponibili o utili distribuibili dopo che la società ha acquistato azioni o quote della società controllante e per l’importo esattamente pari al costo sostenuto; detta riserva deve essere mantenuta in bilancio finché tali azioni o quote siano presenti;
-
riserve da condono fiscale: sono le riserve consentite da apposite leggi di condono fiscale che permettevano l’iscrizione nel netto di riserve tassate in esercizi precedenti (ad esempio Legge n. 516/1982);
-
riserva da riduzione capitale sociale: accoglie quelle somme che residuano quando si riduce il capitale sociale o a seguito di perdite per una cifra “tonda”, non perfettamente coincidente con l’importo della perdita o “per esuberanza”, con relativa distribuzione ai soci; la differenza tra importo del capitale ridotto e la perdita coperta (o il capitale esuberante rimborsato ai soci) confluisce in questa voce;
-
riserva per avanzo di fusione: in estrema sintesi, può ricondursi ad un “avanzo da annullamento”, nel caso in cui il valore contabile della partecipazione nella società incorporata iscritto nel bilancio della società incorporante sia minore rispetto alla corrispondente quota di patrimonio netto dell’incorporata, o ad un “avanzo di concambio”, ove il valore dell’aumento di capitale sociale dell’incorporante a servizio della fusione sia minore rispetto alla corrispondente quota di terzi del patrimonio netto dell’incorporata;
-
riserva da deroghe (art. 2423, c. 5, c.c.): prevede che in casi eccezionali si debba derogare alle norme sulla redazione del bilancio (artt. 2423 e ss. c.c.), qualora la loro applicazione impedisca la rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione economica, finanziaria e patrimoniale. Se dalla deroga derivano degli utili (come nel caso di rivalutazione volontaria di beni), il citato articolo prescrive che essi debbano trovare collocazione in tale riserva, indistribuibile finché non si sia realizzata la potenziale plusvalenza; spetta alla Nota integrativa informare sulle motivazioni ed i riflessi della deroga ed agli organi di controllo societari valutarne la congruità ed esprimere il loro assenso nella relazione da allegare al bilancio;
-
riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni: è la riserva che impone di iscrivere quale contropartita della rivalutazione di partecipazioni immobilizzate in controllate e collegate (art. 2426, c. 1, n. 4, c.c.), per le quali si sia scelto di applicare il metodo del patrimonio netto, nel caso in cui le partecipazioni siano da rivalutare (OIC 17 “Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto”); è indistribuibile finché non si sia effettivamente realizzato il plusvalore della partecipazione tramite liquidazione dei dividendi (OIC 17, par. 177);
-
riserve per versamenti di soci: entro questa tipologia, che confluisce idealmente nelle riserve di capitale, ossia facenti parte del capitale di apporto, si possono distinguere:
-
i versamenti in conto aumento di capitale, riserva che accoglie in contropartita le somme versate dai soci a seguito di sottoscrizione di aumento di capitale “scindibile” (ossia eseguibile anche nel caso in cui non vi sia integrale sottoscrizione), già deliberato dall’assemblea ma non ancora perfezionato giuridicamente (in corso di iscrizione nel registro delle imprese);
-
i versamenti in conto futuro aumento di capitale, riserva che accoglie in contropartita le somme versate dai soci a seguito della semplice previsione di un futuro aumento di capitale non ancora deliberato dall’assemblea;
-
i versamenti in conto capitale o a copertura perdite, riserva che accoglie in contropartita le somme versate dai soci non connessi ad aumenti di capitale in corso o previsti, ma dettati soltanto dall’esigenza di potenziare l’azienda o di reintegrare le risorse distrutte a seguito di perdite; in quest’ultimo caso, la riserva presenta uno specifico vincolo di destinazione e non può essere variata finché la perdita non sia stata coperta;
-
-
riserva da conguaglio utili in corso: intesa come contropartita contabile di somme che in occasione di aumenti di capitale i nuovi capitali devono versare per poter partecipare al termine dell’esercizio alla distribuzione di dividendi in modo uguale ai capitali già esistenti;
-
riserva per utili netti su cambi non realizzati: destinata ad accogliere gli utili netti su cambi che devono essere accantonati fino al realizzo in una riserva non distribuibile (art. 2426, c. 1, n. 8-bis, c.c.);
-
riserva di utili Legge n. 126/2020: trattasi della riserva indisponibile cui dover destinare utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali sospesa ai sensi del c.d. Decreto “Agosto” (D.L. n. 104/2020) (
18.3.11.).
VII. Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi
Accoglie le variazioni di fair value degli strumenti finanziari derivati che si siano generate nell’ambito di coperture di flussi finanziari attesi, al netto dell’eventuale fiscalità differita corrispondente. La riserva non può essere computata nel calcolo del patrimonio netto in tema di limiti all’emissione di obbligazioni, distribuzione degli utili ai soci, passaggio di riserve a capitale, riduzione del capitale per perdite e al di sotto del limite legale (artt. 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 c.c.). L’eventuale saldo positivo della riserva non è disponibile, neppure a copertura di perdite.
Nel bilancio delle micro-imprese (art. 2435-bis c.c.) la riserva non è presente, considerando che a questa categoria di imprese non sono applicabili le disposizioni in tema di strumenti finanziari derivati (art. 2426, c. 1, n. 11-bis, c.c.).
VIII. Utili (perdite) portate a nuovo
La voce comprende gli utili o le perdite formatisi in esercizi precedenti che l’assemblea non ha ancora deciso come destinare in via definitiva.
IX. Utile (perdita) dell’esercizio
L’utile (perdita) dell’esercizio è il risultato netto che emerge dal Conto economico dell’esercizio, da riportare nello Stato patrimoniale. Se durante l’esercizio è stato distribuito un acconto o è stata già coperta anticipatamente una parte della perdita in corso di formazione, detti importi vanno portati distintamente a deduzione del risultato di esercizio.
X. Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio
È destinata ad accogliere, in detrazione del patrimonio netto, il costo di acquisto delle azioni proprie (art. 2357-ter c.c.).
L’acquisto di azioni proprie viene considerato come un rimborso di capitale netto, da segnalare in ogni caso con uno stanziamento alla riserva in commento invece che a diretta rettifica di poste del netto.
9.2. Capitale sociale
9.2.Capitale sociale9.2.1. Conferimento iniziale
9.2.1.Conferimento inizialeAlla costituzione i proprietari devono fornire all’azienda la dotazione di risorse
necessarie per intraprendere l’attività, con conseguente conferimento iniziale del
capitale. Tale dotazione si vincola così indefinitamente alla combinazione produttiva e ne
sopporta appieno il rischio gestionale, non essendo previsto né il suo obbligatorio rimborso, né la sua obbligatoria remunerazione.
In un’azienda avente forma giuridica di società il conferimento di capitale proprio
da parte dei soci compone il capitale sociale per il quale la legge civile impone
delle entità minime in funzione della tipologia societaria.
Valori minimi del capitale sociale
Le Società per azioni (Spa) e le Società in accomandita per azioni (Sapa) devono costituirsi
con un capitale minimo di 50.000 euro (art. 2327 c.c.) (26.1.1.), le Società a responsabilità limitata (Srl) con un capitale minimo di 10.000 euro (art. 2463, c. 2, c.c.). Per le Srl vi è la possibilità di determinare l’ammontare del capitale
in misura inferiore a 10.000 euro, pari almeno a 1 euro (art. 2463, c. 4, c.c.): in tal caso i conferimenti devono farsi in denaro e devono essere versati
per intero alle persone cui è affidata l’amministrazione.
È prevista anche la possibilità di costituire una società a responsabilità limitata semplificata (art. 2463-bis c.c.) (27.1.2.).
Non sono previsti importi minimi di capitale sociale per le società di persone quali le Società in nome collettivo (Snc) e le Società in accomandita semplice (Sas).
Nelle Spa e nelle Sapa il capitale sociale è suddiviso in azioni e nelle Srl in quote.
Oltre alle azioni ordinarie, possono esistere anche altre tipologie di azioni (art. 2348 c.c.) come quelle privilegiate, di risparmio o a favore dei prestatori di lavoro. Tali categorie si distinguono per il complesso di diritti attribuiti ai soci.
Nell’atto costitutivo devono essere specificati l’ammontare del capitale sociale sottoscritto e versato, il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura, e il numero delle azioni sottoscritte da ciascuno dei soci fondatori (art. 2328 c.c.).
Disciplina civilistica dei conferimenti
Contabilmente sono due i momenti rilevanti dei conferimenti a titolo di capitale sociale.
Il primo è quello della registrazione dell’avvenuta sottoscrizione del capitale sociale da parte dei soci in sede di costituzione o di aumento successivo. Nelle società di capitali questa rilevazione può, formalmente, compiersi solo quando
si è perfezionata l’intera operazione con l’iscrizione nel registro delle imprese
(27.1.1.;
27.1.2.).
L’accensione del conto relativo al capitale sociale (da riepilogare al punto A.I del passivo patrimoniale) deve effettuarsi per l’ammontare delle azioni sottoscritte. In contropartita all’accreditamento del conto acceso al capitale sociale si origina il credito dell’azienda nei confronti dei soci, da registrare al punto A dell’attivo patrimoniale (“crediti verso soci per versamenti ancora dovuti”).
Il secondo momento contabilmente rilevante consiste nella liberazione dei conferimenti, cioè nell’effettivo apporto in azienda delle risorse che i soci si sono impegnati a corrispondere alla società, in contropartita della quale si estingue il credito verso i soci medesimi.
I conferimenti possono consistere in fattori produttivi generici (denaro), specifici
(impianti, macchinari, merci, e così via) ed interi complessi aziendali funzionanti
(28.). Comunemente si ricorre alla distinzione tra conferimenti in “denaro” ed in “natura”
(
27.1.).
Conferimenti in denaro - Versamento presso un istituto di credito del 25% dei conferimenti in denaro come condizione preliminare per la costituzione (o, nel
caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare) (caso “Costituzione
di Spa e conferimenti in denaro”) (27.1.4.). Tali importi sono indisponibili finché gli amministratori non abbiano dimostrato l’avvenuta costituzione della società.
Il rimanente 75% sarà invece richiamato discrezionalmente dagli amministratori e quindi
versato dai soci (art. 2342 c.c.).
Conferimenti in natura - La legge impone un’integrale ed immediata effettuazione (art. 2342 c.c.).
Il valore nominale delle azioni emesse a fronte del conferimento non deve essere superiore al valore attribuito in contabilità all’apporto in natura come risulta dalla stima attribuita dal perito ufficiale nominato dal Tribunale, la cui relazione è allegata all’atto costitutivo della società (art. 2343, c. 1, c.c.).
Gli amministratori devono controllare entro 180 giorni la valutazione dei beni e dei crediti conferiti con l’obbligo di procedere ad una svalutazione degli stessi qualora il valore risulti inferiore. Fino all’effettuazione di questi controlli le azioni corrispondenti al conferimento restano inalienabili (art. 2343, c. 3, c.c.).
Laddove la valutazione dei beni o dei crediti conferiti risulti inferiore di oltre 1/5, occorre ridurre proporzionalmente il capitale sociale con contestuale annullamento
di azioni, pur sussistendo in capo al socio conferente la possibilità di versare la
differenza in denaro o recedere dalla società (art. 2343, c. 4, c.c.) (27.1.1.).
La relazione di stima non è prevista nel caso di conferimento di valori mobiliari ovvero di strumenti del mercato monetario se il valore ad essi attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, è pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei 6 mesi precedenti il conferimento (art. 2343-ter, c. 1, c.c.).
La relazione di stima non è necessaria neppure nel caso in cui il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura (comprese le aziende in funzionamento) o ai crediti conferiti, diversi da quelli precedenti, non sia superiore:
-
al fair value ricavato dal bilancio dell’esercizio precedente, purché sottoposto a revisione legale e a condizione che la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento,
oppure:
-
al valore equo risultante dalla valutazione, precedente di non oltre 6 mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, effettuata da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento e dalla società e dotato di adeguata e comprovata professionalità (art. 2343-ter, c. 2, c.c.).
Qualora la valutazione si dovesse rilevare non veritiera è espressamente prevista la responsabilità per danni dell’esperto nei confronti della società, dei soci e dei terzi (art. 2343-ter, c. 4, c.c.).
Chi conferisce beni o crediti senza relazione di stima deve presentare la documentazione dalla quale risulti il valore attribuito ai conferimenti e la sussistenza delle condizioni richieste, come sopra descritto, nel caso di valutazione al fair value o al valore equo (art. 2343-ter, c. 3, c.c.).
Vi è l’obbligo espresso, da parte degli amministratori, di controllare, nel termine di 30 giorni dalla iscrizione della società, se siano intervenuti fatti eccezionali che abbiano inciso sul prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti in modo tale da modificarne sensibilmente il valore alla data effettiva del conferimento; gli amministratori sono inoltre tenuti a verificare, nel medesimo termine, l’eventuale emersione di fatti nuovi rilevanti così da modificare sensibilmente i valori assunti nel caso di valutazione al fair value o al valore equo sopra illustrata, oltreché i requisiti di professionalità e indipendenza dell’esperto che ha reso la valutazione funzionale all’esonero dalla relazione di stima (art. 2343-quater, c. 1, c.c.).
Qualora tali verifiche abbiano riscontro negativo, scatta l’obbligo per gli amministratori di depositare, entro i 6 mesi successivi al conferimento, una dichiarazione per l’iscrizione nel registro delle imprese contenente le più importanti informazioni riguardanti l’operazione di conferimento (art. 2343-quater, c. 3, c.c.). Fino all’iscrizione di tale dichiarazione le azioni sono inalienabili (art. 2343-quater, c. 4, c.c.).
Qualora invece le verifiche degli amministratori diano esito positivo, si rende necessaria una nuova valutazione, espletata questa volta secondo i criteri dell’art. 2343 c.c., non essendo evidentemente affidabile quella originaria.
Si costituisce una società per azioni con capitale sociale di 150.000 euro (suddiviso in 15.000 azioni da 10 euro ciascuna) da versare integralmente in denaro. I soci provvedono a versare immediatamente il 25% dei conferimenti in denaro su c/c bancario vincolato. I rimanenti conferimenti sono richiamati successivamente e versati su c/c bancario.
Sottoscrizione iniziale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 150.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 150.000 |
Versamento della percentuale obbligatoria
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 37.500 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 37.500 |
Gli amministratori ritireranno quindi tale percentuale di conferimenti dimostrando l’avvenuta costituzione della società e provvederanno a richiamare i conferimenti ancora mancanti.
Si ricorda che il credito verso i soci per versamenti ancora dovuti, che va riepilogato al punto A dell’attivo patrimoniale, deve presentare la distinta indicazione della parte richiamata.
Richiamo dei conferimenti rimanenti
SP | A | Soci c/conferimenti richiamati | 112.500 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 112.500 |
Versamento dei conferimenti richiamati
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 112.500 | |
SP | A | Soci c/conferimenti richiamati | 112.500 |
Svincolo dei conferimenti versati inizialmente
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 37.500 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 37.500 |
Per la costituzione di una società per azioni (27.1.1.) i soci si impegnano a conferire 500.000 euro di cui 200.000 euro con conferimento
di merci, 40.000 euro con apporto di attrezzature di magazzino ed il resto in denaro.
Il valore attribuito in contabilità ai conferimenti in natura non è superiore alla
stima attribuita dal perito ufficiale nominato dal Tribunale.
Si supponga che i soci conferenti non siano soggetti IVA: pertanto, l’apporto dei singoli beni, attrezzature di magazzino e immobili, non risulta comunque assoggettato ad IVA, nonostante il conferimento di beni diversi dal denaro o da crediti esigibili in denaro costituisca ai fini dell’imposta sul valore aggiunto una cessione di beni (art. 2, c. 3, lett. b), D.P.R. n. 633/1972).
Sottoscrizione iniziale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 500.000 | |
SP | A | Capitale sociale | 500.000 |
Si procede quindi al versamento preliminare dei 2,5 decimi obbligatori dei conferimenti in denaro.
Versamento della percentuale obbligatoria
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 65.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 65.000 |
Immediata è quindi la liberazione del conferimento delle merci e delle attrezzature di magazzino.
Liberazione dei conferimenti in natura
SP | B.II.3 | Attrezzature | 40.000 | |
SP | C.I.4 | Merci | 200.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 240.000 |
Segue quindi il richiamo ed il successivo versamento degli altri decimi da liberare in denaro, con lo svincolo dei conferimenti versati inizialmente.
Richiamo dei conferimenti rimanenti
SP | A | Soci c/conferimenti richiamati | 195.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 195.000 |
Versamento dei conferimenti richiamati
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 195.000 | |
SP | A | Soci c/conferimenti richiamati | 195.000 |
Svincolo dei conferimenti versati inizialmente
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 65.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 65.000 |
Una società per azioni è costituita con capitale sociale di 250.000 euro di cui 150.000 euro tramite apporto di immobile ed il resto in denaro.
Sottoscrizione iniziale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 250.000 | |
SP | A | Capitale sociale | 250.000 |
Si procede quindi al versamento preliminare dei 2,5 decimi obbligatori dei conferimenti in denaro.
Versamento della percentuale obbligatoria
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 25.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 25.000 |
Immediata è quindi la liberazione del conferimento dell’immobile come pure il versamento del rimanente apporto di denaro, con il conseguente svincolo dei conferimenti versati inizialmente. Il valore attribuito in contabilità al conferimento in natura non è superiore alla stima attribuita dal perito ufficiale nominato dal Tribunale.
Liberazione dei conferimenti in natura e dei restanti decimi
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 75.000 | |
SP | B.II.1 | Immobili | 150.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 225.000 |
Svincolo dei conferimenti versati inizialmente
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 25.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 25.000 |
Qualora dalla revisione del valore dei conferimenti risulti un valore inferiore a quello corrispondente all’importo sottoscritto, bisogna considerare se la differenza supera o meno il 20% del valore attribuito al conferimento. Se non supera tale valore, né il Codice civile né il Principio OIC 28 si soffermano ad esaminare le conseguenze. Ove invece emerga un divario superiore al 20%, si deve procedere ad una svalutazione dei beni conferiti e ridurre il capitale sociale sottoscritto. La differenza va contabilizzata non come costo a Conto economico ma nel conto “minusvalenza da apporto di beni in natura”, da inserire come voce di rettifica nella classe “patrimonio netto”. Successivamente, se il socio reintegra la differenza, il conto si estinguerà a fronte della nascita di un credito verso il socio; altrimenti il socio potrà recedere, determinando una riduzione del capitale sociale.
Si supponga pertanto che, entro 180 giorni dal conferimento, gli amministratori e i sindaci controllino la valutazione dei beni conferiti come prescritto dalla legge e verifichino che, a seguito del mutato andamento dei prezzi, l’immobile può essere al massimo valutato 100.000 euro. A questo punto, poiché la riduzione risulta superiore ad 1/5 del valore inizialmente attribuito (150.000 euro), gli amministratori rilevano la minusvalenza da conferimento beni in natura. Contabilmente l’immobile deve essere svalutato ed in contropartita occorre registrare la minusvalenza quale rettifica della voce capitale sociale.
Svalutazione dell’immobile e rilevazione del credito per reintegro da parte del socio
SP | A.I (-) | Minusvalenza da apporto | 50.000 | |
SP | B.II.1 | Immobili | 50.000 |
Si supponga quindi che il socio si accordi con gli amministratori per versare la differenza in denaro. Sorge quindi il credito verso il socio a reintegrazione del valore dell’apporto, con conseguente versamento del dovuto.
Reintegro dell’apporto da parte del socio
SP | A | Crediti v/soci per reintegri | 50.000 | |
SP | A.I (-) | Minusvalenza da apporto | 50.000 |
Versamento a reintegro da parte del socio
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 50.000 | |
SP | A | Crediti v/soci per reintegri | 50.000 |
Il socio ha alternativamente la possibilità di recedere dalla società (con relativa riduzione del capitale sociale) oppure di vedersi ridurre il valore delle azioni attribuite (anche in questo caso con relativa riduzione del capitale sociale per 50.000 euro in contropartita al decremento del conto “Immobili”). Se invece la differenza tra il valore iniziale e la stima attribuita successivamente fosse stata inferiore al quinto, nel silenzio del Codice civile, il socio avrebbe potuto scegliere se reintegrare in denaro la differenza oppure vedersi ridotto il valore delle azioni attribuite.
Alternativamente a quanto sopra ipotizzato, si supponga ora che dopo aver rilevato la minusvalenza da apporto beni in natura, il socio non intenda reintegrare la differenza. A questo punto si può, alternativamente:
-
ridurre il capitale sociale proporzionalmente alla minusvalenza accertata;
-
avere il recesso del socio con restituzione del bene in natura conferito o con rimborso in denaro del valore del conferimento risultante dalla revisione di stima, qualora il bene non possa essere restituito.
Qualora il socio intenda recedere e la società gli rimborsi l’equivalente in denaro, le rilevazioni contabili saranno le seguenti.
Rimborso al socio recedente
SP | A.I | Capitale sociale | 150.000 | |
SP | A.I (-) | Minusvalenza da apporto | 50.000 | |
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 100.000 |
Pagamento del debito verso il socio
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 100.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 100.000 |
Nel caso in cui, alla data di chiusura del bilancio, la revisione da parte degli amministratori non sia stata ancora effettuata, ma possa essere definita entro il termine per la redazione del bilancio, i relativi effetti devono essere inclusi nel bilancio. In caso contrario si deve fornire indicazione in Nota integrativa. Qualora la revisione della stima sia stata effettuata ed il socio conferente non abbia ancora operato la scelta entro il termine di redazione del bilancio, si deve fornire notizia nella Relazione sulla gestione tra i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio, oltreché in Nota integrativa a commento della revisione della stima peritale.
Una società per azioni è costituita con capitale sociale di 140.000 euro di cui 50.000 in denaro e 90.000 con apporto di macchinari da parte di soggetto IVA. Quest’ultimo apporto è sottoposto ad imposta sul valore aggiunto con aliquota ordinaria (22%).
Sottoscrizione iniziale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 140.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 140.000 |
Si procede quindi al versamento preliminare dei 2,5 decimi obbligatori dei conferimenti in denaro.
Versamento della percentuale obbligatoria
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 12.500 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 12.500 |
Immediata è quindi la liberazione del conferimento dei macchinari come pure il versamento del rimanente apporto di denaro, con conseguente svincolo dei decimi obbligatori. Il credito per IVA movimenta in contropartita un debito verso il socio conferente, che sarà successivamente regolato.
Apporto di macchinari soggetti a IVA
SP | B.II.2 | Macchinari | 90.000 | |
SP | C.II.5-bis | IVA a credito | 19.800 | |
SP | B.14 | Debiti v/soci | 19.800 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 90.000 |
Versamento dei conferimenti rimanenti
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 37.500 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 37.500 |
Svincolo dei conferimenti versati inizialmente
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 12.500 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/conferimenti vincolati | 12.500 |
9.2.2. Aumenti successivi
9.2.2.Aumenti successiviGli aumenti successivi di capitale sociale sono di tipo “reale” o “contabile”.
Rappresentano una modifica dell’atto costitutivo e dunque richiedono, per le società di capitali, l’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria (art. 2365 c.c.) ed il rispetto dei controlli e delle forme di pubblicità (art. 2436 c.c.): formalmente l’operazione si perfeziona con l’iscrizione della delibera di
aumento presa dall’assemblea nel registro delle imprese (27.2.).
Aumenti reali di capitale sociale
Derivano da apporti esterni di nuove risorse che entrano nel capitale sociale con la funzione di sostenere lo sviluppo aziendale evitando il ricorso ad ulteriore
capitale di prestito. I beni conferibili sono equiparabili a quelli già esaminati,
con l’aggiunta della possibilità di convertire debiti in capitale sociale (come accade
ad esempio nel caso dei prestiti obbligazionari convertibili).
Dal punto di vista civilistico sussistono sostanzialmente, con alcuni adeguamenti (artt. 2439 e 2440 c.c.), le medesime tutele in tema di conferimenti già osservate per i conferimenti iniziali (artt. 2343-ter e 2343-quater c.c.).
Inoltre, per consentire ai soci già esistenti di mantenere inalterata la percentuale di proprietà, è concesso loro un diritto di opzione sulle nuove sottoscrizioni che può essere escluso o limitato solo in particolari situazioni (art. 2441 c.c.).
Gli aumenti di capitale possono essere effettuati soltanto quando siano già state interamente liberate le azioni precedentemente emesse (art. 2438 c.c.).
Dal punto di vista tecnico gli aumenti possono effettuarsi tramite emissione di nuove azioni o aumento del valore nominale delle azioni già emesse. Tali diverse modalità non comportano tuttavia differenti problematiche contabili.
Sussistono inoltre apporti che, pur rientrando nei mezzi propri in quanto non sono
né onerosi né soggetti a rimborso, non concorrono a formare il capitale sociale. È
il caso di alcune riserve di capitale come la riserva per sovrapprezzo (9.3.) o il conguaglio utili che si movimentano proprio in occasione di aumenti di capitale sociale.
Aspetti contabili
Negli aumenti di capitale, il conto “capitale sociale” può essere incrementato solo quando si è perfezionata giuridicamente l’intera operazione con l’iscrizione nel registro delle imprese.
Fino a tale momento deve essere impiegato un conto transitorio da movimentare in contropartita ai crediti verso soci per sottoscrizioni. Tale conto prende il nome di “versamenti in conto aumento di capitale sociale” e sarà girato al conto capitale sociale al momento della iscrizione nel registro delle imprese.
Questo può accadere solo quando l’aumento costituisca un aumento “scindibile” di capitale, ossia solo quando l’assemblea deliberi la variazione di capitale sociale
ritenendo efficace un valore delle sottoscrizioni anche inferiore all’incremento deliberato
(27.2.2.).
Nel caso di aumento “inscindibile” di capitale, ossia in caso di validità dell’aumento subordinata alla piena sottoscrizione (o al raggiungimento di un livello minimo di sottoscrizioni), sino al momento dell’iscrizione nel registro delle imprese, a fronte dei crediti verso soci per sottoscrizioni dovrà essere movimentato un conto di debito (“azioni sottoscritte per aumento di capitale”), in quanto gli importi dovranno essere rimborsati nel caso in cui le sottoscrizioni non raggiungano la soglia stabilita dall’assemblea straordinaria.
Qualora la società in occasioni di aumenti di capitale addebiti ai soci il rimborso delle spese sostenute per l’operazione, tali crediti vanno a rettificare i costi sostenuti.
Si supponga che una società per azioni abbia lanciato un aumento di capitale da 800.000 euro “scindibile” (nel senso sopra indicato) con sovrapprezzo di 400.000 euro e rimborsi per gli oneri sostenuti per 30.000 euro.
Alla data di chiusura del bilancio non è ancora decorso il termine che la società ha assegnato per la sottoscrizione e solo 500.000 euro (più 250.000 euro di relativo sovrapprezzo e 20.000 di rimborsi) sono stati già sottoscritti dai soci, i quali hanno già versato i regolari 2,5 decimi presso un conto corrente bancario intestato alla società.
Conseguentemente, anche con riferimento alle somme già versate, la società non può accreditare il conto di capitale sociale, in quanto l’operazione non si è ancora perfezionata, mancando sia la chiusura dei termini di sottoscrizione, sia l’iscrizione nel registro delle imprese. In ragione di ciò, quale contropartita dei crediti verso i soci che già hanno sottoscritto, si deve utilizzare un conto del netto diverso dal capitale sociale, denominato “versamenti in conto aumento del capitale”.
I rimborsi spese devono essere considerati a rettifica dei costi di emissione precedentemente sostenuti. Tale conto sarà riepilogato nella voce A.5 del Conto economico.
Si esemplificano di seguito le scritture contabili da effettuare in attesa del perfezionamento giuridico dell’aumento del capitale sociale con l’iscrizione del medesimo nel registro delle imprese, mentre nei casi successivi al presente “caso”, anche per ragioni di semplicità espositiva, viene utilizzato direttamente il conto “capitale sociale” ipotizzando il già avvenuto perfezionamento giuridico dell’operazione.
Sottoscrizione dell’aumento non ancora perfezionato
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 770.000 | |
SP | A.VI | Versamenti in conto aumento del capitale |
500.000 |
|
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 250.000 | |
CE | A.5 | Rimborsi spese | 20.000 |
Segue quindi la registrazione del versamento dei 2,5 decimi (125.000 euro), dell’intero sovraprezzo (250.000 euro) e dei rimborsi spese (20.000 euro).
Versamento decimi, sovrapprezzo e rimborsi
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 395.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 395.000 |
Solo quando l’aumento di capitale sarà giuridicamente completato (con l’iscrizione nel registro delle imprese a seguito di completa sottoscrizione oppure di parziale sottoscrizione trattandosi di aumento scindibile di capitale), si potrà definitivamente accreditare il conto acceso al “capitale sociale” chiudendo il conto “versamenti in conto aumento del capitale”.
Poiché dunque nel caso in esame l’aumento è scindibile, supponendo che non vi siano altre sottoscrizioni, a seguito dell’iscrizione nel registro della parte sottoscritta si ha la seguente rilevazione.
Perfezionamento dell’aumento scindibile
SP | A.VI | Versamenti in conto aumento del capitale |
500.000 | |
SP | A | Capitale sociale | 500.000 |
Seguirà quindi il richiamo dei decimi mancanti dei conferimenti in denaro già sottoscritti, nonché l’effettivo versamento dei medesimi.
Negli aumenti a pagamento compare spesso l’applicazione a carico dei soci sottoscrittori di un sovrapprezzo. Tale somma, aggiuntiva al conferimento di capitale sociale vero e proprio, si cumula
nella riserva per sovrapprezzo azioni (9.3.) inserita nel patrimonio netto.
La ragione di tale maggiorazione consiste nella situazione aziendale già avviata che ha consentito per il passato la formazione di autofinanziamento e che prospetta per il futuro una stabile redditività. In questi frangenti ai soci è richiesta una somma da apportare che non determina però possesso di quote di capitale: in pratica si configura come una specie di diritto fisso di entrata, al fine di mantenere inalterato il valore effettivo della partecipazione dei soci originari.
Il sovrapprezzo deve essere versato immediatamente (art. 2439 c.c.), così come i 2,5 decimi del valore nominale delle nuove azioni sottoscritte.
La riserva che ne accoglie le quote (art. 2431 c.c.), inoltre, non può essere distribuita finché la riserva legale (9.6.) non abbia raggiunto i limiti indicati dall’art. 2430 c.c. ed è riepilogata in bilancio alla voce A.II del passivo patrimoniale.
Il conguaglio utili (rateo dividendi) costituisce anch’esso una riserva di capitale in quanto proveniente da apporti di soci effettuati in occasione di aumenti di capitale sociale a pagamento.
Esso consiste in quote che i nuovi capitali pagano per poter partecipare alla successiva distribuzione di dividendi in posizione paritetica con le quote di capitale già conferite, nell’ipotesi in cui alla data dell’aumento di capitale l’impresa abbia già maturato un utile di esercizio.
Questa riserva è riepilogata in bilancio nella voce A.VI (“Altre riserve”) del passivo patrimoniale (9.7.).
Si supponga che una società per azioni aumenti di 500.000 euro il proprio capitale sociale con applicazione di un sovrapprezzo di 80.000 euro e di un conguaglio utili di 10.000 euro. Gli apporti sono tutti in denaro.
Sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 590.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 500.000 | |
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 80.000 | |
SP | A.VI | Conguaglio utili | 10.000 |
Seguirà poi la liberazione degli apporti, dovendo considerare che è però necessario l’immediato versamento del sovrapprezzo di 80.000 euro e dei 2,5 decimi del capitale sociale, pari a 125.000 euro. Tali decimi devono essere versati su un conto corrente bancario che, a differenza di quanto previsto nel caso della costituzione iniziale, non è vincolato.
Versamento del sovrapprezzo e dei 2,5 decimi
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 205.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 205.000 |
Negli aumenti di capitale sociale successivi vi è la possibilità che l’operazione avvenga tramite conversione di debiti della società nei confronti di terzi finanziatori. Giuridicamente non si è in presenza di un conferimento, quanto di una compensazione tra crediti e debiti, con conseguente inesistenza dell’obbligo di ricorrere alla perizia giurata (ai sensi dell’art. 2342 c.c.).
Un caso disciplinato dal Codice civile consiste nella emissione di obbligazioni convertibili (art. 2420-bis c.c.). In caso di prestito obbligazionario convertibile l’assemblea della società che decide l’emissione del prestito delibera un contemporaneo aumento di capitale sociale; la conversione in azioni avrà luogo secondo le condizioni prefissate nel primo mese di ciascun semestre. In alcuni casi la conversione può essere “indiretta” offrendo in conversione agli obbligazionisti delle azioni di società controllata.
Altri casi tipici consistono nella conversione in azioni di prestiti bancari nel caso di piani di risanamento finanziario oppure per le emissioni di prestito obbligazionario convertibile o nella
conversione di debiti di finanziamento verso altre imprese del gruppo.
Si supponga che una società per azioni nell’ambito di una ristrutturazione finanziaria aumenti il proprio capitale sociale emettendo azioni a fronte della conversione di un debito di finanziamento di 500.000 euro ottenuto da un pool di banche. Le rilevazioni contabili sono di seguito indicate.
Sottoscrizione iniziale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 500.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 500.000 |
Conversione del debito di finanziamento
SP | D.3 | Debiti v/banche | 500.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 500.000 |
Aumenti contabili di capitale sociale
Consistono nello storno di altre poste del netto per incrementare il capitale sociale. Essi non determinano nuovi apporti di risorse, ma si risolvono esclusivamente in
variazioni formali che comportano l’assoggettamento di determinati fondi alla disciplina
maggiormente vincolante stabilita dal legislatore per il capitale sociale. Le riserve
possono essere utilizzate a tale scopo solo nei limiti della parte “disponibile” (art. 2442 c.c.), ossia non vincolata per legge ad altri scopi.
Una società per azioni aumenta il capitale sociale imputandovi riserva sovrapprezzo azioni per 50.000 euro e riserve facoltative per 25.000 euro.
Aumento gratuito di capitale sociale
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 50.000 | |
SP | A.VI | Riserva facoltativa | 25.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 75.000 |
Partecipazione al capitale di dipendenti e amministratori
Molte società (specie quotate in borsa) hanno lanciato piani di azionariato a favore dei propri collaboratori: amministratori, dipendenti (sia dirigenti che esecutivi) ed altri (agenti, promotori finanziari, ecc.). Questi piani - definiti genericamente come piani di stock option - possono essere attuati secondo varie modalità tecniche.
Assegnazione gratuita di azioni a dipendenti - Ai lavoratori dipendenti possono essere assegnati utili tramite emissione di azioni pari agli utili da assegnare, aumentando il capitale sociale in misura corrispondente (art. 2349 c.c.).
Le azioni relative appartengono ad una categoria speciale, sulla quale lo statuto può deliberare norme particolari in ordine alla loro forma, al modo di trasferimento e ai diritti spettanti agli azionisti.
Dal punto di vista contabile, si tratta di destinare parte degli utili di esercizio ad una riserva temporanea che viene poi girata a capitale nel momento in cui sono emesse azioni da destinare gratuitamente ai dipendenti. Si può attingere anche da utili di esercizi precedenti e da riserve disponibili.
L’assemblea straordinaria può deliberare essa stessa l’aumento di capitale necessario, rimettendo al Consiglio di Amministrazione di stabilire le modalità di attuazione del piano, ovvero può deliberare l’importo massimo degli utili da distribuire, attribuendo, con apposita modifica dell’atto costitutivo, al Consiglio di Amministrazione (art. 2443 c.c.) la facoltà di deliberare, in una o più volte e per una durata massima fino a 5 anni, l’aumento gratuito di capitale; il Consiglio di Amministrazione è di norma delegato a definire il regolamento del piano, che ne prevede le condizioni e le modalità di attuazione.
È spesso previsto un vincolo di indisponibilità delle azioni attribuite per una durata predeterminata (in genere 3 anni).
Una società accantona ad una riserva transitoria, per assegnazione azioni gratuite ai dipendenti, utili per 400.000 euro. Nell’esercizio successivo utilizza questa riserva per emettere n. 50.000 azioni con valore nominale di 10 euro ciascuna da assegnare gratuitamente ai dipendenti (art. 2349 c.c.). A tale scopo gira anche 100.000 euro da altra riserva disponibile.
Accantonamento degli utili a riserva transitoria
SP | A.IX | Utile di esercizio | 400.000 | |
SP | A.VI | Riserva per azioni gratuite ex art. 2349 c.c. |
400.000 |
Segue nell’esercizio successivo l’aumento gratuito di capitale sociale, con emissione delle azioni da assegnare ai dipendenti.
Emissione azioni gratuite
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 100.000 | |
SP | A.VI | Riserva per azioni gratuite ex art. 2349 c.c. |
400.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 500.000 |
Emissione di azioni a dipendenti e altri collaboratori a pagamento (Stock option) - Possono essere emesse azioni ordinarie con limitazione del diritto d’opzione (art. 2441, c. 8, c.c.). In questo caso la società può decidere di far pagare o meno una quota del prezzo delle azioni ai dipendenti.
Tali azioni possono essere anche frazioni di più ampi aumenti di capitale offerti o meno in opzione ai soci. È pacificamente ritenuto che con riferimento agli aumenti di capitale o alle quote di essi riservati ai dipendenti le azioni possano essere emesse anche senza sovrapprezzo ovvero con un sovrapprezzo inferiore a quello da stabilirsi obbligatoriamente nelle altre ipotesi di esclusione del diritto di opzione (art. 2441, c. 6, c.c.).
Come nel caso “Aumento di capitale gratuito” (9.2.2.), l’assemblea può deliberare direttamente l’aumento di capitale ovvero modificare
l’atto costitutivo attribuendo la facoltà relativa al Consiglio di Amministrazione.
Dal punto di vista contabile emerge una tipica rilevazione connessa ad aumento di capitale sociale (con o senza sovrapprezzo) avente in contropartita un credito verso soci. Tale credito viene poi compensato con versamento di denaro oppure anche tramite conversione del TFR già maturato per i dipendenti destinatari delle azioni.
Alfa Spa delibera di emettere n. 50.000 azioni dal valore nominale di 10 euro ciascuna a favore di dipendenti con esclusione del diritto d’opzione (art. 2441, c. 8, c.c.). Su ciascuna azione viene applicato un sovrapprezzo di 2 euro.
Sottoscrizione dell’aumento
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 600.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 500.000 | |
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 100.000 |
L’estinzione del credito verso i soci avviene per metà con compensazione del TFR e per metà con versamento di denaro.
Pagamento da parte dei soci
SP | C.IV.1 | Banche c/c | 300.000 | |
SP | C | TFR | 300.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 600.000 |
Beta Spa aumenta il capitale sociale emettendo complessivamente 300.000 azioni. Di queste decide di riservare una parte pari a 150.000 azioni a favore dei dipendenti. Le nuove azioni dal valore nominale di 5 euro ciascuna sono emesse ad un prezzo di sottoscrizione di 8 euro per i dipendenti e di 9 euro per gli altri sottoscrittori. Il sovrapprezzo complessivo è dunque pari a (3 x 150.000) + (4 x 150.000) = 1.050.000 euro. La sottoscrizione dell’aumento è integrale.
Sottoscrizione dell’aumento
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 2.550.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 1.500.000 | |
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 1.050.000 |
Seguirà quindi il pagamento secondo le modalità concordate.
Vendita di azioni proprie e di società controllanti e controllate - L’attuazione di piani di stock option a favore dei dipendenti, propri o di società del gruppo, attraverso la vendita di azioni proprie è soggetta alle disposizioni dell’art. 2357-ter c.c., ai sensi del quale gli amministratori non possono disporre delle azioni proprie acquistate se non previa autorizzazione dell’assemblea ordinaria, che deve stabilire le relative modalità.
Una società per azioni decide di cedere 200.000 euro di azioni proprie detenute in
portafoglio ai propri dipendenti convertendo parte del debito per remunerazioni che
questi vantano verso l’azienda. Il prezzo di vendita delle azioni proprie coincide
con il costo di acquisto delle medesime (9.10.).
Cessione delle azioni proprie
SP | A | Dipendenti c/retribuzioni | 200.000 | |
SP | A.X | Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio | 200.000 |
9.2.3. Riduzioni
9.2.3.RiduzioniLe riduzioni di capitale sociale possono avere luogo per (
27.2.):
-
libera volontà dei soci, qualora si ritenga esuberante la sua misura o si intendano comunque perseguire particolari politiche;
-
uscita di un socio dalla compagine sociale con rimborso delle somme apportate;
-
copertura di perdite.
Diverse sono le problematiche connesse a ciascuna motivazione e le forme tecniche di realizzazione della riduzione di capitale sociale. Indipendentemente da queste, la riduzione di capitale sociale rappresenta una modifica dell’atto costitutivo e quindi richiede, per le società di capitali, l’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria (art. 2365 c.c.) ed il rispetto dei controlli e delle forme di pubblicità previste (art. 2436 c.c.).
Riduzioni per esuberanza
Nel caso venga deliberata una riduzione per esuberanza, le norme civilistiche pongono delle tutele per i terzi creditori, considerato che la riduzione del capitale sociale costituisce decremento delle garanzie per i terzi. Tale delibera, adeguatamente motivata, può essere eseguita solo dopo che siano trascorsi 90 giorni dalla sua iscrizione nel registro delle imprese senza che nessun creditore abbia fatto opposizione (art. 2445 c.c.).
Le modalità tecniche con le quali è possibile procedere alla riduzione del capitale esuberante consistono nel:
-
rimborso di azioni ordinarie con relativa fuoriuscita di risorse dalla gestione; detto rimborso può essere proporzionale per tutti i soci con conseguente riduzione del valore nominale delle azioni in circolazione, oppure può essere casuale, con estrazione a sorte delle azioni da rimborsare;
-
liberazione dei soci dall’obbligo di effettuare dei versamenti ancora dovuti (solo nel caso in cui il capitale non sia stato integralmente liberato);
-
acquisto sul mercato di azioni proprie e conseguente annullamento delle stesse con relativa riduzione dell’ammontare del capitale sociale.
Si supponga che l’assemblea di una società per azioni deliberi un rimborso di capitale sociale di 100.000 euro tramite riduzione del valore nominale delle azioni. Segue poi il definitivo regolamento a mezzo banca. Contabilmente si tratta di addebitare il conto acceso al capitale sociale rilevando in contropartita un debito verso soci per rimborso del capitale.
Rimborso azioni ordinarie tramite riduzione del valore nominale del capitale sociale per esuberanza
SP | A.1 | Capitale sociale | 100.000 | |
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 100.000 |
Regolamento del rimborso di azioni sociali
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 100.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 100.000 |
Laddove si fosse proceduto ad estrazione a sorte anziché a riduzione del valore nominale, la rilevazione non sarebbe mutata. Nel caso in cui invece i soci non avessero ancora integralmente versato le quote sottoscritte, il regolamento non avverrebbe tramite banca, ma si risolverebbe in un giroconto contabile ove all’estinzione del conto “soci c/rimborsi” avrebbe fatto fronte la riduzione per eguale importo del conto soci c/sottoscrizioni.
Regolamento del rimborso di azioni sociali in presenza di versamenti ancora da liberare
SP | A.1 | Capitale sociale | 100.000 | |
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 100.000 |
Riduzioni per uscita soci
Per le società non quotate il riferimento è costituito dalla consistenza patrimoniale della società e dalle sue prospettive reddituali, oltreché dall’eventuale valore di mercato delle azioni; per le società quotate in borsa la quota di capitale deve essere rimborsata secondo il prezzo medio dell’ultimo semestre, ma lo statuto può prevedere che il valore di liquidazione sia determinato applicando il criterio previsto per le società non quotate, ove non risulti inferiore (art. 2437-ter c.c.).
Lo statuto può prevedere criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione (art. 2437-ter, c. 4, c.c.).
Si supponga che in una società per azioni non quotata un socio receda a norma (art. 2437 c.c.); la sua quota di liquidazione è così composta: capitale sociale 30.000 euro; riserva sovrapprezzo azioni 8.000 euro; riserva straordinaria 5.000 euro.
Liquidazione della quota
SP | A.1 | Capitale sociale | 30.000 | |
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 8.000 | |
SP | A.VI | Riserva facoltativa | 5.000 | |
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 43.000 |
Seguirà quindi il pagamento secondo le modalità concordate.
Riduzioni per perdite
La copertura contabile di una perdita consiste nel ridurre delle componenti del capitale netto in contropartita alla estinzione della perdita. Si sancisce così che la parte di ricchezza distrutta nell’esercizio trascorso riguarda i mezzi propri che più degli altri finanziamenti scontano tale rischio gestionale. A tale scopo le prime poste ad essere utilizzate sono le riserve: le riserve facoltative per prime, quindi quelle obbligatorie. Nell’eventualità in cui le riserve contabili non fossero sufficienti, si deve ricorrere alla riduzione del capitale sociale, operazione estrema che testimonia la difficoltà della situazione aziendale. Tale scopo può essere raggiunto con la modalità tecnica della riduzione del valore nominale delle azioni o con la riduzione del numero delle azioni in circolazione (eventualmente tramite acquisti sul mercato).
Una società per azioni decide di coprire perdite pregresse per 180.000 euro utilizzando interamente riserve facoltative per 90.000 euro e riserva legale per 20.000. Per la parte residua si riduce il capitale sociale.
Copertura delle perdite con utilizzo di riserve e capitale
SP | A.VI | Riserva facoltativa | 90.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 20.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 70.000 | |
SP | A.VIII | Perdite a nuovo | 180.000 |
Riduzioni superiori a 1/3 del capitale sociale
Una particolare situazione per le società di capitali si verifica quando l’entità di tali perdite (già ridotte nei limiti delle riserve esistenti) eccede il terzo del capitale sociale. In tali casi si impone una particolare procedura d’urgenza (l’art. 2446 c.c.) che obbliga gli amministratori della società ad informare senza indugio l’assemblea per i provvedimenti del caso. La legge obbliga alla riduzione del capitale sociale in misura corrispondente alle perdite qualora nell’esercizio successivo tale perdita non fosse ridotta a meno di 1/3 del capitale sociale.
Si supponga che una società per azioni rilevi per l’esercizio X una perdita di 800.000 euro a fronte di un capitale sociale di 1.000.000 di euro, riserva legale di 100.000 euro e riserva facoltativa di 80.000 euro. Poiché la perdita, al netto delle riserve, eccede il terzo del capitale sociale, gli amministratori propongono all’assemblea la copertura delle perdite tramite abbattimento delle riserve e del capitale sociale ed un successivo aumento di capitale di 400.000 euro senza attendere gli esiti del successivo esercizio. L’assemblea accetta tale proposta.
Copertura contabile della perdita
SP | A.VI | Riserva facoltativa | 80.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 100.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 620.000 | |
SP | A.IX | Perdite esercizio X | 800.000 |
Contestuale sottoscrizione dell’aumento di capitale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 400.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 400.000 |
Seguirà quindi l’apporto dei versamenti sottoscritti con preventivo conferimento dei 2,5 decimi obbligatori.
Riduzioni per morosità del socio
Se un socio deve ancora liberare i conferimenti sottoscritti già richiamati, gli amministratori possono metterlo in mora (art. 2344 c.c.).
Trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della diffida al pagamento gli amministratori possono far vendere le azioni a rischio per conto del socio moroso. All’acquirente vengono consegnate nuove azioni, in corrispondenza di quelle del socio moroso che vengono annullate. La somma derivante dalla vendita è impiegata per coprire il credito verso il socio moroso, eventualmente maggiorata degli interessi.
Se l’incasso è superiore, la differenza rappresenta un debito verso il socio; se l’incasso è inferiore, la differenza permarrà come credito nei confronti del socio.
Se le azioni rimangono invendute, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo i conferimenti già effettuati, salvo il risarcimento dei maggiori danni.
Se entro l’esercizio in cui è stata pronunciata la dichiarazione di decadenza non è stato possibile ricollocare le azioni del socio moroso, il capitale sociale deve essere corrispondentemente ridotto, annullando in contropartita il credito per i decimi ancora dovuti. La differenza
tra la riduzione del capitale e i decimi che il socio aveva versato confluisce in
una riserva di capitale (ad esempio riserva sovrapprezzo azioni) (9.3.).
Si supponga che un socio sottoscrittore di 500 azioni con valore nominale di 100 euro, debba ancora liberare 7,5 residui. Gli amministratori, dopo averlo diffidato, aver atteso i giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ed aver provato senza successo a vendere le 500 azioni, dichiarano decaduto il socio. Il capitale sociale dovrà quindi essere ridotto di 50.000 euro, mentre i 2,5 decimi già incassati confluiscono nella riserva sovrapprezzo azioni.
Messa in mora del socio
SP | A.1 | Soci morosi c/decimi richiamati | 37.500 | |
SP | A.1 | Soci c/decimi richiamati | 37.500 |
Riduzione del capitale sociale per decadenza del socio
SP | A.I | Capitale sociale | 50.000 | |
SP | A.1 | Soci morosi c/decimi richiamati | 37.500 | |
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 12.500 |
Interventi connessi all’emergenza epidemiologica da Covid-19
A seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, sono state introdotte alcune disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale sociale, applicabili a decorrere dal 9 aprile 2020 e fino alla data del 31 dicembre 2020 (c.d. Decreto “Liquidità” D.L. n. 23/2020).
Per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la data del 31 dicembre 2020, diventano inoperative le disposizioni di cui agli artt. 2446, c. 2 e 3 (Riduzione del capitale sociale per perdite), 2447 (Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale), 2482-bis, c. 4, 5 e 6 (Riduzione del capitale per perdite), e 2482-ter c.c. (Riduzione del capitale al disotto del minimo legale).
Inoltre, per lo stesso periodo non si applica la causa di scioglimento della società per riduzione e perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, c. 1, n. 4 (Cause di scioglimento) e 2545-duodecies (Scioglimento) c.c.
Si ritiene che per poter disapplicare i suddetti rimedi societari ordinariamente previsti dal Codice civile in caso di perdite e la suddetta causa di scioglimento debba ricontrarsi, seguendo la ratio della norma, l’esistenza di un nesso causale tra l’emersione delle perdite e la situazione emergenziale derivante dall’epidemia.
Tali disposizioni temporanee sono state modificate dalla Legge di bilancio per il 2021 (art. 1, c. 266, Legge n. 178/2020), come segue:
-
quanto sopra illustrato è applicabile alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020;
-
inoltre:
-
il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di 1/3 (ai sensi degli artt. 2446, c. 2, e 2482-bis, c. 4, c.c.) è posticipato al quinto esercizio successivo, e l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate;
-
l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori nelle ipotesi di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (ai sensi degli artt. 2447 o 2482-ter c.c.), in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo; l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter, e fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, c. 1, n. 4), e 2545-duodecies c.c.;
-
le perdite sopra illustrate devono essere distintamente indicate nella Nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio.
-
Il D.L. n. 228/2021 (c.d. Decreto Milleproroghe 2022) ha previsto che le disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale sociale sopra illustrate siano applicabili anche alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2021 (art. 3, c. 1-ter, D.L. n. 228/2021).
Da ultimo, il D.L. n. 198/2022 (c.d. Decreto Milleproroghe 2023) ha ulteriormente disposto che le suddette norme siano applicabili anche alle perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2022 (art. 3, c. 9, D.L. n. 198/2022).
9.3. Riserva da sovrapprezzo delle azioni
9.3.Riserva da sovrapprezzo delle azioniIl sovrapprezzo sul valore nominale delle nuove azioni emesse deve essere versato immediatamente (art. 2439 c.c.) e deve confluire nell’apposita riserva da sovrapprezzo delle azioni riepilogata in bilancio alla voce A.II del passivo patrimoniale che non può essere distribuita finché la riserva legale (
9.6.) non abbia raggiunto 1/5 del capitale sociale (artt. 2430 e 2431 c.c.).
Al di là della ratio economica propria dell’istituto del sovraprezzo di emissione, la previsione di quest’ultimo può essere ritenuta opportuna in funzione del perseguimento dell’obiettivo di una maggiore protezione del capitale sociale in caso di perdite.
Quando risulta infatti che il capitale sociale è diminuito di oltre 1/3 in conseguenza
di perdite di esercizio, gli amministratori o il Consiglio di gestione (e, nel caso
di loro inerzia, il Collegio sindacale o il Consiglio di sorveglianza) devono senza
indugio convocare l’assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti, con obbligo
di ricostituzione del capitale sociale se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di 1/3 del
capitale sociale (art. 2446 c.c.) (9.2.3.).
Al di fuori del vincolo di non distribuibilità (destinato, peraltro, a sussistere solo fino all’avverarsi della condizione risolutiva del raggiungimento della soglia “minima” da parte della riserva legale), la riserva da sovraprezzo di emissione è sempre disponibile, quale che sia l’entità della riserva legale.
A mero titolo esemplificativo, la riserva in questione può essere utilizzata per:
-
imputazione a capitale sociale;
-
copertura di perdite;
-
altri utilizzi nell’ambito del patrimonio netto, quale ad esempio l’utilizzo ad incremento della riserva legale.
Una società per azioni, dopo aver verificato che la riserva legale ha raggiunto una quota almeno pari al 20% del capitale sociale, provvede a distribuire ai soci, tramite bonifico bancario, una parte della riserva sovrapprezzo azioni pari a 50.000 euro.
Liquidazione dell’utilizzo della riserva sovrapprezzo
SP | A.II | Riserva sovrapprezzo azioni | 50.000 | |
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 50.000 |
Rimborso della riserva sovrapprezzo
SP | D.14 | Soci c/rimborsi | 50.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 50.000 |
9.4. Riserve di rivalutazione
9.4.Riserve di rivalutazioneSono poste del netto patrimoniale non derivanti da apporti di nuove risorse dall’esterno ma da accrescimenti di valore di elementi iscritti nell’attivo patrimoniale. Tali accrescimenti sono giustificati da cause esclusivamente monetarie o da cause, in senso più ampio, economiche.
Le riserve di rivalutazione sono di tipo monetario o economico.
9.4.1. Riserve per rivalutazioni monetarie
9.4.1.Riserve per rivalutazioni monetarieLe rivalutazioni monetarie traggono origine dall’incidenza degli andamenti inflazionistici che determinano peculiari effetti sul sistema dei valori contabili. In particolare, l’inflazione rende scarsamente significativo il costo storico delle immobilizzazioni, per cui i conseguenti ammortamenti sarebbero calcolati su una base anche molto inferiore rispetto al valore di sostituzione. Gli effetti finali consistono in minori costi con conseguente incapacità di procedere poi al rinnovo delle stesse immobilizzazioni e con realizzazione di un utile “fittizio” da inflazione sul quale tuttavia saranno applicate delle imposte “effettive”.
Una rivalutazione volontaria da parte delle aziende per fronteggiare gli andamenti inflattivi non è consentita civilisticamente; il legislatore pone espressamente il costo storico (o valore realizzabile se minore) quale limite per l’iscrizione delle attività di bilancio. L’esistenza di fenomeni inflattivi non costituisce causa sufficiente per derogare alla normativa di bilancio, secondo la possibilità concessa ai sensi dell’art. 2423, c. 5, c.c.
Pertanto, le rivalutazioni monetarie sono possibili solo a seguito di specifico intervento legislativo che consenta la deroga ai principi civilistici.
Il principale modello normativo di riferimento è tuttora costituito dalla Legge di rivalutazione monetaria n. 342/2000. Tale modello è valevole anche per le leggi di rivalutazione successive, comprese le più recenti più oltre illustrate, le quali espressamente rinviano per molteplici aspetti agli articoli della Legge n. 342/2000.
Rivalutazione monetaria ex Legge n. 342/2000
Si sono potute compiere rivalutazioni nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello chiuso entro il 31 dicembre 1999 (in sostanza, se l’esercizio coincide con l’anno solare, con il bilancio dell’esercizio 2000). Tuttavia, in alcuni casi la disposizione ha permesso di eseguire la rivalutazione anche nell’esercizio successivo (2001), in base alla Legge n. 342/2000.
La rivalutazione, che può essere compiuta da una serie di soggetti, tra cui le società di capitali, è facoltativa e può riguardare le seguenti tipologie di beni:
-
immobilizzazioni materiali (
3.), compresi i beni di costo unitario non superiore ad un milione, nonché quelli completamente ammortizzati;
-
beni immateriali quali diritti di brevetto e di utilizzazione delle opere dell’ingegno, marchi, diritti di concessione e di licenza (ad esclusione quindi degli oneri immateriali quali costi di impianto e di ampliamento
, avviamento, costi di ricerca, sviluppo e pubblicità) (
2.);
-
partecipazioni immobilizzate in società controllate e collegate.
Tali beni devono essere stati acquisiti fino al termine dell’esercizio chiuso entro il 31 dicembre 1999 e risultare dal bilancio relativo.
Se decisa, la rivalutazione deve riguardare tutti i beni della stessa categoria omogenea.
La legge non fissa coefficienti di rivalutazione ma stabilisce unicamente che i beni rivalutati non superino il valore di mercato o, se maggiore, il valore fondatamente attribuibile con riguardo alla capacità produttiva ed alle possibilità di economico sfruttamento del cespite; il criterio prescelto deve essere unico per ogni categoria omogenea.
In Nota integrativa deve essere fornita indicazione dell’operazione. Gli amministratori ed il collegio sindacale devono inoltre indicare nelle loro relazioni al bilancio i criteri seguiti per la rivalutazione e fornire attestazione che il valore non eccede il limite sopra indicato.
Imposta sostitutiva
Sui maggiori valori deve essere pagata un’imposta sostitutiva. L’aliquota di tale imposta è del 19% per i beni ammortizzabili e del 15% per i beni non ammortizzabili (terreni, partecipazioni) e va versata (o compensata con importi a credito derivanti da altre imposte) entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sul reddito in unica soluzione oppure potendo sfruttare una rateizzazione fino a 3 rate annuali di pari importo con il pagamento dei dovuti interessi.
L’imposta sostitutiva è indeducibile e va computata in diminuzione del saldo attivo di rivalutazione. Il maggior valore derivante dalla rivalutazione è riconosciuto ai fini fiscali per la determinazione delle quote di ammortamento e delle plusvalenze/minusvalenze in caso di eventuale cessione.
Beni ammortizzabili
Mentre per i beni non ammortizzabili non vi sono problemi contabili particolari, per i beni ammortizzabili contabilmente si possono adottare tre metodi:
-
il primo prevede un incremento sia del costo storico quanto del fondo ammortamento, in modo che la differenza dei loro incrementi sia pari all’effettiva rivalutazione;
-
il secondo riguarda solo l’aumento del costo storico;
-
il terzo riguarda la riduzione del fondo ammortamento.
I tre metodi sono specificamente previsti dal decreto contenente modalità di attuazione delle disposizioni delle Legge n. 342/2000 (art. 5, D.M. n. 16/2001).
Seppur sia riconosciuto (OIC 16 “Immobilizzazioni materiali”, par. 74) che i criteri per procedere alla rivalutazione e le metodologie adottate per la sua applicazione debbano conformarsi a quanto stabilito dalla legge in base alla quale la rivalutazione è effettuata, è altresì specificato che la rivalutazione di un’immobilizzazione materiale non modifica la stimata residua vita utile del bene, in quanto la stessa prescinde dal valore economico del bene (OIC 16, par. 77): a tal riguardo, si segnala che soltanto il primo dei tre metodi sopra esposti garantisce il mantenimento del periodo originario di ammortamento ossia l’assenza di modifiche nella stima della vita utile residua.
Si supponga che una società per azioni decida di rivalutare i propri immobili industriali con valore residuo complessivo di 800.000 euro (acquistati per 1.000.000 euro ed ammortizzati per il 20%, pari a 200.000) per portarli ad un nuovo valore residuo di 1.200.000 euro.
Seguendo il primo metodo sopra esposto, la rivalutazione deve far aumentare tanto il valore lordo dei cespiti quanto il fondo ammortamento. Quindi l’aumento del 50% [(1.200.000 - 800.000)/800.000] riguarda sia il costo storico degli immobili, che passa a 1.500.000 euro, sia il fondo ammortamento, che diviene pari a 300.000.
La differenza di 400.000 euro rappresenta il saldo attivo di rivalutazione.
Rivalutazione immobile ai sensi della Legge n. 342/2000
SP | B.II.1 | Immobili | 500.000 | |
SP | B.II.1 (-) | Fondo ammortamento immobili | 100.000 | |
SP | A.III | Saldo attivo rivalutazione monetaria Legge n. 342/2000 | 400.000 |
In questo modo si mantiene valido il piano di ammortamento iniziale, attribuendo al cespite un valore lordo superiore al valore corrente di mercato.
Il secondo metodo invece si risolverebbe semplicemente nell’aumento del costo storico per portarlo, fermo restando il fondo ammortamento, al nuovo valore residuo.
Il terzo metodo invece, che prevedrebbe il movimento opposto del fondo ammortamento, in questo caso non è applicabile, in quanto il valore limite della rivalutazione supera il fondo.
Sul saldo attivo grava un’imposta sostitutiva del 19%, pari quindi a 76.000 euro, che va a diminuire il saldo attivo precedentemente determinato a fronte dell’insorgenza del debito verso l’erario.
Stanziamento dell’imposta sostitutiva sul saldo attivo di rivalutazione
SP | A.III | Saldo attivo rivalutazione monetaria Legge n. 342/2000 | 76.000 | |
SP | D.12 | Debiti verso erario per imposta sostitutiva su rivalutazione monetaria |
76.000 |
Il saldo attivo può successivamente essere:
-
girocontato ad aumento del capitale sociale;
-
accantonato a specifica riserva, denominata con espresso riferimento alla legge di rivalutazione, la quale può essere ridotta solamente con osservanza dell’art. 2445 c.c., e dovendo altresì considerare che, in caso di copertura di perdite, non si possono distribuire utili finché la riserva non sia stata reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria;
-
distribuito ai soci.
In caso di distribuzione ai soci del saldo attivo, sia direttamente, sia tramite riduzione dell’apposita riserva o del capitale aumentato a seguito della rivalutazione, le somme versate, aumentate della quota corrispondente di imposta sostitutiva, vanno ad aumentare il reddito imponibile della società e dei soci percipienti. Su tali somme spetta peraltro un credito di imposta pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata.
Se il saldo attivo viene capitalizzato e successivamente si decide di distribuire o rimborsare il capitale, le riduzioni di capitale si ritengono effettuate con gli importi derivanti dal saldo attivo di rivalutazione derivante dall’applicazione della norma in questione e dai saldi attivi derivanti da precedenti rivalutazioni fino alla loro capienza, per cui tale quota di capitale rimborsato determina reddito imponibile per la società e per i soci.
Se la società decide di iscrivere il saldo nell’apposita riserva, da riepilogare nella voce A.III del passivo patrimoniale, la rilevazione contabile è la seguente.
Accantonamento a riserva del saldo attivo di rivalutazione
SP | A.III | Saldo attivo rivalutazione monetaria Legge n. 342/2000 | 324.000 | |
SP | A.III | Riserva di rivalutazione monetaria Legge n. 342/2000 |
324.000 |
Successivamente la società procede al versamento della prima rata dell’imposta sostitutiva dovuta unitamente alle altre imposte sul reddito.
Rivalutazione monetaria D.L. n. 104/2020
Il c.d. Decreto “Agosto” (D.L. n. 104/2020) ha riproposto la disciplina sulla rivalutazione monetaria. Gli aspetti contabili della suddetta rivalutazione sono illustrati nel Documento interpretativo 7 emanato dall’OIC nel mese di marzo 2021. Nell’ambito della disciplina di rivalutazione si segnala in particolare che:
-
i beni rivalutabili devono risultare dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019;
-
la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019;
-
il saldo attivo della rivalutazione può essere in tutto o in parte affrancato con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva pari al 10%;
-
il maggior valore attribuito ai beni con detta rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto (ai fini dell’IRES e dell’IRAP) a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ossia, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, a decorrere dall’esercizio 2021;
-
l’imposta sostitutiva dovuta è pari al 3% per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili;
-
in caso di cessione dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita - ossia, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, in data precedente il 1° gennaio 2024 - il costo del bene fiscalmente rilevante ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze non comprende la rivalutazione in commento;
-
le imposte sostitutive sono versate in un massimo di 3 rate annuali di pari importo, di cui la prima entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
-
la rivalutazione può anche essere effettuata a soli fini civilistici, senza oneri fiscali.
Il D.L. n. 41/2021 ha integrato le suddette disposizioni, disponendo che:
-
la rivalutazione può essere eseguita anche nel bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, con esclusivo riferimento ai beni non rivalutati nel bilancio precedente e con effetti solo civilistici, senza pertanto la possibilità di affrancamento del saldo attivo di rivalutazione e di riconoscimento degli effetti a fini fiscali.
Da ultimo, la Legge di bilancio 2022 (art. 1, c. 622-624, Legge n. 234/2021) ha modificato il contenuto del D.L. n. 104/2020, disponendo in particolare che:
-
la deduzione del maggior valore imputato ai marchi e all’avviamento deve essere effettuata in misura non superiore, per ciascun periodo d’imposta, a un cinquantesimo di detto importo (con la previsione di disposizioni specifiche ulteriori in caso di cessione a titolo oneroso, assegnazione ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa o nel caso di eliminazione dal complesso produttivo delle suddette attività);
-
è peraltro possibile dedurre il suddetto maggior valore imputato ai marchi e all’avviamento in misura non superiore, per ciascun periodo d’imposta, a 1/18 di detto importo (potendosi così applicare le disposizioni ordinariamente previste dall’art. 103 del D.P.R. n. 917/1986), mediante il versamento di un’imposta sostitutiva in misura pari a quella stabilita dall’art. 176, c. 2-ter, del D.P.R. n. 917/1986 (ossia pari al 12%, 14% o 16% a seconda dell’entità dei maggiori valori), al netto dell’imposta sostitutiva del 3% già determinata; detto versamento è da effettuare in un massimo di 2 rate annuali di pari importo, di cui la prima entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
-
le suddette modifiche hanno effetto a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, con facoltà, per le società che abbiano già effettuato il versamento delle imposte sostitutive originariamente determinate, di revocare, anche parzialmente, l’applicazione della disciplina fiscale della rivalutazione, con diritto al rimborso ovvero all’utilizzo in compensazione dell’importo delle imposte sostitutive versate.
L’estensione sopra illustrata del periodo di ammortamento fiscale di marchi e avviamento ad almeno 50 anni determina l’emersione di differenze temporanee deducibili tra i valori contabili delle suddette immobilizzazioni e i corrispondenti valori fiscalmente riconosciuti, con conseguente rilevazione, nel rispetto del postulato della prudenza, di imposte differite attive (OIC, Documento interpretativo 4 maggio 2022, n. 10 par. 9).
Ove invece ci si avvalga della facoltà di mantenere il periodo di ammortamento fiscale a 18 anni mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva a tal fine dovuta, occorre rilevare in bilancio un debito per imposta sostituiva integrativa con contropartita patrimonio netto (OIC, Documento interpretativo 4 maggio 2022, n. 10, par. 11).
Rivalutazione monetaria ex Legge n. 160/2019
La Legge di bilancio 2020 (Legge n. 160/2019) ha riproposto la disciplina sulla rivalutazione monetaria, sostanzialmente ricalcando quanto previsto dalla Legge n. 145/2018, con le seguenti principali modifiche:
-
i riferimenti temporali slittano di un anno, partendo dal fatto che i beni rivalutati devono risultare dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018;
-
l’imposta sostitutiva dovuta è ridotta al 12% per i beni ammortizzabili e al 10% per i beni non ammortizzabili;
-
è previsto il pagamento rateale delle imposte sostitutive.
Il c.d. Decreto “Liquidità” (D.L. n. 23/2020) ha previsto che detta rivalutazione possa essere effettuata anche nel bilancio dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021.
Rivalutazione monetaria ex Legge n. 145/2018
La Legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018) ha riproposto la disciplina sulla rivalutazione monetaria. Gli aspetti contabili della suddetta rivalutazione sono illustrati nel documento interpretativo 5 emanato dall’OIC nell’aprile 2019. Nell’ambito della disciplina di rivalutazione si segnala in particolare che:
-
i beni rivalutabili devono risultare dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2017;
-
la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017;
-
il saldo attivo della rivalutazione può essere in tutto o in parte affrancato con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva pari al 10%;
-
il maggior valore attribuito ai beni con detta rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto (ai fini dell’IRES e dell’IRAP) a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ossia, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, a decorrere dall’esercizio 2021;
-
l’imposta sostitutiva dovuta è pari al 16% per i beni ammortizzabili e al 12% per i beni non ammortizzabili;
-
in caso di cessione dei beni rivalutati in data anteriore a quella di inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita - ossia, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare, in data precedente il 1° gennaio 2022 - il costo del bene fiscalmente rilevante ai fini della determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze non comprende la rivalutazione in commento;
-
le imposte sostitutive vanno versate in unica soluzione entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita;
-
nel caso in cui ci si avvalga della disposizione che disciplina l’allineamento dei valori fiscali dei beni a quelli di bilancio (art. 14, Legge n. 342/2000), i maggiori valori dei beni immobili si considerano fiscalmente riconosciuti a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° dicembre 2020.
9.4.2. Riserve per rivalutazioni economiche
9.4.2.Riserve per rivalutazioni economichePer rivalutazione economica si intende l’incremento di valore di alcune attività a fronte di un aumento di poste del netto per cause non legate ad andamenti inflazionistici bensì a dinamiche gestionali, di mercato o ambientali incidenti sulla sostanza economica del valore dei beni.
Le rivalutazioni economiche non sono consentite dalle disposizioni civilistiche per il rispetto del criterio del costo storico o del valore di mercato se minore (art. 2426, c. 1, nn. 1, 2, 3, 9, c.c.).
Casi eccezionali
In teoria, una circostanza del genere potrebbe verificarsi solo in casi eccezionali, quando si verifichino le condizioni per l’applicazione della deroga alle disposizioni sul bilancio per rispetto della rappresentazione veritiera e corretta (art. 2423, c. 5, c.c.) ed in ogni caso la rivalutazione trova un limite nel valore recuperabile (la cui stima deve essere attentamente controllata in ogni esercizio).
In tali casi bisognerà specificare nella Nota integrativa i motivi di tale comportamento evidenziando l’influenza sui conti annuali (Conto economico e Stato patrimoniale).
Se poi dalla deroga derivassero degli utili, come accade nei casi di rivalutazione economica, essi debbono essere inseriti in una riserva non distribuibile costituente (denominabile “riserva di rivalutazione ai sensi dell’art. 2423, c. 5, c.c.”) a tutti gli effetti posta del patrimonio netto e riepilogabile nella voce A.VI “altre riserve”. Questa riserva permane indistribuibile fino a che gli utili potenziali non si siano effettivamente realizzati, in via diretta, per la cessione del bene, o in via indiretta, a seguito del recupero graduale delle quote di ammortamento con i ricavi d’esercizio.
La qualifica di eccezionalità delle cause possibili di tali rivalutazioni impedisce una loro previsione.
Si ritiene che i casi eccezionali (art. 2423, c. 5, c.c.) siano individuabili in eventi che modificano sostanzialmente la natura o la destinazione economica dei beni nell’ambito dei processi produttivi; ciò porta ad escludere dal novero dei casi eccezionali situazioni che riguardino l’intera azienda (esercizio in perdita, andamenti inflazionistici, ecc.), consentendo solo di considerare circostanze relative a singoli elementi dell’attivo (circ. Consob del 7 febbraio 1992). Un classico esempio è quello della modifica di un piano regolatore comunale che muta la destinazione da agricola a edificabile di un terreno di proprietà dell’azienda.
Una società per azioni decide di incrementare il proprio patrimonio netto rivalutando un terreno del valore contabile di 300.000 euro, a seguito di mutata destinazione della destinazione originaria per effetto della approvazione di un nuovo piano regolatore comunale, adeguandolo al suo valore di mercato di 450.000 euro, prezzo concordato con 1/3 in previsione di una vendita successiva.
Tale scelta costituisce deroga di cui all’art. 2423, c. 5, c.c. In bilancio si provvede a darne adeguata motivazione. Il collegio sindacale è tenuto a pronunziarsi su tale opzione.
Rivalutazione economica del terreno
SP | B.II.1 | Terreni | 150.000 | |
SP | A.VI | Riserva di rivalutazione ai sensi dell’art. 2423, c. 5, c.c. | 150.000 |
Si supponga poi che successivamente il terreno in questione sia effettivamente venduto ad un prezzo di 470.000 euro, assoggettato ad IVA con aliquota ordinaria (pari a 470.000 x 0,22 = 103.400 euro). In tale momento è stornata la riserva di rivalutazione a fronte di una plusvalenza.
Liquidazione della vendita del terreno
SP | C.II.5-quater | Crediti v/altri | 573.400 | |
SP | A.VI | Riserva di rivalutazione ai sensi dell’art. 2423, c. 5, c.c. | 150.000 | |
SP | B.II.1 | Terreni | 450.000 | |
SP | D.12 | IVA a debito | 103.400 | |
CE | A.5 | Plusvalenze alienazione cespiti | 170.000 |
9.5. Riserve obbligatorie e riserve facoltative
9.5.Riserve obbligatorie e riserve facoltativeIn linea generale si può effettuare una distinzione tra riserve “obbligatorie” e riserve “facoltative”.
Il conseguimento di un utile di esercizio comporta l’obbligatorio accantonamento, per le società di capitali, di una quota di utili alla riserva legale (art. 2430 c.c.) ed alle eventuali riserve statutarie, regolate per le loro modalità di costituzione e di utilizzo dallo statuto societario. Tali riserve fanno così parte della classe delle riserve “obbligatorie”.
L’accantonamento ad altre riserve, diverse da quelle sopra menzionate, invece costituisce una facoltà dell’assemblea dei soci. Tali ulteriori riserve, qualificabili nel loro complesso come riserve “facoltative”, constano di diverse tipologie. Sono in particolare individuabili alcune riserve “specifiche”, ossia utilizzabili per scopi ben definiti (riserva per rinnovo impianti e per stabilizzazione dividendi) ed altre riserve “generiche”, cioè liberamente impiegabili per gli scopi ritenuti più opportuni (riserva facoltativa, avanzo utili).
9.6. Riserva legale e riserve statutarie
9.6.Riserva legale e riserve statutarieLa riserva legale si costituisce con l’accantonamento in ogni esercizio di una quota non inferiore al 5% degli utili conseguiti fino a che l’entità complessiva della riserva non raggiunga il quinto del capitale sociale. Tale riserva è generalmente considerata indisponibile per scopi non consistenti nella copertura delle perdite ed in ogni caso deve essere
reintegrata qualora venga utilizzata (art. 2430 c.c.).
Le riserve statutarie costituiscono una quota ideale del patrimonio netto che viene formata mediante accantonamento
di utili.
Ne consegue che in linea generale esse sono riconducibili al novero delle riserve di utili.
Le riserve statutarie sono disciplinate dallo statuto societario che può specificare gli scopi per i quali sono state istituite le modalità di formazione. Una modifica delle modalità di funzionamento di tali riserve può essere adottata solo con le maggioranze qualificate richieste dalle modifiche statutarie.
Le riserve statutarie possono pertanto essere:
-
a destinazione generica, qualora lo statuto non attribuisca alle stesse una specifica destinazione, cosicché potranno essere utilizzate a qualunque scopo (a titolo esemplificativo: a copertura di perdite di esercizio, per distribuire utili ai soci, oppure per l’aumento gratuito di capitale);
-
a destinazione specifica, qualora lo statuto preveda una destinazione ben precisa della riserva, che di conseguenza potrà essere utilizzata esclusivamente a tale scopo.
Nel passivo patrimoniale esse appaiono in due voci distinte: la riserva legale nella voce A.IV e quelle statutarie (possono esisterne più di una) nella voce A.V.
L’assemblea di una società per azioni riunita per l’approvazione del bilancio d’esercizio decide di accantonare l’utile d’esercizio di 50.000 euro per il minimo consentito alla riserva legale e per la rimanente quota a riserva statutaria. Il capitale sociale è pari a 200.000 euro e la riserva legale (prima dell’accantonamento) è pari a 10.000.
Accantonamento integrale di utili d’esercizio
SP | A.IX | Utile dell’esercizio | 50.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 2.500 | |
SP | A.V | Riserva statutaria | 47.500 |
9.7. Altre riserve
9.7.Altre riserveL’accantonamento alle riserve facoltative è una decisione discrezionale dell’assemblea presa in base alle esigenze di contemperare il diritto alla remunerazione del capitale sociale con l’opportunità di rafforzare la combinazione produttiva tramite il trattenimento degli utili sino a quel momento investiti in azienda.
Alle riserve facoltative specifiche appartiene la riserva per rinnovamento impianti (o macchinari, magazzino, ecc.). Essa indica che l’azienda si è preparata economicamente al rinnovo nel futuro di determinati investimenti.
Nello stesso gruppo rientra solitamente la riserva per stabilizzazione dividendi utilizzabile in sede di erogazione di utili negli esercizi in cui questi ultimi non siano sufficienti ad offrire una remunerazione adeguata per gli intendimenti dei proprietari. La destinazione di tali riserve può essere mutata solo con delibera dell’assemblea ordinaria che ne ha determinato la genesi.
La riserva facoltativa costituisce una riserva di tipo generico, suscettibile di diversi indirizzi da parte dell’assemblea in funzione delle mutevoli esigenze aziendali. Tali riserve sono riepilogate nella voce A.VI del passivo patrimoniale “altre riserve”.
Un elenco di voci classificabili tra le “altre riserve” è stato presentato in sede
di illustrazione della composizione del patrimonio netto (9.1.2.).
Una società per azioni decide di destinare l’utile di esercizio di 80.000 euro così come segue: quota minima alla riserva legale (il cui saldo precedente risulta pari a 0); 20.000 euro ad una riserva per rinnovo impianti; 10.000 euro ad una riserva per stabilizzazione dividendi; 4.000 a riserva facoltativa. Il restante importo viene distribuito ai proprietari come dividendi (non soggetti a ritenuta).
Destinazione dell’utile a riserve facoltative e ai soci
SP | A.IX | Utile dell’esercizio | 80.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 4.000 | |
SP | A.VI | Riserva rinnovamento impianti | 20.000 | |
SP | A.VI | Riserva stabilizzazione dividendi | 10.000 | |
SP | A.VI | Riserva facoltativa | 4.000 | |
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 42.000 |
Successivamente saranno distribuiti i dividendi ai soci con riduzione del relativo debito. L’informazione data dalla costituzione della riserva per rinnovamento sottolinea la preparazione dell’azienda nel compiere dei nuovi investimenti. Una volta che il rinnovamento si è completato con l’acquisizione del nuovo investimento (un impianto, un fabbricato o altri cespiti), il fondo di rinnovamento così costituito potrebbe essere chiuso inviando il suo contenuto in altra posta del netto per segnalare l’avvenuto rinnovo. Più generalmente, i fondi rinnovamento possono rimanere accesi in contabilità continuando a costituire una posta del netto.
Negli esercizi in cui gli utili conseguiti non consentano la remunerazione nella misura stabilita dal soggetto economico, possono essere utilizzate riserve, di tipo sia specifico, come la riserva per stabilizzazione dividendi, che generico, come la riserva straordinaria o l’avanzo utili.
Ciò premesso, una società per azioni ha conseguito un utile di 60.000 euro. Dopo avere accantonato la quota minima a riserva legale (il cui saldo precedente è pari a 0), decide di distribuire il residuo come dividendo (non soggetto a ritenuta), integrando con uso della riserva stabilizzazione dividendi per 13.000 euro.
Delibera di distribuzione dividendi con uso di riserva specifica ad integrazione
SP | A.IX | Utile dell’esercizio | 60.000 | |
SP | A.VI | Riserva stabilizzazione dividendi | 13.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 3.000 | |
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 70.000 |
Pagamento dei dividendi
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 70.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 70.000 |
9.7.1. Riserve per versamenti di soci
9.7.1.Riserve per versamenti di sociI soci possono finanziare l’azienda non solo come partecipazione diretta al capitale sociale con sottoscrizione di azioni ma possono finanziarla anche versando delle somme non soggette a vincolo di ripetibilità né ad obbligo di remunerazione, con conseguente imputazione a riserve per versamenti di soci.
In tal modo il versamento effettuato dai soci dà origine ad una riserva di capitale.
Tali somme possono essere destinate fin dall’inizio a coprire dei futuri aumenti di capitale oppure permanere nel patrimonio netto senza previsioni di successive modifiche.
Più specificamente, si può distinguere tra “versamenti in conto aumento di capitale”, “versamenti in conto futuro aumento di capitale” e “versamenti in conto capitale”.
Versamenti in conto aumento di capitale
La riserva “versamenti in conto aumento di capitale” si origina in ipotesi di aumenti
di capitale “scindibili” (9.2.2.), ai quali i versamenti sono vincolati, già deliberati dall’assemblea ma non ancora eseguiti (con l’iscrizione nel registro delle imprese). Costituiscono dunque risorse destinate
a mutarsi rapidamente in capitale sociale.
Versamenti in conto futuro aumento di capitale
I “versamenti in conto futuro aumento di capitale” rappresentano una riserva avente anch’essa uno specifico vincolo di destinazione, in previsione di un futuro aumento di capitale non ancora deliberato dall’assemblea.
Versamenti in conto capitale
Le riserve “versamenti in conto capitale” (o “versamenti a fondo perduto”): accolgono gli apporti dei soci non connessi ad aumenti di capitale, ma motivati dall’esigenza di potenziare il patrimonio netto della società. Si possono altresì differenziare i “versamenti a copertura perdite”, che costituiscono una riserva con destinazione specifica e vincolata, a fronte di perdite già manifestate.
In vista di un prossimo aumento di capitale i soci di una società per azioni conferiscono 60.000 euro tramite versamento sul c/c bancario.
Versamento in conto futuro aumento di capitale
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 60.000 | |
SP | A.VI | Versamenti soci in c/futuro aumento di capitale | 60.000 |
2 mesi dopo l’assemblea delibera un aumento di capitale per 150.000 euro da versare in denaro ed incassa i 2,5 decimi.
Sottoscrizione iniziale
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 150.000 | |
SP | A.I | Capitale sociale | 150.000 |
Versamento dei 2,5 decimi obbligatori
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 37.500 | |
SP | D.14 | Soci c/sottoscrizioni | 37.500 |
A tal punto trasforma il versamento in conto aumento di capitale ritenendolo pari ad una liberazione di decimi.
Liberazione di decimi con trasformazione del versamento in c/futuro aumento di capitale
SP | A.VI | Versamenti soci in c/futuro aumento di capitale | 60.000 |
|
SP | A | Soci c/sottoscrizioni | 60.000 |
Seguirà poi il versamento dei decimi residui.
In una società per azioni i soci effettuano un versamento in conto capitale di 100.000 euro.
Versamento in conto capitale
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 100.000 | |
SP | A.IV | Versamento soci in c/capitale | 100.000 |
9.7.2. Riserva per utili netti su cambi non realizzati
9.7.2.Riserva per utili netti su cambi non realizzatiLe attività e passività monetarie in valuta estera devono essere iscritte in bilancio al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio e i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati a Conto economico: l’eventuale utile netto su cambi derivante dalle suddette valutazioni deve essere accantonato in un’apposita riserva non distribuibile fino al realizzo (art. 2426, c. 1, n. 8-bis, c.c.), denominabile “riserva per utili netti su cambi non realizzati”.
Ciò al fine di evitare che le differenze positive derivanti dalla conversione di cambi possano originare utili da distribuire ai soci, tenuto conto che le stesse in realtà, seppur iscritte, non si sono ancora definitivamente realizzate.
Il rischio può sostanzialmente sussistere anche se il singolo esercizio chiuda in perdita: i Principi contabili specificano che l’accantonamento a riserva debba avvenire solamente nei limiti dell’utile dell’esercizio disponibile (OIC 26, par. 47).
La riserva per utili netti su cambi non realizzati va riepilogata nella voce “A.VI - Altre riserve”.
Si supponga la seguente situazione, riferita alla valutazione a fine esercizio - che chiude con un utile disponibile pari a 500 euro - di un credito in sterline e di un debito in dollari, entrambi sorti nel corso dell’esercizio medesimo.
Saldo al 31/12 | Cambio storico | Cambio al 31/12 | Differenza su cambi da valutazione |
Credito per 200 £ | 0,73 £/€ (273,97 €) | 0,85 £/€ (235,29 €) | - 38,68 € |
Debito per 300 $ | 0,96 $/€ (312,50 €) | 1,19 $/€ (252,10 €) | + 60,40 € |
Con tali differenze si deve ridurre il credito a fronte di un costo per differenza negativa da conversione cambi (pari a 38,68) e ridurre anche il debito, a fronte, in questo caso, di un ricavo per differenza positiva cambi (pari a 60,40).
Adeguamento credito in sterline al tasso di cambio di chiusura
CE | C.17-bis | Perdite su cambi da valutazione | 38,68 | |
SP | C.II.1 | Crediti verso clienti esteri | 38,68 |
Adeguamento debito in dollari al tasso di cambio di chiusura
SP | D.7 | Debiti verso fornitori esteri | 60,40 | |
CE | C.17-bis | Utili su cambi da valutazione | 60,40 |
In Stato patrimoniale risultano così iscritti i debiti e i crediti ai cambi del 31/12 e nel Conto economico si invia alla voce C.17-bis (utili e perdite su cambi) l’importo netto pari a 21,72 euro (60,40 - 38,68), come provento finanziario di competenza dell’esercizio.
Si è dunque in presenza di un utile netto derivante dalla valutazione a fine esercizio delle poste monetarie in valuta, che deve essere accantonato a specifica riserva indistribuibile (art. 2426, c. 1, n. 8-bis, c.c.), utilizzando parte dell’utile dell’esercizio disponibile (pari a 500 euro).
Costituzione riserva per utili netti su cambi non realizzati
SP | A.IX | Utile dell’esercizio | 21,72 | |
SP | A.VI | Riserva per utili netti su cambi non realizzati |
21,72 |
In seguito al realizzo dell’utile - ipotizzando la regolazione finanziaria delle due poste in valuta nel corso dell’esercizio successivo e l’assenza di altre poste monetarie in valuta aperte alla fine dell’esercizio successivo medesimo - la riserva viene liberata mediante giroconto a riserva disponibile.
Liberazione riserva per utili netti su cambi non realizzati
SP | A.VI | Riserva per utili netti su cambi non realizzati |
21,72 | |
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 21,72 |
9.7.3. Riserva da rivalutazione delle partecipazioni
9.7.3.Riserva da rivalutazione delle partecipazioniUn’altra “riserva legale specifica” che, ove sussistano i presupposti di accensione, deve essere classificata nell’ambito della voce A.VI del patrimonio netto, è la riserva da rivalutazione delle partecipazioni prevista dall’art. 2426, c. 1, n. 4, c.c.
Ai sensi della richiamata disposizione:
-
le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, secondo il c.d. metodo del patrimonio netto, anziché secondo il criterio “ordinario” del costo di acquisto;
-
la valutazione secondo il metodo del patrimonio netto implica la valorizzazione della partecipazione, nello Stato patrimoniale della società partecipante, in misura pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio della partecipata, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato
, nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli artt. 2423 e 2423-bis c.c.
Se, nel passaggio da un esercizio a quello successivo, il valore di iscrizione della partecipazione valutata al patrimonio netto si incrementa, il maggior valore di iscrizione della partecipazione va imputato a Conto economico, nella voce D.18.a, tra le “rettifiche di valore delle attività finanziarie”, con successiva rilevazione nella voce A.VI del patrimonio netto in sede di approvazione del bilancio d’esercizio e conseguente destinazione dell’utile.
La riserva in esame è gravata da un vincolo di non distribuibilità ai soci che deve essere espressamente evidenziato nell’ambito della Nota integrativa (OIC 28).
Ancorché vincolata sotto il profilo della non distribuibilità ai soci, tale riserva resta disponibile per le altre ipotesi di utilizzazione, quali l’imputazione a capitale sociale e la copertura delle perdite di esercizio (OIC 17 e OIC 28).
L’entità degli utili che, in presenza dei relativi presupposti, devono essere accantonati alla riserva non distribuibile in oggetto è pari all’entità del maggior valore di iscrizione in bilancio della partecipazione rispetto a quello del precedente esercizio (OIC 17).
In ogni caso, il vincolo di accantonamento è limitato al maggior valore di iscrizione in bilancio della partecipazione che si traduce effettivamente in un maggior utile dell’esercizio in cui l’iscrizione ha luogo. Se il risultato dell’esercizio chiude in perdita, nonostante l’avvenuta iscrizione di maggiori valori sulle partecipazioni, ai sensi del n. 4 dell’art. 2426 c.c., non sussiste l’obbligo di vincolare a riserva non distribuibile eventuali altre voci disponibili di patrimonio netto.
Nel caso in cui la riserva legale non abbia ancora raggiunto la soglia minima prevista dall’art. 2340 c.c., l’utile disponibile per l’accantonamento alla riserva in questione è da considerare al netto della quota del 5% da destinare prioritariamente a riserva legale.
Per una completa trattazione del metodo del patrimonio netto si fa rimando al capitolo
sulle partecipazioni (6.4.).
9.8. Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi
9.8.Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesiLa “Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi” (8.4.3.) costituisce la nuova voce A.VII del patrimonio netto introdotta dal D.Lgs. n. 139/2015, a decorrere dai bilanci degli esercizi iniziati dal 1° gennaio 2016.
La riserva accoglie le variazioni di fair value della componente efficace degli strumenti finanziari di copertura di flussi finanziari e deve essere considerata al netto degli effetti fiscali differiti.
Occorre al riguardo evidenziare (art. 2426, c. 1, n. 11-bis, c.c.) che la riserva non è da considerare nel conteggio dell’importo del patrimonio netto per le finalità in tema di limiti all’emissione di obbligazioni, distribuzione degli utili ai soci, passaggio di riserve a capitale, riduzione del capitale per perdite e al di sotto del limite legale (artt. 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 c.c.), e, se di saldo positivo, non costituisce comunque riserva disponibile né utilizzabile a copertura di perdite.
9.9. Utile (perdita) dell’esercizio
9.9.Utile (perdita) dell’esercizioIl risultato economico di esercizio contabilmente sorge come saldo a chiusura del Conto economico riferito all’esercizio ed è collocato in Stato patrimoniale nella voce “A.IX - Utile (perdita) dell’esercizio“.
Se positivo, il risultato economico dell’esercizio può essere accantonato in riserve costituenti poste del patrimonio netto al fine di autopotenziare la gestione e di fronteggiare i rischi futuri e, soprattutto, essere distribuito ai soci, quale remunerazione per il rischio al quale hanno sottoposto i loro capitali. La destinazione degli utili di esercizio è stabilita dall’assemblea dei soci che approva il bilancio di esercizio.
In sede di destinazione dell’utile dell’esercizio, l’autonomia decisionale dell’assemblea ordinaria dei soci incontra tuttavia alcune limitazioni, poste dalla legge o dallo statuto.
Tra i vincoli legali si segnala in particolare quanto segue:
-
fino a quando la riserva legale non raggiunge la soglia minima del 20% del capitale sociale, un ammontare pari almeno al 5% degli utili annuali deve obbligatoriamente essere destinato alla predetta riserva (art. 2430 c.c.) (
9.6.);
-
se alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso componenti positivi di Conto economico iscritti per effetto dell’applicazione di deroghe ai principi di redazione del bilancio, l’utile dell’esercizio deve essere accantonato all’apposita riserva non distribuibile prevista dall’art. 2423, c. 5, c.c., fino a concorrenza del provento iscritto a Conto economico (
9.4.2.);
-
se alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso utili netti su cambi “da valutazione”, l’utile dell’esercizio deve essere accantonato all’apposita riserva non distribuibile prevista dall’art. 2426, c. 1, n. 8-bis, c.c., fino a concorrenza dell’entità degli utili netti su cambi “da valutazione” iscritti nel Conto economico dell’esercizio (
9.7.2.);
-
se alla formazione dell’utile dell’esercizio hanno concorso plusvalori iscritti a Conto economico su “partecipazioni valutate secondo il metodo del patrimonio netto”, l’utile dell’esercizio deve essere accantonato all’apposita riserva non distribuibile prevista dall’art. 2426, c. 1, n. 4, c.c., fino a concorrenza del “maggior valore” iscritto sulla partecipazione rispetto a quello dell’esercizio precedente (
6.4.;
9.7.3.).
Tra i vincoli statutari, potrebbe essere in particolare previsto:
-
un diritto di partecipazione agli utili per soci fondatori e promotori (artt. 2340 e 2341 c.c.);
-
l’attribuzione di privilegi nella ripartizione degli utili, a favore dei detentori di speciali categorie di azioni e di altri strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali (artt. 2346, 2348 e 2350 c.c.);
-
l’obbligo di accantonamento ad apposite riserve statutarie.
L’assemblea può inoltre essere vincolata alla destinazione dell’utile da sue precedenti deliberazioni, ad esempio nel caso in cui sia stata deliberata una quota di partecipazione agli utili:
-
in favore degli amministratori (art. 2389 c.c.);
-
in favore dei dipendenti (art. 2102 c.c.).
Una volta ottemperati i vincoli di destinazione previsti dallo statuto o predeterminati dalla stessa assemblea dei soci, l’utile “disponibile” dell’esercizio che eventualmente residua:
-
può essere distribuito ai soci;
-
può essere utilizzato per la costituzione o l’incremento di voci del patrimonio netto liberamente scelte dall’assemblea;
-
può essere portato a nuovo nella voce A.VIII del patrimonio netto.
Tuttavia, qualsivoglia ipotesi di distribuzione degli utili di esercizio risulta a priori preclusa nei seguenti casi:
-
quando nel patrimonio netto della società sono presenti, nella voce A.VIII, perdite rinviate da precedenti esercizi il cui ammontare determina una perdita sul capitale sociale nominale (art. 2433, c. 3, c.c.);
-
quando nell’attivo patrimoniale della società sono stati iscritti costi di impianto e di ampliamento e costi di sviluppo aventi utilità pluriennale, qualora in capo alla società non residuino riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei predetti costi non ancora ammortizzato (art. 2426, c. 1, n. 5, c.c.);
-
quando la società ha emesso un prestito obbligazionario e, per effetto di perdite rinviate da precedenti esercizi, non risulta più rispettata la condizione per la quale l’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione non può eccedere il doppio della sommatoria delle seguenti voci del patrimonio netto (artt. 2412, c. 1, e 2413, c. 2, c.c.):
-
capitale sociale;
-
riserva legale;
-
altre riserve disponibili ai fini della copertura delle perdite.
-
Se la gestione invece presenta una perdita, il trattamento deliberato dal soggetto economico può consistere nel reintegro della dotazione di ricchezza iniziale oppure nell’eliminazione contabile della perdita con riduzione di altra posta del netto.
9.9.1. Distribuzione degli utili
9.9.1.Distribuzione degli utiliLa concessione di dividendi ai soci ha una prima evidenza contabile nella correlata liquidazione, dove si riflette la decisione assembleare in merito alla destinazione dell’utile.
In tale operazione si rileva la nascita del debito verso soci per la quota corrispondente ai dividendi deliberati e delle varie riserve per la quota accantonata.
Quindi si registra il pagamento successivo verso i soci, dovendo in specie verificare se i dividendi sono o meno soggetti a ritenuta.
Occorre in proposito distinguere, oltreché avendo riguardo alla tipologia di socio, tra partecipazioni qualificate e partecipazioni non qualificate.
Partecipazioni qualificate e non qualificate
Per partecipazioni qualificate si intendono:
-
le partecipazioni che danno voti in assemblea ordinaria superiori al 2% del capitale sociale di società quotate o al 20% di società non quotate;
-
le partecipazioni superiori al 5% del capitale sociale di società quotate o al 25% di società non quotate.
Per partecipazioni non qualificate si intendono quelle partecipazioni non superiori ai limiti testé indicati.
In specie, vi è ritenuta alla fonte a titolo d’imposta - in misura pari, salvo eccezioni, al 26% - per gli utili distribuiti dalle società di capitali solamente se il socio è:
-
una persona fisica residente e la partecipazione da cui scaturisce il dividendo non costituisce un bene appartenente al patrimonio di una sua impresa ed è una partecipazione non qualificata;
-
un soggetto non residente.
La classificazione è dunque determinante anche ai fini delle registrazioni contabili corrispondenti.
La società erogante non dovrà registrare alcuna ritenuta in caso di dividendi distribuiti a soci persone fisiche possessori di partecipazioni qualificate (considerando che i dividendi - per una determinata quota del loro ammontare - vengono direttamente tassati in capo al soggetto percipiente). Invece dovrà essere registrata la ritenuta alla fonte del 26% in caso di dividendi distribuiti a soci persone fisiche possessori di partecipazioni non qualificate e non rientranti nel patrimonio di un’impresa.
In una società per azioni, dopo aver rilevato utili di esercizio per 50.000 euro, l’assemblea decide di accantonare alla riserva legale la quota minima consentita dalla legge (ipotizzando che con l’accantonamento il saldo della riserva raggiunga un ammontare inferiore al 20% del capitale sociale) e di distribuire agli azionisti il resto. Nessuno degli azionisti si trova nelle condizioni di dover sottoporre i dividendi percepiti a ritenuta di acconto. Contabilmente dapprima si storna il conto utile di esercizio rilevando per contropartita l’incremento della riserva legale ed il debito verso i soci.
Destinazione utile di esercizio
SP | A.IX | Utile dell’esercizio | 50.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 2.500 | |
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 47.500 |
Quindi si rileva il pagamento effettivo a favore dei soci.
Distribuzione di dividendi
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 47.500 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 47.500 |
Si supponga che una società per azioni non quotata in borsa, avendo conseguito utili per 400.000 euro, dopo aver accantonato la quota minima per riserva legale, distribuisca il restante importo (ossia 380.000) ai quattro soci - X, Y, Z e K - aventi rispettivamente le seguenti caratteristiche:
-
il socio X possiede il 10% delle azioni ed è una società per azioni, come tale non soggetta a ritenuta di acconto;
-
il socio Y è una persona fisica residente, non esercitante attività d’impresa, e possiede il 15% del capitale: tale quota non integra gli estremi della partecipazione qualificata (20% per le società non quotate) e comporta perciò applicazione della ritenuta nella misura del 26% sulla parte corrispondente di dividendi spettanti (pari a 380.000 x 0,15 = 57.000 euro, il cui 26% ammonta a 14.820 euro);
-
i soci Z e K sono persone fisiche residenti, ciascuna delle quali possiede il 42,5% delle azioni; detta soglia integra gli estremi della partecipazione qualificata e non determina quindi applicazione di alcuna ritenuta sul dividendo (pari a 380.000 x 0,425 = 161.500 euro per ciascuno dei due soci).
Destinazione utile di esercizio
SP | A.IX | Utile dell’esercizio | 400.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 20.000 | |
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 380.000 |
Segue quindi il pagamento secondo le modalità sopra indicate.
Distribuzione di dividendi
SP | D.14 | Soci c/dividendi | 380.000 | |
SP | D.12 | Erario c/ritenute su dividendi | 14.820 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 365.180 |
Estensione del regime della ritenuta su dividendi
La ritenuta a titolo definitivo del 26% è applicata anche sugli utili inerenti a partecipazioni qualificate detenute da persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’impresa, a partire dagli utili percepiti dal 1° gennaio 2018 (Legge n. 205/2017).
È previsto un regime transitorio in base al quale agli utili derivanti da partecipazioni qualificate prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, la cui distribuzione è deliberata dal 1° gennaio 2018 sino al 31 dicembre 2022, continua ad applicarsi la vecchia disciplina, che prevede il non assoggettamento a ritenuta.
L’Agenzia delle Entrate ha peraltro inizialmente ritenuto che la suddetta disciplina transitoria possa applicarsi solamente ove entro il 31 dicembre 2022 avvenga anche l’effettiva distribuzione dei dividendi (Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 16 settembre 2022, n. 454), salvo poi chiarire, come auspicato, che è sufficiente la sola delibera entro il 31 dicembre 2022 e che la distribuzione può avvenire anche in seguito alla predetta data (Agenzia delle Entrate, Principio di diritto 6 dicembre 2022, n. 3).
9.9.2. Trattamento della perdita
9.9.2.Trattamento della perditaSe l’esercizio si chiude con una perdita, l’azienda ha “distrutto” ricchezza. Si pone pertanto il problema se ricostituire il capitale iniziale, impegnando i soci ad una copertura “reale” della perdita, oppure se sancire definitivamente la riduzione della ricchezza, provocando una riduzione di poste del patrimonio netto (riserve, capitale sociale) con conseguente copertura “contabile” della perdita.
Talvolta accade che l’assemblea rinvii la decisione, rimandando al futuro le perdite dell’esercizio. Una decisione dovrà essere comunque presa, anche per l’indubbia immagine negativa trasmessa dalla presenza in bilancio di perdite; si consideri inoltre che, se si verifica una perdita del capitale sociale, non si possono distribuire utili finché il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente (art. 2433, c. 3, c.c.).
Tra la sospensione, la copertura contabile e quella reale sono comunque possibili delle soluzioni miste.
In ogni caso, quando risulta che il capitale è diminuito di oltre 1/3 in conseguenza di perdite occorre seguire le procedure civilistiche specificamente previste (artt. 2446 e 2447 c.c.).
Rinvio della perdita
Il rinvio della perdita comporta lo storno del conto acceso alle perdite di esercizio a favore di un conto acceso alle perdite portate a nuovo. Negli esercizi successivi l’assemblea dovrà sistemare definitivamente tale situazione.
Si supponga che una società per azioni abbia chiuso l’esercizio con una perdita di 50.000 euro. Si decide di rinviare al futuro ogni decisione in merito. Allo storno del conto acceso alle perdite di esercizio si contrappone l’addebitamento di un conto acceso alle perdite portate a nuovo da riepilogare nella voce A.VIII del passivo patrimoniale.
Sospensione della perdita
SP | A.VIII | Perdite portate a nuovo | 50.000 | |
SP | A.IX | Perdita dell’esercizio | 50.000 |
Copertura della perdita
La copertura della perdita può avvenire ricorrendo all’utilizzo di riserve oppure con una copertura reale.
La copertura reale delle perdite implica l’apporto da parte dei soci di nuovi mezzi nella gestione aziendale al fine di reintegrare le risorse perdute. Tale reintegrazione può effettuarsi concretamente con apporto di fattori produttivi specifici o di liquidità, come è il caso più frequente. Talvolta una copertura reale si compone di una riduzione contabile per perdite del capitale sociale e di un aumento reale del capitale sociale immediatamente successivo (art. 2447 c.c.).
Una società per azioni ha chiuso l’esercizio con una perdita di 60.000 euro; l’assemblea delibera di coprire tale perdita con utilizzo di riserve facoltative per 50.000 e della riserva legale per la quota restante.
Copertura delle perdite con uso di riserve
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 50.000 | |
SP | A.IV | Riserva legale | 10.000 | |
SP | A.IX | Perdita dell’esercizio | 60.000 |
Si supponga che l’assemblea di una società per azioni decida di reintegrare integralmente una perdita di 150.000 euro con versamento a copertura perdite effettuato dai soci.
Versamento soci a copertura perdite
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 150.000 | |
SP | A.VI | Versamenti soci a copertura perdite | 150.000 |
Copertura perdite con versamento soci
SP | A.VI | Versamenti soci a copertura perdite | 150.000 | |
SP | A.IX | Perdita dell’esercizio | 150.000 |
9.10. Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio
9.10.Riserva negativa per azioni proprie in portafoglioA decorrere dai bilanci degli esercizi iniziati dal 1° gennaio 2016, per effetto del D.Lgs. n. 139/2015, scompare la voce del netto relativa alla riserva per acquisto azioni proprie.
L’acquisto di azioni proprie infatti non dà più origine ad una rilevazione di attività
a fronte di un esborso di liquidità, ma ad una riduzione di patrimonio netto (art. 2357-ter, c. 3, c.c.) che è rilevata come riserva negativa dell’aggregato A del passivo alla
nuova voce “A.X - Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio”.
L’acquisto di azioni proprie da parte della società è suscettibile di determinare un’illegittima distribuzione ai soci del valore del patrimonio sociale (minandone dunque l’effettività a discapito dei creditori sociali), senza l’osservanza delle norme procedurali previste dall’art. 2445 c.c. per le ipotesi di restituzione dei conferimenti ai soci.
Di conseguenza, la nuova disposizione codicistica interpreta in sostanza l’acquisto di azioni proprie come un rimborso di capitale netto, segnalato con uno stanziamento a riserva negativa, anziché a diretta rettifica di poste del netto.
La riserva può essere presente esclusivamente nel patrimonio netto di società di capitali di tipo azionario.
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato (art. 2357, c. 1, c.c.).
La formazione della riserva negativa per azioni proprie deve essere concomitante all’acquisto delle azioni stesse.
La riserva negativa permarrà in bilancio come elemento diminutivo del patrimonio netto finché le azioni sono possedute.
Cessione di azioni proprie
Se le azioni proprie dovessero esser cedute, la riserva negativa si ridurrà movimentandosi in avere fino a scomparire e si rileverà in contropartita l’incremento di liquidità. Se invece le azioni proprie dovessero essere annullate, la riserva negativa si ridurrà movimentandosi in avere ed in dare si ridurrà il capitale sociale per effetto dell’annullamento. L’eventuale differenza tra il valore contabile della riserva e il valore nominale delle azioni alienate o annullate è imputata ad incremento o decremento di altra voce del patrimonio netto.
Società quotate
Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendosi conto, a tal fine, anche delle azioni possedute da società controllate (art. 2357, c. 3, c.c.).
Acquisto di azioni (quote) della controllante
Nel caso in cui la società proceda all’acquisto di azioni della propria controllante (art. 2359-bis c.c.) - conformemente a quanto previsto per l’acquisto di azioni proprie prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 139/2015 (da applicarsi ai bilanci degli esercizi iniziati dal 1° gennaio 2016) - deve essere costituita e mantenuta, finché le azioni o quote non siano trasferite, una riserva indisponibile - denominabile “Riserva azioni (quote) della società controllante” - pari all’importo delle azioni o quote della società controllante iscritte all’attivo del bilancio.
Ne consegue dunque l’obbligo di costituzione di apposita riserva per azioni della controllante in portafoglio, alle medesime condizioni e con le medesime finalità che riguardavano la “previgente” riserva per azioni proprie in portafoglio.
Tale riserva deve essere classificata nella voce “A.VI - Altre riserve” del passivo di Stato patrimoniale.
Una società per azioni acquista n. 5.000 azioni proprie di valore nominale pari a 2 euro ad un prezzo totale pari a 15.000 euro.
Acquisto azioni proprie
SP | A.X | Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio | 15.000 |
|
SP | D.14 | Debiti v/soci | 15.000 |
Pagamento prezzo acquisto azioni proprie
SP | D.14 | Debiti v/soci | 15.000 | |
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 15.000 |
Una società per azioni procede all’annullamento di n. 1.000 azioni proprie di valore nominale pari a 1 euro, acquistate al prezzo complessivo di 2.500 euro.
Annullamento azioni proprie
SP | A.I | Capitale sociale | 1.000 | |
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 1.500 | |
SP | A.X | Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio |
2.500 |
Una società per azioni procede all’annullamento di n. 3.000 azioni proprie di valore nominale pari a 1 euro, acquistate al prezzo complessivo di 2.000 euro.
Annullamento azioni proprie
SP | A.I | Capitale sociale | 3.000 | |
SP | A.X | Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio |
2.000 |
|
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 1.000 |
Una società per azioni procede alla vendita al corrispettivo complessivo di 5.000 euro di n. 2.000 azioni proprie di valore nominale pari a 1,50 euro, acquistate al prezzo complessivo di 4.000 euro.
Vendita azioni proprie
SP | C.II.5-quater | Crediti verso altri | 5.000 | |
SP | A.X | Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio |
4.000 |
|
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 1.000 |
Incasso corrispettivo vendita azioni proprie
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 5.000 | |
SP | C.II.5-quater | Crediti verso altri | 5.000 |
Una società per azioni procede alla vendita al corrispettivo complessivo di 3.000 euro di n. 1.000 azioni proprie di valore nominale pari a 2 euro, acquistate al prezzo complessivo di 4.500 euro.
Vendita azioni proprie
SP | C.II.5-quater | Crediti verso altri | 3.000 | |
SP | A.VI | Riserva straordinaria | 1.500 | |
SP | A.X | Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio |
4.500 |
Incasso corrispettivo vendita azioni proprie
SP | C.IV.1 | Banca c/c | 3.000 | |
SP | C.II.5-quater | Crediti verso altri | 3.000 |
9.11. Patrimoni destinati
9.11.Patrimoni destinati9.11.1. Caratteri generali
9.11.1.Caratteri generaliL’istituto del patrimonio destinato (artt. 2447-bis - 2447-decies c.c.) è stato introdotto con la riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6); oltre alla normativa civilistica, l’OIC ha dedicato al tema un proprio documento che costituisce un punto di riferimento essenziale in merito (OIC 2: “Patrimoni e finanziamenti destinati ad uno specifico affare”).
Con l’istituto dei patrimoni destinati (OIC 2, par. 1), la società per azioni enuclea dal proprio patrimonio generale un insieme di beni, solitamente coordinati ad azienda o a ramo d’azienda, e li destina, con delibera soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese allo svolgimento di uno specifico affare.
L’“affare”, oltre ad essere “specifico”, ossia con oggetto ben individuato (ad esempio: la costruzione di un fabbricato e successiva vendita delle unità immobiliari di cui si compone) deve avere una durata determinata (eventualmente stabilita per relationem: ad esempio: il tempo necessario per la costruzione e vendita di un fabbricato).
La società può costituire più patrimoni, destinati ciascuno ad un diverso specifico affare; essi peraltro non possono superare, complessivamente, il valore di 1/10 del patrimonio netto della società, salvo quanto disposto in leggi speciali. Del patrimonio destinato possono fare parte apporti di terzi.
I beni componenti il patrimonio destinato devono essere specificamente indicati nella delibera istitutiva adottata dagli amministratori; se si tratta di immobili o di mobili registrati la loro destinazione è soggetta a trascrizione.
I beni destinati ad uno specifico affare vengono sottratti alle pretese dei creditori “generali” della società, con la delibera istitutiva del patrimonio destinato, che deve essere depositata mediante procedura telematica e iscritta nel registro delle imprese (art. 2436 c.c.). I creditori sociali anteriori a tale iscrizione possono fare opposizione, entro 60 giorni dalla sua iscrizione; decorsi i 60 giorni senza opposizione, oppure da quando l’opposizione è respinta o il tribunale ordina l’esecuzione della deliberazione previa prestazione da parte della società di idonea garanzia, il patrimonio destinato non costituisce più garanzia generica dei creditori “generali” della società, passati e futuri; ciò fino alla cessazione della destinazione del patrimonio.
Nel silenzio della delibera istitutiva, per le obbligazioni contratte nello svolgimento dello specifico affare risponde solo il patrimonio destinato, cioè soltanto i beni originariamente compresi in tale patrimonio o entrativi successivamente, e non rispondono gli altri beni della società: è, perciò, necessario che gli atti di gestione del patrimonio indichino espressamente che sono destinati a quello specifico affare, cosicché risulti quali beni sono usciti e quali entrati nel patrimonio destinato.
È tuttavia possibile che la delibera istitutiva preveda una responsabilità sussidiaria (eventualmente limitata nel quantum) del patrimonio generale per le obbligazioni sorte nella gestione del patrimonio destinato.
In mancanza dell’espressa menzione del vincolo di destinazione, la società risponde degli atti compiuti in relazione allo specifico affare con il suo patrimonio residuo.
La “delibera di destinazione” deve contenere, c.c.) un apposito “piano economico-finanziario” dal quale risultino: la “congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell’affare, le modalità e le regole relative al suo impiego, il risultato che si intende perseguire e le eventuali garanzie offerte ai terzi” (art. 2447-ter c. 1, lett. c). La delibera di destinazione deve, inoltre, indicare le “regole di rendicontazione dello specifico affare”.
Una volta realizzato l’“affare” o accertata l’impossibilità sopravvenuta di realizzarlo e redatto l’apposito rendiconto finale (art. 2447-novies c.c.), il patrimonio destinato “rientra” nel patrimonio generale della società, nel senso che viene a cessare il particolare regime di responsabilità (art. 2447-quinquies, c. 1, c.c.).
9.11.2. Contabilità e rendiconto
9.11.2.Contabilità e rendicontoPer ciascuno specifico affare cui un patrimonio è destinato, gli amministratori della società costituente devono tenere separatamente i libri e le scritture contabili prescritti dagli artt. 2214 e ss. c.c. (art. 2447-sexies c.c.).
Pertanto, per ogni patrimonio destinato e per ogni specifico affare vanno tenuti sia il libro giornale (contabilità separata in partita doppia) che il libro inventari (OIC 2, par. 2). Per ogni patrimonio destinato dovrà essere redatto uno Stato patrimoniale e un Conto economico dell’affare. Se l’affare dura più di un esercizio, occorre procedere ad una periodica chiusura dei conti nella contabilità separata e relativa confluenza in quella generale della società.
Il libro degli inventari deve contenere l’inventario iniziale del patrimonio destinato (art. 2217, c. 1, c.c.). In particolare, i beni, crediti e debiti “assegnati” dalla società al patrimonio destinato sono iscritti nell’inventario iniziale ai medesimi valori contabili che avevano nel bilancio della società gemmante, mentre gli eventuali beni apportati da terzi sono iscritti a valori di mercato (in base al principio generale sulla stima dei conferimenti di beni e di crediti desumibile dall’art. 2343 c.c.).
Pertanto, nel libro degli inventari si parte da una situazione patrimoniale iniziale costituita dalle attività e dalle (eventuali) passività che fanno parte del patrimonio destinato. Se vengono emessi specifici strumenti finanziari, deve essere tenuto un apposito “libro” in cui vengono indicate le loro caratteristiche, l’ammontare di quelli emessi e di quelli estinti, le generalità dei titolari degli strumenti nominativi e i trasferimenti e i vincoli ad essi relativi (art. 2447-sexies c.c.).
Per ciascun patrimonio destinato gli amministratori devono redigere un separato rendiconto allegato al bilancio (art. 2447-septies, c. 2, c.c.).
Il rendiconto dello “specifico affare” è costituito da uno Stato patrimoniale, da un Conto economico e da una nota di commento (artt. 2423 e ss. c.c.).
Se l’“affare” si esaurisce in un arco di tempo inferiore ad un esercizio, il rendiconto può essere limitato all’illustrazione del risultato finale dell’affare medesimo e non si richiede che esso assuma la struttura di un bilancio; se, invece, l’affare si protrae oltre l’esercizio iniziale, sono necessari più rendiconti annuali che assumono la struttura di un bilancio.
Il rendiconto è costituito da (OIC 2, par. 3):
-
uno Stato patrimoniale dello specifico affare redatto secondo lo schema previsto dalla normativa nazionale (art. 2424 c.c.) (con possibilità anche di voci e sottovoci con specifica denominazione), con indicazione a patrimonio netto della voce “Patrimonio netto (o Deficit netto) dell’affare”;
-
un Conto economico dello specifico affare redatto in base ai principi generali secondo lo schema previsto dalla normativa nazionale (art. 2425 c.c.);
-
una nota di commento nella quale, in relazione a ciascuna voce dello Stato patrimoniale e del Conto economico sarà svolta una breve spiegazione delle principali variazioni intervenute nelle voci rispetto al rendiconto del precedente esercizio riguardante lo specifico affare considerato, con applicazione delle regole generali previste dalla normativa nazionale (artt. 2426 e 2427, n. 1, c.c.);
-
regole di rendicontazione dell’affare. Il rendiconto del patrimonio separato deve contenere l’indicazione dei criteri seguiti per la sua redazione;
-
riferimento al contenuto essenziale della delibera di costituzione del patrimonio destinato.
9.11.3. Riflessi nel bilancio d’esercizio della società
9.11.3.Riflessi nel bilancio d’esercizio della societàStato patrimoniale
Le attività e le passività di ciascun affare devono figurare nello Stato patrimoniale del rendiconto dello specifico affare (art. 2447-septies, c. 1, c.c.) e devono anche essere distintamente indicati nello Stato patrimoniale della società gemmante (OIC 2, par. 4).
Tale disposizione richiede dunque l’indicazione, per ciascuna voce di attività e passività, dell’importo relativo ai patrimoni destinati, in vari modi:
-
creando, per ciascuna voce interessata dello Stato patrimoniale generale, un “di cui”;
-
creando, per ciascuna voce, una specifica sottovoce;
-
separando per ogni voce gli importi relativi al patrimonio destinato in una colonna interna; oppure
-
indicando distintamente le classi di attività e passività relative al patrimonio destinato in apposita zona, rispettivamente dell’attivo e del passivo, dopo tutte le altre voci relative all’attività generale della società.
Nel patrimonio netto non è né opportuno né necessario iscrivere una voce complessiva del tipo “Patrimonio Netto relativo ai patrimoni destinati”, sia perché la sua ripartizione tra elementi componenti (capitale sociale, riserve, ecc.) è arbitraria, sia perché tale porzione per la parte destinata dalla società al momento della costituzione del patrimonio destinato è già compresa nell’importo del capitale e delle varie riserve che figurano nello schema di Stato patrimoniale (art. 2424 c.c.) (OIC 2, par. 4).
Le uniche riserve che devono, invece, essere iscritte in aggiunta a quelle già previste dallo schema di legge, sono:
-
la “Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati”;
-
gli “Utili (perdite) di patrimoni destinati portati a nuovo”.
La Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati sarà iscritta nella voce VI - Altre Riserve, con distinta indicazione ed illustrazione nella Nota integrativa; gli “Utili (perdite) di patrimoni destinati portati a nuovo” dovranno essere iscritti nell’ omonima voce VIII dello schema generale di Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.), anch’essa con distinta indicazione ed illustrazione nella Nota integrativa.
Conto economico
Nel Conto economico della società gemmante, diversamente da quanto è previsto per lo Stato patrimoniale, il Codice civile non richiede la distinta indicazione dei costi e dei ricavi relativi ai patrimoni destinati. Tuttavia, è preferibile la distinta indicazione dei componenti positivi e negativi di reddito di pertinenza del patrimonio destinato, in quanto tale indicazione dà una più immediata ed intelligibile visione d’insieme dei componenti dell’unitario risultato economico della società.
Nel silenzio della normativa, è ritenuto comunque accettabile che il Conto economico non dia separata evidenziazione di tali costi e ricavi. In tal caso, dei componenti positivi e negativi di reddito afferenti ai patrimoni destinati è data specifica illustrazione nella Nota integrativa nella sezione in cui sono commentati i dati della società gemmante (OIC 2, par. 4).
Nota integrativa
Per ciascun patrimonio destinato (e con riferimento al rendiconto allegato al bilancio generale della società) devono essere illustrati, in apposita sezione intitolata “Informazioni relative ai patrimoni destinati” (artt. 2427, n. 20 e 2447-septies, c. 3, c.c.):
-
una breve descrizione della tipologia dei beni e “rapporti giuridici” con riferimento, per le informazioni di dettaglio, al rendiconto del patrimonio destinato. Va anche illustrato il criterio utilizzato per la valutazione del rischio (art. 2447-septies, c. 4, c.c.);
-
i criteri da utilizzare per l’imputazione e la ripartizione dei costi. Per tutti i costi sostenuti dalla società gemmante ed imputati all’“affare”, la società, oltre alla ordinaria rilevazione di tali costi, dovrà rilevare un credito verso il patrimonio destinato ed un ricavo per il rimborso corrispondente;
-
il regime di responsabilità (art. 2447-quinquies c.c.): responsabilità esclusiva del patrimonio destinato; responsabilità illimitata della società, o qualunque situazione intermedia (OIC 2, par. 4).
9.11.4. Deficit del patrimonio destinato
9.11.4.Deficit del patrimonio destinatoUna situazione particolare si verifica se, in un determinato esercizio, le perdite subite per uno specifico affare superino l’importo del netto patrimoniale relativo al patrimonio destinato, creando un deficit patrimoniale per l’eccedenza delle passività sulle attività.
In questa ipotesi, se la società non ha concesso al patrimonio destinato garanzia illimitata (art. 2447-septies, ultimo c., c.c.), il suo patrimonio “generale” non è impegnato per coprire le passività che non troverebbero capienza nei beni del patrimonio destinato. Pertanto, pur dovendo tali passività essere rilevate nella contabilità e nel bilancio generale della società (art. 2447-septies, c. 1, c.c.), le relative perdite sono da elidere con l’inserimento di apposite poste correttive nello Stato patrimoniale e nel Conto economico (di importo pari al deficit), in modo da ridurre a zero il deficit patrimoniale che si è venuto a creare, salvo il caso in cui, pur in assenza di una clausola di garanzia illimitata, la società madre si assuma a proprio carico tutto il residuo deficit patrimoniale dello specifico affare.
Le poste correttive si sostanziano nell’inserimento di una sottovoce della voce 21 del Conto economico in contropartita di una voce negativa del patrimonio netto nello Stato patrimoniale, da esporre dopo il totale del patrimonio netto (OIC 2, par. 4). Nei due prospetti contabili la posta correttiva è denominata “deficit da patrimonio destinato di cui non risponde il patrimonio generale”.
Nella Nota integrativa della società occorre fornire un’adeguata spiegazione della natura delle poste rettificative e delle ragioni per le quali sono state iscritte, precisando che il patrimonio residuo della società non risponde (neppure volontariamente) delle perdite che superano l’importo del patrimonio destinato e che, in questa ipotesi, i creditori insoddisfatti potranno chiedere la “liquidazione” del patrimonio destinato, nei termini e con le modalità previste dalla normativa nazionale (art. 2447-novies, c. 2, c.c.).
9.11.5. Apporti dei terzi
9.11.5.Apporti dei terziIl patrimonio destinato, anche se incrementato da apporti dei terzi “non restituibili”, non costituisce un patrimonio che, al termine dell’affare, deve essere “liquidato” e distribuito agli interessati (OIC 2, par. 5): i terzi apportanti hanno diritto solo ad una quota dell’eventuale utile realizzato con lo svolgimento dell’affare, oltre alla restituzione dell’apporto, se così è stato stabilito nei patti contrattuali.
Ad una vera e propria liquidazione del patrimonio si può arrivare solo nelle ipotesi in cui non siano state integralmente soddisfatte le obbligazioni contratte dalla società per lo svolgimento dell’affare al quale era destinato il patrimonio (art. 2447-novies, c. 2, c.c.).
Gli apporti dei terzi, che possono consistere in denaro o qualunque tipologia di bene e servizio utile allo svolgimento dell’affare, in proprietà o in godimento per una durata determinata, vanno valorizzati al fair value del bene o del diritto di utilizzo temporaneo (ad esempio: usufrutto) analogamente a quanto stabilito per gli apporti in società di beni e di crediti (art. 2343 c.c.).
Si distingue tra apporti restituibili ed apporti non restituibili. A meno che non sia stata esclusa dalle parti la restituzione del bene apportato, il terzo, alla conclusione dell’affare, ha diritto alla restituzione del bene stesso o, se questo non vi è più, ad un equivalente importo in denaro, maggiorato ovvero ridotto rispettivamente della quota di utile/perdita al medesimo attribuibile.
Poiché l’apporto ha sempre una durata limitata che non può superare la durata dell’“affare”, qualora il godimento sia a titolo gratuito la società dovrà iscrivere all’attivo dello Stato patrimoniale del patrimonio destinato il valore dell’utilizzo del bene o della prestazione d’opera personale (nell’importo convenuto con il terzo), con contropartita un’apposita riserva indisponibile (“Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati”).
Nelle note al bilancio del patrimonio destinato occorre fornire idonea informativa sulla natura dell’apporto, sul criterio di valutazione e sulle modalità di imputazione al Conto economico.
Con riguardo al Conto economico, la quota di utile o perdita dell’affare di spettanza del terzo apportante va iscritta rispettivamente come costo o provento, con corrispondente iscrizione a Stato patrimoniale di detta quota distintamente dal debito di restituzione dell’apporto.
La “Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati”, man mano che si procede all’ammortamento del valore di utilizzo dei relativi beni o al realizzo delle materie e merci apportate dal terzo (ed il risultato economico dell’affare sia positivo o almeno in pareggio, al lordo della quota di pertinenza dei terzi) diviene una riserva disponibile.
Il Conto economico del patrimonio destinato si chiude sempre con un risultato netto che è pari alla sola quota di utile o di perdita di pertinenza della società, essendo già stata rilevata la quota di pertinenza del terzo apportante.
Se fra le parti è stato stabilito che il bene trasferito in proprietà alla società non deve essere restituito, la società non dovrà iscrivere in contropartita un debito, bensì una apposita riserva (“Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati”).
9.11.6. Chiusura dell’affare
9.11.6.Chiusura dell’affareQuando l’affare “si realizza” ovvero “è divenuto impossibile”, deve essere redatto un rendiconto finale (art. 2447-novies, c. 1, c.c.; OIC 2, par. 7), che deve essere accompagnato da una relazione dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale.
Il rendiconto finale deve essere distintamente allegato al bilancio della società quale ultimo rendiconto periodico: esso si compone del Conto economico dell’ultimo periodo e di una nota di riepilogo di tutti i costi ed i ricavi riferiti all’affare.
La distribuzione della quota di utile di pertinenza dei terzi apportanti deve avvenire in conformità agli accordi assunti con la società.
Una volta realizzato l’affare o accertato che la sua realizzazione è impossibile, il patrimonio destinato (ossia il complesso di attività e passività patrimoniali che lo costituiscono) “rientra” nel patrimonio generale della società, venendosi a cessare lo speciale regime di “segregazione patrimoniale” (OIC 2, par. 8).
La società Alfa Spa per un progetto immobiliare delibera l’istituzione di un patrimonio destinato nel quale conferisce un vecchio immobile da ristrutturare dal valore contabile di 200.000 euro.
Nell’affare si unisce 1/3 soggetto, che conferisce denaro per 80.000 euro, necessario per la ristrutturazione. Nel progetto risulta che il bene così ristrutturato potrà essere venduto ad un importo di 480.000 euro.
L’accordo con il terzo prevede che allo stesso andrà 1/3 del ricavato della vendita dell’immobile, sopportando il rischio relativo all’affare senza quindi pretendere la restituzione dell’importo conferito.
Come rilevazioni contabili, oltre alla apertura dell’apposito libro degli inventari relativo all’affare e alla destinazione dell’immobile societario (aspetto che dovrà essere segnalato nello Stato patrimoniale della società gemmante, come pure il relativo ammortamento dell’immobile dovrà essere appositamente segnalato nel Conto economico secondo le modalità precedentemente indicate), si dovrà rilevare l’apporto degli 80.000 euro da parte del terzo soggetto.
Si dovrà, quindi, rilevare l’incremento di liquidità relativa al conferimento a fronte dell’accredito di una specifica riserva del netto (“Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati”) da far confluire nella voce A.VI del netto patrimoniale.
Tale registrazione andrà effettuata nella contabilità sezionale dell’affare e duplicata nella contabilità generale della società gemmante.
Rilevazione dell’apporto del terzo
SP | C.IV.1 | Banche c/c | 80.000 | |
SP | A.X | Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati |
80.000 |
Si ipotizzi quindi che la ristrutturazione duri per più di un esercizio. Al termine del primo esercizio, si supponga che dalla contabilità dell’affare emergano costi relativi all’immobile (dovuti sia al suo ammortamento, quanto alla sua ristrutturazione, sia la quota parte di costi amministrativi e generali addebitati dalla società all’affare e approvati dal terzo soggetto) per 60.000 euro di cui 50.000 capitalizzati in quanto relativi all’incremento del valore del cespite. L’ammortamento del cespite è di 6.000 euro, compreso nei suddetti 60.000.
Dal momento che nell’esercizio non vi sono altri ricavi, l’esercizio chiude con una perdita di 10.000 euro, peraltro già prevista nel piano iniziale riferito al progetto.
Tale perdita, oltre ad essere evidenziata nel Conto economico dell’affare, apparirà anche nello Stato patrimoniale della società gemmante, prima come perdita di esercizio e poi rinviata sotto la voce b) “Perdite di patrimoni destinati portati a nuovo” come sottovoce del risultato di esercizio di cui alla voce A.VIII del netto patrimoniale.
Tale perdita costituirà una posta negativa del netto complessivo della società gemmante e sorge come posta di chiusura del Conto economico riferito all’affare.
Rilevazione della perdita dell’affare nel primo esercizio e relativo rinvio
SP | A.IX | Perdite su patrimoni destinati | 10.000 | |
CE | Conto economico dell’affare | 10.000 |
SP | A.VIII | Perdite su patrimoni destinati portati a nuovo |
10.000 |
|
SP | A.IX | Perdite su patrimoni destinati | 10.000 |
Nel Conto economico dell’affare non si rilevano costi o ricavi riferiti al terzo in quanto in base all’accordo quanto spettante gli sarà riconosciuto solo al termine dell’affare in base al ricavato della vendita dell’immobile.
Nel secondo esercizio si chiudono i lavori di ristrutturazione e l’immobile ristrutturato è venduto. Dalla vendita si ricavano 390.000 euro. Il valore contabile dell’immobile a tal punto risultava pari a 244.000 (200.000 iniziali - ammortamento 6.000 + migliorie 50.000).
Nel secondo esercizio poi relativamente all’affare sono stati sostenuti ulteriori costi per 40.000. La plusvalenza è quindi di 146.000 euro (390.000 - 244.000). Al terzo soggetto spetta 1/3 del ricavato della vendita dell’immobile, pari dunque a 130.000 euro.
Nel secondo esercizio vi saranno quindi ricavi di 146.000 euro (plusvalenza da alienazione), diminuiti di costi di ristrutturazione e gestione dell’immobile di 40.000 e della quota spettante al terzo soggetto, pari ad 1/3 del ricavato (130.000), che sarà rilevata come costo a carico dell’affare a fronte di un debito nei confronti del medesimo (OIC 2).
Il risultato del secondo esercizio di svolgimento dell’affare sarà dunque pari a 146.000 - 170.000, determinando quindi una perdita di 24.000 euro a carico della società. Tale importo sarà rilevato come “Perdita da patrimoni destinati”, rilevato nella voce A.IX del netto della società gemmante.
Questa perdita va a sommarsi alla perdita portata a nuovo scaturente dal precedente esercizio (10.000 euro), determinando contabilmente, secondo le regole dell’OIC, una perdita di 34.000 euro.
Tuttavia, la riserva per l’apporto di terzo (80.000 euro) sarà a questo punto girata a riserva disponibile (dopo aver annullato le perdite sospese derivanti dall’affare), in quanto l’affare si è concluso e l’immobile si è realizzato (OIC 2). Per cui, il vero risultato economico dell’affare, per la società è di 46.000 euro (80.000 - 34.000).
Prescindendo dalla rilevazione della vendita dell’immobile, che non presenta alcuna particolarità, si presentano le rilevazioni del costo corrispondente alla quota attribuita al terzo a conclusione dell’affare e dello storno della riserva per apporti del terzo a copertura delle perdite sull’affare.
Rilevazione nel secondo esercizio del costo per la quota spettante al terzo
CE | B.14 | Costi per quota spettante a terzi conferenti in patrimoni destinati | 130.000 |
|
SP | D.14 | Debiti verso terzi conferenti in patrimoni destinati |
130.000 |
Rilevazione nel secondo esercizio del risultato economico dell’affare
SP | A.IX | Perdite su patrimoni destinati | 24.000 | |
CE | Conto economico dell’affare | 24.000 |
Destinazione del risultato economico dell’affare
SP | A.VIII | Perdite su patrimoni destinati portati a nuovo |
24.000 |
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SP | A.IX | Perdite su patrimoni destinati | 24.000 |
Storno della riserva per apporti di terzi a copertura delle perdite e a riserva straordinaria
SP | A.VI | Riserva da apporti di terzi a patrimoni destinati |
80.000 |
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SP | A.VIII | Perdite su patrimoni destinati portati a nuovo |
34.000 |
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SP | A.VI | Riserva straordinaria | 46.000 |
Seguirà quindi il pagamento dei 130.000 euro spettanti al terzo e già liquidati.