18.1. Principio della dipendenza del reddito imponibile dal risultato di bilancio - 18.2. Meccanismo delle variazioni del risultato di bilancio ai fini dell’IRES - 18.3. Variazioni principali ai fini dell’IRES - 18.3.1. Principi generali - 18.3.2. Ricavi - 18.3.3. Rimanenze - 18.3.4. Proventi immobiliari - 18.3.5. Contributi - 18.3.6. Altri proventi - 18.3.7. Costi per materie e merci - 18.3.8. Costi per servizi - 18.3.9. Costi per godimento beni di terzi - 18.3.10. Costi per il personale - 18.3.11. Ammortamenti - 18.3.12. Spese relative a più esercizi - 18.3.13. Accantonamenti e svalutazioni - 18.3.14. Oneri diversi di gestione - 18.3.15. Proventi finanziari - 18.3.16. Oneri finanziari - 18.4. Variazioni principali ai fini dell’IRAP
18.1. Principio della dipendenza del reddito imponibile dal risultato di bilancio
18.1.Principio della dipendenza del reddito imponibile dal risultato di bilancioReddito imponibile e risultato di bilancio
Le alternative percorribili dal legislatore tributario, nella regolamentazione dei
rapporti esistenti tra risultato civilistico di bilancio e reddito d’impresa fiscalmente
imponibile, sono di varia natura e, in sintesi, possono così determinare il reddito imponibile:
-
sulla base di regole specificamente ed esclusivamente previste ai fini fiscali, prescindendo totalmente dal risultato di bilancio;
-
sulla base del risultato di bilancio, senza apportare a tale ultimo elemento alcuna variazione;
-
sulla base del risultato di bilancio, apportando a tale ultimo elemento variazioni derivanti dall’applicazione di criteri prettamente fiscali.
La soluzione 1) postula una completa indipendenza tra i due valori, svincolando la determinazione del reddito d’impresa dalle risultanze del bilancio e comportando necessariamente l’obbligo di predisporre un bilancio ai soli fini fiscali, redatto secondo norme di rilevanza esclusivamente tributaria.
La soluzione 2) prevede una perfetta identità tra i due valori, assumendo a presupposto impositivo il risultato di bilancio così come risultante.
La soluzione 3) si presenta come intermedia tra le due precedenti, assumendo il risultato di bilancio unicamente come base di partenza per la determinazione del reddito d’impresa, mediante l’applicazione di criteri previsti dalla normativa tributaria qualora divergenti dai criteri della normativa civilistica.
Il nostro legislatore tributario ha scelto questa terza soluzione.
Dipendenza del reddito fiscale dal risultato civilistico
Detta impostazione dà luogo ad un evidente collegamento tra reddito imponibile e risultato di bilancio, affermando la tendenziale dipendenza del risultato fiscale da quello civilistico, in quanto, fatte salve le rettifiche derivanti dall’applicazione di norme esclusivamente fiscali, il bilancio e le sue risultanze costituiscono il presupposto fondamentale per la determinazione del reddito d’impresa imponibile, evidenziando gli elementi positivi e negativi di reddito da prendere a base della tassazione.
Si è, al riguardo, in dottrina parlato di nesso di pregiudizialità-dipendenza del reddito d’impresa dal risultato civilistico.
Dipendenza rovesciata
La descritta dipendenza del risultato fiscale da quello di bilancio può tuttavia addirittura “capovolgersi” in presenza di norme che subordinino la concessione di determinati benefici fiscali, in termini di riduzione del carico impositivo, al rispetto di regole di natura esclusivamente tributaria in sede di formazione del bilancio.
In tali casi, si parla comunemente di fenomeno della “dipendenza rovesciata”, poiché è il risultato di bilancio a finire per dipendere dal reddito imponibile, in quanto le regole ed i criteri tributari assumono rilevanza anche civilistica, incidendo sulla determinazione del risultato di bilancio e sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa.
Inquinamento fiscale del bilancio
Al fenomeno della dipendenza rovesciata è direttamente correlata la problematica dell’inquinamento fiscale del bilancio, consistente nella eventuale presenza di valori di natura esclusivamente fiscale che, conseguentemente, comportino una determinazione del risultato economico dell’esercizio differente da quella ottenibile mediante l’applicazione di criteri aventi natura prettamente civilistica.
18.2. Meccanismo delle variazioni del risultato di bilancio ai fini dell’IRES
18.2.Meccanismo delle variazioni del risultato di bilancio ai fini dell’IRESLogica di determinazione del reddito imponibile
Il reddito complessivo fiscalmente imponibile ai fini dell’IRES è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal Conto economico le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (art. 83, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
Il risultato di bilancio è individuato quale base di partenza per la determinazione
del reddito d’impresa fiscalmente imponibile, instaurando un preciso legame tra i due valori, quindi affermando
nel nostro ordinamento il principio della dipendenza del risultato fiscale da quello
civilistico.
La scelta perseguita dal legislatore tributario risponde all’esigenza di collegare la pretesa impositiva alla capacità contributiva dell’impresa, la cui espressione più evidente è rappresentata dal risultato di bilancio.
Tuttavia, scopi diversi presiedono alla determinazione dei due elementi:
-
la normativa civilistica si preoccupa di evidenziare l’incremento o il decremento patrimoniale verificatosi durante l’esercizio per effetto della gestione, evitando sopravvalutazioni del risultato economico;
-
la normativa fiscale si preoccupa, invece, di misurare la capacità contributiva dell’impresa, evitando sottovalutazioni della stessa.
Ciò ha obbligato il legislatore tributario a prevedere la possibilità di apportare, al fine di pervenire alla determinazione del risultato fiscalmente rilevante, delle apposite variazioni, in aumento o in diminuzione, al risultato di bilancio, mediante l’applicazione di norme di natura prettamente fiscale.
In sintesi, il precetto normativo può essere così rappresentato:
risultato di bilancio + variazioni in aumento - variazioni in diminuzione = risultato fiscale |
Le suddette variazioni, che conducono alla determinazione del risultato fiscale partendo dal risultato di bilancio, sono chiaramente dovute all’esistenza di divergenze tra i criteri civilistici (che hanno permesso di determinare il risultato di bilancio) e i criteri fiscali (che presiedono alla determinazione del risultato fiscale) relativi alla valutazione delle singole poste.
Tipologia di variazioni
È possibile distinguere quattro possibili tipi di variazioni da apportare al risultato di bilancio (art. 83, D.P.R. n. 917/1986):
-
variazioni in aumento derivanti dall’esistenza di componenti positivi aventi un valore fiscale superiore a quello civilistico;
-
variazioni in aumento derivanti dall’esistenza di componenti negativi aventi un valore fiscale inferiore a quello civilistico;
-
variazioni in diminuzione derivanti dall’esistenza di componenti positivi aventi un valore fiscale inferiore a quello civilistico;
-
variazioni in diminuzione derivanti dall’esistenza di componenti negativi aventi un valore fiscale superiore a quello civilistico.
18.3. Variazioni principali ai fini dell’IRES
18.3.Variazioni principali ai fini dell’IRESIl meccanismo delle variazioni relative alla determinazione del reddito d’impresa fa leva su alcuni principi di carattere generale, che costituiscono le fondamentali regole per la determinazione della base imponibile
ai fini dell’IRES (art. 109, D.P.R. n. 917/1986).
Alle norme di portata generale si affiancano, per la determinazione del reddito d’impresa, disposizioni di carattere specifico, che trovano applicazione soltanto in relazione a singoli e ben individuati componenti
di reddito.
Dette norme possono talora assumere la funzione di chiarire l’applicazione delle norme di carattere generale, talora derogare a tali disposizioni, con riferimento a taluni componenti del reddito d’impresa.
Pertanto, le variazioni da apportare al risultato di bilancio, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, possono provenire tanto dall’applicazione di norme generali, tanto dall’applicazione di norme espressamente dettate per specifiche poste di bilancio, descritte nel prosieguo.
18.3.1. Principi generali
18.3.1.Principi generaliPrincipio della competenza
I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono in generale - salvo specifiche deroghe - a formare il reddito fiscalmente imponibile nell’esercizio di competenza (art. 109, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), ossia seguendo il medesimo principio che dal punto di vista contabile regola la formazione del Conto economico.
Il legislatore tributario, tuttavia, non rimanda integralmente alla competenza civilistica, ma detta dei precisi ed autonomi riferimenti per l’individuazione dell’esercizio di competenza fiscale dei componenti positivi e negativi di reddito.
In particolare, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza è statuito che (art. 109, c. 2, D.P.R. n. 917/1986):
-
i corrispettivi delle cessioni di beni mobili si considerano conseguiti - e le spese di acquisizione di detti beni si considerano sostenute - alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale, non dovendo tenere conto delle clausole di riserva della proprietà;
-
i corrispettivi delle cessioni di beni immobili e di aziende si considerano conseguiti - e le spese di acquisizione di detti beni si considerano sostenute - alla data di stipulazione dell’atto, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale, non dovendo tenere conto delle clausole di riserva della proprietà;
-
i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti - e le spese di acquisizione di detti servizi si considerano sostenute - alla data in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione, e altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi.
Deroghe - Sono previste alcune deroghe al principio di competenza, sia in materia di componenti negativi, sia in materia di componenti positivi, avendo riguardo, ad esempio, alla concorrenza, alla formazione del reddito in base al principio di cassa dei compensi agli amministratori, degli oneri fiscali e contributivi e degli interessi di mora, nonché alla possibilità di dilazionare determinate plusvalenze in esercizi successivi a quello di competenza o ancora all’applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma per i soggetti che adottano i Principi contabili.
Principio della certezza e della oggettiva determinabilità
I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formare il reddito fiscalmente imponibile nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni (art. 109, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
Detto principio della certezza e della oggettiva determinabilità dei componenti reddituali, che si aggancia a quello della competenza e, solo per i componenti negativi, si affianca a quello dell’imputazione, contribuisce a caratterizzare ancor più il concetto della competenza fiscale rispetto a quello di derivazione civilistica: i componenti reddituali di competenza civilistica di un esercizio, che non siano certi nell’esistenza e determinati od oggettivamente determinabili nell’ammontare, diventano di competenza fiscale dell’esercizio in cui acquistano tali requisiti.
Deroghe - Anche il principio di certezza e oggettiva determinabilità subisce alcune deroghe, in specie avendo riguardo alla possibilità di dedurre determinati importi a titolo di accantonamento per costi futuri di ammontare incerto.
Principio dell’inerenza
Il principio di inerenza, con specifico riferimento ai componenti negativi di reddito, costituisce un’ulteriore condizione alla deducibilità degli stessi, in base alla quale (art. 109, c. 5, D.P.R. n. 917/1986):
-
le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono fiscalmente deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi (ad esempio i dividendi esclusi da tassazione in misura pari al 95%);
-
le spese e gli altri componenti negativi che invece si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito (ad esempio le plusvalenze da alienazione di partecipazioni esenti in misura pari al 95%), sono deducibili in misura forfettaria, ossia per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito, o che non vi concorrono in quanto esclusi, e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Il principio di inerenza non riguarda soltanto le specifiche regole che dispongono la limitazione della deducibilità dei componenti negativi in presenza di componenti positivi esenti, ma è da interpretare in senso ben più ampio, quale principio immanente al sistema, con la conseguenza che non sono deducibili i componenti negativi sostenuti per bisogni estranei all’attività d’impresa, ad esempio per scopi personali dei soci o degli amministratori, ovvero le spese sostenute senza alcuna connessione con l’attività economica della società.
Deroghe - Il principio dell’inerenza non trova applicazione in specie per gli oneri fiscali e contributivi, in quanto per essi questa è implicita nella loro stessa natura, per gli oneri di utilità sociali, per definizione non inerenti, e per gli interessi passivi, soggetti a regole specifiche. Per determinati beni, quali le autovetture, è presunta un’inerenza solo parziale, con conseguente applicazione di percentuali forfettarie di deducibilità.
Principio di imputazione a Conto economico
Ai fini della deducibilità dei componenti negativi occorre che sia rispettato anche il principio della previa imputazione dei medesimi nel Conto economico (art. 109, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).
Ciò in quanto:
-
da una parte, i ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano imputati al Conto economico;
-
d’altra parte, le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al Conto economico relativo all’esercizio di competenza.
Deroghe - Il principio dell’imputazione a Conto economico subisce molteplici deroghe, in quanto sono deducibili:
-
le spese e gli altri componenti negativi imputati al Conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità a norme sulla determinazione della base imponibile IRES che dispongono o consentono il rinvio (ad esempio la disposizione che prescrive la deducibilità delle spese di manutenzione eccedenti in esercizi successivi a quello di iscrizione a Conto economico);
-
le spese e gli altri componenti negativi che, pur non essendo imputati al Conto economico, sono deducibili per disposizione di legge (ad esempio la norma che statuisce la deducibilità dei compensi degli amministratori nell’esercizio di erogazione dei medesimi).
Le spese e gli altri componenti negativi sono altresì ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano imputati direttamente a patrimonio netto per effetto dei Principi contabili adottati dall’impresa.
La possibilità di operare la deduzione in via extracontabile di determinati costi non imputabili a Conto economico (introdotta al fine di ovviare al fenomeno del c.d. inquinamento fiscale del bilancio), costituiti da:
-
ammortamenti dei beni materiali ed immateriali,
-
altre rettifiche di valore,
-
accantonamenti,
-
differenze tra i canoni di locazione finanziaria e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi, derivanti dai relativi contratti, imputati a Conto economico,
-
spese per studi e ricerche di sviluppo,
mediante indicazione degli stessi in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi, è stata abrogata a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 (Legge n. 244/2007), ma può esplicare ancora effetti in termini di vincolo sulle riserve disponibili dell’impresa, se e nella misura in cui le deduzioni extracontabili non siano ancora state riprese a tassazione né l’azienda abbia fatto ricorso alle previste procedure di riallineamento.
Principio di derivazione rafforzata
Per i soggetti, diversi dalle microimprese (art. 2435-ter c.c.) che non hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria, i quali redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del Codice civile, valgono, anche in deroga ad altre disposizioni contenute nel D.P.R. n. 917/1986, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi Principi contabili (art. 83, c. 1, D.P.R. n. 917/1986) in ossequio al c.d. principio della derivazione rafforzata del reddito fiscalmente imponibile dal risultato di bilancio civilistico.
La necessità di prevedere un coordinamento tra norme di carattere fiscale e contenuto dei Principi contabili nazionali fa seguito all’aggiornamento di questi ultimi effettuato in conseguenza delle modifiche apportate alle norme del Codice civile sul bilancio d’esercizio in attuazione della Direttiva n. 2013/34/UE (D.Lgs. n. 139/2015): detto coordinamento ricalca in gran parte quanto già in precedenza previsto per i soggetti che applicano in bilancio i Principi contabili internazionali IAS/IFRS (D.M. 3 agosto 2017, in vigore dall’11 agosto 2017, con una clausola di salvaguardia per eventuali comportamenti non coerenti negli esercizi precedenti a quelli in corso all’11 agosto 2017, per i quali i termini per il versamento a saldo delle imposte dirette risultano scaduti anteriormente alla suddetta data).
18.3.2. Ricavi
18.3.2.RicaviIl trattamento fiscale dei ricavi coincide sostanzialmente con quello civilistico (art. 85, D.P.R. n. 917/1986).
Le principali differenze rinvenibili riguardano:
-
la disposizione antielusiva in base alla quale si comprende tra i ricavi il valore normale dei beni assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (art. 85, c. 2, D.P.R. n. 917/1986);
-
il valore dei corrispettivi di eventuali cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate nei confronti di società estere appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale, che sono valutate ai fini delle imposte sui redditi sulla base del loro valore normale (art. 110, c. 7, D.P.R. n. 917/1986);
-
l’esistenza di ricavi non contabilizzati, ma comunque da tassare in base al principio di competenza;
-
la presenza di eventuali proventi esenti da tassazione, come, ad esempio, i proventi dei cespiti che fruiscono di esenzione dall’imposta (art. 91, D.P.R. n. 917/1986).
Al riguardo, nei casi a), b) e c), qualora dall’applicazione dei criteri fiscali emerga un valore dei ricavi eccedente quello contabilizzato, occorre effettuare in dichiarazione dei redditi una variazione in aumento corrispondente a tale eccedenza.
Per quanto concerne l’ipotesi d), occorre effettuare in dichiarazione dei redditi un’apposita variazione in diminuzione pari all’importo dei ricavi e proventi esenti da tassazione.
18.3.3. Rimanenze
18.3.3.RimanenzeProdotti finiti e materie prime
La valutazione dei prodotti finiti e delle materie prime può essere operata, a scelta del contribuente, sulla base dei costi specifici o raggruppando
i beni in categorie omogenee per natura e per valore (art. 92, D.P.R. n. 917/1986).
Valutazione a costi specifici - Quando la valutazione è operata in base al costo specifico, solitamente applicabile nel caso di beni non fungibili, l’ammontare delle rimanenze finali è calcolato attribuendo ad ogni bene il suo valore, pari al costo di produzione o al costo di acquisto: la norma fiscale non stabilisce un valore minimo di riferimento, dal momento che la valutazione corrisponde al costo reale del singolo bene.
Valutazione per categorie omogenee - Quando la valutazione è effettuata per classi omogenee di beni, la norma fiscale individua un valore minimo al di sotto del quale non è possibile scendere.
La determinazione del valore minimo impedisce che l’impresa possa procedere, dal punto di vista fiscale, ad una svalutazione eccessiva del magazzino, con conseguente riduzione della base imponibile.
Il valore minimo fiscalmente riconosciuto è dato, alternativamente:
-
dal valore scaturente dall’applicazione di uno dei metodi ammessi, costituiti da:
-
metodo LIFO (Last In First Out);
-
metodo FIFO (First In First Out);
-
-
costo medio ponderato;
-
o, se inferiore, dal valore normale dei beni.
Il metodo espressamente previsto e descritto dalla normativa fiscale (art. 92, c. 2 e 3, D.P.R. n. 917/1986) è definito “LIFO a scatti annuale” (fatta salva la possibilità di utilizzare gli alternativi metodi sopra enunciati).
In base a detto metodo, nel primo esercizio in cui si manifestano, le rimanenze sono valutate attribuendo ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell’esercizio stesso per la loro quantità.
Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente, dette maggiori quantità devono essere valutate distintamente in base all’esercizio in cui si sono formate; se invece è diminuita, si considerano ridotte le rimanenze formatesi nei precedenti esercizi, a partire dal più recente.
L’eventuale modifica, da un esercizio all’altro, del criterio di valutazione adottato per la valutazione delle rimanenze è soggetta a specifici limiti e adempimenti.
Il valore normale dei beni costituisce un riferimento oggettivo al valore corrente dei beni, quale risulta dalla media dei prezzi dell’ultimo mese dell’esercizio. Se, per effetto dell’andamento del mercato, il valore delle rimanenze ottenuto con l’applicazione di uno degli alternativi criteri fiscalmente ammessi risulta superiore al valore determinato sulla base del valore normale, l’intero magazzino, indipendentemente dai periodi di formazione, può essere valutato in base a detto minor valore.
Se il criterio di valutazione adottato ai fini civilistici coincide con quello previsto dalla normativa fiscale, non emergono problematiche particolari in dichiarazione dei redditi.
Ove sussistano differenze tra il valore riconosciuto a fini fiscali e l’ammontare delle rimanenze esposto in bilancio, in specie a seguito di una svalutazione di quest’ultimo nel caso in cui il presumibile valore di realizzazione del magazzino si dimostri inferiore rispetto a quello valutato sulla base del costo, è necessario effettuare una specifica variazione in aumento del risultato civilistico.
Ciò avviene quando l’importo della svalutazione effettuata ai fini civilistici risulti superiore al limite consentito dalla normativa fiscale, con conseguente emersione di un doppio binario, ossia di una doppia e non coincidente valutazione delle rimanenze di magazzino - civilistica, d’un lato, e fiscale, dall’altro - che potrà in specie essere oggetto di riallineamento nell’esercizio di vendita dei beni, con corrispondente variazione in diminuzione da apportare in dichiarazione dei redditi.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che le rimanenze finali di magazzino di prodotti finiti, a seguito dell’applicazione del criterio FIFO e di una successiva svalutazione effettuata sulla base del presumibile valore di realizzazione, ammontino a 50.000 euro, a fronte di una valorizzazione delle stesse a inizio esercizio pari a 65.000 euro.
Il valore minimo fiscalmente riconosciuto del magazzino di Alfa Spa con riferimento alla fine dell’esercizio X ammonta a 55.000 euro.
Alfa Spa procede nel corso dell’esercizio X+1 alla vendita dell’intera quantità dei prodotti già oggetto di svalutazione.
Ciò premesso, è necessario effettuare: una variazione fiscale in aumento del risultato civilistico con riferimento all’esercizio X, pari alla differenza tra valore fiscale minimo del magazzino (55.000 euro) e valore contabile corrispondente (50.000 euro), ossia pari a 5.000 euro.
Detta variazione va indicata nella dichiarazione dei redditi dell’esercizio X di Alfa Spa.
Con riferimento al successivo esercizio X+1, emerge, in conseguenza della vendita: una variazione fiscale in diminuzione del risultato civilistico di pari importo, ossia pari a 5.000 euro.
Detta seconda variazione va indicata nella dichiarazione dei redditi dell’esercizio X+1 di Alfa Spa.
Commercianti al dettaglio - Un criterio di valutazione particolare è previsto nel caso di esercizio del commercio al minuto: è possibile valutare le rimanenze sulla base dei prezzi al dettaglio, attribuendo il valore ai beni mediante lo scorporo del ricarico medio dal prezzo di vendita (art. 92, c. 8, D.P.R. n. 917/1986).
Semilavorati
La valutazione dei semilavorati viene operata sulla base dei costi sostenuti nell’esercizio per la loro realizzazione, ivi compresi gli oneri accessori di diretta imputazione.
Non emergono problematiche particolari in sede di determinazione del reddito fiscalmente imponibile (art. 92, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
Lavori in corso su ordinazione di durata non ultrannuale
La valutazione dei lavori in corso su ordinazione di durata non superiore ai 12 mesi è effettuata in modo analogo a quanto previsto per la valutazione dei semilavorati (art. 92, c. 6, D.P.R. n. 917/1986), ove siano ancora in corso di lavorazione o di esecuzione al termine del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023, mentre, per i lavori successivi, è fiscalmente riconosciuto, in alternativa al criterio del costo, anche il metodo della percentuale di completamento, ove applicato in bilancio (artt. 9, c. 1, lett. b) e 13, c. 3, D.Lgs. n. 192/2024).
Lavori in corso su ordinazione di durata ultrannuale
La valutazione dei lavori in corso su ordinazione di durata superiore ai 12 mesi è effettuata sulla base dei corrispettivi pattuiti, tenendo conto anche delle eventuali maggiorazioni di prezzo (art. 93, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), ove siano ancora in corso di lavorazione o di esecuzione al termine del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023, mentre, per i lavori successivi, è fiscalmente riconosciuto, in alternativa al metodo della percentuale di completamento, anche il criterio del costo, ove applicato in bilancio (artt. 9, c. 1, lett. c) e 13, c. 3, D.Lgs. n. 192/2024).
In particolare, ove la valutazione avvenga sulla base dei corrispettivi pattuiti:
-
si tiene conto delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50%;
-
se l’ammontare dei corrispettivi è correlato a stati di avanzamento lavori, la valutazione dell’opera ultrannuale deve essere fatta sulla base dei corrispettivi liquidati.
Rispetto al principio generale della valutazione delle rimanenze di magazzino in base al costo, detta deroga prevista per la valutazione di lavori in corso di durata ultrannuale consente l’imputazione dei ricavi connessi alla realizzazione dell’opera nell’esercizio di competenza nel quale maturano.
Nel valore delle rimanenze dei lavori in corso su ordinazione di durata superiore ai 12 mesi sono ricompresi solamente i corrispettivi non liquidati in via definitiva: qualora il relativo contratto preveda la liquidazione definitiva dei corrispettivi maturati in base allo stato di avanzamento lavori, detti corrispettivi devono essere considerati ricavi e la valutazione dell’opera in corso di realizzazione deve limitarsi alla sola parte non ancora definitivamente liquidata.
Qualora, ad esempio in conseguenza di svalutazioni (non previste dal D.P.R. n. 917/1986), si verifichino delle differenze tra l’ammontare delle rimanenze di fine esercizio determinato ai fini fiscali rispetto al corrispondente valore esposto in bilancio, si rende necessario effettuare una variazione in aumento del risultato di bilancio.
Si supponga, con riferimento alla fine dell’esercizio X di Alfa Spa, che una determinata commessa pluriennale in corso di lavorazione, il cui compenso contrattualmente pattuito ammonta a 60.000 euro, presenti uno stato di avanzamento lavori pari al 40%. Alfa Spa effettua una svalutazione prudenziale pari a 4.000 euro.
La valutazione nel bilancio dell’esercizio X di Alfa Spa della commessa ammonta a [(60.000 x 0,4) - 4.000 =] 20.000. Il corrispondente valore fiscalmente riconosciuto - non risultando deducibile alcun importo a titolo di svalutazione - è pari a 24.000 euro.
È dunque necessario effettuare: una variazione fiscale in aumento del risultato civilistico con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa pari alla differenza tra valore fiscale della commessa pluriennale (24.000 euro) e valore contabile corrispondente (20.000 euro), ossia pari a 4.000 euro.
Detta variazione va indicata nella dichiarazione dei redditi dell’esercizio X di Alfa Spa.
18.3.4. Proventi immobiliari
18.3.4.Proventi immobiliariI proventi immobiliari sono costituiti dai proventi derivanti da immobili non utilizzati strumentalmente nell’esercizio dell’attività d’impresa, né costituenti beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.
Detti proventi - che, se conseguiti non nell’esercizio di un’impresa, rientrano nella
categoria dei redditi fondiari e sono tassati su base catastale - concorrono alla
formazione del reddito d’impresa sulla base degli stessi criteri utilizzati per la
determinazione dei redditi fondiari (art. 90, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
In caso di immobili locati, qualora il canone di locazione, ridotto fino ad un massimo del 15% per spese documentate di manutenzione ordinaria sostenute ed effettivamente rimaste a carico del locatore, risulti superiore al reddito determinato in via catastale, il reddito stesso è determinato in misura pari al canone di locazione al netto di tale riduzione.
Tutte le spese e gli altri componenti negativi relativi ai suddetti immobili sono in generale indeducibili, fatte salve regole specificamente previste per gli interessi passivi sostenuti in relazione ai medesimi immobili.
Di conseguenza, in presenza di tale tipologia di proventi immobiliari imputati a Conto economico, occorre effettuare in sede di dichiarazione dei redditi una doppia variazione:
-
una variazione in diminuzione, pari all’importo di detti proventi iscritti in bilancio;
-
una variazione in aumento, pari all’ammontare degli stessi fiscalmente rilevante.
Inoltre, in presenza di componenti negativi riferiti ai suddetti immobili, occorre effettuare un’ulteriore variazione in aumento del risultato di bilancio in misura pari all’importo totale dei costi imputati a Conto economico.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risultino imputati a Conto economico i seguenti componenti positivi e negativi inerenti a un immobile non strumentale di proprietà e locato per tutto l’anno:
-
affitti attivi: 60.000 euro;
-
spese di manutenzione ordinaria (non oggetto di riaddebito al locatario): 5.000 euro;
-
altri componenti negativi: 10.000 euro.
La rendita catastale dell’immobile rivalutata è pari a 3.000 euro.
Ciò premesso, è necessario effettuare, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa:
-
una variazione fiscale in aumento del risultato civilistico pari al canone di locazione annuale (60.000 euro) ridotto dell’importo totale (in quanto inferiore al 15% del canone) delle spese effettive di manutenzione (5.000 euro), ossia pari a 55.000 euro (verificando, come nel caso di specie, che risulti maggiore della rendita catastale rivalutata);
-
una variazione fiscale in diminuzione del risultato civilistico pari all’importo totale del canone di locazione imputato a Conto economico, ossia pari a 60.000 euro;
-
una variazione in aumento pari al complesso delle spese e altri componenti negativi inerenti all’immobile imputati a Conto economico, ossia pari a (5.000 + 10.000 =) 15.000 euro.
Le tre suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi dell’esercizio X di Alfa Spa.
Sono previste specifiche regole in caso di immobili situati all’estero.
18.3.5. Contributi
18.3.5.ContributiIl termine “contributo” viene comunemente utilizzato in senso generale per riferirsi indistintamente a qualsiasi apporto, in denaro o in natura, acquisito da enti pubblici o da terzi a titolo gratuito all’economia dell’azienda.
A fini contabili i contributi si possono classificare in tre distinte categorie, in funzione della natura delle spese che gli stessi sono destinati a fronteggiare:
-
contributi in conto esercizio;
-
contributi in conto impianti;
-
contributi in conto capitale.
A fini fiscali rileva sia la natura del contributo - considerando le tre distinte categorie sopra indicate - sia la distinzione tra:
-
contributi spettanti in base a contratto (art. 85, c. 1, lett. g), D.P.R. n. 917/1986);
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contributi spettanti a norma di legge (art. 88, c. 3, lett. b), D.P.R. n. 917/1986).
Contributi in conto esercizio
I contributi in conto esercizio sono erogati a fronte di costi sostenuti dall’impresa, al fine di ridurne l’incidenza sul risultato economico dell’esercizio (ad esempio: contributi erogati dall’Unione europea a titolo di aiuto alla produzione, contributi in conto interessi, ecc.).
Detti contributi costituiscono contabilmente componenti positivi che concorrono a formare il risultato economico interamente nell’esercizio di competenza, al momento della loro acquisizione definitiva, ad esempio in seguito alla delibera irrevocabile di assegnazione.
Sotto il profilo fiscale, i contributi in conto esercizio sono qualificati come ricavi, con conseguente tassazione nell’esercizio di competenza (art. 85, D.P.R. n. 917/1986).
Conseguentemente, sussiste piena compatibilità tra disposizioni civilistiche e normativa tributaria, cosicché non emergono problematiche peculiari in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi.
Contributi in conto impianti
I contributi in conto impianti sono erogati a fronte di specifici investimenti, allo scopo di ridurre l’onere complessivo sostenuto dall’impresa per l’acquisizione dei fattori produttivi ai quali si riferiscono (ad esempio: contributi finalizzati alla realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, alla riattivazione ed all’ampliamento di immobilizzazioni materiali).
Detti contributi devono essere iscritti in bilancio mediante accreditamento graduale del contributo al Conto economico.
L’imputazione del contributo a Conto economico può avere luogo:
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iscrivendo il contributo come risconto passivo e riducendo il risconto in ogni esercizio, per un ammontare esattamente corrispondente alla percentuale di ammortamento relativa all’immobilizzazione cui il contributo si riferisce; il contributo in conto impianti viene così ripartito fra più periodi sulla base dello stesso coefficiente utilizzato per l’ammortamento del bene cui inerisce;
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portando il contributo a diretta riduzione del costo ammortizzabile del bene cui esso si riferisce; in tal modo, il valore del bene si riduce e gli ammortamenti dello stesso vengono calcolati su un ammontare inferiore a quello computabile in assenza di contributi.
Sotto il profilo fiscale, i contributi in conto impianti concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, analogamente a quanto prevede la normativa civilistica.
Ne discende che in generale non è necessario effettuare alcuna variazione in sede di dichiarazione dei redditi, essendo la disciplina fiscale perfettamente allineata con il trattamento contabile: qualora però i contributi siano stati contabilizzati mediante il sistema dei risconti passivi, occorre, ove la quota di ammortamento civilistico ecceda quella massima fiscalmente deducibile, rettificare il valore della quota di contributo imputata al Conto economico, apportando una variazione fiscale in diminuzione, in modo tale che detto componente economico positivo concorra alla formazione del reddito d’esercizio nella stessa misura in cui vi concorre la quota di ammortamento fiscalmente rilevante.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risulti imputato a Conto economico, tramite la tecnica dei risconti passivi, la quota di competenza di un contributo in conto impianti afferente a una determinata immobilizzazione materiale.
Si tenga conto al riguardo dei seguenti dati, riferiti all’immobilizzazione in oggetto:
-
costo d’acquisto: 100.000 euro;
-
aliquota civile di ammortamento: 40%;
-
aliquota fiscale di ammortamento: 20%.
Il contributo in conto impianti, pari al 25% del costo dell’immobilizzazione, ammonta complessivamente a 25.000 euro, di cui il 40%, pari a 10.000 euro, di competenza civilistica dell’esercizio X di Alfa Spa.
Ciò premesso, è necessario considerare che l’ammortamento imputato al Conto economico dell’esercizio X, pari a (100.000 x 0,40 =) 40.000 euro risulta eccedente quello riconosciuto in misura massima dalla normativa fiscale, pari a (100.000 x 0,20 =) 20.000 euro.
Di conseguenza, occorre apportare: una variazione fiscale in aumento pari alla quota di ammortamento indeducibile nell’esercizio, ossia pari a (40.000 - 20.000 =) 20.000 euro, a sua volta pari al 50% dell’ammortamento totale imputato a Conto economico.
Il contributo in conto impianti imputato al Conto economico del medesimo esercizio X di Alfa Spa risulta specularmente imponibile nella stessa misura rispetto alla percentuale di rilevanza fiscale dell’ammortamento, ossia per l’importo di (100.000 x 0,25 x 0,20 =) 5.000 euro.
Di conseguenza, occorre apportare: una variazione fiscale in diminuzione pari alla quota di contributo non fiscalmente imponibile nell’esercizio, ossia pari a (10.000 - 5.000 =) 5.000 euro, a sua volta pari al 50% del contributo totale imputato a Conto economico.
Le due suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi dell’esercizio X di Alfa Spa.
Contributi in conto capitale
I contributi in conto capitale sono finalizzati ad un generico rafforzamento dei mezzi patrimoniali dell’impresa e, a differenza delle altre categorie di contributi (contributi in conto impianti e contributi in conto esercizio), la loro erogazione non risulta condizionata al sostenimento di specifiche spese.
Da un punto di vista contabile, i contributi sono contabilizzati per competenza tra gli altri ricavi e proventi, e non più tra le sopravvenienze attive a seguito dell’eliminazione dell’area straordinaria del Conto economico (D.Lgs. n. 139/2015). Essi sono iscrivibili in bilancio al momento in cui esiste una delibera formale di erogazione da parte dell’ente, ossia dopo che è venuto meno ogni eventuale vincolo alla loro riscossione e l’impresa ne abbia ricevuto comunicazione.
Da un punto di vista fiscale, i contributi in conto capitale costituiscono sopravvenienze attive (art. 88, c. 3, lett. b), D.P.R. n. 917/1986), ad esclusione dei contributi che siano spettanti non a norma di legge ma in base a contratto, che ricadono tra i ricavi e sono tassati per competenza (art. 85, c. 1, lett. g), D.P.R. n. 917/1986).
I contributi in conto capitale che costituiscono sopravvenienze attive concorrono a formare il reddito d’impresa secondo il criterio di cassa, ossia nel periodo d’imposta in cui vengono effettivamente percepiti. È al riguardo accordata all’impresa - limitatamente ai contributi incassati entro il termine del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023 (artt. 9, c. 1, lett. a) e 13, c. 2, D.Lgs. n. 192/2024) - la possibilità di scegliere se assoggettare a tassazione i contributi integralmente nell’esercizio di incasso, ovvero in un massimo di 5 quote costanti, vale a dire nell’esercizio di incasso e negli esercizi successivi, ma non oltre il quarto.
Nel caso dei contributi in conto capitale possono emergere differenze tra Principi contabili, sulla cui base il contributo è imputato in base al criterio di competenza economica, e disposizioni fiscali, che ne statuiscono la tassazione in base al principio di cassa, da riconciliare mediante variazioni fiscali al reddito imponibile.
In particolare:
-
nel caso di imputazione a Conto economico di un contributo non ancora incassato, si effettua una variazione in diminuzione del risultato civilistico;
-
nel caso di incasso nell’esercizio di un contributo in conto capitale imputato a Conto economico nei precedenti esercizi, occorre effettuare una variazione in aumento del risultato civilistico.
Ulteriori variazioni fiscali emergono nel caso in cui venga scelta la tassazione rateizzata in più esercizi del contributo.
In particolare, qualora l’impresa abbia esercitato tale facoltà e l’intero contributo in conto capitale sia stato accreditato a Conto economico e incassato nel medesimo esercizio, è necessario effettuare una duplice variazione nella dichiarazione dei redditi relativa al suddetto esercizio:
-
una variazione in diminuzione, pari all’intero ammontare dei contributi accreditati al Conto economico;
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una variazione in aumento, pari alla prima quota costante dei contributi da rateizzare.
Relativamente agli esercizi successivi, interessati dalla rateizzazione della tassazione dei contributi in conto capitale, occorre effettuare in sede di dichiarazione una variazione in aumento pari alla quota costante degli stessi.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risulti imputato per competenza a Conto economico un contributo in conto capitale pari a 6.000 euro. Detto contributo non risulta ancora incassato alla fine dell’esercizio. L’incasso dell’importo totale del contributo avviene nel corso del successivo esercizio X+1. La società non intende avvalersi della possibilità (prevista in caso di incasso entro il termine del periodo di imposta in corso al 31/12/2023) di rateizzare fiscalmente il contributo.
Ciò premesso, è necessario considerare che il contributo imputato a Conto economico nell’esercizio X non è imponibile nel medesimo esercizio in quanto non incassato. Detto contributo risulta da tassare, in applicazione del principio di cassa, nell’esercizio X+1.
Di conseguenza occorre apportare:
-
con riferimento all’esercizio X, una variazione fiscale in diminuzione pari a 6.000 euro;
-
con riferimento all’esercizio X+1, una variazione fiscale in aumento pari a 6.000 euro;
Ciascuna delle due suddette variazioni fiscali va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X (non successivo al periodo di imposta in corso al 31/12/2023) di Alfa Spa, che risulti imputato per competenza a Conto economico un contributo in conto capitale pari a 10.000 euro. Detto contributo risulta incassato nel corso del medesimo esercizio X. La società intende avvalersi dell’agevolazione fiscale costituita dalla possibilità di rateizzare l’imponibilità del contributo in 5 esercizi.
Ciò premesso, è necessario considerare che il contributo imputato a Conto economico nell’esercizio X è imponibile a partire dal medesimo esercizio in quanto incassato. Detto contributo risulta da tassare in cinque quote costanti, ciascuna pari a (10.000 / 5 =) 2.000 euro nell’esercizio X e nei quattro esercizi successivi.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X:
-
una variazione fiscale in diminuzione pari all’intero importo del contributo, ossia pari a 10.000 euro;
-
una variazione fiscale in aumento pari alla prima delle cinque quote costanti, ossia pari a 2.000 euro.
Le due suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Inoltre, con riferimento a ciascuno dei quattro esercizi immediatamente successivi all’esercizio X, occorre apportare: una variazione fiscale in aumento pari alla rispettiva quota costante del contributo imponibile nel corrispondente esercizio, ossia pari a 2.000 euro.
Ciascuna delle 4 suddette variazioni fiscali va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risulti imputato per competenza a Conto economico un contributo in conto capitale pari a 5.000 euro. Detto contributo non risulta ancora incassato alla fine dell’esercizio. L’incasso dell’importo totale del contributo avviene nel corso del successivo esercizio X+1. La società intende avvalersi della possibilità di rateizzare fiscalmente il contributo, ipotizzando che l’incasso sia avvenuto entro il termine del periodo di imposta in corso al 31/12/2023.
Ciò premesso, è necessario considerare che il contributo imputato a Conto economico nell’esercizio X non è imponibile nel medesimo esercizio in quanto non incassato, ma lo diviene nell’esercizio X+1: per effetto dell’opzione per l’imponibilità frazionata, detto contributo risulta da tassare in cinque quote costanti, ciascuna pari a (5.000 / 5 =) 1.000 euro nell’esercizio X+1 e nei quattro esercizi successivi.
Di conseguenza occorre apportare:
-
con riferimento all’esercizio X, una variazione fiscale in diminuzione pari a 5.000 euro;
-
con riferimento all’esercizio X+1:
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una variazione fiscale in aumento pari all’intero importo del contributo, ossia pari a 5.000 euro;
-
una variazione fiscale in diminuzione anch’essa pari all’intero importo del contributo, ossia pari a 5.000 euro;
-
una variazione fiscale in aumento pari alla prima delle cinque quote costanti, ossia pari a 1.000 euro.
Inoltre, con riferimento a ciascuno dei quattro esercizi immediatamente successivi all’esercizio X+1, occorre apportare: una variazione fiscale in aumento pari alla rispettiva quota costante del contributo imponibile nel corrispondente esercizio, ossia pari a 1.000 euro.
Ciascuna delle suddette variazioni fiscali va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
18.3.6. Altri proventi
18.3.6.Altri proventiPlusvalenze patrimoniali
Le plusvalenze concorrono fiscalmente alla formazione del reddito se (art. 86, c. 1, D.P.R. n. 917/1986):
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sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
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sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;
-
i beni, che nei casi a) e b) darebbero luogo a plusvalenze imponibili, sono:
-
assegnati ai soci;
-
destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
-
Ai fini della determinazione della plusvalenza, sono previste - a seconda delle fattispecie - differenti modalità di determinazione (art. 86, c. 2, D.P.R. n. 917/1986):
-
nel caso a) di cessione a titolo oneroso, la plusvalenza è costituita dalla differenza positiva tra il corrispettivo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, ed il costo non ammortizzato;
-
nel caso b) di perdita o danneggiamento, la plusvalenza è costituita dalla differenza positiva tra l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, ed il costo non ammortizzato;
-
nelle ipotesi c), la plusvalenza è costituita dalla differenza positiva tra il valore normale ed il costo non ammortizzato dei beni.
In taluni casi, il legislatore fiscale prevede la facoltà per il contribuente di rateizzare la tassazione delle plusvalenze realizzate. In particolare, le plusvalenze aventi ad oggetto immobilizzazioni materiali o immateriali possedute per un periodo non inferiore a 3 anni possono alternativamente (art. 86, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):
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concorrere a formare per il loro intero ammontare il reddito dell’esercizio in cui sono state realizzate;
-
concorrere a formare in quote costanti il reddito dell’esercizio in cui sono state realizzate e quello degli esercizi successivi, ma non oltre il quarto.
Nel caso di opzione per la rateizzazione, occorre effettuare una duplice variazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui hanno avuto luogo i componenti di reddito in questione:
-
una variazione in diminuzione, pari all’ammontare delle plusvalenze imputate al Conto economico;
-
una variazione in aumento, pari alla quota costante delle plusvalenze come sopra determinate.
Relativamente agli esercizi successivi, interessati dalla rateizzazione delle plusvalenze, occorre effettuare in sede di dichiarazione una variazione in aumento pari alla quota costante delle plusvalenze rateizzate.
Se, all’atto della cessione, il valore civile e il valore fiscale del bene divergono (ad esempio in conseguenza di ammortamenti imputati a Conto economico e temporaneamente non dedotti negli esercizi precedenti, emerge un importo di plusvalenza contabile non coincidente con l’importo della plusvalenza fiscale), detta differenza (che può anche - ad esempio - far emergere una minusvalenza fiscale a fronte di una plusvalenza contabile) deve essere riallineata apportando le dovute variazioni fiscali in dichiarazione dei redditi.
Con specifico riferimento ai mezzi di trasporto oggetto del regime di deducibilità limitata per i correlati componenti negativi, le plusvalenze patrimoniali relative ai suddetti mezzi rilevano, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato (art. 164, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), con conseguente variazione fiscale in diminuzione da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia conseguito e imputato a Conto economico le seguenti plusvalenze:
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plusvalenza pari a 5.000 euro da alienazione di un impianto posseduto da 4 anni, derivante dalla differenza tra prezzo di vendita, pari a 8.000 euro, e valore contabile netto pari a 3.000 euro e coincidente con il valore fiscale residuo del bene;
-
plusvalenza pari a 10.000 euro da alienazione di un macchinario posseduto da 2 anni, derivante dalla differenza tra prezzo di vendita, pari a 16.000 euro, e valore contabile netto pari a 6.000 euro e non coincidente con il valore fiscale residuo del bene, pari a 9.000 euro.
Alfa Spa intende avvalersi delle agevolazioni fiscali applicabili in ordine alla tassazione delle plusvalenze.
Ciò premesso risulta quanto segue:
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con riferimento alla plusvalenza contabile e fiscale pari a 5.000 euro, per la quale il requisito del possesso minimo triennale richiesto ai fini dell’agevolazione della rateizzazione in 5 anni è soddisfatto, occorre effettuare:
-
nell’esercizio X, una variazione fiscale in diminuzione pari all’intero importo della plusvalenza rateizzata, ossia pari a 5.000 euro, e una variazione fiscale in aumento pari alla prima delle 5 quote costanti, ossia pari a (5.000 / 5 =) 1.000 euro;
-
nei 4 esercizi immediatamente successivi all’esercizio X, altrettante variazioni fiscali in aumento pari ciascuna a (5.000 / 5 =) 1.000 euro;
-
-
con riferimento alla plusvalenza contabile pari a 10.000 euro, per la quale il requisito del possesso minimo triennale richiesto ai fini della rateizzazione non è soddisfatto, occorre effettuare una riconciliazione con il differente importo della plusvalenza dal punto di vista fiscale, pari a (16.000 - 9.000 =) 7.000, mediante nell’esercizio X, una variazione fiscale in diminuzione pari alla minore plusvalenza fiscale, ossia pari a (10.000 - 7.000 =) 3.000 euro.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Sopravvenienze attive
Indennità di risarcimento - In caso di indennità di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni che generano
plusvalenze (art. 86, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986), può emergere fiscalmente una sopravvenienza attiva se il risarcimento è liquidato in un esercizio successivo a quello in cui il danno
si è verificato.
L’eccedenza tra l’indennità di risarcimento e il costo fiscale non ammortizzato del bene risarcito, se il bene è stato posseduto per almeno 3 anni, può alternativamente (art. 88, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), così come previsto per la plusvalenza emergente nel caso in cui la liquidazione del risarcimento e il verificarsi del danno avvengano nel medesimo esercizio (art. 86, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):
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concorrere a formare per il suo intero ammontare il reddito dell’esercizio in cui è stata conseguita;
-
concorrere a formare in quote costanti il reddito dell’esercizio in cui è stata conseguita e quello degli esercizi successivi, ma non oltre il quarto.
Nel caso di opzione per la rateizzazione, occorre effettuare una duplice variazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui ha avuto luogo la liquidazione del risarcimento in questione:
-
una variazione in diminuzione, pari all’ammontare dell’eccedenza imputata al Conto economico;
-
una variazione in aumento, pari alla quota costante dell’eccedenza come sopra determinata.
Relativamente agli esercizi successivi, interessati dalla rateizzazione dell’eccedenza, occorre effettuare in sede di dichiarazione una variazione in aumento pari alla quota costante dell’eccedenza rateizzata.
Cessione di leasing - In caso di cessione di contratti di locazione finanziaria il valore normale dei beni, al netto del valore attuale dei canoni residui e del prezzo di riscatto, costituisce fiscalmente una sopravvenienza attiva (art. 88, c. 5, D.P.R. n. 917/1986). Tale disposizione comporta la necessità di effettuare un’apposita variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi, pari alla eventuale differenza tra il suddetto valore normale ed il prezzo di cessione del contratto di locazione finanziaria.
Sopravvenienze attive non imponibili - Determinate sopravvenienze attive possono risultare non imponibili ai fini dell’IRES, con conseguente necessità di effettuare un’apposita variazione in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi, pari all’importo della sopravvenienza imputata a Conto economico.
Costituisce ad esempio sopravvenienza attiva non imponibile l’importo che sia stato
iscritto nel Conto economico 2020 per stornare il debito a titolo di saldo IRAP 2019
imputato nel bilancio dell’esercizio precedente e successivamente risultato non dovuto
per effetto delle disposizioni contenute nel cosiddetto Decreto “Rilancio” (art. 24, D.L. n. 34/2020) (16.1.2.).
Alfa Spa aveva iscritto nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019 il debito per saldo IRAP 2019, di importo pari a 6.000 euro. Successivamente all’approvazione del suddetto bilancio, è stato emanato il cosiddetto Decreto “Rilancio”, contenente disposizioni di agevolazione a seguito dell’emergenza da Covid-19, in base al quale il debito IRAP sopra indicato non risulta più dovuto da Alfa.
Di conseguenza, la Società ha imputato nel Conto economico del bilancio chiuso al 31 dicembre 2020 una sopravvenienza attiva pari a 6.000 euro al fine di eliminare l’intero debito d’imposta a saldo IRAP 2019.
Ciò premesso, è necessario considerare che la suddetta sopravvenienza attiva costituisce un componente positivo non imponibile ai fini dell’IRES, per cui occorre apportare, con riferimento all’esercizio 2020, una variazione fiscale in diminuzione pari all’intero importo della sopravvenienza, ossia pari a 6.000 euro.
18.3.7. Costi per materie e merci
18.3.7.Costi per materie e merciPer i costi per acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci la disciplina civilistica coincide sostanzialmente con quella fiscale.
Gli acquisti di beni e di servizi da società estere, appartenenti allo stesso gruppo di imprese, vengono in ogni caso valutati ai fini delle imposte sui redditi sulla base del loro valore normale, vale a dire sulla base del valore di mercato (art. 110, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).
Pertanto, qualora il costo di acquisto di detti beni ecceda il citato valore normale, occorre in sede di dichiarazione dei redditi effettuare una variazione fiscale in aumento pari a detta eccedenza.
18.3.8. Costi per servizi
18.3.8.Costi per serviziCosti per viaggi e trasferte
Le spese per viaggi e trasferte sostenute dai lavoratori dipendenti dell’impresa o dai collaboratori agli stessi
assimilati possono essere rimborsate secondo tre differenti modalità:
-
rimborso analitico (c.d. rimborso a piè di lista); consiste nel rimborso di tutte le spese effettivamente sostenute dietro presentazione di un documento riepilogativo (“nota spese”) ed allegando i documenti giustificativi di spesa;
-
rimborso forfettario; consiste nella corresponsione di un’indennità determinata convenzionalmente in misura fissa ad integrale soddisfacimento delle spese sostenute, prescindendo dalla produzione di documenti giustificativi;
-
rimborso misto; consiste nel rimborso di alcune spese in maniera analitica e nella corresponsione di un’indennità forfettaria per il rimborso delle altre spese di trasferta.
Presupposto fondamentale per la deducibilità delle spese rimborsate in occasione di trasferte è - come previsto per la generalità dei componenti negativi di reddito - l’inerenza di tali spese all’attività d’impresa.
A tale riguardo, è importante ai fini probatori che l’impresa autorizzi preventivamente le trasferte dei propri dipendenti e collaboratori, predisponendo appositi documenti ad uso interno (lettere di incarico), nei quali siano indicati la motivazione della missione, il luogo di destinazione, il mezzo di trasporto da utilizzare, le modalità di rimborso delle spese sostenute.
L’invio di dipendenti o collaboratori in luoghi diversi da quello della loro sede abituale di lavoro, purché in via temporanea, realizza l’ipotesi di trasferta, anche se ciò risulti frequente e continuativo. In altre parole, il lavoratore può dirsi in trasferta fuori dal territorio comunale quando è inviato provvisoriamente a svolgere il proprio lavoro in un comune diverso da quello dove è situata la propria sede di lavoro istituzionale.
La deducibilità fiscale delle spese di trasferta risulta inoltre differente a seconda del sistema di rimborso adottato.
In particolare, a fronte di spese sostenute per le trasferte effettuate al di fuori del territorio del comune sede di lavoro da lavoratori dipendenti o da titolari di rapporti di collaborazione assimilati al lavoro dipendente (art. 95, c. 3, D.P.R. n. 917/1986):
-
per le indennità di trasferta corrisposte secondo criteri forfettari è consentita la deduzione integrale;
-
per i rimborsi corrisposti a piè di lista la deduzione delle spese di vitto e alloggio è consentita nel limite di euro 180,76 giornaliere per le trasferte in Italia ed euro 258,23 per le trasferte all’estero;
-
in caso di utilizzo di autoveicolo, privato o a noleggio, i rimborsi chilometrici sono fiscalmente deducibili nei limiti del costo di percorrenza o delle tariffe di noleggio previsti per gli autoveicoli con cilindrata non superiore ai 17 cavalli fiscali se a benzina, ovvero ai 20 cavalli fiscali se diesel.
Le spese di vitto e alloggio e quelle per viaggio e trasporto mediante autoservizi non di linea, nonché i rimborsi analitici relativi alle suddette spese, sostenuti per le trasferte dei dipendenti o corrisposti ai lavoratori autonomi, sono altresì deducibili - a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 - solo se il pagamento avviene con mezzi tracciabili (art. 1, c. 81-83, Legge n. 207/2024).
Inoltre, le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande, diverse da quelli inerenti a trasferte al di fuori del territorio comunale, sono deducibili nella misura del 75% (art. 109, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
Pertanto, le eventuali eccedenze delle spese sostenute rispetto ai limiti suddetti devono essere riprese a tassazione mediante apposite variazioni in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.
In particolare, in presenza di spese per prestazioni alberghiere o somministrazione di alimenti e bevande parzialmente deducibili, è richiesta l’indicazione in dichiarazione dei redditi di due separate variazioni:
-
una variazione fiscale in aumento pari all’importo totale delle spese;
-
una variazione fiscale in diminuzione pari alla quota deducibile, ossia pari al 25% delle spese medesime.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risultino imputate a Conto economico spese inerenti a trasferte entro il territorio del comune sede di lavoro, così dettagliate:
-
spese per alberghi 2.000 euro;
-
spese per ristoranti 1.000 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare che le suddette spese per prestazioni alberghiere e somministrazione di alimenti e bevande sono fiscalmente deducibili nell’esercizio X di Alfa Spa solamente nella misura del 75%, ossia per [(2.000 + 1.000) x 0,75] = 2.250 euro.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X:
-
una variazione fiscale in aumento pari all’intero importo delle spese, ossia pari a (2.000 + 1.000 =) 3.000 euro;
-
una variazione fiscale in diminuzione pari alla quota deducibile del 75%, ossia pari a (3.000 x 0,75 =) 2.250 euro;
Le due suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Costi di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione
Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino capitalizzate ad incremento del costo dei beni a cui si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni ammortizzabili, quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili (art. 102, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
Eventuali acquisti o cessioni dei beni nel corso dell’esercizio non incidono sulla determinazione del costo complessivo rilevante. Per le imprese di nuova costituzione, che quindi non hanno un valore di riferimento iniziale, il predetto limite si calcola sul valore dei beni alla fine dell’esercizio.
In pratica, il legislatore tributario ha rinviato alle scelte operate in sede civilistica:
-
se in sede di bilancio le spese in commento sono state considerate come spese incrementative, allora esse vanno ammortizzate, anche fiscalmente, insieme con i beni di cui hanno aumentato il valore;
-
se, invece, sono ivi state ritenute quali spese ordinarie, esse sono deducibili nell’esercizio di sostenimento, entro il suddetto plafond del 5%.
Il limite di deducibilità è riferito all’ammontare massimo ammesso nell’esercizio. L’eventuale eccedenza è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi (art. 102, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
In caso di spese di manutenzione eccedenti, emerge pertanto una divergenza tra risultato civilistico e reddito fiscalmente imponibile, con conseguente emersione di variazioni fiscali da apportare in dichiarazione dei redditi.
In particolare, occorre effettuare:
-
nell’esercizio di sostenimento e imputazione per competenza delle spese di manutenzione, una variazione fiscale in aumento pari all’importo totale che risulti eccedente rispetto al limite del 5%;
-
in ciascuno dei cinque esercizi successivi all’esercizio di imputazione delle spese, cinque variazioni fiscali in diminuzione di pari importo, ossia pari al 20% dell’originaria eccedenza.
Il limite di deducibilità fiscale non trova applicazione con riferimento alle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione relative a beni di terzi, ovvero di beni non di proprietà dell’impresa utilizzati sulla base, ad esempio, di contratti di locazione, di affitto, di comodato o, ancora, di leasing. Tale tipologia di spese, pertanto, deve concorrere alla formazione del reddito d’esercizio secondo il principio della competenza, in perfetta conformità con la relativa disciplina civilistica.
Inoltre, è statuita l’immediata deducibilità nell’esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni: in tal caso il costo dei suddetti beni deve essere escluso ai fini del calcolo del limite del 5% (art. 102, c. 6, D.P.R. n. 917/1986).
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risultino imputate a Conto economico secondo il criterio della competenza le seguenti spese di manutenzione:
-
spese di manutenzione su beni di proprietà 7.000 euro;
-
spese di manutenzione su beni di terzi 3.000 euro.
Si consideri inoltre, facendo riferimento al contenuto del registro dei beni ammortizzabili di Alfa Spa che:
-
il valore lordo delle immobilizzazioni iscritte all’inizio dell’esercizio X risulta pari a 80.000 euro;
-
all’inizio del mese di luglio dell’esercizio X Alfa Spa ha venduto un macchinario iscritto per 15.000 euro al prezzo di 10.000 euro oltre IVA;
-
alla fine del mese di ottobre dell’esercizio X Alfa Spa ha acquistato un nuovo impianto al prezzo di 20.000 euro oltre IVA.
Ciò premesso, è necessario considerare che:
-
le spese di manutenzione su beni di terzi, in quanto tali, sono interamente deducibili nell’esercizio X;
-
il limite di deducibilità nell’esercizio X delle spese di manutenzione su beni di proprietà di alfa Spa risulta pari al 5% del valore lordo delle immobilizzazioni a inizio esercizio, ossia pari a (80.000 x 0,05 =) 4.000 euro; i dati relativi agli acquisti e alle cessioni di immobilizzazioni nel corso dell’esercizio sono irrilevanti ai fini del calcolo del limite fiscale;
-
l’eccedenza di spese di manutenzione non deducibile nell’esercizio X risulta pertanto pari a (7.000 - 4.000 =) 3.000 euro; detta eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi, come indicato nella tabella seguente.
Deduzione fiscale delle spese di manutenzione eccedenti | |||
Esercizio | Importo imputato a Conto economico |
Importo fiscalmente deducibile | Differenza |
X | 7.000 | 4.000 | + 3.000 |
X+1 | - | 600 | - 600 |
X+2 | - | 600 | - 600 |
X+3 | - | 600 | - 600 |
X+4 | - | 600 | - 600 |
X+5 | - | 600 | - 600 |
Totale | 7.000 | 7.000 | - |
Occorre apportare, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa una variazione fiscale in aumento pari all’importo delle spese di manutenzione eccedenti il limite del 5%, ossia pari a 3.000 euro.
La variazione fiscale va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Inoltre, con riferimento a ciascuno dei cinque esercizi immediatamente successivi all’esercizio X, occorre apportare una variazione fiscale in diminuzione pari a 1/5 dell’eccedenza, ossia pari a 600 euro.
Ciascuna delle cinque suddette variazioni fiscali va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Costi di gestione e manutenzione di immobili civili non strumentali
I costi di gestione e manutenzione e le altre spese inerenti agli immobili civili non strumentali, ossia gli immobili non utilizzati strumentalmente nell’esercizio dell’attività d’impresa, né costituenti beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, non sono deducibili dal reddito d’impresa (art. 90, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
La normativa fiscale tiene già conto di detti costi, in maniera forfettaria, in sede di applicazione dei criteri di determinazione dei redditi fondiari, stabiliti per il concorso alla formazione del reddito d’impresa di tali componenti reddituali.
Pertanto, in sede di dichiarazione dei redditi, occorre effettuare una variazione in aumento per un importo pari all’ammontare dei costi in commento.
Sono previste regole specifiche circa il trattamento fiscale degli interessi passivi sostenuti in relazione a dette categorie di immobili.
Per quanto riguarda la descrizione delle modalità di tassazione dei proventi immobiliari
correlati ai medesimi immobili e la presentazione di un caso pratico (18.3.4.).
Compensi agli amministratori
I compensi spettanti agli amministratori sono fiscalmente deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti (art. 95, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
È così derogato il generale principio di competenza, in quanto dette poste concorrono alla formazione del reddito imponibile secondo il criterio di cassa.
In applicazione del c.d. criterio di cassa “allargato”, se l’esercizio della società coincide con l’anno solare, i compensi erogati agli amministratori che costituiscono redditi assimilati al lavoro dipendente e sono relativi all’anno precedente, risultano fiscalmente deducibili nello stesso anno precedente ove vengano corrisposti entro il 12 gennaio dell’anno successivo.
Dal punto di vista civilistico invece i compensi sono imputati a Conto economico secondo il principio della competenza.
Pertanto, nel caso in cui vengano imputati al Conto economico compensi agli amministratori non corrisposti nell’esercizio, in sede di dichiarazione dei redditi tali compensi dovranno essere ripresi a tassazione apportando una variazione fiscale in aumento; essi si renderanno deducibili, con relativa variazione fiscale in diminuzione, soltanto nell’esercizio in cui verranno effettivamente pagati.
Specularmente, nel caso di erogazione ad amministratori di importi a titolo di anticipo sui compensi, non imputati a Conto economico, detti importi risultano deducibili nell’esercizio del pagamento, mediante variazione fiscale in diminuzione da apportare in dichiarazione dei redditi; nel successivo esercizio in cui i compensi saranno imputati a Conto economico, non saranno evidentemente più deducibili, in quanto già dedotti in precedenza, per cui sarà necessario effettuare una variazione fiscale in aumento nella dichiarazione dei redditi corrispondente.
I compensi erogati sotto forma di partecipazione agli utili sono deducibili anche se non imputati a Conto economico (art. 95, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
Si supponga, con riferimento all’esercizio X, coincidente con l’anno solare, di Alfa Spa, che risultino imputati a Conto economico secondo il criterio della competenza compensi ad amministratori (non dotati di partita IVA) pari a 30.000 euro.
Detti compensi risultano erogati come segue:
-
in data 20 dicembre dell’esercizio X-1, a titolo di anticipo, per 5.000 euro;
-
in data 30 giugno dell’esercizio X per 10.000 euro;
-
in data 30 novembre dell’esercizio X per 7.000 euro;
-
in data 3 gennaio dell’esercizio X+1 per 5.000 euro;
-
in data 30 gennaio dell’esercizio X+1 per i restanti 3.000 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare che, poiché dal punto di vista fiscale si applica il principio di cassa invece di quello della competenza civilistica, emergono delle non coincidenze tra esercizio di imputazione a Conto economico ed esercizio di deducibilità dei compensi agli amministratori di Alfa Spa, come evidenziato in tabella.
Deduzione fiscale dei compensi agli amministratori | |||
Data di erogazione compenso |
Importo compenso | Esercizio di imputazione a Conto economico |
Esercizio di deducibilità fiscale |
20/12/X-1 | 5.000 | X | X-1 |
30/06/X | 10.000 | X | X |
30/11/X | 7.000 | X | X |
03/01/X+1 | 5.000 | X | X |
30/01/X+1 | 3.000 | X | X+1 |
Totale | 30.000 | - | - |
In particolare:
-
l’anticipo sui compensi erogato nel precedente esercizio X-1 e fiscalmente dedotto nel medesimo esercizio, ha dato luogo ad una variazione fiscale in diminuzione pari a 5.000 euro nella precedente dichiarazione dei redditi, e conseguentemente ora - nell’esercizio X di imputazione a Conto economico del compenso - determina una variazione fiscale in aumento pari a 5.000 euro;
-
i compensi erogati a giugno e novembre dell’esercizio X, per totali (10.000 + 7.000 =) 17.000 euro non danno origine a differenze nell’applicazione delle regole di imputazione civilistica e delle norme di deducibilità tributaria, cosicché non emerge alcuna variazione fiscale da apportare al reddito imponibile dell’esercizio;
-
in applicazione del principio di cassa allargata, anche i compensi erogati all’inizio del mese di gennaio dell’esercizio X+1, imputati al Conto economico del precedente esercizio, risultano fiscalmente deducibili nell’esercizio X, con conseguente coincidenza tra esercizio di imputazione civilistica ed esercizio di deducibilità, senza emersione di alcuna variazione fiscale;
-
l’ultima tranche di compensi pagata alla fine del mese di gennaio dell’esercizio X+1 non risulta deducibile nell’esercizio X, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 3.000 euro, che sarà compensata dalla corrispondente variazione fiscale in diminuzione di pari importo da apportare con riferimento al reddito del successivo esercizio X+1.
In sintesi, emergono le seguenti variazioni fiscali in conseguenza dell’imputazione a Conto economico di compensi ad amministratori non interamente corrisposti da Alfa Spa nell’esercizio di competenza:
-
con riferimento all’esercizio X-1: una variazione fiscale in diminuzione pari a 5.000 euro;
-
con riferimento all’esercizio X: una variazione fiscale in aumento complessivamente pari a (5.000 + 3.000 =) 8.000 euro;
-
con riferimento all’esercizio X+1: una variazione fiscale in diminuzione pari a 3.000 euro.
Le variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Mezzi di trasporto
Le spese e gli altri componenti negativi relativi a determinati mezzi di trasporto di proprietà dell’impresa (tra cui: autoveicoli, autocaravan, ciclomotori, motocicli) sono soggetti a un regime di deducibilità parziale (art. 164, D.P.R. n. 917/1986), con conseguenti variazioni in aumento da dover indicare in dichiarazione dei redditi.
In particolare:
-
è fiscalmente deducibile il 20% dei costi;
-
per i mezzi di trasporto utilizzati da soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio la percentuale di deducibilità non è il 20% ma l’80%;
-
per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta la percentuale di deducibilità non è il 20% ma il 70%;
-
sono integralmente deducibili i costi relativi a veicoli adibiti ad uso pubblico e ai mezzi di trasporto destinati a essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa (ad esempio nel caso di società che esercitino l’attività di noleggio di autovetture).
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, società esercitante attività industriale, che risultino imputate a Conto economico spese inerenti all’utilizzo di autoveicoli, così dettagliate:
-
spese per assicurazioni di autoveicoli ad uso aziendale pari a 5.000 euro;
-
spese per assicurazioni di autoveicoli attribuiti ad uso promiscuo a dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta pari a 3.000 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare che le assicurazioni relative ad autoveicoli ad uso aziendale sono fiscalmente deducibili nell’esercizio X di Alfa Spa solamente nella misura del 20%, ossia per (5.000 x 0,2) = 1.000 euro.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X:
-
una variazione fiscale in aumento pari alla quota indeducibile dell’80% delle spese di assicurazione relative alle auto aziendali, ossia pari a (5.000 x 0,8 =) 4.000 euro.
Inoltre, è necessario tenere conto che le assicurazioni relative ad autoveicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta sono fiscalmente deducibili nell’esercizio X di Alfa Spa nella misura del 70%, ossia per (3.000 x 0,7) = 2.100 euro.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X:
-
una variazione fiscale in aumento pari alla quota indeducibile del 30% delle spese di assicurazione relative alle auto attribuito ad uso promiscuo, ossia pari a (3.000 x 0,3 =) 900 euro.
Entrambe le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Ulteriori regole e limitazioni sono previste per gli ammortamenti e per i canoni di
locazione anche finanziaria e noleggio di mezzi di trasporto (18.3.9.;
18.3.11.).
Spese telefoniche
Le spese di impiego e manutenzione relative ad apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico (art. 1, c. 1, lett. gg), D.Lgs. n. 259/2003), tra i quali si ricomprendono sia la telefonia fissa sia quella mobile, sono forfettariamente deducibili in misura pari all’80% (art. 102, c. 9, D.P.R. n. 917/1986).
Di conseguenza, le spese telefoniche che risultino imputate a Conto economico danno origine ad una variazione fiscale in aumento pari al 20% del costo.
Ove si tratti d’impianti di telefonia dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte di imprese di autotrasporto, il suddetto limite percentuale di deducibilità non si applica, limitatamente ad un solo impianto per ciascun veicolo.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risultino imputate a Conto economico spese inerenti all’utilizzo di servizi telefonici, così dettagliate:
-
spese per servizi di telefonia fissa pari a 1.000 euro;
-
spese per servizi di telefonia mobile pari a 700 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare che le suddette spese di telefonia sono fiscalmente deducibili nell’esercizio X di Alfa Spa solamente nella misura dell’80%, ossia per [(1.000 + 700) x 0,8] = 1.360 euro.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X:
-
una variazione fiscale in aumento pari alla quota indeducibile del 20% delle spese telefoniche, ossia pari a (1.700 x 0,2 =) 340 euro.
La suddetta variazione fiscale va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
18.3.9. Costi per godimento beni di terzi
18.3.9.Costi per godimento beni di terziCanoni di leasing
Ai fini di verificare la deducibilità fiscale in capo all’impresa utilizzatrice dei canoni di leasing imputati a Conto economico
occorre in specie verificare la data di stipula del contratto, la durata del contratto,
il corrispondente periodo di ammortamento fiscale del bene oggetto del leasing e la
tipologia di bene oggetto del contratto (art. 102, c. 7, D.P.R. n. 917/1986).
Per i contratti di leasing stipulati a partire dal 1° gennaio 2014, la deduzione è ammessa, a prescindere dalla durata contrattuale, in un periodo minimo:
-
non inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente fiscale ordinario previsto per il bene oggetto di leasing, in caso di beni mobili diversi dai mezzi di trasporto soggetti al regime di deducibilità parziale;
-
non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente fiscale ordinario previsto, in caso di leasing di mezzi di trasporto soggetti al regime di deducibilità parziale;
-
non inferiore a 12 anni, in caso di leasing di beni immobili.
La quota di interessi impliciti desunta dal contratto di leasing è soggetta alle specifiche regole di deducibilità fiscale previste per gli interessi passivi.
Differenti criteri e limiti di deducibilità sono previsti per i leasing stipulati prima del 1° gennaio 2014, a loro volta ulteriormente differenziati a seconda del periodo di stipula dei contratti, in funzione delle ripetute modifiche apportate nel corso del tempo alla normativa tributaria.
Ne consegue che, in caso di contratti di leasing con durata inferiore a quella minima prevista dalla norma fiscale, i relativi canoni risultano deducibili lungo un arco di tempo maggiore rispetto a quello corrispondente agli esercizi di imputazione del costo in base al principio della competenza economica.
Di conseguenza, le quote dei canoni eccedenti l’importo massimo fiscalmente deducibile in ciascun esercizio, comportano corrispondenti variazioni in aumento durante tutta la vita contrattuale, per poi essere dedotte, tramite variazioni fiscali in diminuzione del reddito, negli anni successivi alla fine del contratto, nei limiti dell’importo deducibile annualmente.
Canoni di locazione anche finanziaria relativi a fabbricati concessi in uso ai dipendenti
I canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento delle strutture ricettive non sono fiscalmente deducibili, tranne quelle relative a servizi di mensa destinati alla generalità dei dipendenti o a servizi di alloggio destinati a dipendenti in trasferta temporanea (art. 95, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Con specifico riguardo ai canoni di locazione anche finanziaria ed alle spese di funzionamento dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti dell’impresa, ne è statuita la deducibilità per un importo non superiore a quello che costituisce reddito in natura - c.d. fringe benefit - per i dipendenti stessi.
Sono tuttavia integralmente deducibili i canoni di locazione, anche finanziaria, e le spese relative ai fabbricati concessi in uso ai dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l’attività, per il periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due successivi (art. 95, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Ne deriva che, con riferimento alle suddette spese, è necessario apportare una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi ove emerga una differenza positiva tra l’ammontare iscritto a Conto economico e la quota deducibile.
Alla luce della descritta disciplina fiscale, può risultare opportuno, in contabilità generale, rilevare distintamente i canoni di affitto sostenuti per fabbricati a seconda della riconducibilità o meno degli stessi tra i costi fiscalmente deducibili, mediante l’utilizzo di idonei conti differenziati.
Mezzi di trasporto
Contratti di leasing - I canoni di leasing relativi a determinati mezzi di trasporto di proprietà dell’impresa (tra cui: autoveicoli,
autocaravan, ciclomotori, motocicli) sono soggetti a un regime di deducibilità parziale
(art. 164, D.P.R. n. 917/1986), con conseguenti variazioni fiscali in aumento da dover effettuare in dichiarazione dei redditi.
In particolare, vige un doppio limite, in base a cui:
-
è fiscalmente deducibile il 20% dei canoni;
-
sono totalmente indeducibili i canoni proporzionalmente corrispondenti al costo dei veicoli eccedenti i limiti sotto indicati, da ragguagliare ad anno:
-
euro 18.075,99 per le autovetture e gli autocaravan;
-
euro 4.131,66 per i motocicli;
-
euro 2.065,83 euro per i ciclomotori.
-
Si consideri peraltro che:
-
per i mezzi di trasporto utilizzati da soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio la percentuale di deducibilità non è il 20% ma l’80%;
-
per le autovetture utilizzate da soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio il costo massimo fiscalmente riconosciuto, a cui rapportare i canoni, è elevato da 18.075,99 euro a 25.822,84;
-
per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta i canoni sono deducibili nella misura del 70% senza alcun limite in termini di costo massimo fiscalmente riconosciuto;
-
sono integralmente deducibili i canoni relativi a veicoli adibiti ad uso pubblico e ai mezzi di trasporto destinati a essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa (ad esempio nel caso di società che esercitino l’attività di noleggio di autovetture).
Ove risulti imputato a Conto economico da una società esercitante attività di produzione di beni alimentari un canone di leasing (in essere per l’intero anno) pari a 5.000 euro, relativo ad un autoveicolo il cui costo sostenuto dal concedente è pari a 36.151,98 euro:
-
la quota di canone deducibile è pari a 5.000 x 0,2 x (18.075,99 / 36.151,98) = 500 euro;
-
la quota di canone indeducibile è pari a 5.000 - 500 = 4.500 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento per il medesimo importo.
Contratti di locazione e noleggio - In caso di locazione o noleggio di mezzi di trasporto, ferma restando l’applicazione delle altre regole previste in caso di contratti di leasing, non si tiene fiscalmente conto dei costi che eccedono i limiti sotto indicati, da ragguagliare ad anno:
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euro 3.615,20 per le autovetture e gli autocaravan;
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euro 774,69 per i motocicli;
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euro 413,17 euro per i ciclomotori.
Per i soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio il costo massimo fiscalmente riconosciuto è elevato da 3.615,20 euro a 5.164,57 euro.
Telefonia
Analogamente a quanto previsto per le spese di impiego e manutenzione, anche i canoni di locazione, di leasing o di noleggio relativi ad apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico (art. 1, c. 1, lett. gg), D.Lgs. n. 259/2003), tra i quali si ricomprendono sia la telefonia fissa che quella mobile, sono forfettariamente deducibili in misura pari all’80% (art. 102, c. 9, D.P.R. n. 917/1986).
Di conseguenza, i canoni relativi ai suddetti beni che risultino imputati a Conto economico danno origine ad una variazione fiscale in aumento pari al 20% del costo.
Ove si tratti di impianti di telefonia dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte di imprese di autotrasporto, il suddetto limite percentuale di deducibilità non si applica, limitatamente ad un solo impianto per ciascun veicolo.
18.3.10. Costi per il personale
18.3.10.Costi per il personaleIn merito al trattamento fiscale dei costi per prestazioni di lavoro dipendente è in specie disciplinato che (art. 95, D.P.R. n. 917/1986):
-
sono in generale deducibili le spese, anche in natura o a titolo di liberalità o di erogazioni di servizi, sostenute a favore dei lavoratori dipendenti (art. 95, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), fatto salvo il limite di deducibilità - stabilito in misura pari al 5 per mille del totale delle spese per prestazioni di lavoro dipendente dell’esercizio - per quanto riguarda le spese volontariamente sostenute dall’impresa per opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o da categorie di dipendenti per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (art. 100, c. 1, D.P.R. n. 917/1986);
-
sono deducibili per competenza le partecipazioni agli utili spettanti ai lavoratori dipendenti, nonché agli associati in partecipazione che apportano solo lavoro, anche se non imputati come costi al Conto economico (art. 95, c. 6, D.P.R. n. 917/1986), in deroga al principio della previa imputazione dei costi a Conto economico (art. 109, c. 4, D.P.R. n. 917/1986); detta deduzione è prevista, indipendentemente dall’imputazione a Conto economico, anche per i compensi agli amministratori erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e soci fondatori (art. 95, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
In termini di riconciliazione tra normativa civilistica e disposizioni tributarie ne deriva ad esempio che:
-
nella fattispecie sub a), in caso di erogazioni liberali eccedenti il limite massimo deducibile, è necessario apportare una variazione fiscale in aumento del risultato civilistico dell’esercizio cui le erogazioni sono imputate per competenza;
-
nella fattispecie sub b) la società può effettuare in dichiarazione dei redditi una variazione fiscale in diminuzione pari all’importo degli utili spettanti ai lavoratori dipendenti e non imputati a Conto economico.
Gli accantonamenti ai fondi per l’indennità di fine rapporto di lavoro subordinato sono deducibili nel rispetto del principio di competenza, nei limiti delle quote maturate nel periodo d’imposta, in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali regolanti il rapporto di lavoro (art. 105, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
I maggiori accantonamenti dovuti a sopravvenute modifiche legislative e retributive sono deducibili in alternativa (art. 105, c. 2, D.P.R. n. 917/1986):
-
integralmente nell’esercizio dal quale hanno effetto le modificazioni;
-
in quote costanti nell’esercizio dal quale hanno effetto le modificazioni e nei due esercizi successivi, con le conseguenti variazioni fiscali da indicare nelle dichiarazioni dei redditi corrispondenti.
La destinazione di una quota del TFR a forme pensionistiche complementari per l’erogazione del trattamento di fine rapporto ai lavoratori dipendenti privati consente la deduzione di un importo aggiuntivo pari al 4% della suddetta quota, che sale al 6% per le imprese con meno di 50 addetti, da operare mediante variazione fiscale in diminuzione in dichiarazione dei redditi.
18.3.11. Ammortamenti
18.3.11.AmmortamentiAmmortamento dei beni materiali
Le quote di ammortamento dei beni materiali strumentali sono deducibili a partire dall’esercizio in cui i
beni stessi siano entrati in funzione (art. 102, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
È richiesta espressamente la strumentalità del bene materiale per la deducibilità delle relative quote di ammortamento; inoltre, a differenza di quello civilistico, l’ammortamento fiscale non parte dall’esercizio di potenziale utilizzazione del bene, ma da quello della sua reale entrata in funzione.
Le quote di ammortamento sono ammesse in deduzione in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni di appositi coefficienti fiscali (D.M. 31 ottobre 1988) e devono essere ragguagliate alla durata dell’esercizio nel caso in cui quest’ultima sia inferiore o superiore ai 12 mesi (art. 110, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
Il costo dei beni, cui applicare i coefficienti medesimi, è costituito (art. 110, c. 1, D.P.R. n. 917/1986):
-
dal costo di acquisizione del cespite al lordo delle quote di ammortamento già dedotte;
-
dagli oneri accessori di diretta imputazione, escludendo le spese generali ed includendo, per i beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa, gli interessi passivi (maturati fino al momento della loro entrata) relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, o relativi a prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che dal bilancio risultino imputati ad incremento del costo;
-
delle spese di manutenzione capitalizzabili, vale a dire quelle suscettibili di aumentare la capacità produttiva o la vita utile del bene;
-
dalle plusvalenze iscritte in bilancio a titolo di rivalutazione, a condizione che le plusvalenze stesse non abbiano concorso, per espressa disposizione di legge, alla formazione del reddito.
I coefficienti fiscali di ammortamento (D.M. 31 ottobre 1988) sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi.
In particolare, nell’esercizio di entrata in funzione del bene i coefficienti di ammortamento devono essere ridotti alla metà (art. 102, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Nel caso in cui siano imputate a Conto economico quote di ammortamento in misura superiore a quella massima fiscalmente deducibile, emergono variazioni fiscali in aumento negli esercizi corrispondenti al periodo di ammortamento: le quote di ammortamento non dedotte saranno deducibili a partire dalla conclusione del periodo di ammortamento civilistico, tramite corrispondenti variazioni fiscali in diminuzione.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia acquisito nel mese di gennaio un impianto, entrato in funzione a partire dal medesimo mese di gennaio, di costo pari a 50.000, ammortizzato civilisticamente in quote costanti pari al 20%. Il coefficiente di ammortamento fiscalmente previsto, considerando la natura del bene e la tipologia di attività esercitata dalla società, risulta pari al 15%, da ridursi alla metà per il primo esercizio.
Ciò premesso, è necessario considerare che, poiché dal punto di vista civile il periodo di ammortamento dell’impianto è più breve rispetto a quello minimo fiscalmente richiesto ai fini della deducibilità, emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile dell’impianto acquistato da Alfa Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale dell’impianto | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a Conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
X | 10.000 | 3.750 | + 6.250 |
X+1 | 10.000 | 7.500 | + 2.500 |
X+2 | 10.000 | 7.500 | + 2.500 |
X+3 | 10.000 | 7.500 | + 2.500 |
X+4 | 10.000 | 7.500 | + 2.500 |
X+5 | - | 7.500 | - 7.500 |
X+6 | - | 7.500 | - 7.500 |
X+7 | - | 1.250 | - 1.250 |
Totale | 50.000 | 50.000 | - |
In particolare:
-
nel primo esercizio l’ammortamento civile (20%), pari a (50.000 x 0,2 =) 10.000 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale (15% ridotto alla metà, ossia 7,5%), pari a (50.000 x 0,075=) 3.750 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 6.250 euro;
-
nei successivi quattro esercizi l’ammortamento civile (20%), sempre pari a 10.000 euro, risulta ancora superiore all’ammortamento fiscale (15%), pari a (50.000 x 0,15 =) 7.500, con conseguente emersione di 4 variazioni fiscali in aumento pari a 2.500 euro per ciascuno dei quattro periodi;
-
alla fine dell’esercizio X+4 l’impianto risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, mentre fiscalmente il valore residuo del bene, pari a (50.000 - 3.750 - 7.500 x 4 =) 16.250 euro, può essere ammortizzato negli esercizi successivi, continuando ad applicare il relativo coefficiente fiscale;
-
negli esercizi X+5 e X+6 l’ammortamento fiscalmente deducibile è pari a 7.500 euro, cui corrisponde una variazione fiscale in diminuzione in ciascuno dei periodi di pari importo;
-
nell’esercizio X+7 è deducibile la residua quota di ammortamento fiscale, pari a 1.250 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione di pari importo;
-
alla fine dell’esercizio X+7 l’impianto risulta completamente ammortizzato anche dal punto di vista fiscale, e la differenza algebrica delle variazioni fiscali complessivamente effettuate nel corso degli otto esercizi risulta pari a 0.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Beni di modico valore unitario - È possibile dedurre integralmente le spese di acquisizione dei beni strumentali il cui costo unitario non supera euro 516,46 nell’esercizio in cui sono sostenute (art. 102, c. 5, D.P.R. n. 917/1986). A tale riguardo il valore di riferimento di euro 516,46 deve essere inteso come relativo al valore del singolo cespite acquistato.
Detta disposizione tende a evitare che il rigido criterio di quantificazione delle quote di ammortamento adottato ai fini fiscali possa comportare una penalizzazione eccessiva per i contribuenti (trattandosi generalmente di beni a rinnovo annuale), prevedendo che i beni strumentali di basso valore unitario possano concorrere alla formazione del reddito dell’esercizio alternativamente:
-
mediante l’assoggettamento alla disciplina ordinaria, con imputazione delle quote di ammortamento secondo i coefficienti stabiliti per le categorie di appartenenza dei beni;
-
mediante la deduzione integrale del costo nell’esercizio di sostenimento.
Sicché, qualora il contribuente non intenda usufruire della facoltà della deduzione integrale, i beni in questione verranno assoggettati all’ordinario processo di ammortamento.
Fabbricati strumentali - Regole specifiche ulteriori sono previste per la determinazione del costo fiscalmente riconosciuto dei fabbricati, tra cui l’indeducibilità della quota del costo dei fabbricati strumentali riferibili alle aree occupate dalla costruzione - c.d. quota terreno - che, se il terreno non è oggetto di acquisto autonomo, è fatta pari (art. 36, c. 7, D.L. n. 223/2006) almeno al:
-
30% del costo complessivo di acquisizione dei fabbricati effettivamente destinati alla produzione o trasformazione di beni;
-
20% del costo complessivo di acquisizione per gli altri fabbricati.
Di conseguenza, ove gli ammortamenti dei fabbricati strumentali imputati a Conto economico siano calcolati anche sulla “quota terreno” minima statuita dalla norma tributaria, emergono delle variazioni fiscali in aumento da indicare in dichiarazione dei redditi.
Mezzi di trasporto - Le quote di ammortamento relative a determinati mezzi di trasporto di proprietà dell’impresa (tra cui: autoveicoli, autocaravan, ciclomotori, motocicli), sulla base dei previsti coefficienti fiscali di ammortamento, sono soggetti a un regime di deducibilità parziale (art. 164, D.P.R. n. 917/1986), con conseguenti variazioni fiscali in aumento da indicare in dichiarazione dei redditi.
In particolare, vige un doppio limite, in base a cui è fiscalmente deducibile il 20% del costo del mezzo di trasporto riconosciuto fino ad un determinato importo massimo, pari a:
-
euro 18.075,99 per le autovetture e gli autocaravan;
-
euro 4.131,66 per i motocicli;
-
euro 2.065,83 per i ciclomotori.
L’ammontare massimo complessivamente deducibile per ciascuna autovettura aziendale di costo superiore a 18.075,99 euro è pari a 18.075,99 x 0,2 = 3.615,20, su cui si deve applicare per ciascun esercizio il relativo coefficiente fiscale di ammortamento.
Si consideri al riguardo che:
-
per i mezzi di trasporto utilizzati da soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio la percentuale di deducibilità non è il 20% ma l’80%;
-
per le autovetture utilizzate da soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio il costo massimo fiscalmente riconosciuto è elevato da 18.075,99 euro a 25.822,84 euro;
-
per i veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta l’ammortamento è deducibile nella misura del 70% senza alcun limite in termini di costo massimo fiscalmente riconosciuto;
-
sono integralmente deducibili gli ammortamenti relativi a veicoli adibiti ad uso pubblico e ai mezzi di trasporto destinati a essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa (ad esempio nel caso di società che esercitino l’attività di noleggio di autovetture).
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società - operante nel settore della produzione alimentare - abbia imputato a Conto economico le seguenti quote di ammortamento riferite alle autovetture di proprietà, applicando un’aliquota di ammortamento del 25%, coincidente con il coefficiente fiscalmente previsto:
-
ammortamento per 3.750 euro relativo ad un’autovettura aziendale di costo pari a 15.000 euro;
-
ammortamento per 7.500 euro relativo ad un’autovettura aziendale di costo pari a 30.000 euro;
-
ammortamento per 2.500 euro relativo ad un’autovettura di costo pari a 10.000 euro attribuita ad uso promiscuo ad un proprio dipendente per l’intero esercizio X;
-
ammortamento per 5.000 euro relativo ad un’autovettura di costo pari a 20.000 euro attribuita ad uso promiscuo ad un altro dei propri dipendenti per l’intero esercizio X.
Ciò premesso, è necessario considerare che tutte e quattro le quote di ammortamento sono soggette ad un regime di deducibilità parziale.
In particolare:
-
l’ammortamento di euro 3.750 è deducibile per (3.750 x 0,2 =) 750 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a (3.750 - 750 =) 3.000 euro;
-
l’ammortamento di euro 7.500 è soggetto a un doppio limite di deducibilità, in quanto il costo dell’autovettura eccede il limite fiscale di 18.075,99 euro; l’ammortamento massimo fiscalmente deducibile è pari a (18.075,99 x 0,25 x 0,2 =) 903,80, per cui emerge una variazione fiscale in aumento pari a (7.500 - 903,80 =) 6.596,20 euro;
-
l’ammortamento di euro 2.500 è deducibile (applicando la maggiore percentuale di deducibilità prevista in caso di attribuzione dell’autovettura ad uso promiscuo del dipendente) per (2.500 x 0,7 =) 1.750 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a (2.500 - 1.750 =) 750 euro;
-
l’ammortamento di euro 5.000, come il precedente (considerando che per le autovetture attribuite ad uso promiscuo a dipendenti non vi è alcun limite in termini di costo del veicolo), è deducibile per (5.000 x 0,7 =) 3.500 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a (5.000 - 3.500 =) 1.500 euro.
Le quattro suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Telefonia - Così come le altre spese telefoniche, anche le quote di ammortamento relative ad apparecchiature terminali per servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico (art. 1, c. 1, lett. gg), D.Lgs. n. 259/2003), tra i quali si ricomprendono sia la telefonia fissa che quella mobile, sono forfettariamente deducibili in misura pari all’80% (art. 102, c. 9, D.P.R. n. 917/1986).
Di conseguenza, l’ammortamento dei suddetti beni che risulti imputato a Conto economico dà origine ad una variazione fiscale in aumento pari al 20% del costo.
Ove si tratti di impianti di telefonia dei veicoli utilizzati per il trasporto di merci da parte di imprese di autotrasporto, il suddetto limite percentuale di deducibilità non si applica, limitatamente ad un solo impianto per ciascun veicolo.
Super ammortamenti - In determinate fattispecie è stata introdotta e a più riprese prorogata la possibilità
di dedurre fiscalmente importi maggiorati a titolo di ammortamento - i c.d. super ammortamenti - rispetto ai corrispondenti importi imputati a Conto economico (Legge n. 208/2015; Legge n. 232/2016 e Legge n. 205/2017).
In particolare, per le società che effettuano in determinati periodi temporali investimenti in beni strumentali nuovi (ad esclusione di alcune categorie), il relativo costo di acquisizione è maggiorato del 30% - percentuale che era pari al 40% fino al 31 dicembre 2017 - con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento (oltreché dei canoni di locazione finanziaria).
L’agevolazione dà luogo - in via extracontabile - ad una specifica variazione fiscale in diminuzione del reddito imponibile del periodo da effettuare direttamente in dichiarazione dei redditi.
È stato inoltre introdotto e successivamente prorogato il c.d. iper ammortamento del 150% per gli investimenti in determinati beni ad alto contenuto tecnologico, con correlata maggiorazione del 40% per gli investimenti in beni immateriali.
La Legge di bilancio 2019 non ha previsto per l’anno 2019 la proroga del “super ammortamento”, mentre ha previsto la proroga dell’“iper ammortamento” seppure in misura modificata e decrescente in funzione dell’entità degli investimenti (art. 1, c. 60-65, Legge n. 145/2018).
Successivamente è stato reintrodotto il “super ammortamento” per gli acquisti effettuati dal 1° aprile al 31 dicembre 2019 (e, nel rispetto di alcune condizioni, fino al 30 giugno 2020), disciplinando la maggiorazione del costo in misura pari al 30% per investimenti entro il limite di 2,5 milioni di euro e riproponendo specifiche esclusioni (tra cui gli acquisti di veicoli) già previste dalle disposizioni precedenti (D.L. n. 34/2019). La Legge di bilancio 2020 ha infine introdotto - in sostituzione del “super ammortamento” e dell’“iper ammortamento” - un credito d’imposta specificamente riferito a determinati investimenti in beni strumentali.
Ammortamento dei beni immateriali
In merito alla deducibilità delle quote ammortamento delle immobilizzazioni immateriali è in particolare previsto che:
-
le quote di ammortamento relative ai diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali e del know-how in genere, sono deducibili in misura non superiore al 50% del rispettivo costo (art. 103, c. 1, D.P.R. n. 917/1986);
-
le quote di ammortamento relative ai marchi d’impresa (art. 103, c. 1, D.P.R. n. 917/1986) e all’avviamento (art. 103, c. 3, D.P.R. n. 917/1986) iscritti in bilancio sono deducibili in misura non superiore ad 1/18 del loro costo;
-
le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti in bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge (art. 103, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Rispetto alla normativa civilistica, le disposizioni tributarie non fanno riferimento alcuno alla valutazione sulla base della residua possibilità di utilizzazione del bene immateriale.
Conseguentemente, ove la misura delle quote di ammortamento imputate al Conto economico sia superiore alla soglia massima ammessa in deduzione, emergono variazioni fiscali in aumento da apportare in sede di dichiarazione dei redditi, che verranno compensate da corrispondenti variazioni fiscali in diminuzione computabili successivamente alla conclusione del periodo di ammortamento civilistico.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia iscritto a titolo di avviamento acquisito onerosamente nel medesimo esercizio X l’importo (riconosciuto anche fiscalmente) pari a 90.000 euro. Detto avviamento viene ammortizzato civilisticamente in 5 anni, applicando l’aliquota del 20%.
Fiscalmente, detto costo è deducibile annualmente in misura non superiore ad 1/18.
Ciò premesso, è necessario considerare che, poiché dal punto di vista civile il periodo di ammortamento dell’avviamento è più breve rispetto a quello minimo fiscalmente richiesto ai fini della deducibilità, emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile dell’avviamento acquisito da Alfa Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale dell’avviamento | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
X | 18.000 | 5.000 | + 13.000 |
X+1 | 18.000 | 5.000 | + 13.000 |
X+2 | 18.000 | 5.000 | + 13.000 |
X+3 | 18.000 | 5.000 | + 13.000 |
X+4 | 18.000 | 5.000 | + 13.000 |
X+5 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+6 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+7 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+8 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+9 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+10 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+11 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+12 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+13 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+14 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+15 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+16 | - | 5.000 | - 5.000 |
X+17 | - | 5.000 | - 5.000 |
Totale | 90.000 | 90.000 | - |
In particolare:
-
nei primi 5 esercizi l’ammortamento civile (20%), pari a (90.000 x 0,2=) 18.000 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale (1/18), pari a (90.000 x 1/18 =) 5.000 euro, con conseguente emersione di cinque variazioni fiscali in aumento pari a 13.000 euro per ciascuno dei periodi;
-
alla fine dell’esercizio X+4 l’avviamento risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, mentre fiscalmente il valore residuo del medesimo, pari a (90.000 - 5.000 x 5 =) 65.000 euro, può essere ammortizzato negli esercizi successivi, continuando ad applicare il relativo coefficiente fiscale;
-
nei successivi tredici esercizi l’ammortamento fiscalmente deducibile è pari a 5.000 euro, cui corrisponde una variazione fiscale in diminuzione in ciascuno dei periodi di pari importo;
-
alla fine dell’esercizio X+17 l’avviamento risulta completamente ammortizzato anche dal punto di vista fiscale, e la differenza algebrica delle variazioni fiscali complessivamente effettuate nel corso dei diciotto esercizi risulta pari a zero.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia iscritto a titolo di marchio acquisito onerosamente nel medesimo esercizio X l’importo (riconosciuto anche fiscalmente) pari a 54.000 euro. Detto marchio viene ammortizzato civilisticamente in 10 anni, applicando l’aliquota del 10%.
Fiscalmente, detto costo è deducibile annualmente in misura non superiore ad 1/18.
Ciò premesso, è necessario considerare che, poiché dal punto di vista civile il periodo
di ammortamento del marchio (2.11.1.) è più breve rispetto a quello minimo fiscalmente richiesto ai fini della deducibilità,
emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile del marchio
acquisito da Alfa Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale del marchio | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
X | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+1 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+2 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+3 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+4 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+5 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+6 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+7 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+8 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+9 | 5.400 | 3.000 | + 2.400 |
X+10 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+11 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+12 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+13 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+14 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+15 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+16 | - | 3.000 | - 3.000 |
X+17 | - | 3.000 | - 3.000 |
Totale | 54.000 | 54.000 | - |
In particolare:
-
nei primi 10 esercizi l’ammortamento civile (10%), pari a (54.000 x 0,1=) 5.400 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale (1/18), pari a (54.000 x 1/18 =) 3.000 euro, con conseguente emersione di 10 variazioni fiscali in aumento pari a 2.400 euro per ciascuno dei periodi;
-
alla fine dell’esercizio X+9 il marchio risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, mentre fiscalmente il valore residuo del medesimo, pari a (54.000 - 3.000 x 10 =) 24.000 euro, può essere ammortizzato negli esercizi successivi, continuando ad applicare il relativo coefficiente fiscale;
-
nei successivi 8 esercizi l’ammortamento fiscalmente deducibile è pari a 3.000 euro, cui corrisponde una variazione fiscale in diminuzione in ciascuno dei periodi di pari importo;
-
alla fine dell’esercizio X+17 il marchio risulta completamente ammortizzato anche dal punto di vista fiscale e la differenza algebrica delle variazioni fiscali complessivamente effettuate nel corso dei 18 esercizi risulta pari a zero.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili
Per le imprese che costruiscono in regime di concessione beni di interesse pubblico (ad esempio: autostrade, acquedotti, ecc.) che, dopo un periodo di gestione privata, vengono devoluti gratuitamente allo Stato, sono previste disposizioni specifiche sull’ammortamento dei suddetti beni (art. 104, D.P.R. n. 917/1986).
In particolare, con riferimento alla deduzione delle quote di ammortamento dei beni materiali ed immateriali gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione, è possibile adottare, in alternativa all’ammortamento ordinario (artt. 102 e 103, D.P.R. n. 917/1986), la procedura dell’ammortamento finanziario:
-
la quota di ammortamento finanziario deducibile si ottiene come rapporto tra il costo dei beni (diminuito degli eventuali contributi del concedente) e il numero di anni di durata della concessione; se questa viene modificata, si modificano proporzionalmente anche le quote di ammortamento;
-
se il costo del bene subisce modifiche, la quota di ammortamento finanziario deducibile aumenta o diminuisce di un importo pari al rapporto tra l’ammontare dell’incremento o del decremento ed il numero dei residui anni di durata della concessione; la modifica della quota di ammortamento finanziario deducibile si ha a partire dall’esercizio nel corso del quale si verifica l’incremento o il decremento del costo.
Ciò posto, qualora in sede di redazione del bilancio siano stati stanziati a Conto economico ammortamenti finanziari superiori alle quote deducibili, occorre effettuare un’apposita variazione fiscale in aumento.
In caso di concessioni relative alla costruzione e all’esercizio di opere pubbliche è possibile dedurre quote di ammortamento finanziario non costanti ma differenziate, da calcolare sull’investimento finanziario complessivo (art. 108, c. 4, D.P.R. n. 917/1986), e, in aggiunta, appositi accantonamenti - entro determinati limiti - a fronte delle spese di ripristino e sostituzione, nonché di manutenzione, riparazione, trasformazione e ammodernamento dei beni in concessione (art. 107, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Sospensione ammortamenti
Sospensione degli ammortamenti per l’esercizio 2020 - Nell’ambito del c.d. Decreto “Agosto” (D.L. n. 104/2020), emanato a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, è prevista (art. 60) la possibilità (per i soggetti che non adottano i Principi contabili internazionali) di sospendere gli ammortamenti nell’esercizio in corso al 15 agosto 2020, in deroga all’art. 2426, c. 1, n. 2, c.c. (OIC Documento interpretativo 9).
Si è potuto pertanto non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, imputando la quota di ammortamento non effettuata al Conto economico relativo all’esercizio successivo, differendo con lo stesso criterio le quote successive e così prolungando per tale quota il piano di ammortamento originario di un anno.
Ove ci si sia avvalsi di detta facoltà devono essere destinati a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata. In caso di utili di esercizio di importo inferiore a quello della suddetta quota di ammortamento, la riserva è integrata utilizzando riserve di utili o altre riserve patrimoniali disponibili, ovvero, se non vi sia capienza, accantonando gli utili degli esercizi successivi.
La Nota integrativa deve dare conto delle ragioni della deroga, nonché dell’iscrizione e dell’importo della corrispondente riserva indisponibile, indicandone l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio.
Dal punto di vista fiscale, la deduzione delle suddette quote di ammortamento - ai fini sia dell’IRES sia dell’IRAP - è in ogni caso ammessa nel periodo di imposta in cui risultano civilisticamente sospese, applicando le condizioni e i limiti generali di deducibilità a prescindere dall’imputazione a Conto economico e dunque in via extracontabile, applicando variazioni in diminuzione nelle corrispondenti dichiarazioni tributarie.
Si supponga, con riferimento all’esercizio 2020 di Alfa Spa, che la società abbia sospeso dal punto di vista civilistico l’ammortamento - ordinariamente effettuato in quote costanti pari al 20% ridotte alla metà per il primo esercizio - di un impianto, acquistato ed entrato in funzione nel precedente anno 2019 e di costo pari a 100.000. Il coefficiente di ammortamento fiscalmente previsto, considerando la natura del bene e la tipologia di attività esercitata dalla società, risulta anch’esso pari al 20%, da ridursi alla metà per il primo esercizio. Si assume che al minor ammortamento del bene sia associata una corrispondente estensione della sua vita utile residua (OIC - Documento interpretativo 9). Ciò premesso, è necessario considerare che, potendo fiscalmente dedurre nel 2020 la quota di ammortamento contabilmente non effettuata nel medesimo periodo, emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile dell’impianto acquistato da Alfa Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale dell’impianto | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
2019 | 10.000 | 10.000 | - |
2020 | - | 20.000 | - 20.000 |
2021 | 20.000 | 20.000 | - |
2022 | 20.000 | 20.000 | - |
2023 | 20.000 | 20.000 | - |
2024 | 20.000 | 10.000 | + 10.000 |
2025 | 10.000 | - | + 10.000 |
Totale | 100.000 | 100.000 | - |
In particolare:
-
nell’esercizio 2020 di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (100.000 x 0,20=) 20.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 20.000 euro;
-
nell’esercizio 2024 l’ammortamento civile (20%), slittato di un anno in conseguenza della sospensione del 2020 e pari a 20.000 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale, la cui quota, essendo l’ultima (10%), è pari a (100.000 x 0,10 =) 10.000, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 10.000;
-
nell’esercizio 2025, alla fine del quale l’impianto risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, l’ultima quota di ammortamento civile (10%), pari a (100.000 x 0,10 =) 10.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 10.000.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Sospensione degli ammortamenti per l’esercizio 2021 - La Legge di bilancio per il 2022 ha previsto l’estensione della misura sulla sospensione degli ammortamenti sopra descritta anche all’esercizio successivo, ma solamente per le società che nell’esercizio in corso al 15 agosto 2020 non hanno effettuato il 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali (art. 1, c. 711, Legge n. 234/2021).
Si supponga che Beta Spa, con riferimento all’esercizio 2021 (analogamente a quanto già effettuato nel precedente esercizio 2020), abbia sospeso dal punto di vista civilistico l’ammortamento - ordinariamente effettuato in quote costanti pari al 20% ridotte alla metà per il primo esercizio - di un macchinario, acquistato ed entrato in funzione nell’anno 2019 e di costo pari a 200.000. Il coefficiente di ammortamento fiscalmente previsto, considerando la natura del bene e la tipologia di attività esercitata dalla società, risulta anch’esso pari al 20%, da ridursi alla metà per il primo esercizio. Si assume che al minor ammortamento del bene sia associata una corrispondente estensione della sua vita utile residua (OIC - Documento interpretativo 9). Ciò premesso, è necessario considerare che, potendo fiscalmente dedurre nel 2020 e nel 2021 la quota di ammortamento contabilmente non effettuata nel corrispondente periodo, emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile del macchinario acquistato da Beta Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale del macchinario | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a Conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
2019 | 20.000 | 20.000 | - |
2020 | - | 40.000 | - 40.000 |
2021 | - | 40.000 | - 40.000 |
2022 | 40.000 | 40.000 | - |
2023 | 40.000 | 40.000 | - |
2024 | 40.000 | 20.000 | + 20.000 |
2025 | 40.000 | - | + 40.000 |
2026 | 20.000 | - | + 20.000 |
Totale | 200.000 | 200.000 | - |
In particolare:
-
nell’esercizio 2020, quale primo esercizio di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (200.000 x 0,20=) 40.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 40.000 euro;
-
anche nell’esercizio 2021, quale secondo esercizio di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (200.000 x 0,20=) 40.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 40.000 euro;
-
nell’esercizio 2024 l’ammortamento civile (20%), slittato di 2 anni in conseguenza della sospensione del 2020 e del 2021 e pari a 40.000 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale, la cui quota, essendo l’ultima (10%), è pari a (200.000 x 0,10 =) 20.000, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 20.000;
-
nell’esercizio 2025, la penultima quota di ammortamento civile (20%), pari a (200.000 x 0,20 =) 40.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 40.000;
-
nell’esercizio 2026, alla fine del quale il macchinario risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, l’ultima quota di ammortamento civile (10%), pari a (200.000 x 0,10 =) 20.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 20.000.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Beta Spa.
Successivamente, il D.L. n. 228/2021 (c.d. Decreto Milleproroghe 2022) ha previsto che l’estensione della misura sulla sospensione degli ammortamenti anche all’esercizio successivo all’esercizio in corso al 15 agosto 2020, sopra descritta, è possibile anche da parte delle società che non si sono avvalsi della sospensione del 100% degli ammortamenti nell’esercizio precedente (art. 3, c. 5-quinquiesdecies, D.L. n. 228/2021).
Sospensione degli ammortamenti per l’esercizio 2022 - Il D.L. n. 4/2022 (c.d. Decreto Sostegni-ter) ha esteso la medesima misura sulla sospensione degli ammortamenti per gli esercizi in corso al 31 dicembre 2021 e al 31 dicembre 2022, indipendentemente dal fatto che la società si sia già avvalsa o meno della sospensione ai sensi delle disposizioni precedenti (art. 5-bis, c. 1, D.L. n. 4/2022, n. 4).
Si supponga che Gamma Spa, con riferimento agli esercizi 2021 e 2022 (differentemente da quanto effettuato nel precedente esercizio 2020), abbia sospeso dal punto di vista civilistico l’ammortamento - ordinariamente effettuato in quote costanti pari al 20% ridotte alla metà per il primo esercizio - di un impianto, acquistato ed entrato in funzione nell’anno 2019 e di costo pari a 400.000. Il coefficiente di ammortamento fiscalmente previsto, considerando la natura del bene e la tipologia di attività esercitata dalla società, risulta anch’esso pari al 20%, da ridursi alla metà per il primo esercizio. Si assume che al minor ammortamento del bene sia associata una corrispondente estensione della sua vita utile residua (OIC - Documento interpretativo 9). Ciò premesso, è necessario considerare che, potendo fiscalmente dedurre nel 2021 e nel 2022 la quota di ammortamento contabilmente non effettuata nel corrispondente periodo, emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile dell’impianto acquistato da Gamma Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale dell’impianto | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a Conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
2019 | 40.000 | 40.000 | - |
2020 | 80.000 | 80.000 | - |
2021 | - | 80.000 | - 80.000 |
2022 | - | 80.000 | - 80.000 |
2023 | 80.000 | 80.000 | - |
2024 | 80.000 | 40.000 | + 40.000 |
2025 | 80.000 | - | + 80.000 |
2026 | 40.000 | - | + 40.000 |
Totale | 400.000 | 400.000 | - |
In particolare:
-
nell’esercizio 2021, quale primo esercizio di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (400.000 x 0,20=) 80.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 80.000 euro;
-
anche nell’esercizio 2022, quale secondo esercizio di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (400.000 x 0,20=) 80.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 80.000 euro;
-
nell’esercizio 2024 l’ammortamento civile (20%), slittato di 2 anni in conseguenza della sospensione del 2021 e del 2022 e pari a 80.000 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale, la cui quota, essendo l’ultima (10%), è pari a (400.000 x 0,10 =) 40.000, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 40.000;
-
nell’esercizio 2025, la penultima quota di ammortamento civile (20%), pari a (400.000 x 0,20 =) 80.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 80.000;
-
nell’esercizio 2026, alla fine del quale l’impianto risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, l’ultima quota di ammortamento civile (10%), pari a (400.000 x 0,10 =) 40.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 40.000.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Gamma Spa.
Sospensione degli ammortamenti per l’esercizio 2023 - Infine, il D.L. n. 198/2022 (c.d. Decreto Milleproroghe 2023) ha esteso la suddetta misura sulla sospensione degli ammortamenti anche all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, sempre indipendentemente dal fatto che la società si sia già avvalsa o meno della sospensione ai sensi delle disposizioni precedenti (art. 3, c. 8, D.L. n. 198/2022).
Si supponga che Beta Spa, con riferimento agli esercizi dal 2020 al 2023, abbia sospeso dal punto di vista civilistico l’ammortamento - ordinariamente effettuato in quote costanti pari al 20% ridotte alla metà per il primo esercizio - di un impianto, acquistato ed entrato in funzione nell’anno 2019 e di costo pari a 600.000. Il coefficiente di ammortamento fiscalmente previsto, considerando la natura del bene e la tipologia di attività esercitata dalla società, risulta anch’esso pari al 20%, da ridursi alla metà per il primo esercizio. Si assume che al minor ammortamento del bene sia associata una corrispondente estensione della sua vita utile residua (OIC - Documento interpretativo 9).
Ciò premesso, è necessario considerare che, potendo fiscalmente dedurre dal 2020 al 2023 la quota di ammortamento contabilmente non effettuata nel corrispondente periodo, emergono differenze tra ammortamento civile e ammortamento deducibile dell’impianto acquistato da Beta Spa, come indicato in tabella.
Ammortamento civile e ammortamento fiscale dell’impianto | |||
Esercizio | Ammortamento imputato a conto economico |
Ammortamento fiscalmente deducibile |
Differenza |
2019 | 60.000 | 60.000 | - |
2020 | - | 120.000 | - 120.000 |
2021 | - | 120.000 | - 120.000 |
2022 | - | 120.000 | - 120.000 |
2023 | - | 120.000 | - 120.000 |
2024 | 120.000 | 60.000 | + 60.000 |
2025 | 120.000 | - | + 120.000 |
2026 | 120.000 | - | + 120.000 |
2027 | 120.000 | + 120.000 | |
2028 | 60.000 | + 60.000 | |
Totale | 600.000 | 600.000 | - |
In particolare:
-
nell’esercizio 2020, quale primo esercizio di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (600.000 x 0,20=) 120.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 120.000 euro;
-
anche nei successivi esercizi 2021, 2022 e 2023, quali rispettivamente secondo, terzo e quarto esercizio di sospensione dell’ammortamento civile, viene dedotto in via extracontabile l’ammortamento fiscale (20%), pari a (600.000 x 0,20=) 120.000 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a 120.000 euro;
-
nell’esercizio 2024 l’ammortamento civile (20%), slittato di 4 anni in conseguenza della sospensione dal 2020 al 2023 e pari a 120.000 euro, risulta superiore all’ammortamento fiscale, la cui quota, essendo l’ultima (10%), è pari a (600.000 x 0,10 =) 60.000, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 60.000;
-
nell’esercizi 2025, 2026 e 2027 la rispettiva quota di ammortamento civile (20%), pari a (600.000 x 0,20 =) 120.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 120.000;
-
nell’esercizio 2028, alla fine del quale l’impianto risulta completamente ammortizzato dal punto di vista contabile, l’ultima quota di ammortamento civile (10%), pari a (600.000 x 0,10 =) 60.000 è totalmente indeducibile, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 60.000.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Beta Spa.
18.3.12. Spese relative a più esercizi
18.3.12.Spese relative a più eserciziSpese relative a studi e ricerche
Rilevano fiscalmente nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio (art. 108, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
Contabilmente i costi di ricerca applicata non sono più capitalizzabili (D.Lgs. n. 139/2015), mentre i costi di sviluppo sono capitalizzabili solo se soddisfano gli specifici requisiti dettati dai Principi
contabili (OIC 24).
Gli ammortamenti dei beni acquisiti in esito agli studi e alle ricerche sono calcolati sul costo dei medesimi diminuito dell’importo delle spese già dedotto, mentre la quota delle spese non dedotta concorre a formare il costo del bene (art. 108, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).
Spese di pubblicità e propaganda
Sono le spese sostenute per la promozione di uno specifico prodotto o marchio d’impresa. Esse rilevano
fiscalmente nel limite della quota imputabile a ciascun esercizio (art. 108, c. 1, D.P.R. n. 917/1986):
Contabilmente le spese di pubblicità non sono più capitalizzabili (D.Lgs. n. 139/2015) e dunque devono essere dedotte interamente nell’esercizio di competenza.
Solo laddove risultino capitalizzabili in quanto inquadrabili tra i costi di impianto e ampliamento (OIC 24), risultano deducibili su più esercizi secondo le quote imputate civilisticamente
a Conto economico.
Spese di rappresentanza
La normativa tributaria sulle spese di rappresentanza dispone che siano deducibili integralmente nel periodo di sostenimento le spese che siano conformi ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti da un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (D.M. 19 novembre 2008), anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, nonché avendo
riguardo al complessivo ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica
dell’impresa (art. 108, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Le spese di rappresentanza sono altresì deducibili - a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 - solo se i pagamenti sono eseguiti con mezzi tracciabili (art. 1, c. 81-83, Legge n. 207/2024).
Si considerano in specie spese di rappresentanza inerenti le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore (art. 1, D.M. 19 novembre 2008).
In particolare, costituiscono spese di rappresentanza (art. 1, D.M. 19 novembre 2008):
-
le spese per viaggi turistici in occasione dei quali siano programmate e in concreto svolte significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui scambio costituisce oggetto dell’attività caratteristica dell’impresa;
-
le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
-
le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione dell’inaugurazione di nuove sedi, uffici o stabilimenti dell’impresa;
-
le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in occasione di mostre, fiere, ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa;
-
ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili.
Le spese di rappresentanza possono essere dedotte, nel periodo d’imposta di sostenimento, nei seguenti limiti di ricavi e proventi, riferiti alla gestione caratteristica dell’impresa:
-
1,5% dei ricavi e altri proventi fino ad euro 10.000.000;
-
0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10.000.000 e fino ad euro 50.000.000;
-
0,4% dei ricavi ed altri proventi per la parte eccedente euro 50.000.000.
Sono comunque deducibili, senza alcun limite, le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore ad euro 50.
Nei casi in cui le spese di rappresentanza risultino in tutto o in parte indeducibili, occorre apportare corrispondenti variazioni fiscali in aumento in dichiarazione dei redditi.
Nei casi di spese di rappresentanza interamente deducibili è in ogni caso richiesta l’indicazione in dichiarazione dei redditi di due separate variazioni fiscali, rispettivamente in aumento e in diminuzione, di pari importo.
Altre spese pluriennali
Si tratta di una categoria residuale, nella quale rientrano, tra l’altro, le spese di impianto. Per dette spese il legislatore tributario non ha previsto uno specifico criterio
di deducibilità, ma ne dispone il concorso alla formazione del reddito nel limite
della quota imputabile a ciascun esercizio in base ai criteri civilistici (art. 108, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
18.3.13. Accantonamenti e svalutazioni
18.3.13.Accantonamenti e svalutazioniDal punto di vista civilistico le imprese procedono ad effettuare accantonamenti in bilancio a fronte di rischi e oneri futuri, in applicazione dei principi di prudenza e competenza.
Dal punto di vista fiscale, in base al generale principio della certezza e dell’oggettiva determinabilità (art. 109, c. 1, D.P.R. n. 917/1986), gli accantonamenti risultano generalmente indeducibili dal reddito d’impresa, trattandosi di costi incerti e non sostenuti nell’esercizio di imputazione, salvo eccezioni specificamente previste e dettagliate dalla normativa tributaria (artt. 99, c. 2, 105, 106 e 107, D.P.R. n. 917/1986).
Fatte salve dette eccezioni solo al momento del sostenimento effettivo del costo fiscalmente riconosciuto, con contestuale utilizzo del fondo precedentemente accantonato con correlata variazione fiscale in aumento, il componente negativo di reddito diviene deducibile e dà origine a una variazione fiscale in diminuzione da esporre in dichiarazione dei redditi.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che risulti imputato a Conto economico un accantonamento ad un fondo rischi per cause in corso pari a 5.000 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare che il suddetto accantonamento è totalmente indeducibile nell’esercizio X di Alfa Spa, non essendo rispettato il principio della certezza e oggettiva determinabilità del costo.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X una variazione fiscale in aumento pari all’intero ammontare della quota accantonata nell’esercizio a fondo rischi, ossia pari a 5.000 euro.
La suddetta variazione fiscale va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Ove in uno dei successivi esercizi, si ipotizzi nel corso dell’esercizio X+2, Alfa Spa utilizzi l’intero fondo rischi a copertura di corrispondenti costi fiscalmente riconosciuti e sostenuti nel medesimo esercizio X+2, occorre effettuare una variazione fiscale di pari importo e di segno contrario rispetto alla precedente.
Di conseguenza occorre apportare, con riferimento all’esercizio X+2 una variazione fiscale in diminuzione pari all’intero ammontare dell’utilizzo del fondo rischi non dedotto in precedenti esercizi e ora utilizzato a copertura di componenti negativi fiscalmente riconosciuti, ossia pari a 5.000 euro.
La suddetta variazione fiscale va indicata nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X+2 di Alfa Spa.
Accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di lavoro diversi da quello dipendente
Per la disciplina fiscale degli accantonamenti ai fondi per l’indennità di fine rapporto
del personale dipendente (18.3.10.).
Gli accantonamenti relativi alle indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di agenzia, di attività di sportivi professionisti sono deducibili secondo le stesse modalità previste per gli accantonamenti ai fondi per l’indennità di fine rapporto del personale dipendente (art. 105, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).
Ne consegue che la disciplina civilistica coincide sostanzialmente con quella fiscale.
In ogni caso, in presenza di accantonamenti stanziati in bilancio per ammontare superiore a quello deducibile, occorre effettuare un’apposita variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.
Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti
Le svalutazioni dei crediti commerciali risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, sono deducibili, in ciascun periodo d’imposta, nel limite dello 0,5% del loro valore nominale (art. 106 D.P.R. n. 917/1986).
La deduzione degli accantonamenti non è più ammessa qualora l’ammontare del relativo fondo abbia raggiunto il 5% del valore nominale dei suddetti crediti.
Nel caso in cui l’ammontare del fondo sia superiore al 5% del valore nominale dei crediti commerciali risultanti in bilancio, l’eccedenza concorre alla formazione del reddito dell’esercizio (art. 106, c. 5, D.P.R. n. 917/1986).
Ne deriva che il legislatore tributario ha stabilito una soglia massima di deducibilità per gli accantonamenti per rischi su crediti, prevedendo una svalutazione forfettaria dei crediti di funzionamento iscritti in bilancio, in luogo della svalutazione diretta dei singoli crediti (prescritta ai fini civilistici).
Pertanto, qualora la svalutazione dei crediti operata in sede civilistica risulti superiore a quella fiscale, occorre procedere in sede di dichiarazione dei redditi ad apposita variazione in aumento.
Può essere opportuno, in contabilità generale, rilevare distintamente la quota di accantonamento deducibile da quella indeducibile, così come tenere distinta la quota del fondo fiscalmente rilevante (formatasi cioè con accantonamenti dedotti) da quella fiscalmente non rilevante (formatasi cioè da accantonamenti non dedotti e, quindi, tassati), attraverso l’utilizzo di conti separati.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia imputato a Conto economico un accantonamento al fondo rischi su crediti nella misura del 6% del valore nominale - pari a 400.000 euro - dei crediti non coperti da garanzia. Si consideri che anteriormente all’effettuazione di detto accantonamento il fondo svalutazione crediti (non movimentato nel corso dell’esercizio X) risultava pari all’importo - riconosciuto anche fiscalmente - di 19.000 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare in primo luogo che la quota civilistica dell’accantonamento, pari a (400.000 x 0,06 =) 24.000 euro, risulta superiore rispetto al limite massimo di svalutazione annuale fiscalmente deducibile, pari allo 0,5% del valore nominale dei crediti, ossia pari a (400.000 x 0,005 =) 2.000 euro, con conseguente emersione di una variazione fiscale in aumento pari a (24.000 - 2.000 =) 22.000 euro.
In secondo luogo, è necessario verificare il superamento o meno del limite di deducibilità fiscale riferito al complessivo fondo svalutazione crediti. Al riguardo:
-
il saldo del fondo svalutazione crediti, computando la quota dell’accantonamento annuale per ora non riofferta in tassazione, risulta pari a (19.000 + 2.000 =) 21.000 euro;
-
il limite fiscale del fondo svalutazione crediti, pari al 5% del valore nominale dei crediti, risulta pari a (400.000 x 0,05 =) 20.000 euro;
-
il limite fiscale del fondo risulta superato per (21.000 - 20.000 =) 1.000 euro, con la conseguenza di dover apportare una seconda variazione fiscale in aumento per l’importo suddetto (1.000 euro).
In sintesi, l’accantonamento al fondo svalutazione crediti imputato nel Conto economico dell’esercizio X di Alfa Spa, pari a 24.000 euro, risulta:
-
indeducibile per l’importo di (22.000 + 1.000 =) 23.000 euro;
-
deducibile per il restante importo di (24.000 - 23.000 =) 1.000 euro.
Per effetto di quanto sopra esposto, in merito al fondo svalutazione crediti risulta che:
-
il fondo svalutazione crediti complessivamente risultante dal bilancio di Alfa Spa alla fine dell’esercizio X ammonta a (19.000 + 24.000 =) 43.000 euro;
-
la quota tassata del predetto valore del fondo è pari a (22.000 + 1.000 =) 23.000 euro;
-
il valore del fondo svalutazione crediti fiscalmente riconosciuto ammonta a (19.000 + 1.000 =) 20.000 euro.
Le variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Nella dichiarazione dei redditi medesima deve essere compilato altresì un apposito prospetto di dettaglio inerente alla svalutazione dei crediti, analogo a quello riportato in tabella.
Prospetto sulla svalutazione dei crediti | ||
Crediti | ||
Valore di bilancio | Valore fiscale | |
Ammontare complessivo delle svalutazioni dirette e dei fondi risultanti al termine dell’esercizio precedente | 19.000 | 19.000 |
Perdite dell’esercizio | - | - |
Differenza | 19.000 | |
Svalutazioni e accantonamenti dell’esercizio | 24.000 | 1.000 |
Ammontare complessivo delle svalutazioni dirette e dei fondi risultanti alla fine dell’esercizio | 43.000 | 20.000 |
Valore dei crediti risultanti in bilancio | 400.000 | 400.000 |
Altri accantonamenti
È in specie prevista la deducibilità dei seguenti accantonamenti:
-
accantonamenti per imposte (limitatamente alle imposte deducibili) non ancora definitivamente accertate, deducibili nei limiti dell’ammontare corrispondente alle dichiarazioni presentate, agli accertamenti o provvedimenti degli uffici e alle decisioni delle Commissioni tributarie (art. 99, c. 2, D.P.R. n. 917/1986);
-
accantonamenti a fondi per lavori ciclici di manutenzione e revisione delle navi e degli aeromobili, deducibili nei limiti del 5% del costo di ciascuna nave o aeromobile quale risulta all’inizio del registro dei beni ammortizzabili; la differenza tra l’importo complessivamente dedotto e la spesa complessivamente sostenuta risulta, a seconda del segno, imponibile o deducibile nell’esercizio in cui ha termine il ciclo (art. 107, c. 1, D.P.R. n. 917/1986);
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accantonamenti a fondi iscritti a fronte delle spese di ripristino o di sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione, deducibili, per le imprese concessionarie della costruzione o dell’esercizio di opere pubbliche, nel limite, per ciascun bene, del 5% del costo (ridotto all’1% per le imprese concessionarie di costruzione e gestione di autostrade e trafori), finché l’ammontare del fondo non abbia raggiunto l’ammontare complessivo delle spese relative al bene medesimo sostenute negli ultimi due esercizi; se le spese sostenute in un esercizio sono superiori all’ammontare del fondo l’eccedenza è deducibile in quote costanti nell’esercizio stesso e nei cinque successivi, mentre l’ammontare degli accantonamenti eventualmente non utilizzato concorre a formare il reddito nell’esercizio in cui avviene la devoluzione del bene (art. 107, c. 2, D.P.R. n. 917/1986);
-
accantonamenti a fronte degli oneri derivanti da operazioni a premio e da concorsi a premio, deducibili nei limiti, rispettivamente, del 30% e del 70% dell’ammontare degli impegni assunti nell’esercizio, a condizione che siano distinti per esercizio di formazione; il successivo utilizzo dei fondi può far scaturire, in funzione dell’entità degli oneri sostenuti, sopravvenienze attive o passive, e l’eventuale fondo non utilizzato al termine del terzo esercizio successivo a quello di formazione concorre a formare il reddito imponibile (art. 107, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).
Ne deriva che possono emergere differenze tra applicazione della normativa civilistica e delle disposizioni tributarie, da gestire apportando corrispondenti variazioni fiscali in dichiarazione dei redditi.
18.3.14. Oneri diversi di gestione
18.3.14.Oneri diversi di gestioneOneri fiscali
Le imposte sui redditi e quelle per le quali è prevista la rivalsa (ad esempio: l’IVA che risulti detraibile per la società) non sono ammesse in deduzione: l’importo delle imposte indeducibili imputato a Conto economico dà origine a una variazione in aumento in dichiarazione dei redditi.
Le altre imposte (ad esempio: imposta di registro, imposta di bollo, tasse di concessione governative, TARI) sono deducibili nell’esercizio di pagamento, in applicazione del principio di cassa, tranne quelle per cui la indeducibilità è prevista dalla legge stessa (ad esempio: l’IMU).
Ne deriva che, in relazione alle imposte e tasse deducibili dal reddito d’impresa, occorrerà effettuare apposite variazioni in sede di dichiarazione dei redditi, se esse sono state imputate al Conto economico per competenza e non incassate nel medesimo periodo.
Con riferimento all’IMU relativa agli immobili strumentali, era prevista una deduzione pari al 20% del relativo importo pagato nell’esercizio.
La Legge di bilancio 2019 ha previsto un innalzamento di detta percentuale al 40% (art. 1, c. 12, Legge n. 145/2018). Successivamente, sono stati introdotti ulteriori progressivi incrementi della percentuale di deducibilità per i periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018, fino a prevedere l’integrale deducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (D.L. n. 34/2019).
In particolare, è necessario indicare in dichiarazione dei redditi separatamente:
-
una variazione in aumento pari all’importo totale dell’IMU imputato a Conto economico;
-
una variazione in diminuzione pari alla quota di IMU deducibile nell’esercizio.
Detta duplice variazione è necessaria anche per i periodi d’imposta in cui l’IMU risulta integralmente deducibile.
L’IRAP risulta parzialmente deducibile ove la società abbia sostenuto nell’esercizio spese per il personale dipendente o assimilato a tempo determinato e/o interessi passivi:
-
in presenza di spese per il personale dipendente o assimilato a tempo determinato (che, a differenza di quelle relative al personale a tempo indeterminato, non sono deducibili dalla base imponibile dell’IRAP) è prevista ai fini dell’IRES una deduzione analitica in misura corrispondente alla quota di IRAP versata nel corso dell’esercizio proporzionalmente riferita alle suddette spese, computate al netto delle deduzioni previste dalla normativa dell’IRAP;
-
in presenza di interessi passivi, è prevista una ulteriore deduzione forfettaria pari al 10% dell’IRAP versata nel corso dell’esercizio, potendo computare anche i versamenti eseguiti a titolo di acconto se e nella misura in cui non eccedano l’IRAP dovuta per il corrispondente esercizio.
Dette deduzioni di IRAP, che complessivamente non possono eccedere l’IRAP complessivamente dovuta dalla società, danno luogo a corrispondenti variazioni fiscali in diminuzione da indicare in dichiarazione dei redditi, separatamente rispetto alla variazione fiscale in aumento da iscrivere in misura pari al totale dell’IRAP imputata a Conto economico.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X (per ipotesi coincidente con il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022) di Alfa Spa, che risultino imputati a Conto economico secondo il criterio della competenza i seguenti oneri fiscali:
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imposta di registro per 3.000 euro, di cui 2.000 euro pagati a dicembre dell’esercizio X e 1.000 euro a gennaio dell’esercizio X+1;
-
IMU per 20.000 euro, interamente pagati nell’esercizio X, di cui 15.000 euro riferiti a immobili strumentali e 5.000 euro riferiti a immobili non strumentali;
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imposta di bollo per 500 euro, interamente pagati nell’esercizio X;
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IRAP per 8.000 euro, di cui 5.000 euro pagati nell’esercizio X e 3.000 euro nell’esercizio X+1.
Si consideri inoltre che per l’esercizio X Alfa Spa ha diritto a una deduzione forfettaria dell’IRAP pari a 2.500 euro.
Ciò premesso, è necessario considerare che:
-
I’imposta di registro è deducibile nell’esercizio X, in applicazione del principio di cassa, per 2.000 euro, dando luogo a:
-
per l’esercizio X, una variazione fiscale in aumento pari all’importo non pagato nell’esercizio, pari a 1.000 euro;
-
per l’esercizio X+1, una variazione fiscale in diminuzione di pari importo, ossia pari a 1.000 euro a seguito del pagamento dell’imposta;
-
-
l’IMU sugli immobili strumentali (15.000) è integralmente deducibile, mentre l’IMU sugli immobili non strumentali (5.000) è indeducibile; di conseguenza emergono, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa:
-
una variazione fiscale in aumento pari a 20.000 euro;
-
una variazione fiscale in diminuzione pari a 15.000 euro;
-
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per l’imposta di bollo l’applicazione dei principi rispettivamente civilistico di competenza e fiscale di cassa non determina divergenze, cosicché non emerge alcuna variazione;
-
l’IRAP risulta indeducibile, a prescindere dall’esercizio di pagamento, fatta salva la deduzione forfettaria spettante in capo ad Alfa Spa, con conseguente emersione di:
-
una variazione fiscale in aumento pari a 8.000 euro;
-
una variazione fiscale in diminuzione pari a 2.500 euro.
-
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Erogazioni liberali
Le erogazioni effettuate a titolo di liberalità sono in generale indeducibili dal reddito d’impresa, mancando per definizione del requisito di inerenza.
Tuttavia, per alcune fattispecie di erogazioni liberali tassativamente elencate, il legislatore tributario ha ammesso la deduzione entro determinati limiti (art. 100, c. 1 e 2, D.P.R. n. 917/1986).
Occorre pertanto distinguere tra erogazioni liberali:
-
non ammesse in deduzione; a fronte degli oneri imputati al Conto economico, occorre effettuare un’apposita variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi per il loro intero ammontare;
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ammesse in deduzione interamente o entro certi limiti, tra cui determinati limiti commisurati al complessivo reddito d’impresa; in quest’ultima fattispecie, a fronte di detti oneri occorre dapprima effettuare una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi per il loro intero ammontare e successivamente, una volta determinato il reddito complessivo, occorre portare in deduzione dal reddito imponibile gli oneri in commento, per un importo non superiore a quello determinabile in base ad una data percentuale applicata al reddito d’impresa.
Perdite su crediti
Le perdite su crediti sono fiscalmente deducibili (art. 101, c. 5, D.P.R. n. 917/1986) solo se risultanti da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 182-bis, R.D. n. 267/1942) o un piano attestato (art. 67, c. 3, lett. d), R.D. n. 267/1942) o è assoggettato a procedure estere equivalenti.
La condizione degli elementi certi e precisi sussiste per presunzione di legge quando:
-
il credito è di modesta entità ed è scaduto da 6 mesi;
-
il diritto alla riscossione è prescritto;
-
il credito è stato cancellato dal bilancio nel rispetto dei Principi contabili.
Il merito all’ipotesi a), il credito si considera di modesta entità quando è inferiore a:
-
euro 5.000 per le grandi imprese, ossia per le imprese con un volume d’affari non inferiore a 150 milioni di euro (Legge n. 2/2009);
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euro 2.500 per tutte le altre imprese.
Ne consegue che, qualora siano state imputate al Conto economico perdite su crediti prive dei suddetti requisiti, occorre effettuare in sede di dichiarazione dei redditi apposita variazione in aumento.
Le perdite su crediti, anche se prive dei requisiti fiscalmente previsti (art. 101, c. 5, D.P.R. n. 917/1986), devono essere imputate in bilancio a diretta rettifica dei corrispondenti crediti, in base al principio della prudenza.
Stante la descritta disciplina fiscale, può essere opportuno, in contabilità generale, rilevare distintamente la quota di esse deducibile da quella indeducibile, mediante l’utilizzo di separati conti.
Le perdite su crediti sono in ogni caso deducibili solo per la quota eccedente l’ammontare del fondo svalutazione crediti fiscalmente rilevante (art. 106, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Da tale disposizione deriva in particolare, che, qualora la perdita su crediti non sia stata imputata al Conto economico perché coperta da apposito fondo non fiscalmente rilevante (composto, cioè, da accantonamenti non portati in deduzione dal reddito imponibile perché eccedenti la quota deducibile), in sede di dichiarazione dei redditi deve operarsi idonea variazione fiscale in diminuzione.
Contributi ad associazioni sindacali e di categoria
I contributi ad associazioni sindacali e di categoria, se e nella misura in cui sono dovuti in base a formale deliberazione dell’associazione, sono deducibili, in applicazione del principio di cassa, nell’esercizio in cui avviene il pagamento (art. 99, c. 3, D.P.R. n. 917/1986).
Pertanto, considerando che civilisticamente si applica il principio di competenza, ove detti contributi siano stati a Conto economico, ma non siano stati interamente pagati nel medesimo esercizio, si rende necessario effettuare una variazione fiscale in aumento in sede di dichiarazione, al fine di far concorrere tali oneri alla formazione del reddito dell’esercizio limitatamente alla parte effettivamente corrisposta durante l’esercizio: detta variazione è compensata da corrispondente variazione fiscale in diminuzione nell’esercizio in cui avviene il pagamento del contributo.
Minusvalenze patrimoniali
Le minusvalenze concorrono fiscalmente alla formazione del reddito se (art. 101, c. 1, D.P.R. n. 917/1986):
-
sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
-
sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni.
Ai fini della determinazione della minusvalenza sono previsti i medesimi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze (art. 86, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), ossia (art. 101, c. 1, D.P.R. n. 917/1986):
-
nel caso a) di cessione a titolo oneroso, la minusvalenza è costituita dalla differenza negativa tra il corrispettivo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, ed il costo non ammortizzato;
-
nel caso b) di perdita o danneggiamento, la minusvalenza è costituita dalla differenza negativa tra l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, ed il costo non ammortizzato;
Ove, all’atto della cessione, divergano il valore civile e il valore fiscale del bene, ad esempio in conseguenza di ammortamenti imputati a Conto economico e temporaneamente non dedotti negli esercizi precedenti, emerge un importo di minusvalenza contabile non coincidente con l’importo della minusvalenza fiscale: detta differenza (che può anche - ad esempio - far emergere una plusvalenza fiscale a fronte di una minusvalenza contabile) deve essere riallineata apportando le dovute variazioni fiscali in dichiarazione dei redditi.
Con specifico riferimento ai mezzi di trasporto oggetto del regime di deducibilità limitata per i correlati componenti negativi, le minusvalenze patrimoniali relative ai suddetti mezzi rilevano, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato (art. 164, c. 2, D.P.R. n. 917/1986), con conseguente variazione fiscale in aumento da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Mezzi di trasporto
Le spese e gli altri componenti negativi relativi a determinati mezzi di trasporto
di proprietà dell’impresa (tra cui: autoveicoli, autocaravan, ciclomotori, motocicli)
sono soggetti a un regime di deducibilità parziale (art. 164, D.P.R. n. 917/1986) (18.3.8.).
Sopravvenienze passive
Si considerano sopravvenienze passive deducibili (art. 101, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):
-
il mancato conseguimento di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi;
-
il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi;
-
la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, diverse dalle partecipazioni che possono dare origine alle plusvalenze parzialmente esenti.
Laddove vengano imputate a Conto economico - non più nell’area straordinaria, a seguito dell’eliminazione della stessa (D.Lgs. n. 139/2015), ma nella voce corrispondente alla singola natura della posta - sopravvenienze passive non deducibili, occorre effettuare in misura corrispondente una variazione fiscale in aumento nella dichiarazione dei redditi.
18.3.15. Proventi finanziari
18.3.15.Proventi finanziariDividendi
Il concorso dei dividendi alla formazione del reddito imponibile avviene secondo il criterio di cassa (art. 89, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Con riferimento a detta categoria di proventi finanziari, la disciplina fiscale risulta divergente da quella civilistica, che, invece, richiede l’iscrizione dei dividendi in bilancio secondo il criterio della competenza.
Inoltre, i dividendi percepiti non concorrono fiscalmente alla formazione del reddito di esercizio, in misura pari al 95% dell’ammontare degli stessi (art. 89, c. 2, D.P.R. n. 917/1986).
Ne consegue che:
-
qualora esercizio di imputazione a Conto economico ed esercizio di incasso dei dividendi coincidano, deve essere effettuata una variazione fiscale in diminuzione pari alla quota esclusa da tassazione, ossia pari al 95% dei dividendi;
-
qualora il percepimento dei dividendi sia differito in un esercizio successivo a quello in cui ne è stata deliberata la distribuzione e conseguentemente è stata effettuata l’imputazione a Conto economico, deve effettuarsi in sede di dichiarazione dei redditi:
-
nell’esercizio di imputazione a Conto economico, una variazione in diminuzione pari all’ammontare totale dei dividendi iscritti e non ancora percepiti;
-
nell’esercizio di incasso, una variazione in aumento pari alla quota imponibile, ossia pari al 5% dell’importo dei dividendi percepiti.
-
Regole specifiche sono previste in caso di dividendi distribuiti da società non residenti, tra cui la possibile applicazione di ritenute estere, con conseguente emersione di crediti d’imposta, nonché la tassazione in misura integrale - salvo eccezioni - dei dividendi provenienti da società residenti in Stati a regime fiscale privilegiato (art. 89, c. 3, 3-bis e 3-ter, D.P.R. n. 917/1986).
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia imputato a Conto economico dividendi provenienti da società partecipate residenti, come di seguito indicato:
-
dividendo pari a 10.000 euro dalla società Beta Spa, incassato interamente nel corso dell’esercizio X;
-
dividendo pari a 15.000 dalla società Gamma Srl, incassato per 9.000 euro nell’esercizio X e per 6.000 euro nell’esercizio X+1;
-
dividendo pari a 12.000 euro dalla società Delta Spa, interamente incassato nell’esercizio X+1.
Ciò premesso, è necessario per ciascun dividendo “riconciliare” la normativa civilistica alle diposizioni tributarie.
Al riguardo:
-
il dividendo erogato da Beta Spa, in quanto interamente incassato nell’esercizio di imputazione a Conto economico, è imponibile nell’esercizio X in capo ad Alfa Spa in misura pari a (10.000 x 0,05 =) 500 euro, con conseguente emersione di una variazione fiscale in diminuzione pari a (10.000 - 500 =) 9.500;
-
il dividendo erogato da Gamma Spa:
-
con riferimento alla quota di utili incassati, risulta imponibile nell’esercizio X in misura pari a (9.000 x 0,05 =) 450 euro;
-
con riferimento alla quota di utili non incassati (6.000 euro), non risulta imponibile nell’esercizio X, cosicché, in termini di variazioni fiscali, sono da apportare:
-
per l’esercizio X, una variazione fiscale in diminuzione complessivamente pari a (9.000 - 450 =) 8.550 euro;
-
-
per l’esercizio X+1, una variazione fiscale in aumento pari alla quota imponibile di utili incassati in detto periodo, ossia pari a (6.000 x 0,05 =) 300 euro;
-
il dividendo erogato da Delta non concorre alla formazione del reddito imponibile dell’esercizio X di Alfa Spa, mentre è da tassare nell’esercizio X+1 in misura pari al 5%, con conseguente:
-
variazione fiscale in diminuzione pari a 12.000 euro con riferimento all’esercizio X;
-
variazione fiscale in aumento pari a (12.000 x 0,05 =) 600 euro con riferimento all’esercizio X+1.
-
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Interessi attivi e altri proventi finanziari
Conformemente a quanto previsto dalla disciplina civilistica, il concorso degli interessi attivi - diversi dagli interessi di mora
- alla formazione del reddito imponibile avviene per competenza, vale a dire sulla
base della quota maturata.
Per determinati proventi finanziari è prevista la totale esenzione dall’imposizione sui redditi, che dà origine ad un’apposita variazione fiscale in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi. Analoga variazione in diminuzione deve essere effettuata con riferimento ai proventi soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (art. 91, D.P.R. n. 917/1986).
Interessi moratori - Sono tassati, in base al principio di cassa, nell’esercizio in cui sono percepiti (art. 109, c. 7, D.P.R. n. 917/1986). Di conseguenza, nel caso di imputazione a Conto economico di interessi moratori attivi non incassati, occorre effettuare:
-
una variazione fiscale in diminuzione nell’esercizio di iscrizione a Conto economico;
-
una variazione fiscale in aumento nell’esercizio di incasso.
Strumenti finanziari derivati - I componenti positivi che risultano dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati alla data di chiusura dell’esercizio concorrono alla formazione del reddito (art. 102, c. 3, D.P.R. n. 917/1986). Sono previste regole specifiche in caso di strumenti derivati iscritti in bilancio
con finalità di copertura, tra cui la previsione che i relativi componenti positivi
derivanti da valutazione o da realizzo concorrono a formare il reddito secondo le
medesime disposizioni che disciplinano i componenti positivi derivanti dalle attività
o passività oggetto di copertura (art. 102, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).
Plusvalenze da alienazione partecipazioni
In taluni casi, il legislatore fiscale prevede la facoltà per il contribuente di rateizzare
la tassazione delle plusvalenze realizzate. In particolare, le plusvalenze - diverse da quelle parzialmente esenti
(art. 87, D.P.R. n. 917/1986) - aventi ad oggetto immobilizzazioni finanziarie
iscritte come tali negli ultimi tre bilanci dell’impresa possono alternativamente
(art. 86, c. 4, D.P.R. n. 917/1986):
-
concorrere a formare per il loro intero ammontare il reddito dell’esercizio in cui sono state realizzate;
-
concorrere a formare in quote costanti il reddito dell’esercizio in cui sono state realizzate e quello degli esercizi successivi, ma non oltre il quarto.
Nel caso di opzione per la rateizzazione, occorre effettuare una duplice variazione nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui hanno avuto luogo i componenti di reddito in questione:
-
una variazione in diminuzione, pari all’ammontare delle plusvalenze imputate al Conto economico;
-
una variazione in aumento, pari alla quota costante delle plusvalenze come sopra determinate.
Relativamente agli esercizi successivi, interessati dalla rateizzazione delle plusvalenze, occorre effettuare in sede di dichiarazione dei redditi di ciascun periodo una variazione in aumento pari alla quota costante delle plusvalenze rateizzate.
Ove, all’atto della cessione, divergano il valore civile e il valore fiscale della partecipazione, emerge un importo di plusvalenza contabile non coincidente con l’importo della plusvalenza fiscale, da riallineare apportando le dovute variazioni fiscali in dichiarazione dei redditi.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia alienato una partecipazione iscritta come immobilizzazione finanziaria negli ultimi cinque bilanci della società, con conseguimento e imputazione a Conto economico di una plusvalenza pari a 15.000 euro, coincidente con l’importo fiscalmente rilevante e non rientrante nel regime delle plusvalenze parzialmente esenti.
Alfa Spa intende avvalersi delle agevolazioni fiscali applicabili in ordine alla tassazione delle plusvalenze.
Ciò premesso, risulta che con riferimento alla suddetta plusvalenza contabile e fiscale pari a 15.000 euro, per la quale il requisito dell’iscrizione come immobilizzazione finanziaria negli ultimi tre bilanci, richiesto ai fini dell’agevolazione della rateizzazione in 5 anni, è soddisfatto, occorre effettuare:
-
nell’esercizio X, una variazione fiscale in diminuzione pari all’intero importo della plusvalenza rateizzata, ossia pari a 15.000 euro, e una variazione fiscale in aumento pari alla prima delle cinque quote costanti, ossia pari a (15.000 / 5 =) 3.000 euro;
-
nei quattro esercizi immediatamente successivi all’esercizio X, altrettante variazioni fiscali in aumento pari ciascuna a (15.000 / 5 =) 3.000 euro.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
Plusvalenze parzialmente esenti - È disposta l’esenzione da tassazione (c.d. participation exemption) del 95% delle plusvalenze da realizzo delle partecipazioni (in società ed enti soggetti
a IRES o in società di persone o enti assimilati, ad esclusione delle società semplici
ed equiparate) a condizione che le partecipazioni stesse (art. 87, D.P.R. n. 917/1986):
-
siano state possedute ininterrottamente per un periodo non inferiore a 12 mesi alla data di cessione;
-
siano state iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso nel periodo di possesso;
-
siano relative a società residenti in un paese diverso da quelli a regime fiscale privilegiato, salvo eccezioni, sin dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore a quello del realizzo della plusvalenza;
-
siano relative a società che esercitino un’attività commerciale sin dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore a quello del realizzo della plusvalenza; a tal fine, è prevista la presunzione assoluta di mancanza del requisito per le società il cui patrimonio sia prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli la cui produzione o scambio costituisce l’attività di impresa e da quelli utilizzati direttamente nell’esercizio di impresa; per contro, è previsto che, per le partecipazioni detenute in società quotate in mercati regolamentati, il requisito in oggetto sia sempre soddisfatto.
Qualora tali requisiti non vengano rispettati, la plusvalenza derivante dal realizzo sarà tassata con l’applicazione di uno dei criteri previsti dal regime ordinario (art. 86, D.P.R. n. 917/1986).
A fronte di questa esenzione, è necessario apportare in dichiarazione dei redditi una variazione fiscale in diminuzione pari al 95% della plusvalenza.
Utili da poste in valuta estera
La valutazione secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio dei crediti e debiti in valuta estera - anche sotto forma di obbligazioni, di titoli cui si applica la disciplina delle obbligazioni o di titoli assimilati - non assume rilevanza fiscale fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023 (art. 110, c. 3, D.P.R. n. 917/1986, abrogato dall’art. 9, c. 1, lett. d), D.Lgs. n. 192/2024).
Di conseguenza, ove contabilmente risultino imputati a Conto economico utili su cambi non ancora realizzati, ma derivanti dall’adeguamento civilistico a fine esercizio delle suddette poste in valuta, detti proventi finanziari sono fiscalmente irrilevanti, con conseguente variazione fiscale in diminuzione da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Nell’esercizio in cui avviene l’incasso o il pagamento della posta in valuta - ovvero nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, se la manifestazione finanziaria non sia ancora avvenuta (art. 13, c. 4, D.Lgs. n. 192/2024) - la relativa differenza su cambi, in quanto definitivamente realizzata, assume rilevanza fiscale, con conseguente variazione in aumento da indicare in dichiarazione dei redditi.
È fiscalmente rilevante la valutazione al cambio della data di chiusura dell’esercizio delle attività e delle passività in valuta per le quali il rischio di cambio è coperto, qualora i contratti di copertura siano anche essi valutati in modo coerente secondo il cambio di chiusura dell’esercizio (art. 110, c. 3, D.P.R. n. 917/1986, abrogato dall’art. 9, c. 1, lett. d), D.Lgs. n. 192/2024).
Si supponga, con riferimento alla fine dell’esercizio X (non successivo al periodo di imposta in corso al 31/12/2023) di Alfa Spa, che vi siano le poste in valuta indicate in tabella.
Poste in valuta | |||
Crediti e debiti in valuta sorti nel corso dell’esercizio X | Contabilizzazione iniziale al tasso di cambio storico |
Adeguamento al tasso di cambio di fine esercizio |
Differenza imputata a conto economico |
Credito in dollari | 20.300 euro | 20.900 euro | + 600 euro |
Debito in sterline | 15.800 euro | 14.900 euro | + 900 euro |
Totale | + 1.500 euro |
Contabilmente risultano pertanto imputati al Conto economico dell’esercizio X di Alfa Spa:
-
un utile su cambi pari a 600 euro derivante dall’adeguamento a fine esercizio del credito in dollari;
-
un utile su cambi pari a 900 euro derivante dall’adeguamento a fine esercizio del debito in sterline.
Oltre alla suddetta differenza positiva su cambi da valutazione, pari complessivamente a 1.500 euro, risulta imputato a Conto economico un utile su cambi da realizzo pari a 800 euro relativo a un credito in yen sorto e incassato nel corso dell’esercizio X.
Nel corso dell’esercizio X+1:
-
il credito in dollari viene incassato al controvalore di 21.000 euro, con conseguente registrazione contabile di un ulteriore utile su cambi pari a (21.000 - 20.900=) 100 euro;
-
il debito in sterline viene pagato al controvalore di 15.100 euro, con conseguente registrazione contabile di una perdita su cambi pari a (14.900 - 15.100 =) - 200 euro;
Ciò premesso, dal punto di vista fiscale risulta che:
-
con riferimento al credito in dollari:
-
nell’esercizio X l’utile su cambi pari a 600 euro, in quanto non realizzato, non è imponibile, con conseguente variazione fiscale in diminuzione di pari importo;
-
nell’esercizio X+1 l’utile su cambi fiscale - in conseguenza del realizzo - risulta pari alla differenza tra controvalore alla data del realizzo (21.000 euro) e controvalore storico (20.300 euro), ossia pari a 700 euro, a fronte di un utile su cambi imputato a Conto economico per 100 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a (700 - 100 =) 600 euro;
-
-
con riferimento al debito in sterline:
-
nell’esercizio X l’utile su cambi pari a 900 euro, in quanto non realizzato, non è imponibile, con conseguente variazione fiscale in diminuzione di pari importo;
-
nell’esercizio X+1 l’utile su cambi fiscale - in conseguenza del realizzo - risulta pari alla differenza tra controvalore alla data del realizzo (15.100 euro) e controvalore storico (15.800 euro), ossia pari a 700 euro, a fronte di una perdita su cambi imputata a Conto economico per 200 euro, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a [(700 - (- 200) =] 900 euro;
-
-
con riferimento al credito in yen non emergono variazioni fiscali, in quanto il credito è sorto e risulta incassato nel corso del medesimo esercizio.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
18.3.16. Oneri finanziari
18.3.16.Oneri finanziariInteressi passivi e altri oneri finanziari
Gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati sono deducibili secondo regole differenti a seconda del periodo d’imposta di riferimento, dovendosi distinguere tra disciplina valevole:
-
fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018;
-
a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.
La disciplina fino al 2018 può esplicare effetti anche negli esercizi successivi, in quanto l’eventuale eccedenza di ROL contabile (come più sotto definito) risultante alla fine del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018 può essere riportata a nuovo - senza limiti temporali di utilizzo - al fine di dedurre eventuali interessi passivi e oneri finanziari assimilati sostenuti negli esercizi successivi in relazione a prestiti stipulati prima del 17 giugno 2016 e la cui durata o il cui importo non sono stati modificati successivamente a tale data a seguito di variazioni contrattuali.
Disciplina fino al 2018 ma con ROL riportabile senza limiti temporali - Gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili in ciascun periodo d’imposta fino a concorrenza
degli interessi attivi e proventi assimilati. L’eccedenza è deducibile nel limite
del 30% del Risultato Operativo Lordo (ROL) della gestione caratteristica (art. 96, c. 1, D.P.R. n. 917/1986, applicabile fino ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018), intendendosi
come tale la differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere
A) e B) dell’art. 2425 c.c. così come risultanti dal Conto economico dell’esercizio, con esclusione dei
seguenti componenti di reddito (art. 96, c. 2, D.P.R. n. 917/1986, applicabile fino ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018):
-
ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali e materiali, di cui alla lettera B), n. 10), voci a) e b) dello schema di Conto economico;
-
canoni di locazione finanziaria di beni strumentali, ricompresi nella lettera B), n. 8);
-
componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimento di aziende o rami di aziende.
Determinati interessi passivi sono soggetti a regole di deducibilità specifiche.
Gli interessi passivi indeducibili danno origine a una variazione fiscale in aumento da indicare in dichiarazione dei redditi.
La quota di risultato operativo lordo prodotto a partire dal terzo periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 non utilizzata per la deduzione degli interessi passivi e degli oneri finanziari di competenza, può essere portata ad incremento del risultato operativo lordo dei periodi di imposta successivi (art. 96, c. 1, D.P.R. n. 917/1986, applicabile fino ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018).
Gli interessi passivi che in un determinato periodo di imposta non possono essere dedotti a causa delle suddette limitazioni, possono essere dedotti nei periodi di imposta successivi - con conseguente variazione fiscale in diminuzione - se e nei limiti in cui in tali periodi l’importo degli interessi passivi di competenza eccedenti gli interessi attivi sia inferiore al 30% del risultato operativo lordo di competenza (art. 96, c. 4, D.P.R. n. 917/1986, applicabile fino ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018).
Interessi passivi capitalizzati - Le limitazioni alla deducibilità non si applicano agli interessi passivi capitalizzati (art. 110, c. 1, lett. b), D.P.R. n. 917/1986), ovvero iscritti in bilancio ad aumento del costo dei beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa (art. 96, c. 1, D.P.R. n. 917/1986, applicabile fino ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018).
Se la capitalizzazione è stata effettuata nel rispetto dei corretti Principi contabili, la stessa assume rilievo anche ai fini della determinazione del reddito d’impresa.
Pertanto, gli interessi passivi capitalizzati costituiranno oneri deducibili:
-
mediante il processo di ammortamento (artt. 102 e 103, D.P.R. n. 917/1986), nel caso di beni strumentali, ovvero
-
al momento della vendita, per i beni che costituiscono rimanenze.
Dal punto vista contabile, vi è la possibilità di capitalizzare non solo gli oneri finanziari relativi a fondi presi a prestito specificamente per finanziare la costruzione di un bene (i c.d. finanziamenti di scopo), ma anche ulteriori oneri finanziari relativi a fondi presi a prestito genericamente, il cui utilizzo si sia reso necessario per la costruzione delle immobilizzazioni (OIC 16).
Disciplina dal 2019 - A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (art. 96, D.P.R. n. 917/1986 così come modificato dall’art. 1, c. 1, D.Lgs. n. 142/2018), a differenza di quanto sopra specificato:
-
i componenti che costituiscono il ROL sono assunti nella misura risultante dall’applicazione delle disposizioni fiscali;
-
non è prevista l’esclusione dal ROL dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimento di aziende o rami di aziende;
-
l’eventuale eccedenza di interessi attivi può essere riportata nei periodi d’imposta successivi;
-
l’eccedenza di ROL è riportabile solamente per i successivi cinque periodi d’imposta;
-
le limitazioni alla deducibilità si applicano anche agli interessi passivi capitalizzati.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X (per ipotesi coincidente con il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018) di Alfa Spa, che la società abbia contabilizzato gli interessi di seguito indicati:
-
interessi attivi bancari imputati a Conto economico pari a 1.000 euro;
-
interessi passivi su finanziamenti generici capitalizzati ai sensi dell’OIC 16 pari a 3.000 euro;
-
interessi passivi su finanziamenti generici non capitalizzati ai sensi dell’OIC 16 pari a 9.000 euro;
-
interessi passivi su finanziamenti specifici capitalizzati ai sensi dell’OIC 16 pari a 4.000 euro;
-
interessi passivi verso fornitori imputati a Conto economico pari a 8.000 euro;
-
altri interessi passivi imputati a Conto economico pari a 10.000 euro.
Si ipotizzi inoltre, sempre con riferimento al bilancio dell’esercizio X di Alfa Spa, che:
-
il valore della produzione rilevante ai fini del calcolo del Risultato Operativo Lordo (ROL) sia pari a 150.000 euro;
-
i costi della produzione rilevanti ai fini del calcolo del ROL siano pari a 90.000 euro.
Sulla base dei dati sopra indicati, si procede di seguito al calcolo degli interessi passivi indeducibili nell’esercizio X da parte di Alfa Spa:
-
ROL = 150.000 - 90.000 = 60.000 euro;
-
30% del ROL = 60.000 x 0,3 = 18.000 euro;
-
interessi passivi capitalizzati (deducibili secondo le medesime regole dell’immobilizzazione che vanno a incrementare) = 3.000 + 4.000 = 7.000 euro;
-
interessi passivi imputati a Conto economico totalmente deducibili = 1.000 euro (in misura pari agli interessi attivi);
-
altri interessi passivi imputati a Conto economico = 9.000 + 8.000 + 10.000 - 1.000 = 26.000 euro, da porre a confronto, ai fini del calcolo della quota deducibile, con il 30% del ROL pari a 18.000 euro, cosicché risulta quanto segue:
-
quota di interessi passivi deducibile pari a 18.000 euro;
-
quota di interessi passivi indeducibile pari a 26.000 - 18.000 = 8.000 euro.
-
La suddetta quota di interessi passivi pari a 8.000 euro, indeducibile nell’esercizio X, dà origine a una corrispondente variazione fiscale in aumento da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Detta eccedenza potrà essere dedotta da Alfa Spa nei successivi esercizi ove vi sia un ROL capiente.
Si supponga, con riferimento all’esercizio Y (per ipotesi coincidente con uno dei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018) di Beta Spa, che la società abbia contabilizzato gli interessi di seguito indicati:
-
interessi attivi bancari imputati a Conto economico pari a 2.000 euro;
-
interessi passivi su finanziamenti imputati interamente a Conto economico pari a 15.000 euro;
-
interessi passivi verso fornitori imputati a Conto economico pari a 10.000 euro;
-
altri interessi passivi imputati a Conto economico pari a 8.000 euro.
Si ipotizzi inoltre, sempre con riferimento al bilancio dell’esercizio Y di Beta Spa, che:
-
il valore della produzione rilevante ai fini del calcolo del risultato operativo lordo (ROL) sia pari a 120.000 euro (valore contabile);
-
i costi della produzione rilevanti ai fini del calcolo del ROL siano pari a 60.000 euro (valore contabile);
-
le variazioni fiscali relative alle voci costituenti il ROL contabile ammontino complessivamente a 10.000 euro (variazione in aumento).
Sulla base dei dati sopra indicati, si procede di seguito al calcolo degli interessi passivi indeducibili nell’esercizio Y da parte di Beta Spa:
-
ROL fiscale = 120.000 - 60.000 + 10.000 = 70.000 euro;
-
30% del ROL = 70.000 x 0,3 = 21.000 euro;
-
interessi passivi imputati a Conto economico totalmente deducibili = 2.000 euro (in misura pari agli interessi attivi);
-
altri interessi passivi imputati a Conto economico = 15.000 + 10.000 + 8.000 - 2.000 = 31.000 euro, da porre a confronto, ai fini del calcolo della quota deducibile, con il 30% del ROL fiscale pari a 21.000 euro, cosicché risulta quanto segue:
-
quota di interessi passivi deducibile pari a 21.000 euro;
-
quota di interessi passivi indeducibile pari a 31.000 - 21.000 = 10.000 euro.
-
La suddetta quota di interessi passivi pari a 10.000 euro, indeducibile nell’esercizio Y, dà origine a una corrispondente variazione fiscale in aumento da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Detta eccedenza potrà essere dedotta da Beta Spa nei successivi esercizi ove vi sia un ROL capiente.
Interessi moratori - Sono deducibili, in base al principio di cassa, nell’esercizio in cui sono corrisposti (art. 109, c. 7, D.P.R. n. 917/1986). Di conseguenza, nel caso di imputazione a Conto economico di interessi moratori passivi non pagati, occorre effettuare:
-
una variazione fiscale in aumento nell’esercizio di iscrizione a Conto economico;
-
una variazione fiscale in diminuzione nell’esercizio di pagamento.
Strumenti finanziari derivati - I componenti negativi che risultano dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati alla data di chiusura dell’esercizio concorrono alla formazione del reddito (art. 102, c. 3, D.P.R. n. 917/1986). Sono previste regole specifiche in caso di strumenti derivati iscritti in bilancio
con finalità di copertura, tra cui la previsione che i relativi componenti negativi derivanti da valutazione
o da realizzo concorrono a formare il reddito secondo le medesime disposizioni che
disciplinano i componenti negativi derivanti dalle attività o passività oggetto di
copertura (art. 102, c. 4, D.P.R. n. 917/1986).
Minusvalenze da alienazione partecipazioni con requisiti per la “participation exemption” - A fronte del regime della parziale esenzione (c.d. participation exemption) delle plusvalenze da alienazione delle partecipazioni in possesso dei requisiti richiesti (art. 87, D.P.R. n. 917/1986), viene disposta la totale indeducibilità delle minusvalenze, sia da realizzo che da valutazione, delle stesse partecipazioni rientranti nel suddetto regime (art. 101, c. 1, D.P.R. n. 917/1986). Di conseguenza, occorre apportare in dichiarazione dei redditi variazioni fiscali in aumento in misura pari alle minusvalenze corrispondenti.
Le minusvalenze da valutazione sono indeducibili anche se riferite a partecipazioni prive dei requisiti per la participation exemption (art. 101, c. 1, D.P.R. n. 917/1986).
Perdite da poste in valuta estera
La valutazione secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio dei crediti e debiti in valuta estera - anche sotto forma di obbligazioni, di titoli cui si applica la disciplina delle obbligazioni o di titoli assimilati - non assume rilevanza fiscale fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2023 (art. 110, c. 3, D.P.R. n. 917/1986, abrogato dall’art. 9, c. 1, lett. d), D.Lgs. n. 192/2024).
Di conseguenza, analogamente a quanto avviene per gli utili su cambi, ove contabilmente risultino imputate a Conto economico perdite su cambi non ancora realizzate, ma derivanti dall’adeguamento civilistico a fine esercizio delle suddette poste in valuta, detti oneri finanziari sono fiscalmente irrilevanti, con conseguente variazione fiscale in aumento da effettuare in dichiarazione dei redditi.
Nell’esercizio in cui avviene l’incasso o il pagamento della posta in valuta - ovvero nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, se la manifestazione finanziaria non sia ancora avvenuta (art. 13, c. 4, D.Lgs. n. 192/2024) - la relativa differenza su cambi, in quanto definitivamente realizzata, assume rilevanza fiscale, con conseguente variazione in diminuzione da indicare in dichiarazione dei redditi.
È fiscalmente rilevante la valutazione al cambio della data di chiusura dell’esercizio delle attività e delle passività in valuta per le quali il rischio di cambio è coperto, qualora i contratti di copertura siano anche essi valutati in modo coerente secondo il cambio di chiusura dell’esercizio (art. 110, c. 3, D.P.R. n. 917/1986, abrogato dall’art. 9, c. 1, lett. d), D.Lgs. n. 192/2024).
Si supponga, con riferimento alla fine dell’esercizio X (non successivo al periodo di imposta in corso al 31/12/2023) di Alfa Spa, che vi siano le poste in valuta indicate in tabella.
Poste in valuta | |||
Crediti e debiti in valuta sorti nel corso dell’esercizio X | Contabilizzazione iniziale al tasso di cambio storico | Adeguamento al tasso di cambio di fine esercizio | Differenza imputata a conto economico |
Credito in dollari | 20.300 euro | 20.000 euro | - 300 euro |
Debito in sterline | 15.800 euro | 16.000 euro | - 200 euro |
Totale | - 500 euro |
Contabilmente risultano pertanto imputati al Conto economico dell’esercizio X di Alfa Spa:
-
una perdita su cambi pari a 300 euro derivante dall’adeguamento a fine esercizio del credito in dollari;
-
una perdita su cambi pari a 200 euro derivante dall’adeguamento a fine esercizio del debito in sterline.
Oltre alla suddetta differenza negativa su cambi da valutazione, pari complessivamente a 500 euro, risulta imputata a Conto economico una perdita su cambi da realizzo pari a 500 euro relativa a un debito in yen sorto e incassato nel corso dell’esercizio X.
Nel corso dell’esercizio X+1:
-
il credito in dollari viene incassato al controvalore di 19.800 euro, con conseguente registrazione contabile di un’ulteriore perdita su cambi pari a (19.800 - 20.000=) - 200 euro;
-
il debito in sterline viene pagato al controvalore di 15.900 euro, con conseguente registrazione contabile di un utile su cambi pari a (16.000 - 15.900 =) 100 euro;
Ciò premesso, dal punto di vista fiscale risulta che:
-
con riferimento al credito in dollari:
-
nell’esercizio X la perdita su cambi pari a 300 euro, in quanto non realizzata, non è imponibile, con conseguente variazione fiscale in aumento di pari importo;
-
nell’esercizio X+1 la perdita su cambi fiscale - in conseguenza del realizzo - risulta pari alla differenza tra controvalore alla data del realizzo (19.800 euro) e controvalore storico (20.300 euro), ossia pari a - 500 euro, a fronte di una perdita su cambi imputata a Conto economico per - 200 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a (500 - 200 =) 300 euro;
-
-
con riferimento al debito in sterline:
-
nell’esercizio X la perdita su cambi pari a 200 euro, in quanto non realizzata, non è imponibile, con conseguente variazione fiscale in aumento di pari importo;
-
nell’esercizio X+1 la perdita su cambi fiscale - in conseguenza del realizzo - risulta pari alla differenza tra controvalore alla data del realizzo (15.900 euro) e controvalore storico (15.800 euro), ossia pari a - 100 euro, a fronte di un utile su cambi imputato a Conto economico per 100 euro, con conseguente variazione fiscale in diminuzione pari a (100 - (- 100) =] 200 euro;
-
-
con riferimento al debito in yen non emergono variazioni fiscali, in quanto il debito è sorto e risulta pagato nel corso del medesimo esercizio.
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione dei redditi riferita al corrispondente esercizio di Alfa Spa.
18.4. Variazioni principali ai fini dell’IRAP
18.4.Variazioni principali ai fini dell’IRAPBase imponibile
Valore della produzione - La base imponibile IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) delle società di capitali viene determinata
facendo riferimento in primo luogo ai valori contabili imputati a Conto economico, senza alcun adeguamento dei valori stessi alle disposizioni
previste dal D.P.R. n. 917/1986.
La base imponibile - definita quale valore della produzione netta - è data dalla differenza tra (art. 5, c. 1, D.Lgs. n. 446/1997):
-
valore della produzione
di cui alla lettera A) del Conto economico (art. 2425 c.c.), con esclusione:
-
dei componenti positivi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda,
-
-
costi della produzione
di cui alla lettera B) del Conto economico (art. 2425 c.c.) con esclusione:
-
delle voci di cui ai numeri 9) “per il personale”, 10), lettere c) “altre svalutazioni delle immobilizzazioni” e d) “svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante
e delle disponibilità liquide”, 12) “accantonamento per rischi” e 13) “altri accantonamenti”;
-
dei componenti negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda,
-
così come risultanti dal Conto economico dell’esercizio.
In sintesi, la base imponibile è in prima approssimazione pari al valore della produzione costituito dal reddito operativo aumentato delle spese per il personale, degli accantonamenti per rischi ed oneri, e delle svalutazioni di crediti ed immobilizzazioni.
Indipendentemente dalla effettiva collocazione nel Conto economico, i componenti positivi e negativi del valore della produzione sono accertati secondo i criteri di corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai Principi contabili adottati dall’impresa (art. 5, c. 5, D.Lgs. n. 446/1997).
Variazioni fiscali principali - Al valore della produzione come sopra determinato occorre apportare specifiche variazioni fiscali espressamente previste dalla normativa IRAP, considerando in particolare l’indeducibilità delle componenti seguenti (artt. 5, c. 3, e 11, c. 1, lett. b), D.Lgs. n. 446/1997):
-
spese per il personale dipendente e assimilato anche se classificate nel bilancio di esercizio in voci diverse dalla voce n. 9) relativa ai costi del personale;
-
compensi relativi ad attività commerciali e prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente;
-
costi per prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa;
-
compensi per prestazioni di lavoro assimilato a quello dipendente;
-
utili spettanti agli associati in partecipazione;
-
quota implicita di interessi passivi relativi a canoni di leasing, desunta dal contratto;
-
perdite su crediti;
-
IMU.
Nelle fattispecie sopra indicate emerge la necessità di effettuare corrispondenti variazioni fiscali in aumento nella dichiarazione IRAP delle società. I contributi erogati in base a norma di legge non sono imponibili ove siano correlati a costi indeducibili, con conseguente variazione fiscale in diminuzione.
Le quote di ammortamento dei marchi e dell’avviamento sono comunque deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del costo, indipendentemente dall’imputazione al Conto economico, cosicché:
-
in caso di ammortamento imputato a Conto economico in misura eccedente 1/18 del costo, è necessario effettuare una variazione fiscale in aumento in dichiarazione IRAP;
-
in caso di ammortamento imputato a Conto economico in misura minore rispetto al limite massimo fiscale, è possibile dedurre direttamente in dichiarazione IRAP la differenza che manca per raggiungere un diciottesimo del costo, con relativa variazione fiscale in diminuzione.
Si supponga, con riferimento all’esercizio X di Alfa Spa, che la società abbia imputato a Conto economico i seguenti componenti:
-
compensi ad amministratori privi di partita IVA pari a 20.000 euro, di cui 5.000 euro non corrisposti nell’esercizio;
-
compensi per prestazioni di lavoro autonomo occasionale pari a 6.000 euro;
-
contributi INPS, relativi ai compensi ad amministratori e ai compensi per lavoro occasionale, pari a 4.000 euro;
-
ammortamento di un avviamento per 10.800 euro, pari al 20% di un avviamento di costo (riconosciuto anche fiscalmente) pari a 54.000 euro;
-
costi non inerenti pari 200 euro;
-
costi non documentati pari a 300 euro.
Ciò premesso risulta quanto segue:
-
i compensi ad amministratori privi di partita IVA sono interamente indeducibili, a prescindere dal pagamento o meno nell’esercizio, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 20.000 euro;
-
i compensi per prestazioni di lavoro autonomo occasionale sono interamente indeducibili, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 6.000 euro;
-
i contributi INPS relativi ai compensi agli amministratori e ai prestatori di lavoro autonomo occasionale sono interamente indeducibili, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a 4.000 euro;
-
l’ammortamento dell’avviamento è deducibile nel limite di un diciottesimo del costo, pari a (54.000 / 18 =) 3.000, con conseguente variazione fiscale in aumento pari a (10.800 - 3.000 =) 7.800 euro;
-
in merito ai costi non riconducibili all’attività d’impresa, si ritiene applicabile anche a fini IRAP il principio generale dell’inerenza, per cui emerge una variazione fiscale in aumento pari a 200 euro;
-
in merito ai costi non documentati, si ritiene applicabile anche a fini IRAP il requisito dell’idonea documentazione, per cui emerge una variazione fiscale in aumento pari a 300 euro;
Le suddette variazioni fiscali vanno indicate nella dichiarazione IRAP riferita all’esercizio X di Alfa Spa.
Deduzioni - Al valore della produzione lorda - calcolato applicando le variazioni fiscali in
aumento e in diminuzione a rettifica dei componenti positivi e negativi risultanti
dal Conto economico - è possibile apportare in dichiarazione IRAP una serie di deduzioni, così da pervenire al valore della produzione netta su cui applicare l’imposta su
base regionale. Nell’ambito delle varie deduzioni si segnala quanto segue (art. 11, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446):
-
vi sono deduzioni analitiche per alcune tipologie di costi relativi al personale, quali i contributi INAIL, i contributi assistenziali e previdenziali relativi ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, le spese relative ad apprendisti, disabili e personale assunto con contratti di formazione e lavoro;
-
vi sono deduzioni forfettarie correlate al numero di lavoratori dipendenti, alcune delle quali vincolate al non superamento di determinati importi di componenti positivi;
-
determinate deduzioni relative al costo per il lavoro dipendente sono tra loro alternative, ma il costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato è in ogni caso ammesso in deduzione;
-
vi sono ulteriori deduzioni forfettarie dipendenti dall’importo complessivo della base imponibile.
A partire dal periodo d’imposta precedente a quello in corso al 22 giugno 2022 sono state semplificate le modalità di calcolo della deduzione dei costi relativi al personale dipendente con contratto a tempo indeterminato: mentre in precedenza occorreva dapprima calcolare le varie deduzioni specifiche previste, come sopra indicato, e successivamente, per differenza, si computava la deduzione residua fino a concorrenza del costo totale del personale dipendente a tempo indeterminato, è ora prevista la diretta deduzione integrale del costo complessivo del personale predetto (art. 10, D.L. n. 73/2022).
Di conseguenza risultano semplificate anche le modalità di compilazione del quadro delle deduzioni incluso nella dichiarazione IRAP: per il primo anno di applicazione della norma in commento era peraltro possibile compilare la dichiarazione seguendo le precedenti istruzioni (risoluzione Agenzia Entrate 15 luglio 2022, n. 40/E).
Permane invece la necessità di riportare in dichiarazione IRAP i singoli importi delle specifiche deduzioni previste in relazione ai soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, riferite in specie ai contributi assicurativi, nonché alle spese per apprendisti, disabili, personale con contratto di formazione e lavoro, addetti alla ricerca e sviluppo.